Alfabeta - anno V - n. 44 - gennaio 1983

dominio della stessa pregnanza: così, il grido d'allarme lanciato da un animale alla vista di un predatore, propaga la pregnanza «paura» all'interno della comunità. Questi fenomeni si estendono anche alle pregnanze soggettive che investono oggetti inanimati percepiti da un soggetto (per un uomo affamato, ogni oggetto che somiglia a un alimento diventa alimento ... ). La determinazione esplicita dei «logoi» che assicurano la stabilità degli esseri è un problema immenso; con la sola teoria delle catastrofi elementari (i sette tipi di catastrofi spazio-temporali) si ottengono le articolazioni più semplici che governano i conflitti stabili sullo spazio-tempo ... Ma il riferimento agli spazi assiologici, ai «potenziali», permette di render conto del caratterefinalistico dei processi di regolazione. La teoria delle catastrofi- nel suo aspetto più azzardato e, bisogna dirlo, per niente riconosciuto dalla collettività scientifica attuale - ha l'ambizione di render conto almeno dei tratti più generali dell'epigenesi (embriologia) degli esseri viventi, e della stabilità del loro metabolismo. Ora, se si presta fede alla terza critica di Kant, l'unità dell'opera d'arte sarebbe della stessa natura teleologica dell'unità organica dell'essere vivente, e sarebbe soggetta alle stesse procedure mentali (il giudizio riflettente). Se dunque le pretese della teoria delle catastrofi in materia di biologia sono fondate, e se Kant ha ragione nella sua analisi, si dovrebbe poter affrontare il problema dell'unità dell'opera d'arte con i metodi della teoria delle catastrofi... È il progetto che tenterò qui, senza purtroppo poter andare al di là di un semplice abbozzo. C'è un primo punto a proposito del quale l'estetica soddisfa in pieno la metodologia catastrofista: l'estetica, cioè, è una morfologia. Tratta oggetti spazio-temporali; produce materialmente, nel caso delle arti plastiche (pittura, scultura), o unicamente temporali (musica, poesia) - da questo punto di vista l'estetica è avvantaggiata rispetto a molte scienze umane, come la psicologia o la sociologia, del tutto incapaci di spazializzare i loro oggetti. Ma se si tratta astrattamente del bello, ci si porranno al proposito due problematiche fonda mentali per la costituzione dell'opera d'arte: la problematica del contorno e laproblematica del frammento. • C'è un punto - essenziale - per cui l'estetica si allontana da una disciplina scientifica morfologica: essa rifiuta sistematicamente la ripetizione a livello dell'opera globale: tutti i suoi oggetti di studio sono degli hapax, una copia viene immediatamente eliminata dal campo di studio. Se si volesse fare della ripetizione il criterio di «stabilità strutturale» (essenziale in teoria delle catastrofi), si sarebbe condotti a dire che un tale criterio di stabilità è, puramente e semplicemente, non pertinente; gli aspetti ludici e onirici così frequenti nel_- /' opera d'arte sono in relazione con questa volontà di originalità a ogni costo (può darsi che nella storia dell'umanità non ci siano stati due sogni vissuti in maniera strettamente identica... ). Questa difficoltà essenziale nel trattare «catastroficamente» dell'opera d'arte può essere parzialmente risolta se si osserva: a) che .I' unità dell'opera d'arte è da ricercarsimeno ne/I'esigenza di stabilità che in un'esigenza di •Ottimalità»: l'estrema sensitività de/l'effetto estetico in rapporto a variazioni minime della forma dell'oggetto mostra che ciò che è in gioco qui non è la «robustezza»; b) che la ripetizione è perfettamente permessa a livello del dettaglio, del sotto-soggetto... Certe arti, come la musica, hanno una morfologia costituita essenzialmente da una combinatoria discreta che verte su un numero finito di elementi (le note in musica classica).