Alfabeta - anno VI - n. 64 - settembre 1984

J. llinti'kka ' Induzione, -accettàZione, • .informazioné Bologna, Il Mulino, 1974 pp. XVIII-297; lire'8000 G.H. von Wright Wittgenstein trad. di Alberto Emiliani Bologna, II-Mulino, 1983 pp. 269, lire 18.000 A. Wilden «Informazione» in EnciclopediaEinaudi Torino 1979, pp. 562-628 11 modo forse più sintetico per definire la concezione che Popper ha della scienza è riferirsi alla distinzione che egli introduce tra probabilità logica e verosimiglianza. Il progresso della scienza consiste nel produrre teorie «sempre più interessanti, meno banali e dunque meno probabili», ove per probabilità si intende «il concetto di un avvicinamento alla certezza logica, o alla verità tautologica, attraverso una graduale diminuzione del contenuto informativo». La verosimiglianza esprime invece la corrispondenza con i fatti, il grado di corroborazione, e dunque un maggiore contenuto osservativo. La probabilità logica può anche essere definita come grado di sicurezza dal rischio di falsificazione; tale probabilità equivale alla certezza nel caso della tautologia (A==A), il cui contenuto informativo è nullo. Tale concezione di Popper è importante non solo perché sta alla base dei criteri di demarcazione tra scienza e metafisica, ma anche perché implica una certa interpretazione (logico-semantica) del concetto di informazione. Il massimo contenuto informativo viene a coincidere con il fatto che la teoria vieta un maggior numero di stati di cose; nelle parole di Agassi, «una teoria più precisa esclude più (logicamente) possibili stati di fatto, possedendo perciò sia un più alto contenuto informa: tivo sia una maggiore probabilità (a priori) di essere confutata, o una minore probabilità a priori». Lo stesso concetto può venire così simbolizzato: inf (s) = - log p (s) vale a dire l'informazione contenuta nell'asserzione s è una funzione negativa della probabilità che s sia logicamente vera; la probabili-· tà logica cui ci si riferisce esprime il numero di alternative ammesse dall'asserzione: quanto più essa restringe il campo delle possibilità, tanto più informativa è (il contrario di A=A). Informatività diviene dunque sinonimo di contenuto legale, precisione, confutabilità; la scelta tra teorie ugualmente informative avviene sulla base delle rispettive verosimiglianze, cioè del rispettivo grado di corroborazione. L a stessa interpretazione, espressa da Popper «in modo informale», viene formalizzata da Hintik)ca. Egli distingue però tra spiegazione locale ( desideriamo spiegare un corpo di osservazioni 'e' mediante una conveniente ipotesi 'h') e teorizzazione globale (desideriamo usare 'e' come base per qualche teoria generàle 'h '). Nel ·caso della spiegazione foéale, l'obiettivo è quello di «trovare una 'h' tale che, data 'h', la verità di •e non è inattesa»; «dobbiamo· scegliere 'h' in modo _daridurre il più, possibile il valore di sorpresa 'di 'e'». Questo obiettivo è perseguibile massimizzando la probabilità' condizionale di 'e' data 'h'; nota come verosimiglianza presso gli statistici; il principio che ne deriva è dunque quello della massima verosimiglianza (si noti che questo termine viene usato in un'accezione diversa da quella di Popper). È interessante il fatto che Hintikka porti ad esempio, per descrivere un'applicazione del principio, il lavoro dello storico: egli «cerca di organizzare la sua narrazione in modo da rendere l'informazione da essa fornita il più possibile coin- .. .,, .. , .- , . ' cioè· l'.a-)~òri~·.ha.'sù~rato,laprova .dell'espetj~'~za;>_e/ non· s0lÒ·dalla ·probabilità a priori e dal grado di <,éonfeinia in-assoluto. • '.. II diverso·uso del termine 'vero- , .,simiglian,za' che viene fatto da J-lintikka (e. dagli statistici) e, rispetti'vamente, da Popper esprime ; una -differente impostazione di •fondo, ·corrispondente a un'inter- .pretazione probabilistica (bayesia- :na) del contenuto informativo delle teorie o ad una di tipo logicosemantico. Gli statistici, in parti- ·colare, hanno messo in luce la relazione esistente tra informazione . ·(ordine) e entropia.