mente, nel lontano 1960, su Società, fui, come si suol dire: severamente redarguito per ragioni varie e nient'affatto convincenti come gli ulteriori sviluppi hanno dimostrato. Detto senza mezzi termini quel modo di filosofare era - ed è rimasto, nonostante i cambiamenti - un commentario della fisica e della matematica (a dimostrarlo sono gli stessi esempi scelti dai vari testi), talè da destare ben poéo interesse in chi proviene dalle scienze biologiche; forse queste non sono scienze mature, per usare un'espressione corrente che sembra voler dire più progredite, più avanzate, o qualcosa del genere: quasi che la natura avesse ovunque la stessa figura, lo stessò spessore e si potesse misurare con ragionevole approssimazione il cammino già fatto e quello ancora da fare in ciascun ambito per confrontarne poi i percorsi. Il bel libro di Barone è appunto un'attenta riflessione su questi terni condotta lungo la vicenda storica che da Eudosso di Cnido, il santo patrono della logica formale, si snoda fino al nostro tempo; una llsim Giampiero Moretti (ed.) Alfred Baeumler Friedrich Creuzer Johann Jakob Bachofen Dal simbolo al mito Milano, Spirali, 1983 voi. I, pp. 190, lire 16.900 voi. Il, pp. 238, lire 16.900 F riedrich Creuzer è una delle figure-chiave per comprendere il sorgere di una visione anticlassicistica della grecità, propria di un vasto e variegato filone della cultura tedesca che raccoglie figure quali il filologoKarl Otfried Miiller, Jacob Burckhardt e Johann Jacob Bachofen, Friedrich Nietzsche e il suo amico e apologeta della Nascita della tragedia, Erwin Rohde. Creuzer si inserisce in questo panorama principalmente per la sua opera maggiore, la Symbolik und Mythologie der alten Volker besonders der Griechen, pubblicata a Heidelberg tra il 1810 e il 1812, poi ristampata altre due volte dall'autore con modifiche, aggiunte, note polemiche. In quest'opera Creuzer accoglie e tenta di dare consistenza, dal punto di vista storico-filologico, al progetto romantico di una nuova mitologia delineato da Friedrich Schlegel nel Discorso sulla mitologia - una mitologia che costituirà l'anima della poesia moderna abbandonata a se stessa dinanzi al rischio dell'anarchia e della sterilità. La Simbolica costituisce un vasto affresco storico dove vengono delineati gli sviluppi delle religioni antiche. Essi muovono da un'originaria unità di tutte le religioni,. ipotesi che Creuzer deriva dalla Mythengeschichte der asiatischen Welt di Joseph Gorres - una visione religiosa della grecità che si sostituisca a quella estetica propria di Winckelmann prima e poi di Schiller e Goethe. Il concetto cardine di questa vasta costruzione è quello di simbolo, concetto che Creuzer sviluppa dal punto di vista teorico nella lunga Descrizione generale de~'ambito simbolico e mitico che funge da introduzione alle prime due edizioni della Simbolica, ora tradotta in italiano da Giampiero Moretti. Si tratta, dal punto di vista filosofico, della parte più feconda della vastissima indagine creuzeriana, che si inserisce nel dibattito contemporaneo sul simbolo e svolge un ruolo rilevante per Schelling e Hegel. L'influenza di Creuzer sull'Estetica hegeliana è documentata dalle stesse affermazioni di Hegel, anche se questi rifiuta di estendere Ja nozione di simbolo a tutta l'arte come invece fa Creuzer, e la confina in quella fase dello sviluppo dell'«Ideale» che egli definisce come «prearte», ossia l'«arte simbolica». Il punto di vista di Creuzer è invece molto affine a quello di Schelling come viene sviluppato nella Filosofia de~'arte. Il simbolo è il punto d'incontro tra il finito e l'infinito. Come ha notato di recente Ugo Maria Ugazio («Friedrich Creuzer e l'infinito romantico», in Filosofia n. 4, 1982), nella Simbolica «simboli