Alfabeta - anno VI - n. 59 - aprile 1984

Il senso della letteratura / Riferimenti Unademocrazidaelleforme G ià in altra occasione ho scritto che le avanguardie letterarie, al contrario di quel che si crede, più che significare l'estremo momento di sofisticazione della riflessione estetica, rappresentano la rivolta contro la prigionia delle forme, scatenano un terremoto liberatorio innescato dalla necessità di innovare il rapporto ormai infruttuoso tra letteratura e pubblico. Riflettendo, infatti, con attenzione a quelle che furono le caratteristiche delle avanguardie storiche del primo Novecento, in un vecchio scritto affermavo che «le avanguardie del primo Novecento nacquero proprio con lo scopo di democratizzare e mettere a disposizione di tutti le emozioni, i sentimenti, i pensieri che l'opera d'arte sa provocare e eh~ finché erano chiusi dentro le forme auliche ed elitarie della cultura umanistica, potevano essere fruiti da coloro (pochi in verità) che per educazione o per censo di quella cultura possedevano le chiavi segrete. A tutti gli altri (ed erano tanti) erano negati. «Ma quando questi altri, a partire da un certo punto, acquistarono rilevanza sociale e chiesero di poter accedere ai piaceri estetici allora fu necessario rompere (e questo fecero le prime avanguardie storiche) quelle forme chiuse, di sofisticata elaborazione, e lasciare che i contenuti estetici racchiusi nell'opera d'arte passassero attraverso mediazioni alla portata di tutti, e si offrissero al comune godimento se pure con il rischio di non suscitare molto di più di uria partecipazione elementare, di non interessare che i livelli emotivi e più superficiali del lettore o spettatore. «Non vi è dubbio che è anche in questa prospettiva che dobbiamo guardare al futurismo italiano o a Majakovskij, al dadaismo o alla scrittura automatica. Questi movimenti, oltre che appoggiarsi a più profonde motivazioni ideologiche e di giudizio critico sul contesto storico-culturale in cui erano apparsi, perseguivano un proposito (anche ingenuo) di semplificazione della realtà dell'arte attraverso la messa a disposizione di una specie di 'fatelo da voi' estetico, che se certo non consentiva la produzione automatica di oggetti dotati di valore autonomo, pure incoraggiava, grazie alla estetizzazione diffusa della vita di tutti i giorni, la crescita generalizzata di capacità di partecipazione, di adesione e di attenzione agli aspetti extrautilitari e di giuoco che sono parte non trascurabile, appunto, della realtà artistica». Non è da ieri che sappiamo che, alle serate futuriste, mischiato agli addetti ai lavori o, comunque, agli spettatori intellettua)i - tradizionali acquirenti e lettori di libri - vi era un pubblico popolare composto di portuali, operai, piccoli impiegati, ecc. E si sa che er;i proprio questo pubblico popolare che più partecipava alle (si faceva sedurre dalle) proposte di Marinetti e ai numeri del suo spettacolo. Che quasi uno spettacolo era come quello di varietà che quel pubblico era solito frequentare. Dicendo che le serate marinettiane assomigliavano a uno spettacolo di varietà anziché rimpicciolirne il senso vogliamo qui soltanto sottolinearne l'aspetto popolare che assumevano, fornendo un'altra prova che tra i princìpi che presiedettero alla nascita dell'arte di avanguardia vi era quello di semplificarla, di abbassarla, di inaugurare una comunicazione più facile, di aprire col pubblico un rapporto diretto - qualunque dovessero essere le soluzioni formali atte a raggiungerlo. Né il nostro riferimento al teatro di varietà o avanspettacolo è casuale e pretestuoso giacché quel teatro i futuristi (e non solo essi) amavano, in esso amando la struttura aperta, la pratica dell'improvvisazione, il linguaggio basso, l'humour greve, la partecipazione dello spettatore come elemento costitutivo dello spettacolo. Insomma, la forma del varietà affascinava i futuristi in quanto in qualche modo richiamava l'idea di arte