AttualitàdiPlinio Gaio Plinio Secondo Storiauluralo. Ullri I-VI: ~•-,ia a c. di Gian Biagio Conte Torino, Einaudi, 1982 pp. LXXV-844, ili., lire 70.000 N el De dvitate Dei (XV,9), Agostino racronta di aver visto personalmente, sulla spiaggia di Utica, un molare urna• no cento volte più grande di quelli di cui gli uomini sono oggi dotati. E per suffragare la sua affermazione si appoggia anche all'autorità di Plinio, il quale osserva che «per tutto il genere umano la statura diminuisce quasi di giorno in giorno, ed è raro che si sia più alti del proprio padre, dato che la fecondità del seme è diminuita dall'approssimarsi della conflagrazione, verso cui tende attualmente l'universo» (N.H. vn, 73). Agostino, quindi, pur respingendo le dottrine stoi• che della distruzione e della rinascita dell'universo, pur dichiarandosi contrario all'idea dell'eterno ritorno (percht Cristo si è incarnato una sola volta), non sa trovare altra spiegazione ai 'segni del tempo' delle ossa gigantesche se non quella di un progressivo indebolimento della fona generatrice. Ma se Dante potrà poi rallegrarsi del fatto che la natura, nella sua saggezza, abbia abbandonato l'ar• te di produrre «sl fatti animali•, i giganti (/n/. XXXI, 49-50), in Pii• nio - come già in Lucrezio - tale natura stanca di partorire è guarU loro cervello ottuso, rivolto all'avidità, non considera che lo stesso guadagno potrebbe essere consolidato proprio dalla scienza» (Il, 117-118,pp. 2TT-79). Ricchezza e sapere, invece di collaborare con reciproca utilità, si ignorano e si danneggiano a vicenda. E cosl 1antumab ucogi1andis novis ac iuvanda villl nwres absint (XXV, 2). Ciò che ~ nuovo, originale, viene penalizzato o non sfruttato, anche in campo tecnico. Plinio stesso ricorda come, nell'età di Tiberio, fosse stata devastata l'officina di un presunto inventore di vetro flessibile, per paura che esso potesse fare concorrenza ai metalli (cfr. XXXVI, 195),mentre Svetonio cita il caso di Vespasiano - il padre di Tito, a cui nel 77 ~ dedicata la S1oria naturale, - il quaJe premiò s1 un ingegnere che aveva inventato una nuova macchina per l'edilizia ma non volle data e.on partecipe solidarietà e _ ~ flt. non senza apprensione. Non solo i ••~;- • corpi rimpicciolisoono, infatti, ma •. ;.:,·· invea:hiano anche i costumi e le : ' " facoltà umane. E, sebbene i progressi del sapere restino sempre possibili, un sintomo di decadenza è offerto dalla diminuzione del piacere di conoscere o almeno di quel piacere disinteressato, in rapporto a.i vantaggi di chi lo produce, che è tutto volto al giovamento dei posteri. Cosl - in maniera apparente· mente paradossale - proprio quando le condizioni materiali e politiche sembrano più favorevoli allo sviluppo della scienza, questo flos hominum (VII, 123), essa tende invece a languire: «in un mondo di contrasti, diviso (ci~ smembrato) in regni, tanti uomini si sono occupati di questioni ben difficili da risolvere, e vivevano, soprattutto. in mezzo a guerre e a violazioni dell'ospitalità, mentre la fama dei pirati, nemici di tutta l'umanità, atterriva i viaggiatori: e cosl, oggi, ciascuno può racrogliere certe informazioni dai loro testi standosene nel proprio paese, che quelli mai hanno visitato: e risultano più esatte delle conosccnz.cdi chi vi è nato! Ora invece, in una pace così festiva, sotto un principe che si rallegra tanto del progresso ma1eriale e culturale, non si aggiunge proprio nulla di originale alla scienza; anzi, nemmeno le scoperte degli antichi sono oggetto di studio. Non c'erano maggiori ricompense, allora, perché la massa della fortuna era dispersa fra molti: eppure parecchi studiosi hanno fatto questi ritrovamenti senz'altra ricompensa che il beneficare i posteri. In realtà, è la moralità degli uomini che è invecchiata, non il profitto; e una folla sconfinata naviga sul mare, aperto per tutta la sua estensione, e trova ospitali approdi su qualsiasi costa, ma lo fa per il denaro e non per la scienza. utilizzarla per non togliere lavoro alla plebicula (dr. Suet. Vesp., 18). A Plinio, in effetti, non interessano tanto i vincoli posti dai rapporti economici e politici allo sviluppo deUe invenzioni, quanto il fatto in se stesoo che si è attenuata la spinta verso la conoscenza, è venuta