Alfabeta - anno VII - n. 68 - gennaio 1985

Peter Handke Attraverso i villaggi. Poema drammatico trad. di R. Zorzi Milano, Garzanti, 1984 pp. 110, lire 12.000 Phantasien der Wiederholung Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1983 Sergio Givone Dostoevskij e la filosofia Bari, Laterza, 1984 pp. 164, lire 19.000 Autori vari «Il problema della sofferenza 'inutile'» in Giornale di Metafisica n. 1 nuova serie, IV gennaio-aprile 1982 Autori vari «La cognizione del dolore» in U Centauro n. 7 gennaio-aprile 1983 « ... vette altissime non è dato prenderle d'assalto, si conquistano passeggiando.» Peter Handke Patirela verità E, indubbiamente uno dei tratti caratteristici del nostro tempo quello di interrogarsi sul senso della 'redenzione'. Sulla possibilità di ripensare questa figura chiave della nostra civiltà, magari addirittura fuori dell'orizzonte religioso a cui sembra storicamente e metafisicamente destinata, e magari - paradossalmente - all'interno del nichilismo stesso. I testi che intendiamo, sia pure solo per accenni, commentare - testi letterari puri e testi filosofici, come si vede - costituiscono, a nostro parere, un'infinita variazione sul tema della redenzione, vista però sotto l'ottica agghiacciante della figura filosofico-letteraria del paradosso. E, come avvertiva già Hòlderlin, il luogo del paradosso non può essere, per l'uomo, che la tragedia, intesa ovviamente non come genere letterario ma come modalità dell'esistenza. Il nesso redenzione-paradossotragedia costituisce infatti l'attacco più feroce ed estremo al pensiero onto-metafisico, perché inaugura una peculiare forma di spostamento e di svuotamento del senso (si veda il saggio sulla scrittura kafkiana di Ferruccio Masini in: La coMichele Cometa gnizione del dolore, pp. 102-112) che sancisce, tramite la sua nuda presenza, lo sconvolgimento delle categorie forti della ragione e - si badi bene - anche della fede. Non a caso ad esempio il testo di Givone su Dostoevskij è tutto incentrato sul rapporto fede-nichilismo, che - come egli stesso ha avuto modo di ribadire su queste pagine (Alfabeta, n. 61) - è pensabile, per noi, solo nella forma del paradosso. Paradosso del nichilismo che è paradosso della fede. Infattiargomenta Givone, ricercandone esemplificazione letteraria nell'opera di Dostoevskij - il nichilismo è pensabile, coerentemente, solo dal punto di vista della fede. Senza l'orizzonte di una trascendenza, che deve e può essere negata, non si dà nichilismo. È il problema di Dio, quello che, suo malgrado, ossessiona il nichilista, ciò che costituisce la sua necessaria 'illusione', o 'simulazione' (p. 149). Allo stesso modo, ed ecco un secondo ancora più letale paradosso, pensare sino in fondo il nichilismo significa pensarne il superamento, il che ci ripiomba nella riaffermazione, fideistica e no, di un orizzonte metafisico o escatologico. Le cose ulteriormente si complicano quando ci si rende conto che anche figure di pensiero altrimenti insospettabili come la redenzione ci mostrano il loro irriducibile tratto nichilista. È quello che acutamente Givone chiama il «paradosso della redenzione», r-isistemando a livello teorico una questione che percorre, come un brivido, tutti i saggi e le opere che intendiamo commentare. Attraverso il commento delle figure 'complementari' di Ippolit e Kirillov, Givone ricostruisce infatti quella che può essere considerata l'idea più strettamente anti-cristiana in Dostoevskij: l'abolizione della redenzione. E ciò, non seguendo le indicazioni di Ippolit che la ritiene la massima delle illusioni, in un mondo che è invece destinato al dolore, e alla putrefazione ma, al contrario, ascoltando la coppia Kirillov-Zosima, secondo cui «la realtà è