Zaum'eZangTumbTumb Filippo Tommaso Marinetti T~ria e invenzione futurista a c. di Luciano De Maria Milano, Mondadori, 19831 pp. CLXV-1256, lire 30.000 JJ verri 29-31, 1983 Le poetiche dellt1za11m' pp. 146e 150, lire 20.000 Autori vari L'avanguardia a Tiflis a c. di L. Magarotto, M. Marzaduri, G. Pagani Cesa Roma, Herdcr editore, 1982 pp. 323, lire 50.000 I n principio stava Lucini. Il quale, estroso e bizzarro. in una pagina della Ragion pottica, in data 1908,dedicata all'Imperiale inutilità dell'arte, se ne usciva, stravagante come sempre, in una affermazione a effetto: •l'Arte è superbamente inutile (... ). Quale gioia non servire a nulla; essere per sé, non dipendere che dal proprio capriccio!~- e subito dopo, in nota: •È la proposizione più reazionaria cd insieme rivoluzionaria che si possa dire davanti a un borghese•. Alcuni anni più tardi il suo editore, un Marinetti munifico e generoso al punto da accogliere il volume dirficilc e provocatorio nella collana di Poesia, ribadiva convinto: «Bisogna semplicemente creare, perché creare è inutile, senza ricompensa. ignorato, disprezzato, eroico in una parola•. In una stagione, la nostra, di inchieste su letterari delitti imperfetti, o di polemiche un po· fruste sui valori referenziali dell'arte, infarcite di luoghi comuni specie quando coinvolgono i metodi dell'approccio critico (davvero «pseudoquerelles•, come ricordava opportunamente Maria Corti in Alfabeto n. 50/51), può essere fruttuoso ridiscutere alcuni temi del dibattito futurista. Tanlo più se è contraddittorio e insidioso come quell'affermazione di Marinetti che si è a bella pos1a staccata dal contesto, una G11errasola igiene del mondo capace di riscmantizzare ogni ipotesi liberatoria e innovativa, e di gettare sinistri bagliori su un pensiero attraversato a tratti da un nichilismo da generazione della crisi: «Alla concezione detrimperitu· ro e dell'immortale, noi opponiamo, in arte, quella del divenire, del perituro, del transitorio e dell'effimero. Noi trasformeremo così in una gioia acuta il neve, more di Edgar Poe ed insegneremo ad amare la bclleu.a di una emozione o di una sensazione in quanto essa è unica e destinata a svanire irreparabilmente• (e proprio di un Marinetti stratega dell'«impossibile• e del «nichilismo• discorreva Lucini nel Verso libero). Luciano De Maria, nella Postfazione aggiunta alla ristampa del fortunato volume del '68, insiste a ragione sulle diverse anime del futurismo, prendendo anche opportunamente le distanze, con lucida e pacata sintesi, da interpretazioni rigide che impediscono la storicizzazione del fenomeno, in sé «complesso, embricato, intricato•. E le contraddizioni, si sa. sono il nerbo di ogni movimento vitale: il futurismo, quello letterario in specie, ha semmai il torto, tutto previsto, voluto, calcolato, di gestirsele. le sue contraddizioni. con troppa abilità e cinismo. mascherandole e manipolandole, consape\'ole sino in fondo di appanenere - lo addita• va, sarcastico, Sanguineti in uno scritto gozzaniano del '66- in qua• lità di profeta alla civiltà dello spreco poetico. Che è, a ben di• stinguere, tutt'altra cosa dalla inu• tilità dell'arte. È il segno dell'enfatizzazione della crisi, della eversione che si fa spettacolo, del gratuito subito assoggettato alla funzionali• tà: sia quella dello scandalo borghese- ma quanto, esso sì, effimero - o della modernolatria alleata alle leggi dell'industria, o dell'estetizzazione del gesto confusa col vitalismo macabro della guerra. R ipercorrere oggi, in una situazione di revival futurista più o meno postmoderno (le mostre, le performances estive di piazza), gli scritti troppo noti e quelli altrettanto ignorati di Mari• netti, che l'ampia silloge dei «Meridiani• propone, significa perciò interrogarsi dawero sui rapporti letteratura-ideologia, ricercandoli