come partecipazione collettiva. M a se le avanguardie storiche, e in particolare il futurismo, qui in Italia (e non solo in Italia) possono essere considerate una risposta di offerta popolare al nuovo pubblico di massa, tuttavia (e contraddittoriamente) questa risposta si rivela quasi inutilizzabile, in quanto anziché fornire prodotti disponibili a un uso immediato si limita a proporre formule e ricette. E si sa che il valore delle ricette è in quello che sono e non in quello cui dICono di servire (la bontà di una torta è cosa diversa dalla bontà di una ricetta). E così è accaduto che le avanguardie :irtistiche dei primi del Novecento, mentre si ponevano il problema di una comunicazione più facile, hanno finito per avere come dèstinatari gli addetti ai lavori (e solo questi) e non il pubblico più ampio (dalla considerazione dei cui bisogni erano partiti) che consapevolmente o inconsapevolmente idoleggiavano. Si aprivano così considerevoli spazi per un altro tipo di produzioAngelo Guglie/mi ne letteraria che, al contrario•della letteratura di avanguardia, non si ponesse per obiettivo la fondazione di nuovi bisogni, la scoperta di nuove zone di sensibilità (e dunque l'elaborazione di nuovi linguaggi), ma piuttosto la fornitura di oggetti di immediato consumo che, destinati al nuovo pubblico, di questo più che a tener desta la coscienza critica tendesse a tenerla a bada. Letteratura d'avanguardia e paraletteratura (ché di questa stiamo parlando) nascono insieme e, pur essendo l'una il contrario dell'altra, nel senso della netta opposizione degli obiettivi che perseguono, entrambe trovano la loro giustificazione nell'insorgere di una nuova domanda di lettura, conseIgort guente ai nuovi bisogni introdotti dalla società di massa. Il momento storico in cui scatta il rivolgimento e per cui la situazione, in ebollizione già da alcuni decenni, precipita è più o meno individuabile nei primi anni di questo secolo. Che sono gli anni in cui esplodono le prime ricerche di avanguardia e si affacciano i primi prodotti di consumo. e he la letteratura di avanguardia e la paraletteratura, se pure agli antipodi, nascono sulla base dello stesso presupposto è provato dai numerosi aspetti (dalle numerose caratteristiche) che hanno in comune. Intanto l'una e l'altra si ribellano all'arte con a maiuscola, la.prima contestandola nei princìpi l'altra nella pratica. L'una e l'altra si rifiutano di identificare lo scrivere in uno stato di grazia (la poesia nell'ispirazione) e si ostinano a affidarlo (lo scrivere) all'intervento programmato e consapevole di chi scrive. L'una e l'altra, messa da parte ogni idea di bellezza, identificano il valore nella funzionalità. L'una e l'altra si evidenziano per un surplus di contenuti formali, se pure giocati in un contesto progettuale diverso. L'una e l'altra rinnovano lo status sociale dello scrittare, che finalmente appare come un professionista del tutto simile agli altri che in altre discipline e in tutt'altri settori operano. La perdita dell'aureola, che spinge lo scrittore in quella condizione comune in cui l'elemento di riconoscibilità è solo il tipo di lavoro cui ciascuno si dedica, spegne ogni fenomeno di divismo e abbatte ogni privilegio di identità. Oggi a nessuno viene in mente, incontrandoli per la strada, di dire: quello è Umberto Eco o quello è Edoardo Sanguineti o quelli sono Fruttero o Lucentini (cito Eco, Sanguineti, Fruttero e Lucentini perché hanno raggiunto una popolarità che in altri tempi li avrebbe esposti a essere indicati a dito). Sono lavoratori che, con il loro propria rottura, una interruzione con sbalzo di livello quale a nostro parere non si era mai verificata nella lunga catena dei secoli precedenti. Da allora in poi è come iniziata una nuova: storia. Trascurare, non cogliere questa verità significa per la letteraturaistituzione il triste destino di non esistere. Sprovvista del proprio tronco di origine e incapace di tentare nuovi innesti si