irredimibile, perché è già redenta». È questa la vera mossa rovesciante, lo scarto paradossale del pensiero tragico: Cristo infatti, che muore per redimerci, viene ucciso- come acutamente nota Givone - dalla logica stessa della redenzione. È l'idea della redenzione che deve essere negata affinché con essa scompaiano le sue vittime (Cristo, ma anche !"idiota', il 'demente', il 'folle', tutte figure della 'sofferenza inutile' di cui parla Alberto Caracciolo nel suo saggio raccolto nel Giornale di metafisica, pp. 65-84), e allo stesso tempo dunque il Dio che la impone-subisce. In nome della redenzione - è questo l'argomento di tutti i testi citati -, che ci sollevi dalla condizione della «compiuta peccaminosità» e dal crimine, si compie in realtà il più efferato delitto: l'uccisione di Dio. È ciò che i più grandi pensatori tragici hanno chiamato la 'colpa dell'innocenza' (si veda il saggio di Roberto Racinaro su Hòlderlin in: La cognizione del dolore, pp. 50-85). In fondo anche il tema della 'sofferenza inutile', in quanto sofferenza del Cristo o dell'idiota, non è altro che un 'effetto' del pensiero della redenzione. Anzi, quasi per definizione, la sofferenza più inutile è quella sofferta in vista della redenzione di un mondo che ha appunto bisogno di vittime per redimersi, la sofferenza della redenzione è infatti quella che 'inutilmente' e infinitamente riproduce se stessa. Bloc-notedsigiovanescrittore U n nuovo genere letterario: il bloc-notes di viaggio. Stanchi ed esauriti il racconto e il diario di viaggio, ecco la forma nuova e moderna di scrittura del viaggiatorecontemporaneo: il rapido, momentaneo contatto fra due superfici, un mondo alienato, visto da una finestra opaca, l'ansia, la fretta, l'incomunicabilità del viaggiatore su questo pianeta degli anni Ottanta. Ungiovane autore, presentato da un grande giornale, ci trasmette (per non dire racconta) Berlino in cinque puntate. Arrivato alla quinta, oltrepassa il muro, sempre con il bloc-notes, ma accompagnato anche da un 'pittore', enigmatica invenzione letteraria, che serve per distribuire nell'articolo cinque frasi del tipo: «E poi qui fanno ancora dell'ottimo teatro». Il giovane poeta al fianco di questo Virgilio sente subito «l'odore di petrolio e di cavolo a vapore» e affida immediatamente questa penetrazione sensitiva al bloc-notes. Vale poco sapere che lì non si brucia il petrolio, bensì la lignite: ammirevole la poetica combinazione del petrolio bruciato con il cavolo a vapore (che pure non esiste). Giustamente si aggiunge lapuzza di catrame (tipica solo per paesi dove si chiudono le buche nelle strade). E abbiamo capito: così bisogna cogliere Berlino Est, questo mondo strano, esotico. Orientale è il sorriso dell'uomo politico che si vede sulle fotografie nelle vetrine, ma anche il kafkiano incedere della gente in scarpe «d'aspetto ciabattesco». Abbiamo lasciato l'Europa, quella cara ef amiliare al poeta e al grande giornale, e per farci sentire questo distacco, l'autore opera raffinate tra5formazioni-citazioni da quella lingua cinostrogotica: l'uomo politico Erich diventa sul bloc-notes un più epico Eric, la stazione Friedrichstrafie si muta in «Friedrickstrasse», la Wartburg diventa una fantasiosa «Wotzburg». Poi il bloc-notes indica con voluto efreddo naturalismo il luogo dove s'aggira l'autore: «Porta di Brandeburgo» e strada «Unter den Linden», per costringere dopo il /ettore allo sforzo dellapropria fantasia: deve orientarsi fra «grandi vetrine, edifici moderni dalle finestre piccole, marciapiedi, una libreria, qualche altra arteria, colonne doriche» - un mondo vago, inafferrabile, di forte valore semantico. L 'illusione artisticadi quell'abbozzo è tale da farci credere di accompagnare