e miti non vengono intesi come risposte di un'umanità ancora ingenua a determinate situazioni ambientali, ma come manifestazioni di una tensione originaria verso un infinito, di fronte al quale anche la realtà del presente che di volta in volta è stato colto come immediato ha perso di consistenza. Creuzer partecipa in questo modo al grande programma della filosofia dell'epoca romantica, quello appunto di cogliere nelle realtà di volta in volta presenti piuttosto l'aspetto processuale, aspetto nel quale il finito è sciolto dal tormento della definitività». e creuzer si sottrae così, -siapure con molte ambiguità, a quei presupposti razionalistici che avevano guidato l'indagine del suo predecessore Christian Gottlob Heyne. Queste ambiguità emergono sin dalle prime pagine dell'introduzione alla Simbolica. Nella Descrizione generale de~'ambito simbolico e mitico si scontrano infatti due istanze di carattere opposto: l'una volta a riesumare la lingua della natura, soppressa dal primato del logos, ma che risorge nel simbolo; l'altra che confina l'universalità di questo assunto in una oscurità primordiale. Nelle prime pagine della Simbolica Creuzer afferma che il sorgere del simbolo deriva da un'imposizione delle caste sacerdotali su popolazioni ancora prive del linguaggio concettuale: «Solamente il grandioso può destare dal torpore di un'ottusità semi-animalesca. Che cosa c'è dunque di più imponente dell'immagine? (... ) Lo spirituale concentrato nell'istante di uno sguardo e nel punto focale dell'immediato e del manifesto stimola gli animi incolti più di un'istruzione accuratissima» (pp. 1011). In tal modo Creuzer sminuisce la portata della sua scoperta reintroducendola entro un quadro razionalistico saldamente ancorato all'alternativa mito/logos. Questa concezione del simbolo non domina tuttavia il testo creuzeriano, che presenta molte oscillazioni, dovute alla mentalità scarsamente speculativa del suo autore. Creuzer è infatti, innanzi •tutto, un grande erudito e un filologo, che subisce più che dominare le influenze teoriche che convivono in lui. Ciò diviene particolarmente evidente se si seguono gli ulteriori sviluppi dell'analisi del concetto di simbolo contenuta nella Simbolistoria delle idee sulla fisica e la matematica che passa anche per il trionfo e per la caduta delle pretese neopositivistiche. Tre punti in particolare mi ~embra di dover indicare: il primo è una denuncia della presunzione di poter «fissare, assolutamente, ciò che la scienza dev'essere per risultare scienza autentica»; il secondo, che non si risolve il problema del rapporto tra scienza e filosofia riducendo questa a logica della scienza e bollando il resto di insensatezza; da ultimo, la constatazione troppo spesso dimenticata che «l'idea regolativa della ricerca scientifica è quella di verita», qualunque cosa si voglia intendere con un termine così discutibile. - ·11 che· ncongiunge la scienza a una sfera interpretativa del reale che non è frutto né oggetto della scienza stessa ma, come si diceva con qualche enfasi, regno dei vaJori o, detto in termini più scolastici, argomento proprio della filosofia morale. Non so se la microstoria del Toxohormone e le innumerabili altre pienamente adeguate a sostituirla possano istruire qualcuno; a nbi servì da antidoto contro l'antica e dogmatica pretesa di fissare un'immagine unica del sapere. a partire da un suo se'ttoreparticoiare, quasi una sineddoche vincolante ·a discorrere nei suoi termini, pena l'insensatezza. Fu inoltre un'ottima lezione per cogliere in concreto la differenza tra fisica e fisicalismo, scienza e scientismo, moralità e moralismo, che poi ~ssomiglia molto a quella indicata un tempo da Robespierre tra moderazione e moderatismo: cioè la stessa intercorrente