meno la curi-Ositas, la 'vokmtà di sapere', e prevale l'avaritia, la volontà di possedere. L'epistemofilia - caratterizzata da Seneca come morbu.sGraecu.sè in Plinio, malgrado la difesa della scienza e dell'esperienza romana, il tratto saliente della personalità. E non solo per la sua quasi maniacale e onnivora fame di sapere e di catalogare (su cui si può ben ironizzare, vedendovi la caricatu.ra dello studioso), ma anche per ragioni più complesse e meno riducibili alla sfera psicologica. Intanto, egli è convinto (in contrasto e.on l'assioma che apre la Metafisica di Aristotele) che non sempre tutti gli uomini aspirano per natura alla conoscenza. li loro impulso fondamentale è piuttosto una immensa vivendi cupido (VU, 5), un puerile desiderio di immortalità o, meglio, di una mortalitas avida numquam desinere (VII, 189). Nelle epoche di declino, la volontà e il piacere di conoscere si Remo Bodei separano dalla brama di vivere, allorché quest'ultima diventa avan·• ria, concentrazione sul proprio ristretto interesse e cecità dinanzi al mondo in cui tutti siamo inseriti. Proprio per dimostrare - e tutta la sua vita ne è esempio - come l'attività pratico-politica non sia incompatibile con lo studio della natura e con il piacere della oonosccnza, Plinio intraprende e porta a compimento l'immensa mole della Storia naturale. In essa, con sostanziali concessioni anche ai lettori avvezzi più ai racconti meravigliosi che alle aride esposizioni scientifiche, il mondo viene descritto e interpretato in tutti i suoi aspetti, mosuato nella sua molteplicità e nelle sue attrattive. Inoltre, dinanzi all'incuria del presente e alla possibile 'invidia del tempo' per il patrimonio di conoscenze accumulato, Plinio vuole ordinarlo, inventariarlo, vagliarlo tempia le proprie ricchezze. Ma vi è anche una differenza essenziale nel suo accumulare: egli raccoglie per distribuire, perché ritiene che la scienza sia un patrimonio collettivo, da mettere a disposizione dell'umanità presente e futura; esercita semmai un particolare tipo di evergetismo intellettuale, in quanto non benefica i suoi concittadini facendo innalzare a proprie spese monumenti o acquedotti, ma salvando e organizzando per loro il sapere. ln questo senso, la sua curiositas è ansiadi conservaree di trasmettere accresciuto un bene pubblico. L'etica pliniana t un'etica del lavoro intellettualecomeprofessioneda affiancare, e da collegare, con l'esercizio delle cariche pubbliche. Egli non è oosì avulso dalla politica in senso lato da separarla dalla scienza. Muore non soltanto, come spesso si ripete, per la curiosità di nasce o muore, ma anche, in generale, se una di esse si sposta e passa, e inoltre se cresce o diminuisce. Cosl egli lasciò il cielo in ere• dità a tutti: solo che si trovasse qualcuno in grado di assumersi la successione!» (li, 95, pp. 263-65). Tuttavia, non sempre è possibik trovare nella natu.rauna regolarità sufficiente a stabilirne le leggi e la mappa. Essa, per quanto in genere sia finalizzata all'uomo, sfugge in molti casi alla sua comprensione, di modo che più che cercarne i principi è necessario individuarn~ la volontà (cfr. XXXVII, 60). La natura, al pari di un artefice, ama sperimentare, si diletta a produrre innumerevoli varianti della stessa specie (conchiglie, erba, ecc.). Il suo ordine non è soltanto rigido (ciò che permetterebbe sempre una scienza esatta e rigorosa); è spesso !"ordinedi un gioco variato, ciò che impone di descrivere tanto le regole che le eccezioni, l'ordinario e il meraviglioso - e quest'ultimo non è appunlo una violazione della legalità rigida della natura, ma il suo ampio margine di speri• mentazione. Per questo motivo i raccon1idi mirabilia non servono in Plinio tanto a venire incontro ai gusli dell'epoca, quanto anche, per lui, a mostrare lo spettro di complemen• tarità della regola, a stabilire una casistica. La natura tende a rim- . picciolire gli esseri, ma quale per- ...,· 1, fezione vi è negli animali più mi• 'jl \ ~• nuscoh, ad esempio negh msetli ,- l :- (cfr X, 1)1 Phmo non st lascmco- ~ ~-•, - , fF ghere dalla m1st1cadel colossale, ~- ~ ~- _ l!:r,t~ \..":'! come capiterà a Buffon o a de r, 1 ': ~ •, ~1 1:• 1 Pauw, quando vedranno nella p1c- •'ri{• 1 ! ~~ ,•• ~ ·.1 t 1 't• cola tagha degh ammah amencam /,· ,: : ·1r1· .