· L'estetica pone, in modo essenziale, il problema del rapporto fra locale e globale, ed è a questo titolo che può legittimamente interessare il topo/ago, che in matematica verifica questo rapporto in maniera continua. Due problematiche intervengono immediatamente in estetica: la problematica del contorno, del «bordo» dell'oggetto, e laproblematica del frammento, cioè a dire del dettaglio, del «sotto-soggetto». D problema del contorno Ci si chiederà anzitutto se il bello non esige, in modo essenziale, di essere concentrato, individuato in·begli oggetti. È concepibile la bellezza in maniera non localizzata, come ambiente o atmosfera? A questo proposito, due analogie possono guidarci: se, secondo la tesi kantiana, il sentimento del bello è della medesima natura dellafinalità biologica, allora si osserverà che ogni essere vivente ·ènecessariamente separato dal mondo esterno, inanimato, da una parete continua: lape}le nei vertebrati, ad esempio. La vita, in un certo senso, non si separa dal suo «effetto figurativo» fondamentale, quello che separa la forma spaziale del!:individuo dallo sfondo esteriore inerte. Del res~o,si tenterà di cpnfrontare l'opposizione bello-non . bello ali'opposizione sacroprofano dell'antropologia. . Si dice a volte che questa. opposizione, in certe società, è sentita in modo assoluto. Così gli arpedonapti dell'antichità greca realizzavano secondo prescrizioni geometriche raffinate il tracciato della parete chi: doveva separare l'interno (sacro) del tempio dallo spazio profano d~l mqndo esterno. Ma è difficile credere che la_distinzione si potesse mantenere in modo permanente; còsì l'artigiano primitivo si spiega l'efficacia del suo lavoro tanto per l'intervento di potenze magiche quanto per la sua propria abilità (un risultato maldestro si poteva interpretare del resto come la violazione di un tabù). La stessa ambiguità si manifesta in estetica: la bellezza può essere legata a un' ottimalità funzionale, come si è visto per certe opere d'arte in senso tecnico (ponti, viadotti, hani.!i:: !:iT1 .:1 1 • MAANDBLAD GEWIJD AAN DE MODERNE BEELDENDE VAKKEN EN KULTUUR RED. THEO VAN DOESBURG. gars,ecc.); mentre, negli esseri viventi, la bellezza dell'organismo è indiscutibilmente legata alla perfezione «biologica» della sua forma, cioè alla sua. conformità a una sorta di canone ideale della specie. In ogni caso, l'essere ha effettivamente un contorno netto, e, in questo caso, l'effetto estetico risulta dalla sola forma (spaziale) 4~1contorno, e l'interno non interviene. Ma l'ottimalità funzionale non è un concetto facile da definire, e sarebbe difficile dimostrare che il «canone ideale» della specie realizza effettivaJrl!!ntequesto optimum. Si può tuttavia stabilire come principio che l'oggetto d'arte esige un contorno, come la cornice che circonda un quadro; ma questo contorno è in genere trasparente, si può vedere l'interno. Nel caso stesso in cui non esiste alcun contorno materiale, come quando si parla della bellezza di un paesaggio, si può pensare che lo spettatore circondi la sua visione con una cornice fittizia, suscettibile di essere inglobata in un campo visuale. (È difficile parlare, per esempio, della bellezza di un panorama circolarescoperto alla sommità di una montagna: si faranno sempre delle scelte locali sotto ceni azimuth privilegiati). Anche se la cornice non c'è, sarà sempre creataper necessità psicologica, necessità che del resto può esserefluttuante e passeggera, fruuo di un'attenzione istantanea e mobile. In ogni caso lo sfondo, la parete, da sé non saprebbe creare l'opera d'arte, anche se i rettangoli di Mondrian han potuto farlo credere. Come vedremo, la parete funziona come un filtro che globalizza e in largamisura trasforma profondamente gli effetti locali dei dettagli contenuti. È interessante, a questo proposito, confrontare alla bellezza il suo opposto, la bruttezza. li