( disordine, rumore di fondo). È interessante chiedersi che ruolo venga a avere il rapporto or- . dine-disordine in diverse ricostruzioni dell'impresa scientifica. Sformato di fegato al burro in stile Reggenza cidente con l'informazione contenuta nelle fonti a sua disposizione» (cerca insomma quella teoria 'h' che rende meno inattesi gli indizi di cui egli è in possesso). Ma - commenta Hintikka - «è stato frequentemente sottolineato che uno storico non ha come obiettivo la generalizzazione». In tal caso (quello della teorizzazione globale) non si tratta più di massimizzare la verosimiglianza di 'e' data 'h', bensì di scegliere tra teorie rivali facendo i conti sia con il • principio della minore probabilità logica di Popper, sia con l'esigenza di preferire la teoria avente il maggiore sostegno osservativo. La soluzione proposta da Hintikka è semplice: il valore atteso del guadagno di informazione in seguito alla scelta di una certa teoria è dato da p (hie) - p (h) cioè dalla differenza tra la probabilità che 'h' sia vera avendo osservato 'e', e la probabilità (logica) a priori di 'h'. Il pregio di questa formula sta nel fatto che tiene conto sia del grado di sostegno osservativo (unico elemento considerato dai 'giustificazionisti'), sia della falsificabilità o probabilità logica (unico aspetto discusso dai 'falsificazionisti ingenui'); inoltre l'accettabilità di una teoria è data anche «dagli effetti dell'evidenza - da come Mentre Popper non mostra inte- - resse per i modi in cui le teorie vengono concepite (per il contesto della scoperta, per la creazione di ordine dal disordine), Kuhn sottolinea proprio il ruolo che il rumore di fondo (le anomalie) ha nell'indurre mutamenti di paradigma e dunque la comparsa di 'nuove configurazioni' (Bateson). La varietà nell'orbita osservata di Mercurio è rumore per la teoria newtoniana, ma diventa informazione nell'ambito della relatività einsteiniana. < U na formulazione simile a quella di Hintikka si trova nel Wittgenstein delle Osservazioni filosofiche: la misura della probabilità di un'ipotesi è costituita dall'ammontare di prove richieste perché il suo abbandono sia vantaggioso. A parità di prove a sostegno di due diverse ipotesi, preferiremo quella più facilmente falsificabile,.e che dunque ha retto meglio al confronto con l'esperienza. Questa formulazione implica l'introduzione di una distinzione tra probabilità di un'ipotesi e probabilità di un evento, distinzione che - come fa potare von Wright - non è presente nel Tractatus. Se la probabilità di un'ipotesi viene descritta in termini simili a quelli della 'teorizzazione globale' di Hintikka, in una serie di riflessioni di . . ·, Wittgenstein e di Waismann~ siste-. •. ;zione di Wassermann o altre mani-• rnati:uate da von Wright, emerge festazioni della risposta anticor,paanche una concezione della spie- • le) può essere perspicua entro la gazione (locale) analoga al princi- dimensione biologica della sifilide; pio di massima verosimiglianza. ma -non entro la sua dimensione Secondo von Wright, «uno dei percettiva o sociale. compiti della probabilità è ·quello di demarcare i confini tra caso .e legge»: « tendiamo a disegnare il confine in modo da restringere sempre più i margini lasciati al caso e da ampliare il più possibile il campo d'azione delle leggi». Questo risultato, che è l'obiettivo specificò della spiegazione, si realizza facendo ricorso all'ipotesi 'h' che rende meno inatteso l'evento osservato 'e' - o, in termini probabilistici, facendo ricorso all'ipotesi che minimizza la differenza tra la frequenza osservata di 'e' e il suo valore atteso («si tratta di far concordare le definizioni aprioristiche di probabilità con i risultati a posteriori dell'esperienza statistica»). Tuttavia, a parte questi riferimenti alla teoria della