tra virtù e impotenza. loperCreuzer Federico Vercellone ca. Osserva Creuzer: «Ogni discorso ed ogni culto dell'antichità più remota è dunque incline al simbolico. Parecchi scrittori greci appoggiano quest'osservazione con testimonianze certe, e, non contenti di attestare la diversità di questo metodo d'insegnamento da quello discorsivo o dimostrativo divenuto in seguito imperante, suddividono nuovamente lo stesso ambito dell'insegnamento per immagini in più settori» (p. 19). L'ambito del simbolico, la forma di espressione che gli è peculiare, ha un carattere non discorsivo. Ciò si connette al fatto che «Si tratta anzitutto della rappresentazione del naturale, originario, ma anche dell'accidentale, dell'oscuro nella sua origine, e dunque, nella concezione dell'antichità, divino (... ). Proprio l'uso linguisticodegli scrittori della Grecia classica, di un Eschilo, di Aristofane, di Senofonte e di altri, introduce il simbolo nella sfera della religione, e lascia riconoscere in modo evidente che esso designava i rapporti tra dei e uomini, che sono soggetti non a spiegazione bensì a interpretazione. Ciò che insospettatamente, attraverso la vista, parlava all'uomo dalle profondità nascoste della natura, come segno o avvertimento, e si imponeva come qualcosa di straordinario, quello era un symbolon» (pp. 26-27). Il simbolo è dunque una forma espressiva diffusa in tutta l'antichità, non più confinato soltanto ai primordi. Creuzer mette in evidenza che uno dei caratteri che contraddistinguono in modo decisivo il simbolo è la Kurze, la brevità, l'istantaneità volta a restituire il divino nell'immagine; il linguaggio simbolico si distingue da quello discorsivo come l'espressività immediata (di un contenuto infinito) dalla designazione. È una dimensione espressiva che reca in sé profonde tensioni e lacerazioni. La natura divina che si affaccia nella Simbolica non è allora l'universo come opera d'arte della Filosofia de~'arte schellin-• ghiana: si tratta piuttosto di un'infinità che dolorosamente si cerca nel finito e che troverà pace solo quando rinuncerà a questo sforzo. Creuzer, infatti, distingue tra due tipi di simbolo, quello mistico e quello plastico. L'uno appartiene all'antichità preclassica; in esso si rivela lo sforzo di racchiudere nell'immagine un contenuto infinito: «Come potrebbe però ciò che è limitato diventare, per così dire, recipiente e dimora di ciò che non ha confini? Oppure il rappresentante sensibile di ciò che, non cadendo sotto i sensi, può essere compreso solo in un pensiero puramente spirituale? L'anima, impigliata in questa contraddizione, rendendosene conto, si vede così anzitutto posta nella condizione di un anelito( ... ). È una brama dolorosa partorire l'infinito nel finito» (p. 37). È questa la concezione del simbolo che Hegel riprenderà nell' Estetica, sia pure togliendo la tensione romantica della natura verso l'infinito. Nel «simbolo plastico» forma e contenuto si conciliano, perché il simbolo rinuncia alla «tensione» verso l'infinito: «O il simbolo segue la sua tendenza naturale, che è rivolta verso l'infinito, e cerca, preoccupandosi solo di ciò, di essere soprattutto solo espressivo. In quest'aspirazione non gli basta dir molto; vuole dire tutto. Vuole comprendere l'immenso e costringere il divino nell'angusto spazio delle forme umane ( ... ). Oppure il simbolico si dà dei confini, e si mantiene umile sull'esile linea mediana fra spirito e natura. «In questa moderazione gli riesce la cosa più difficile. In certo senso è in grado di rendere visibile persino il divino( ... ). Qui l'essenza non ha di mira ciò che è eccessivo, ma, obbedendo alla natura, si dispone nelle sue forme, le penetra e dà loro vita. Quel dissidio tra finito e infinito è dunque risolto grazie