-!., Il , onellaquant1tàenormed1msett11I , 1 • I , •l'i segno della mfenontà del r.uovo I ;.-C•.;• \, . ' mondo, figlto d1una natura ormai ~ ;' .,. l.' sfibrata da, parti - •. · L) ~ Il merav,ghoso è dovunque, non '-- • - . è necessario andare agli estremi .. confini dell'ecumene per incon• ~ 1rarlo. È vicino a noi, è dcnlro di ·. - =-r~ -- - noi, in quanto facciamo parte di Si• f .. uer11t1'a·- • questa natura eterna attraversata • , ~· • da incessan1ivicissi1udini.S1udiacriticamente per 1rasmetterlo ai posteri, a loro beneficio. Un atteggiamento analogo - motivato non da preoccupazioni cosmologiche relative al compiersi del grande anno, ma dalla più concreta minaccia della distruzione della cultura classicada parte di popolazioni barbariche - spingerà Boezio a comporre le sue opere di aritmeti• ca e di musica. Si tratta infine di far vedere come la reallà stessa sia meravigliosa, le leggi non meno delle eccezioni e degli «scherzi» della natura. L'ipertrofia delle conoscenze non è per Plinio - come già per il Seneca della lettera 88 a Lucilio - una sorta di intemperanza: plus sdre ve/le quam sit satis, intempe• rantiaegenus est. Conoscere quanto più è possibile è un dovere verso i contemporanei e i posteri, che non può neppure essere soggetti• vamente basato sul desiderio di gloria. La curiositas è una virtù, non un vizio, come sarà con Lattanzio o e.on Agostino, quando (ironia della sorte!) essa diventerà una sottospecie di avarizia e una concupi.scientiaoculorum (dr. AuguSI. Conf X, 35). C'è una parte di verità in questo: Plinio accumula conoscenze come altri accumulano soldi; si compiace delle nozioni tesaurizzate con la gioia dell'avaro che convedere da vicino l'eruzione del Vesuvio, ma per !X)rtarein salvo con la Oottaparte della po!X)lazionc ostiera minacciala. Per costruire due fittizie vite - o morti - parallele, non fa la stessa fine di Archimede, che viene ucciso da un soldato romano mentre disegna sulla ix>lvere delle figure, con tanta concentra- :rione «da non accorgersi neppure che la città era stata espugnata» (Cic. De fin. V, 19, 50). D el rest~, Plinio non ~a mai avvertito come vera mtemperanza la volontà di sapere, anche se spesso sono stati proiettati su di lui pregiudizi estra• nei. Egli ha cioè il senso dei limiti che la conoscenza deve rispettare, ma non perché creda sino in fondo ai tabù religiosi o alla vendetla della natura qualora si oltrepassino i confini del lecito (dr. però, ad esempio, XV, 57), bensl perché sa che le leggi naturali sono talvolta nascoste e difficili da capire. Egli loda anzi la fatica di Ipparco, «che affrontò un lavoro disperato anche per un dio»: «enumerare le stelle a Wntaggio dei posteri e registrare gli astri assegnando loro dei nomi, e.onstrumenti da lui inventati, gra• zie ai quali poteva fissare posizio• ne e gràndezza di ognuno; in modo che si potesse stabilire facilmente non solo se qualche stella re i variati giochidi sperimentazione della natura non significa abbandonare il terreno del sapere per il vacuo piacere della favola, in quanto le eccezioni sono eccezioni di una regola e presuppongono dunque la conoscenza della re• gola. I mostri, i fenomeni miracolosi, non negano la polenza della natura, né sono soltanto aristotelicamente (dr. Arist. Phys. 11, 199) i suoi errori. Sono anche il segno che la natura ha ancora la forza sufficiente a sperimentare, a giocare. Conoscere le sue leggi e le sue variazioni su un tema, mante• nere attiva la capacità di apprendere, servirà all'uomo a sentirsi maggiormente a casa nel mondo. Se non gli t riservala l'immortalità, se neppure la scienza lo mette al riparo dal dolore, almeno gli è data la consapevolezza, la presenza vigile a sé e al mondo, giacché, ::'.:! plinianamente, vita vigilia est. -~ Sarebbe un peccalo che i lettori ~ di oggi - 'curiosi' e ormai inevita- ~ bilmente benevoli nei confronti ~ del valore scientifico dell'opera - ~ non approfittassero del dono che ] Plinio ha fatto anche a loro, in ~ quanto posteri: troverebbero an- "' cora nella Storia naturale, così ben ~ curala e tradotta nell'edizione ita• C: liana, innumerevoli ragioni per j ~~~:~re il piacere di conoscere i
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