Alfabeta - anno V - n. 45 - febbraio 1983

B I manoscritdti Pavia Università degli studi di Pavia Fondo manoscritti di autori contemporanei. Catalogo a c. di G. Ferretti, M.A. Grignani e M.P. Musatti Nota introduttiva di M. Corti Torino, Einaudi, 1982 pp. XX - 339, lire 20.000 A dieci anni dalla sua costituzione, il Fondo manoscritti di autori contemporanei dell'Università di Pavia pubblica il primo volume del Catalogo delle sue acqu1s1Ztoni. I quotidiani danno grande rilievo all'evento, e una mostra dei più interessanti documenti letterari del Fondo, organizzata a Pavia, riscuote un notevole successo. In via preliminare, non si può evitare di riconoscere che i fatti di cui si è detto si inseriscono in un quadro culturale che ci trasmette analoghi segnali: altre recenti e fortunate esposizioni di manoscritti sono state allestite dalle Biblioteche nazionali, è risorto il Gabinetto Vieusseux e, più in generale si assiste a uno straordinario e diffuso interesse per l'arte antica e per il Medioevo, e a un rinnovato amore per la lettura e l'ascolto di poesia. È facile cogliere in questi segnali la tendenza a rappresentare una proposta alternativa e contraddittoria rispetto a quella cultura apocalittica, o dell'imminente catastrofe, che pure è largamente diffusa in Italia. In particolare, l'interesse che i manoscritti, soprattutto autografi, hanno saputo suscitare (e forse il nostro discorso potrà riferirsi anche alla passione per le letture poetiche d'autore) discende probabilmente dal fascino che il problema semiotico del rapporto fra l'autore e la sua opera ha sempre esercitato. Infatti, se di fronte a manoscritti di testi antichi e non autografi, cioè non redatti dall'autore, la preoccupazione prevalente nello studioso è sostanzialmente quella di ripulire il testo dagli errori e dagli interventi di chi lo ha copiato, l'atteggiamento di chi esamini un complesso di manoscritti autografi, e ciò avviene più spesso per epoche recenti, è ben diverso. Il suo lavoro tende infatti preliminarmente a riconoscere la stesura che rappresenta la volontà ultima dell'autore, poi soprattutto a rinvenire le leggi poetiche che regolano il sistema delle variazioni, cioè i modi della creatività dello scrittore, e a desumere da questi la maggior quantità di informazione e di conoscenza possibile, in vista di una corretta e arricchita fruizione dell'opera. I dattiloscritti e i manoscritti dell'autore, dalle grafie ora indecifrabili ora limpide, con le nervose cancellature e le riscritture, i rimandi, i recuperi, gli infiniti smontaggi e ricostruzioni, costituiscono insomma l'unica testimonianza durevole (la voce dell'artista, spesso reticente o immemore, è destinata a spegnersi) del momento più misterioso e delicato della comunicazione letteraria: la generazione del testo. In questa fase lo scrittore è alla ricerca dei toni, dello stile, della struttura del a sua o r ; ha davanti a sé innumerevoli sentieri e percorsi da saggiare e, progressivamente, accantonare, fino a che sarà l'opera stessa a imporre al suo artefice di proseguire solo per una determinata strada. Ma il girovagare poetico alla ricerca della direzione giusta, il vagabondaggio delle varianti e delle alternative risuona ancora nell'opera conclusa, e va percepito, anche perché le diverse tappe dell'elaborazione possono essere, per la storia poetica di un autore, più illuminanti del risultato ultimo. A un altro livello, l'opposizione più significativa fra il travagliato stadio intermedio del manoscritto e l'univocità dell'opera a stampa non risiede nella provvisorietà del primo in rapporto alla compiutezza della seconda, ma nel fatto che mentre l'opera a stampa può essere solo letta, il complesso dei manoscritti deve anche essereguardato, è un segno iconico oltre che verbale, ci trasmette informazione utilizzando due lingue: quella della parola e quella dell'immagine. Paolo Logorio meno rapido o preoccupato dell'eleganza e della intellegibilità (di un'eventuale proponibilità ad altri?) del proprio materiale di lavoro. La consistenza del valore di immagine della grafia riversa naturalmente, e di riflesso, un'importanza considerevole sull'elemento degli spazi bianchi, sul rapporto fra i vuoti e i pieni, sull'assenza o presenza e ·ampiezzadei margini: è da tempo assodato, per testimonianza degli stessi poeti, che l'architettura di una pagina poetica è spesso in intima per quanto sottile relazione con la sua dimensione puramente verbale (si pensi solo al caso più banale: il maggiore o minore isolamento nello spazio delle strofe di un componimento). Si danno poi casi in cui la compresenza di elementi visivi e verbali è molto più immediatamente percepibile. I manoscritti di Franco Fortini del Fondo pavese, ad esempio, sono corredati di schizzi abilmente tracciati, in particolare di teste e di forbici, che evidenteMaria Antonietta Grignani (curatrice della sezione del Catalogo dedicata a Montale) descrive, a questo proposito, l'ampio ed eterogeneo complesso di documenti montaliani della raccolta: «L'idiosincrasia di Montale per le risme di elegante carta extra-strong trova conferma negli autografi pavesi, in cui gli umili fogli di carta giallastra e le veline costituiscono la norma, e pure risulta corroborata la leggenda di un Montale attento economizzatore di materiali scrittori, che riempie di grafia minutissima e talora assai criptica il verso di biglietti da visita o d'invito, i lembi candidi di avvisi della Rai o del Senato della Repubblica». Si tratta di manoscritti di eccezionale interesse donati da Montale stesso, che ha punteggiato la