però non solo, o non tanto, nei luoghi che li esibiscono, scadendo in un Kitsch ormai insostenibile e grottesco, quanto piuttosto nelle ragioni di una poetica radicalmente eteronoma. Un'arte per, una scrittura che si scinde e si scompone più sintatticamente che semanticamente, al• tenta agli effetti di superficie, alle capacità di presa di una parola recitata, di un testo da eseguire, consumare e distruggere se non come merce, certo come cosa desacralizzata, nell'ossessione del fenomenico. Un'arte che evita di interrogar• si perché deve essere solo esterna, dinamica, guidata dall'ostinato rifiuto delle sedimentazioni e delle attese: e impone la libertà con toni sin troppo perentori per non insinuare fondati sospetti (non a caso il fiuto sottile di Anceschi avverli• va in Marinetti il «continuo richiamo a un esercizio fumiste della lettera1ura, a un gioco un poco segreto• ... ). In vena di generalizzazioni, si potrebbe sostenere che anche dietro il futurismo italiano sta in agguato un processo di carnevalizzazione: De Maria lo intuisce, e orienta la lettura verso un Marinetti catalizzatore della «tendenza ludica, clownesca, predadaista,. del movimento avanguardistico, che convive con l'etica dell'azione in quanto anch'essa espressiva di vitalismo, di comportamento estetico, di rinuncia al predominio dell'Io psicologico e letterario, in favore di un Io-corpo che si crea incessantemente. E sì può addirittura giungere a una vena quasi palazzeschiana, ma sempre stridente e sovraccarica, come in certe pagine di 8 Anime in una bomba (la 4": «Cimitero allegrissimo con croci sempre bambine dove la sensualità delle rose clloce a fuoco lento•, o la canzoncina che chiude la 6"). Anche se poi prevalgono altri richiami e nuovi miti, disseminati in eguale misura nei manifesti e negli scritti creativi accolti nel volume, che non conta riassumere perché fan• no parte della ormai consolidata e stereotipata agiografia, o demonologia, marinettiana. Da essa tuttavia si staccano qua e là motivi che meritano attenzione. come sottilinea il curatore già nell'Introduzione del ·68: e subito, in primo luogo, una glorificazione del corpo e un culto dell'elemento Niva Lcrenzini materico ricchi di pulsioni antinomiche, tra residui superomistici e disseminazione sensoriale, prometeismi e tattilismi. mineraliuazione della parola e lirismo della fisicità, in una percezione moltiplicata e vorace. epidermica e cosmica («Punto di contatto tra la nostra pelle e l'infinito-tempo-spazio che ci avvolge. Lo si può chiamare anche senso del ritmo corporale. Questo senso si sforza di armonizzare il nostro corpo col ritmo della terra e col ritmo planetario•, Il Tattilismo, 1921). Una parola 'atmosferica' che, se conserva implicitamente l'ansia di totalità delle poetiche simbolistiche nell'immanenza di un presente assoluto ed eterno. denota anche la ricerca di una espressività nuova. ispessita e concreta, di un fatto verbale che, da Battaglia Peso + Odore a Za,rg Tumb Tumb, giun• ge a reificarsi, perdendo alla fine ogni .tutonomia linguistica, nei grumi di parole-cose graficamente significanti (e si può davvero parlare. con il Curi di Perditad'aureo• fa, di una «stilistica della materia,.). Cf è tuttavia modo e modo di perdere \°aureola nella ci• viltà del consumismo, come c'è modo e modo di concepire il rapporto arte e potere, sperimentazione formale e trasforma• zione dei rapporti di classe, scrittura e comunicazione. Pare che Marinetti, di fronte a un interlocu• tore che gli parlava della zaum' esaltando in essa un «elemento primordiale della parola., esclamasse con insofferenza che si trat• tava di metafisica, assolutamente estranea al futurismo. L'aneddoto si deve a Llviic e si legge ora in un ricco e articolato saggio che Marz.ioMarzaduri, curatore con Remo F'accani del