al fatto che il primo, dandosi dei confini, era divenuto umano ( ... ). È il simbolo degli dei, che riunisce meravigliosamente la bellezza della forma con la sublime pienezza dell'essere, e poiché esso viene realizzato nel modo più pieno nella scultura greca, può chiamarsi il simbolo plastico» (pp. 4142). Q uesti ambigui presupposti teoricì non eliminano tuttavia il carattere anticlassicistico dell'analisi creuzeriana nella terza parte della Simbolica. qui Creuzer smentisce il carattere autoctono del culto greco. La grecità viene guardata da Oriente e si svela come una cultura tutt'altro che impermeabile agli influssi provenienti dall'esterno. (Si vedano i lunghi capitoli dedicati a Dioniso, nei quali Nietzsche troverà una prefigurazione della sua concezione del dionisiaco: ampi resoconti sulla sua origine orientale, sul conflitto fra Apollo e Dioniso, sull'enorme resistenza che incontrò il suo avvento sul suolo greco sino al suo integrarsi nel culto ellenico). Infine, Creuzer analizza le fasi della decadenza del simbolo verso il logos. L'allegoria rappresenta il primo passo in questa direzione: per interpretare l'allegoria, infatti, è necessario compiere un processo interpretativo che dall'immagine conduce al pensiero. Viene così a perdersi la totalità istantanea del simbolo. Per questo motivo, afferma Creuzer, è l'allegoria e non il simbolo l'immediato antecedente del mito e della saga eroica che costituiscono ulteriori gradini dello sviluppo verso la discorsività. Il mito si articola in due grandi filoni: la saga e la tradizione - la prima volta a conservare nella memoria le gesta eroiche di un popolo, la seconda a mantenere in vita gli antichi insegnamenti. In una prima fase i miti altro non erano che «simboli pronunciati»: all'origine di molti miti stava l'interpretazione sacerdotale o di un esegeta che spiegava l'intento e il significato di un particolare simbolo: «Che carattere dovette avere un tale mito più antico? Nessun altro che quello del simbolo stesso, solo naturalmente nella trasformazione che il discorso porta con sé. Originariamente, dunque, esso dovette apparire come semplice formula o canone ed annuncio serrato; come infatti le spiegazioni qua e là fornite dai Greci di antichi geroglifici non sono altro che formule. Asciutto, rozzo e duro, questo mito più antico ricordava maggiormente la scultura, la cui essenza è persistenza nello spazio, che non il carattere progressivo di linguaggio e discorso» (p. 57). Il mito si sviluppa attraverso molte tappe intermedie verso la saga eroica. Si tratta di un lungo cammino che culmina con il prevalere dei valori estetici su quelli religiosi, della discorsività sulla fissa immobilità del simbolo primitivo, nel dominio della progressione discorsiva e storica («Non è più l'attimo grandioso che si mostra in brevi parole d'immagine (...). A questo livello il mito familiarizza con il bello, ma si spoglia della sua antica dignità mitica. Come nell'epos, predomina in esso ciò che è storico, e così come questo tenta di elevare l'azione eroica sullavetta di un'apparizione sensibile bella, altrettanto il mito, di cui quello si serve, perde del tutto la sua si- ~ gnificatività misteriosa», p. 58). .s Creuzer guarda con malinconia ClO ~ al chiudersi di questa fase dell'an- .... tichità che coincide con l'aprirsi di ~ o-- quella amata dai classici: «La con- "" siderazione religiosa deplora il fat- ] to che con la mitica poetica dei 5 Greci l'altissima serietà dell'oscu- ~ ra preistoria si sia trasformata in ~ un libero gioco della fantasia, o ~ che l'essenza misteriosa del gran- i:: dioso spirito universale si sia risol- ~ ta in un lieve soffio che riempie i ;g_ flauti dei Greci» (p. 59). ~
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