tati direttamente o lateralmente, e per.;ino psicogalvanometri applicati alle dita per misurare l'attività elettrica della cute (che può esprimere la risonanza emotiva suscitata dagli stimoli sensoriali). È stata usata anche la tecnica della réverie, in cui il soggetto in posizione di relax, le tempie e gli orecchi coperti da cuffie che attutiscono i rumori, immerso in una luce rossa soffusa, viene invitato a verbalizzare e comunque a reagire a differenziali semantici, ecc. Il risultato è la prova che si può restare a lungo sulla soglia (di saturazione) perché la ripetitività non diventa unheimlich, ma familiarizza il soggetto alle variazioni ripetitive (non per nulla la «musica ripetitiva» fa parte oggi dell'environnement sociale in cui malviviamo, e ci è diventata «familiare» - grazie alla ripetizione) perché contiene tuttavia elementi di mutazione percepì bili. Sulla soglia, dunque. Tutte le figure del discorso sono state compiute, finite. Il mondo è totalmente riflesso, speculare, identificato, umanizzato (e l'umanizzazione si è «naturalizzata»). Adesso, finalmente, ci guardiamo guardarci guardare, «in abisso» e in ritardi moltiplicati (time delay, video delay) nel Present continuous di Dan Graham. L'installazione video nella stanza con due pareti-specchio e un monitor e una telecamera incastrati in un muro - e la prima immagine che appare sul monitor è l'immagine presa dalla telecamera ma diffusa con otto secondi di ritardo, - offrendo una messa-in-abisso delle riprese ridiffuse con otto, sedici, ventiquattro, trentadue, quaranta secondi di ritardo (virtualmente fino all'infinito), catturando il tempo passato prossimo (otto secondi, il tempo equivalente alla memoria immediata), cancella il reale facendolo diventare segno, simbolo e indice e limite della percettibilità. Il narcisismo macchinico è perpetuabile, ormai. Il cerchio sembra chiuso nell'eternizzazione dello sguardo dello spettatore che si vede protagonista del suo sguardo stesso, in un tempo di memoria breve già dominato. E adesso? D iventati echi audiovisuali, plurisensori, di noi stessi, possiamo videodanzare nel presente, spettrandoci (spettroscopicamente) come in VALERIAscopia o del/'amMAGLiallrice nelle movenze corporali appena compiute eppure resistenti sullo schermo (non più soltanto sulla retina); o continuare a vedere Majakovskij e Liii Brik mentre continuano a compiere i gesti, scalati nel tempo, che sono stati dilatati e ripresi in altri piani e inquadrature interne come in Cuor di télema (video presentate a Bologna, appunto, a «L'immagine elettronica»). Lo spettacolo è spettracolare, insomma. Stiamo sfondando la profondità di campo, oltre la profondità temporale della visione e dell'ascolto. Il sogno del «simultaneismo» sembra realizzarsi. La «memoria» è in macchina. Ma il giacimento dei ricordi non giace più, è vivente. Narciso si smarrisce un po'. Non troppo. Ci si ri-ri-ri-flette sulle neo-artes-combinatoriae, le sinestesie risolutive. Al Forum des Halles, così come alla Sorbona durante la rassegna sui «Trent'anni di cinema sperimentale francese», ci si è interrogati su Art vidéo: écritures multiples e La vidéo: po11r une création poétique, graphiq11e,plastique et musicale (sulla «videopoesia» insomma, sulla poetronica e tuttilresto). E ancora su La vidéo et le récit: la vidéo pe111-el/engendrer 11nreno11vellement du récit? (insomma sulla «videoletteratura», come sulla «letteatratura» multipla, ecc.; noi ci eravamo già L'unico giornale italiano di informazione e di analisi critica dei problemi della scienza. Un mensile prodotto da una cooperativa di ricercatori, docenti, tecnici, operatori, lavoratori di fabbrica e dei servizi. Abbenatevi! Sosterrete così il oostre sforzo e sq11irete organicamente il nestro discorse. 81bl1otecag1n.obianco interrogati, m proposito, qualche volta rispondendo anche). Andando all'indietro ritroviamo chiaro, facilmente meta-pseudostoricizzando, che la televisione non è stata finora che un cineteatro memorizzato e trasmesso immediatamente; che il cinema è stato un teatro memorizzato con tante aperture e calate di sipario quanto la diaframmazione della macchina da presa e il battito degli occhi; e il teatro una messa-in-forme ottiche della letteratura. Le intermittenze fotogrammatiche, le alzate dei sipari e lo sfogliar delle pagine si confondono in una sola scansione. E l'elettronica rischia di essere tutta, anch'essa, una riproduzione memorizzata del reale e dei suoi fantasmi, tagliata da forbici-sipari mentali. Tanto più che, nell'audiovisuale, sembra proprio che l'occhio non possa parlare al