numero monografico del verri, dedica al futurismo russo e alle teorie del linguaggio transmentale. Una fortunata coincidenza permette dunque di accostare alla ristampa delle opere di Marinetti la più acu• la indagine che sia stata sino ad ora compiuta della poetica cubofu• turista, ospitata nelle pagine della rivista anccschiana che proprio in questi giorni celebra, con una mostra storica itinerante tra Lugano e Zurigo, quasi un trentennio di ininterrotta e incisiva presenza culturale. Si era parlato di quella poetica negli anni sessanta, sulla scia della diversa attenzione riservata alle avanguardie storiche (i volumi di Mark.ove Kraiski, le traduzioni di Liv!ic, di Majakovskij, dei formalisti e della scuola di Praga, gli studi di Ripellino, Strada, Dc Miche• lis... ). Tanto più~ interessante rilrovare oggi, in un contesto storico mutato. i testi critici e creativi, per la gran parte ignoti in Italia, di alcuni prestigiosi protagonisti di un fenomeno su cui ancora occorre indagare, per la sua complessità e la sua estensione, come dimostrano le indagini che aprono il numero del verri, tulle originali e inedite. Si spazia da uno Sklovskij curiosamente vicino a celebri proposizioni pascoliane («l"artista è riuscito a vedere il mondo con occhi nuovi e, come Adamo, dà a tutte le cose il proprio nome»), subito però calate in una radicale ricerca della protoimmagine sonora che sta all'origine della lingua libera, non sottoposta al senso e al concetto, a uno Jakobson che discorre con Chlebnikov dei versi formati da numeri, e nell'occasione parla di scienza della letteratura intesa come procedimento, ben lontana, a parer suo, dalla limitata visuale dei «mercenari,. itali:mi («Il futuri• smo europeo non va oltre una certa ideologia casuale e la conquista tecnica della velocità. Noi invece siamo organici e illimitati... •). Due esempi scelti a caso nell'ampio panorama prop:,sto, e tut• tavia rappresentativi di una ricerca dinamica, in cui l'esigenza di rigore scientifico, così cara ai linguisti attenti alle sperimentazioni della zaum', convive con una dimensione cmozionaJc della parola, riscoperta nel suo valore figurativo, nelle leggi del «materiale•, e insieme spinta sino alle radici inconsce della verbalità, verso il sostrato universale, il senso autentico e immediato estraneo ai processi di simbolizzazione e alla logica tradizionale. La zaum' è dunque scandalo perché. nel suo tendere a un massimalismo panlinguistico, secondo l'accusa di Marinetti, rappresenta innanzi tutto se stessa, abolendo totalmente la rcfcrenzialità: ma con tensione gnoseologica, con un bisogno di rifondazione della lingua che la costringe a fare i conti con la realtà del comunicare, entrando in contraddizione col proprio furore nichilista. Lo illustra bene il Lanne, soffermandosi sul linguaggio transmentalc di Chlcbnikov e Krutenych, quando osserva che l'insurrezione della parola contro il senso, comportando ri· schi di metafisica (largamente sfruttati da un critico filosimboli• sta come il Tastevcn), non può non indurre a interrogarsi sui con• fini dell"arte come rappresentazione, e quindi sulla liceità di un processo che ribalta e mette in crisi la funzione mimetica del segno. Siamo qui all'opposto del fonosimbolismo marinettiano, che dà la parola al mondo della velocità e dell'industria, piegando l'ossessione lirica della materia a una sorta di mimetismo tecnologico: ma l'oscillare dei ..