brutto esige, come il bello, di individuarsi in oggetti limitati? Certamente esistono cose brutte, ma sono tali perché si tratta di realizzazioni incompiute, difettose di un «canone ideale» suggerito dalla concettualizzazione dell'oggetto (come un animale uscito da un'embriologia imperfetta o mostruosa); per altro, credo che la bruttezza ambientale, la bruttezza di un'atmosfera, sia più facile da concepire che la bellezza delocalizzata. Bastapensare alla laidezza generalizzata dei nostri paesaggi urbani moderni per convincersene. Si potrebbero senz'altro costituire quadri bruttissimi per associazione di soggetti che sarebbero bellissimi presi uno a uno e isolatamente. Al contrario, ci si può spiegare come effetto di contorno il paradosso di Aristotele: un campo di battaglia è ripugnante ma un quadro che lo rappresenta può essere magnifico. In questo caso l'effetto della cornice è trasformare una pregnanza negativa (di repulsione) in una pregnanza attrattivapositiva; nel suo recente libro Francis Bacon, la logique de la sensation, Gilles Deleuze ha dato numerosi esempi di questo fenomeno; una figura intrinsecamente brutta, soltanto per essere circondata da un fondo piatto a bordo netto, diventa sorgente di bellezza. Perparlare come i termodinamici, il contorno gioca per l'opera d'ane lo stesso ruolo della «parete riflettente» del corpo nero; la parete riflette le pregnanze uscite dagli oggetti sorgenti situati a/l'interno ma ne rovescia (a volte) il segno ... Ciò detto, non si dovrebbe immaginare che l'opera d'arte sia strettamente limitata al suo contorno; come un animale, il cui organismo è limitato dalla pelle, ha un territorio assai più esteso in cui si svolgono le sue attività, un oggetto d'arte è sorgente di un'aura di bellezza che riempie tutti i suoi dintorni (secondo leggi per altro assai sottili poiché la propagazione è lungi dall'essere isotropa). Agli scettici che ne dubitassero, chiedo di considerare quanto, nei musei e nelle mostre, l'effetto di un quadro può essere contaminato dalla presenza di quadri vicini. D problema del frammento Nell'osservazione di un quadro (o più in generale di un'opera plastica) lo spirito comincia col distinguere il contorno dell'opera; poi, in uno sforzo d'analisi, ci si sforza di distinguere, a/l'interno, dei centri, dei soggetti portatori di una certa pregnanza. Lo spazio totale dell'opera si trova così spezzettato in domini parziali, che sono le zone di irraggiamento di un centro (o più generalmente di una configurazione locale di dettagli assunta come individuo). Si può pensare che questa frammentazione derivi da una sorta di proliferazione del contorno verso l'interno, proliferazione più tapida laddove nessun dettaglio particolare attira l'attenzione ... È essenzialmente il conflitto di queste pregnanze, governato dal logos di una «catastrofe» (!orse più che elementare!) che assicurerà l'unità dell'opera d'arte: il suo effetto estetico, la sua-«bellezza», sarà legato ali'accordo più o meno perfetto di questaframmentazione percettiva con un modello ideale ottenuto sottomettendo lo spazio del quadro a una partizione astratta definita da una struttura di carattere algebrico, un /ogos catastrofista. Ci si potrà chiedere, a questo proposito, se la bellezza è un carattereglobale dell'opera d'arte, o se essa è necessariamente già presente localmente nei frammenti o nei dettagli; problema molto simile a quello della definizione della vita, proprietà olistica di un organismo, ma che si trova già presente nella più infima delle cellule. La risposta è affermativa, ma deve essereprecisata: se il «/ogos» globale dell'opera richiede in un certo dominio una pregnanza negativa (repulsiva), MAANDBLAD GEWIJD AAN ~ "' DE MODERNE BEELDENDE! -. V A K K:E N E N K U L T U U R ED. THEO VAN DOESBURG.

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