cervello senza verbalizzarsi, senza passare per una /e/tura lelleraria, per un interpreta/ore letterario - un interpoetatore, diciamo pure. I problemi della psicopercezione si ripropongono dunque in maniera quasi drammatica. L'apparato psichico, di fronte alle sperimentazioni elettroniche, pare tornare a un «grado zero» della percezione. Studi comparativi sull'apparato visuale e sul dispositivo di registrazione elettronica dell'immagine, sul funzionamento dei fosféni e delle onde cerebrali, hanno fatto toccare le differenze. J. Hochberg ha rilevato che i movimenti oculari davanti a un televisore sono molto meno pronunciati che nella vita corrente. Un telespettatore, cui si presenti una trasmissione standard, occupato com'è a verbalizzare istantaneamente l'immagine percepita, non può risentire gli effetti di una fissazione oculare poiché non fissa la sua attenzione che al solo scopo di ri-conoscere ciò che vede. Ma si se Scienza Esperienza Mensile della Cooperativa Nuovo Sapere produce, invece, una immobilità oculare quando si assiste a una sequenza di immagini non direttamente significanti, perché l'attenzione non corrisponde più a uno sforzo d'identificazione ma a una tensione verso la cattura diretta, e intensificata, del flusso d'informazioni puramente visuali, non significanti - ma sognificanti, dovremmo chiamarle così, e non puro gioco di parole, - in altre parole ipnotiche. È ormai tutta una questione di coni, bastoncini, sinapsi, onde alpha, di oculografi e stimuli, e limiti di tollerabilità degli stimuli non decrittabili-verbalizzabili. E gli studi sulla Perception of Television Displays di Hocberg e Brooks, così come tanti altri studi sulla "psicologia della visione», non possono certo essere riassunti qui. Chi scrive ha però sperimentato, durante le proiezioni delle sue "videopoesie» e «videopoemetti» e «poetelematografie», le difficoltà dei pubblici a percepire senza riconoscere il non-conosciuto e i ritmi intensi delle variazioni ritmiche non-figurali. Sarebbe (stato) necessario imparare a vedere, ma forse ha ragione Lyotard: «apprendre à voir est désapprendre à connaitre». O apprendere a conoscere diversamente, - obiettiamo? - a poeticamente percepire nel dominio delle forme e delle colorazioni mobili. Del resto, la percezione poetica, anche del verbalizzato, è sempre stato un problema. Non risolto. Ma ora che !'«immagine elettronumerica» può produrre una quantità tale di combinazioni da superare qualsiasi significazione storicamente legittimata dai nostri stessi sensi culturalizzati (umanizzati-naturalizzati), la domanda comporta dappertutto un punto d'interrogazione artigliato: quali combinazioni, - Esperienza già oggi possibili (e in molti casi non solo poesibili ma poetute), saranno comprensibili, accettabili, fruibili, dalla futura griglia cultural-visuale della specie? Già oggi non si possono consumare più ore di audiovisuale «letterariamente interpretabile», cioè verbalizzabile. La pelle audiovisuale (non più «piccoJapelle», non più «pellicola») ricopre l'intero corpo planetario. E solo immagini sensazional-emozionali - id est poetiche, tecnitiche, - che non passino attraverso l'interpretazione letterario-verbalizzante, potrebbero conseguire ciò che chiamiamo significazione immaginale, una nuova significazione corrispondente a un nuovo modo aggiuntivo di pensar sinestesico. Forse ..... E forse no, naturalmente o innaturalmente. L'epoca della «rappresentazione» è finita da tempo. L'immagine numerica trasmette ciò che non esiste, letteralmente, può non avere, non ha referente reale; produce, ingranando marce mentali a grande velocità e superandole, tutte le fasmie (in)immaginabili, nessunali potremmo dirle. I videopoeti (o, forse meglio, i videotecniti) lottano ormai da un quarto di secolo, corpo a corpo, con queste immagini destinali del nostro «inconscio elettronico». n numero delle combinazioni significanti dell'immagine numerica è infimo in rapporto al numero delle combinazioni matematicamente possibili, all'infinito- sarà bene ripetercelo insieme agli sperimentatori della neopsicopercezione, e ficcarcelo in testa. Ma la sfida è proprio questa, alla curva più stretta dell'età finale della tecnica, mentre facciamo l'esperienza di questa fine senza «fondamento», né altezza né bassezza, come nel vacuurn spaziale. E dovremo accettarla, rilanciarcela se possibile. Se poesibile ... Scienza Abbonamento per un anno (12 numeri) Lire 33.000 Inviare l'importo a Cooperativa intrapresa Via Caposile, 2 20137 Milanp Conto Corre•te Postale n. IS431208
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