-futuriani• russi tra l'autonomia assoluta di una lingua incomprensibile e incomunicabile e la ricerca di una diversa parola cosa (quella delle pratiche magiche, patrimonio collettivo del popolo, o del linguaggio infantile) è sinonimo di un disagionon risolto. Ed ecco allora una lingua, liberata sì, ma solo all'interno della dimensione estetica, al di fuori della quale il vuoto referenziale trova per lo più impreparati gli accaniti sperimentatori della zaum'. Col risultato, magari, di stimolare il potere politico, questa volta rivoluzionario davvero, a interrogarsi sui sistemi di appropriazione di ta• le carica liberatoria: è il caso del le/. i cui teorici interpretano la zaum', con le sue formule magi• che, il suo fondo magmatico cd emozionale, non come procedi• mento poetico ma come «dialetto sociale•, in grado di rispondere a «bisogni sociali ben determinati,. (sono parole di Ku.Jner citate da Marzaduri), di divenire la «lingua operaia e contadina della nuova società sovietica,., neologismi compresi, e voci gergali, e sintassi sincopata. A scorrere le vicende della poetica cubofuturista c'è comunque da rimanere sorpresi, come nell'affrontare la lettura illustrativa dell'Avanguardia a Tiflis, ricostruila con precisione documentaria e rigore storico dai curatori del volume, già segnalato su Alfabeto n. 52 (settembre 1983). Vi si parla, in particolare, dell'avventura letteraria del gruppo «41°•, costretto a fare i conti con un «produttivismo- post-rivoluzionario che ritiene definitivamente conclusa l'esperienza dcll'anc come forma specifica; e si può anche incontrare, tra gli esponenti dcll'a• vanguardia georgiana, un Kruà:· nych in crisi che non aspira a tra• sformare la vita, ma a riprodurre nella poesia l'insensatezza dell'esperienza quotidiana. A questo punto il dibattito si allarga, e non riguarda più il mito di una lingua nuova, intraducibile, iperrazionale o transmentale, quanto la funzione ideologica della parola autentica, immediata, cui si delega la riconquista di un'identità rapportabile alla funzione sociale. Si torna cosl paradossalmente al problema dell'impossibilità di un'arte che intenda comunicare solo se stessa, i propri procedimenti formali: tra autonomia radicale, spinta dai cultori della zaum' sino all'utopia di una lingua universale sottratta all'ambito delle referenze (ma perchl, aJlora, ignorare un Freud impegnato da tempo a indagare il significatodel• le parole primordiali?), ed eteronomia inseparabile, secondo la teoria estetica di Marinetti, dalla coscienza del moderno, la distanza si riduce, si fa più programmatica che reale. Al centro sta l'esigenza di ridiscutere le modalità del comunicare, reimpostando il rapporto creazione.fruizione, sia che si rilanci, con i futuristi italiani, una sorta di attivismo letterario, di flagranza comportamentale (con l'equivoco dell'estetizzazione del politico), sia che si lavori per l'affrancamento da ogni subordinazione affidando alla zaum', assieme al rifiuto dei codici, il compito di sfidare i ruoli stereotipati («la poesia zaum' non deve essere capita dal lettore ma creata da lui,., Bj0magcr Jensen, LA poetica d~I /enore). Vivere «carnalmente, sensuaJmcntc» la parola, riscoprirne la ricchezza anagrammatica, il significato acustico e visivo: da Mallarml a Saussurc, da Carroll a AItaud, dal paroUberismo alla· zaum', la sperimentazione linguistica è davvero conoscenza e insieme immagine del mutamento ideologico, della crisi di una civiltà. Con risposte antitetiche che non escludono, tuttavia, convergenze, essendo i rapporti autonomia/politicizzazionedell'arte com• plessi e intricati più di quanto non paia. Pcrchl in fondo, fatte salve le ragioni della storia, non è detto ~ che l'eccitazione del segno propo- .5 sta da Marinctti non vada oltre i ~ limiti che le assegna la poetica fun- ~ zionalizzata all'azione, alla guerra, ~ all'industria; o aJl'opposto che la negazione transmentale del senso -~ non comporti, come suggerisce :::2 uno K~insky deliziosamc_nte ';:- provocatono, elegantemente 1ro- v-, nico, interrogativi aperti: «E perchi poi i futuristi russi si diedero i t~I:~~':!?;. degli uculli? PercM aJ- ~
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