probabilità, il secondo Wittgenstein presenta del problema del rapporto teoriaosservazione (includente l'aspetto dell'informatività delle teorie) un approccio alternativo a quello classico. Partendo dal rifiuto di una rigida distinzione tra teoria e osservazione, e dunque di una dicotomia scienza-metafisica, egli sottolinea il pluralismo dei 'giochi linguistici'. In ciascun gioco linguistico (proprio di una forma di vita nell'ambito della 'storia naturale' del genere umano) vigono specifiche regole di distinzione tra ciò che è teorico e ciò che è osservativo; inoltre l'informatività di una teoria non è esprimibile in termini semplici e universali, ma piuttosto sulla base di un criterio di perspicuità interno al gioco adottato. «La rappresentazione perspicua rende possibile la comprensione, che consiste appunto nel fatto che noi 'vediamo connessioni'». Le regole del gioco definiscono qual è la rappresentazione con maggiore contenuto informativo, che consente cioè di meglio comprendere le connessioni tra i fenomeni osservati. Una rappresentazione in termini immunologici della sifilide (rea- · L a confusione tra giochi linguistici sta alla base delle varie forme· di riduzionismo; e la pretesa di ogni riduzionismo è quella di insegnare a vedere che, anziché abituare a vedere come. Non è certo casuale che due libri tradotti di recente in italiano, quello di von Wright e quello di Phillips (cfr. S. Benvenuto, in Alfabeta n. 57, p. 24), sottolineino i rapporti tra il secondo Wittgenstein e Kuhn: entrambi gli autori, infatti, esprimono la transizione da una concezione vero-funzionale a una pragmatica della conoscenza umana. È il concreto agire, il concreto uso del linguaggio entro una certa forma di vita che definisce il rapporto teoria-osservazione, le funzioni di verità e l'informatività delle teorie. Più che darsi come un risultato, la 'purezza cristallina della logica' (inclusa ogni logica della conoscenza e della scoperta scientifica) si presentava al primo Wittgenstein, per suo stesso riconoscimento, come un'esigenza; ma «l'esigenza minaccia ( ... ) di trasformarsi in qualcosa di vacuo. - Siamo finiti su una lastra di ghiaccio dove manca l'attrito e perciò le condizioni sono in certo senso ideali, ma appunto per questo non possiamo muoverci. Vogliamo camminare, dunque abbiamo bisogno dell'attrito. Torniamo sul terreno scabro!» «Vero e falso è ciò che gli uomini dicono; e nel linguaggio gli uomini concordano. E questa non è una concordanza delle opinioni, ma della forma di vita». Una stessa proposizione può essere vera in un gioco linguistico e falsa in un altro, teorica nel primo e osservativa nel secondo: per esempio, «una determinata azione è un esperimento soltanto quando è inserita in un determinato contesto», «la medesima proposizione può essere trattata, una volta, come una proposizione da controllare con l'esperienza, un'altra volta come una regola di controllo». Così obiettivo del filosofo non è più identificare immutabili criteri di verità, quanto riconoscere che il gioco linguistico proprio della comunità scientifica e della sua prassi definisce le regole di veridicità e gli standard di accettabilità. Anche le più recenti teorie sull'informazione sottolineano il fatto che essa non è definibile in termini esclusivamente quantitativi e statistici (ordine verso disordine, organizzazione verso entropia), ma che bisogna tener conto di una dimen- oe l"l sione qualitativa espressa dal con- o:::s cetto di configurazione. La teoria ·~ o:::s classica è insomma limitata, unidi1::1, mensionale, in quanto non consi- ~ dera la disposizione delle parti in ....., un tutto, che sta alla base dell'io- ~ ..C) formatività di una configurazione. E: - ~ Non è difficile vedere le analogie ~ tra questo concetto dì configura- ""' zione e quello - proposto da Witt- i genstein - di rappresentazione i:: perspicua. ~ ..C) ~ - o:::s

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