storia del Fondo con successive donazioni fino al 1980; l'istituto possiede così numerose testimonianze della più antica e della più recente poesia montaliana, con autografi dei primi anni venti di testi celeberrimi confluiti negli OsA un baccanale;l'uomo impugnaun tirso,afianco un tripodee un candelabro I n quest'ottica assumono rilievo elementi a cui il testo edito ihevitabilmente rinuncia e che, d'altro canto, fanno certamente parte del bagaglio espressivo o, se si vuole, dell'armamentario segnico a cui l'artista attinge durante il processo creativo di un'opera. Fra i tratti che concorrono a determinare visivamente la pagina di ciascun autore, il più immediato è certo la grafia, che - al di là delle indagini psicologiche che su di essa si possono condurre - conferisce allo scritto un alone segnico, un surplus di significazione che non è facile definire e che, seppure non è diretto verso il lettore perché l'autore sa che il suo testo verrà stampato, resta avvertibile; la grafia, inoltre, fornisce informazioni sulla prassi scrittoria e compositiva dell'artista, che sarà più o mente risalgono alle pause di riflessione creativa del poeta e sono quindi strettamente legati quanto meno ai procedimenti compositivi dell'autore, se non alla genesi e alle trasformazioni del testo che accompagnano («La poesia delle rose», di cui il Fondo custodisce innumerevoli rifacimenti). Un altro autore per cui si nota la convivenza nella pagina scritta di preoccupazioni architettoniche e spunti decorativi è Dino Buzzati, di cui il Catalogo della raccolta riproduce alcune lettere ad Aldo Camerino. L'osservazione secondo cui i manoscritti vanno anche guardati si riferisce inoltre, naturalmente, alla loro consistenza materiale, al loro aspetto, e si tratta di elementi quasi insostituibili per chi si interroghi sulle tappe e sui modi del lavoro poetico di un autore. Così si di seppia ( «I limoni», «Crisalide», «Tentava la vostra mano la tastiera», ecc.) e altri relativi a raccolte più tarde (soprattutto Satura, poi il Diario del '71 e del '72, e Quaderno di quattro anni), oltre a testi editi isolatamente e inediti. T ornando a riflettere sul patrimonio comunicativo verbale dei manoscritti e dattiloscritti d'autore, va ricordato che gli autografi non solo testimoniano, come s'è detto, i successivi stadi dell'approssimazione a una parola, un'espressione, un effetto stilistico, ma accompagnano il testo con una serie a volte assai nutrita di informazioni sulle diverse stesure di un'opera e, più genericamente, su aspetti e problemi legati all'iter compositivo in quella fase particolare. Vi sono autori importanti, ad esempio, cui pare premere un'estrema oggettivazione, una sorta di distacco dalla propria opera, attraverso una precisione assoluta nel datarne gli sviluppi e l'avvenuta conclusione, come si osserva per Italo Calvino che, in calce a un manoscritto del racconto La speculazione edilizia, annota puntigliosamente il termine del suo rapporto di generatore con il testo: «finito 12-7-57/ ore 17,15 / cominciato 5 aprile '56». Anche Alberto Arbasino, di cui il Fondo custodisce varie stesure di quasi tutta la sua produzione di narratore, drammaturgo, traduttore, saggista, si dimostra molto attento e sensibile all'esigenza di riordinare filologicamente i suoi materiali, e correda le cartellette e i fascicoli in cui sono raccolti i documenti del suo lavoro artistico di datazioni e ragguagli preziosi. L'assenza di simili interventi è ovviamente altrettanto significativa, e a questo proposito è interessante riferire, ad esempio, dell'atteggiamento intermedio di Paolo Volponi che, nella lettera di donazione, così precisa: «I brani di Corporale sono quelli scampati al mio disordine di scrittore di complemento e anche ai tempi intermedi piuttosto lunghi fra una fase e l'altra di scrittura». La testimonianza dei manoscritti merita bene, dunque, di essere accolta, e vagliata da inquisitori acuti e cauti: per questo il Fondo manoscritti di autori contemporanei dell'Università di Pavia è nato e opera non solo come luogo di raccolta di materiali, ma come centro di cultura e di ricerca, in collaborazione e contatto con istituti analoghi in Italia e all'estero. L'ideazione e la creazione del Fondo si devono allo slancio e alla tenacia costruttiva di Maria Corti, che ha tradotto in organismo culturale vivo quello che poteva rimanere un evento isolato, ancorché prestigioso: la donazione nel 1969, da parte di Eugenio Montale, di una serie di blocs-notes «contenenti prime stesure di antiche sue poesie e abbozzi di recenti». La fisicità dell'immagine di quei taccuini introduce, fra l'altro, un secondo ordine di motivi per cui la costituzione di una raccolta di manoscritti novecenteschi assume anche il carattere di tempestivo e meritorio intervento conservativo. Che fine farebbero altrimenti tanti. preziosi documenti poetici, in mano a eredi più q meno esperti e culturalmente sensibili? Nella «Nota introduttiva» al Catalogo della raccolta, si distinguono i tre modi più tipici del nostro impoverimento culturale: la distruzione del materiale da parte di .,,. possessori desiderosi di liberarsi -~ dell'ingombro di voluminosi scar- ~ tafacci; la vendita attraverso inter- ~ mediari ad amatori, spesso all'e- ~ stero; la conservazione più attenta .S,! e amorevole da parte di privati E collezionisti, che però sottraggono i quanto hanno alla circolazione .!:., culturale. (Si sentano pure, questi ~ ultimi, amichevolmente esortati a cedere magari al Fondo qualcuno dei loro tesori!)

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