prolunga sull'abbrivo del passato lungo un binario morto dove, come vagoni arrugginiti, stazionano carcasse di sentimenti e pensieri. Come mai, allora si dirà, i prodotti della letteratura-istituzione godono spesso di alte tirature, nonostante la nessuna capacità di rispondere ai bisogni e alle domande, a qualunque livello si pongano, del nuovo pubblico, insofferente di fronte a ogni forma di ritualità? La risposta c'è: ed è intanto che si tratta di alte tirature molto relative, facilmente battute (superate) da un qualsiasi esempio di paraletteratura e, addirittura, di letteratura di avanguardia (vedi Joyce); e poi agisce l'attrazione per l'ufficialità, soprattutto in un Paese come il nostro, dominato da una estrema precarietà e instabilità degli assetti e delle istituzioni, nei confronti della quale (precarietà) ci si illude di organizzare una difesa, rifugiandosi nei vecchi segni, sebbene non più fecondi, dell'onore e della dignità. Così si continuano, e qualche volta a forti dosi, a consumare i prodotti della letteratura-istituzione, anche a scapito di proposte più seducenti che vengono censurate o perché il loro consumo induce un complesso di vergogna (come capita per i prodotti della paraletteratura) o perché il loro consumo è inquietante e non rassicurante (come capita per le opere di avanguardia). L etteratura di avanguardia e paraletteratura sono i due fenomeni più significativi della nostra storia letteraria più recente. lavoro, hanno acquistato meriti ·e Nascono entrambe da uno stesso prestigio. E non importa l'even- impulso, che è l'urgenza di corrituale diverso valore che la loro spandere a una nuova società di opera può avere per la storia della lettori (conseguente al drammaticultura e, domani, nel giudizio dei co rivolgimento che il nostro temposteri. Ma forse a dito pretendo- po ha vissuto nel campo scientifino di essere indicati scrittori come co, tecnologico, dell'organizzazioBevilacqua, Pomilio, Citati, Sgor- ne sociale, della geografia politica, lon, ecc. Cioè una pretesa di status ecc.). Si tratta di lettori che dichiaprivilegiato permane presso la let- rana disinteresse per i prodotti teratura media o letteratura-istitu- della letteratura precedente, in cui zione. non trovano stimoli sufficienti a Situata tra la letteratura di avan- intrattenere la loro vocazione, tanguardia e la paraletteratura, la let- to intellettuale che sentimentale, teratura-istituzione si pone in ter- di uomini di frontiera, proiettati mini di continuità rispetto a un verso un -futuro che temono e pur passato remoto, attardandosi m li esalta, irridenti, fino all'ingratipratiche e esercizi esauriti. Sicché tudine, verso un passato in cui non ti fa venire in mente le code delle si riconoscono. lucertole che, sebbene rescisse dal In questo nuovo contesto esicorpo del piccolo rettile, continua- stenziale e di esigenze vitali la letno a vibrare, fingendo una presen- teratura di avanguardia e la paraza di vita. Come quelle code, la letteratura, oltre che le ragioni del 'O c::s letteratura-istituzione è vittima di · -loro essere, trovano anche le ra- .5 un residuo spastico, le cui contra- gioni della loro diversa funzione: gi ~ zioni, per quanto a lungo si pro- la letteratura di avanguardia è una "'1- ~ traggano, non consentono alcun sorta di riflessione critica sullo sta- ~• ....... sospetto di vitalità. to delle cose, un verbale di denun- ~ La letteratura-istituzione non si eia, un certificato di consapevolez- .._ ~ è resa conto che tra Ottocento e za, un promemoria di difficoltà da o. Novecento la curva della Storia, vincere, di impedimenti forse insu- V) che fino allora si era sviluppata at- perabili da forzare, una ipotesi di ~ traverso scatti successivi che tutta- scelte stilistiche che, piuttosto che ~ via non ne avevano messo in forse una indicazione di comportamen- l la continuità, accusa una vera e to, comunicano una volontà di ri- e

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==