l'autore nella sua corsa (un taxi dallefinestre sporche?), anche se dobbiamo ammettere che la descrizione architettonica non è il suo forte. Peccato, perché sarebbe interessante, volendo, vedere non solo «la portineria dell'Ambasciata», ma ChristineWolter l'ambasciata dell' Urssstessa, con la sua imponente presenza, stile anni Cinquanta. Questa strada Unter den Linden sarebbe piena di accenni, di simboli, di storia, di storie - anche per un bloc-notes un po' meno sottile. Uno potrebbe accorgersi, dietro «le colonne doriche» che sembrano nascere dal nulla, di quella Vecchia Guardia di Schinkel, ricca di significati storici e politici berlinesi. Si potevano forse vedere non solo «i cancelli dell'Università», ma essa stessa, con gli edifici di fronte, in quello strano barocco prussiano che non riguarda solo l'architettura e non solo il passato. Con un tempo migliore e con meno freddo (quei berlinesi coi loro «sandali di finto cuoio ... ») si sarebbe potuto vedere ilflusso di studenti fra le varie biblioteche, oppure quel bronzo ben visibile che rappresenta Federico II, re dei prussiani, con i generali sotto la testa del bel cavallo e ifilosofi e letterati sotto la coda ... L'autore ha visto quel che ha visto, e non è poco. «Dietro i cancelli dell'università camminano studenti africani e di paesi convenzionati», mentre vede camminare anche nel museo Pergamon: «gruppi di studenti pallidi camminano nel silenzio tombale dietro un loro professore (. ..)» E vede anche «una grossa libreria, (. ..) i libri sembrano tutti già usati, la loro grafica superata, le copertine velate di polvere». E qui siamo a un passo esemplare del bloc-notes, perché in questa libreria, con un suo certo qual movimento e «due commesse con occhi severi» riescea concentrare poeticamente le cinque librerie che si trovano nella stessa strada Unter den Linden, nella loro estensione banale e realistica, trasformandola in simbolo. E quella «ragazza magra» che fa «giraresenza grande interesse una scaffaliera rotante»? Senza cadere nell'illustrativo, il bloc-notes rappresenta così quel pubblico di lettori notoriamente interessati, attenti, partecipi e disposti a discutere che rendefelice ogni scrittore- malgrado la magrezza. Si sa, e l'autore non lo deve ripetere, che le tirature di narrativa nella RDT raggiungono e superano quelle italiane. Ma la rivelazione avviene nel museo. Davanti all'altare di Pergamo l'autore capisce che cosa manca: «il verde delle colline su cui l'altare sorgeva in origine, gli alberi da frutto, gli odori e i colori ... » E con questo grido di dolore si compie il viaggio oltremuro, lascoperta del Grigio. Un grigio soprattutto e spesso grigio, ma anche «plumbeo, verdino», nonché «velato di polvere, annerito, rugginoso, pallido, nero slavato, buio ecc.». È vero che il grigio, quel colore tipico di Berlino, è già stato scoperto, descritto, cantato da molti altri autori, con tenerezza, con amore, con disprezzo, con odio. Ma questo grigio orientale da bloc-notes, che poi si estende su sei colonne di giornale, è diverso e molto originale. Forse rimarrebbe un po' fumoso, meno affascinante, se l'autore non trovasse una chiusura di rara forza cromatica. È l'accompagnatore- Virgilio semimuto a pronunciarla, mentre i due pellegrini lasciano Berlino Est a quella stazione Friedrichstrafie che- ultimo misterioso gioco letterario - si trasforma con la sua «gelida sala» ora in un luogo ibseniano-scandinavo di nome « Frederickstrasse»; e qui dice il saggio: «Bisogna stare attenti a non giudicare queste due città troppo in bianco e nero». Andrea De Carlo I vecchi odori nell'aria di Berlino Est in Corriere della Sera 4 dicembre 1984

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