Alfabeta - anno IV - n. 42 - novembre 1982

uomini e soprattutto delle donne, dedite alla magia, sarebbero state viste come un ritorno ai vecchi culti). Come si vede, tutte le analisi collocano l'origine della caccia nell'àmbito dei rapporti di potere all'interno delle società considerate, anche se oscillano nella identificazione delle cause dirette. P er Andreski tutte queste tesi sono poco convincenti. Nei confronti della prima, ad esempio, egli dice che la caccia alle streghe non può essere una dimostrazione del desiderio di soggiogare la popolazione femminile, dato che non si spiegherebbe il perché di cosl tante vittime di sesso maschile. Egli ritiene meno azzardate le tesi di Thomas e di Macfarlane, anche se il legame fra la predestinazione calvinista e lo sviluppo del capitalismo non giustifica del tutto, ai suoi occhi, un fenomeno di «caccia» con dimensioni cosi vaste. Se la persecuzione fosse stata un prodotto del capitalismo, essa avrebbe dovuto dilagare maggiormente in Inghilterra, in Italia e nei Paesi Bassi piuttosto che in Francia e in Germania, paesi che furono meno intaccati dallo sviluppo capitalistico primitivo. Inoltre, non gli sembra che si possa dimenticare il fatto che molte vittime appartenevano ai ceti più alti della società. Nei confronti delle tesi di Jeanne Favret, Andreski ritiene che il ceto emergente non avesse bisogno di ricorrere alla caccia per dominare una fascia di povertà che era già ampiamente emarginata e che era ogni volta duramente sconfitta, durante le feroci rappresaglie che seguivano ogni periodica rivolta contadina. Ugualmente critico è nei confronti delle tesi «emozionaliste» (capri espiatori, ecc.) in quanto tutte le società storiche hanno conosciuto tensioni, ma ciò non ha mai portato a risposte del genere roghi per streghe e maghi, i quali, per di più, neppure durante la maggior estensione della «caccia,,furono accusati di aver provocato guerre, conflitti sociali interni, ecc. Infine anche l'opinione della Murray viene respinta in quanto, secondo Andreski, la Chiesa non avrebbe aspettato tanti secoli per fare «giustizia»degli ultimi residui pagani. Il tentativo di spostare l'analisi dal terreno del «potere», dove con molta probabilità si annida la sua radice (e dove quasi tutti gli autori citati «collocano» le loro indagini), a quello della malattia, per essere produttivo avrebbe bisogno di prove o, almeno, di indizi «gravi, precisi e concordanti». E invece, ancora una volta, le ragioni addotte mostrano la corda. In primo luogo non è pacifico il fatto, posto a base di quasi tutti gli studi di geografia medica, che la sifilide sia stata importata in Europa dalle Americhe alla fine del Quattrocento. Come notò Alfonso Corradi (Storia delle epidemie. Nuovi documenti per la storia delle malattie venereein Italia dalla fine del Quattrocento alla metà del Cinquecento, in Rendiconti del R. Istituto Lombardo, 1871,serie II, voi. 4), sono numerosi gli autori - e alcuni assai prestigiosi - per i quali l'origine del morbo è as.;ai più antica, molte essendo le «affinità e parentele tra il niale che volevasi nuovo e l'antichissima lebbra». E Corradi, senza dubbio del XV secolo. Senonché, il carattere epidemico della malattia (e i timori che innegabilmente ebbero ad accompagnarla) non sembrano tali da consentire la costruzione di un nesso causale tra la malattia e la caccia. In primo luogo, va considerato che la sifilide fu sempre vista come una vera e propria «malattia» e accompagnata da minuziose analisi del suo modo di manifestarsi, degli organi colpiti, dei mezzi (rudimentali, come per tutte le malattie dell'epoca) di cura, ecc. Ancora Corradi, in appendice allo scritto già citato, riportava tutta una serie di documenti dai quali risulta che mai nessuno ebbe a parlare del nuovo male come dovuto a intervento diabolico, ma che tutti lo descrissero come un vero e proprio morbo «naturalmente» spiegabile. il migliore storico delle malattie che il Se un nesso tra la malattia e i comnostro paese abbia avuto, citava un portamenti sociali fu costruito, questo caso di sifilide e malattia venerea co- ebbe a concernere il meretricio che fu stituzionale nel Trecento (Annali uni- subito messo in contatto con la diffuversali di medicina, 1867, CXCIX), sione del morbo. Ma, anche sotto vale a dire relativo a un tempo abbon- questo aspetto, molte delle collettivi- " dantemente precedente la scoperta tà colpite mostrarono un atteggiadelle Americhe. mento tutt'altro che feroce verso le È innegabile tuttavia che prima del- prostitute, consce della impossibilità la fine del Quattrocento la sifilide fu di abolire il meretricio e alcune addisempre ben lontana dal raggiungere il rittura (si pensi a Lucca) addirittura livello epidemico raggiunto alla fine disposte a proteggerlo e favorirlo di del secolo in questione e nella prima fronte al pericolo, ritenuto prevalenmetà del successivo. Su questo punto te, di diffusione del «vizio sodomitiè d'accordo anche Andreski per il co». La stessa Missa beati lobi contra quale - sia la sifilide di origine stan- morbum galicum, una «preghiera» ~ ziale, sia essa di importazione ameri- per ottenere la rapida guarigione da a: cana - quello che importa (e che su- questo male, non si differenzia dalle ~ scitò il rafforzamento della persecu- preghiere che per tutta l'epoca furono l zione delle streghe) è il carattere epi- apprestate per la guarigione delle ma- B, ~ ·o chèit;a~1nt1 1'à dc;b La circostanza invocata da Andreski secondo cui la sifilideveniva considerata da alcuni un morbo inviato da Dio in terra per punire gli incontinenti (in un editto dell'imperatore Massimiliano del 1495così veniva definito il morbo, e un identico convincimento mostrava di avere un medico della corte di Luigi XV quando affermava essere una opinione altamente probabile che «la malattia venerea fosse stata mandata nel mondo per disposizione della Provvidenza, sia per limitare come una briglia le passioni turbolente dell'appetito dei sensi, sia come una punizione per correggere la gratificazione da essi apportata»), lungi dal confermare le sue tesi, sembra radicalmente smentirle. E infatti, che fosse Dio a «causare» l'evento smentisce in radice l'affermazione che esso fosse prodotto dal demonio. Le ragioni poste a base della caccia alle streghe, come intermediarie dell'intervento diabolico nel mondo, per quanto varie e molteplici siano state nel corso dei secoli, ebbero sempre a mantenere un presupposto mai venuto meno: che in tanto era ipotizzabile un intervento diabolico in quanto l'evento dannoso (morte, infermità, ecc.) non rientrava nel novero delle malattie conosciute, descritte e diffuse. Soloquando questo accadeva, poteva sorgere il sospetto di un intervento di questo tipo, che invece si era propensi a escludere in presenza di una infermità da malattia nota, e quindi «naturale». Lo stesso riferimento, citato dal nostro autore. a Dio come fonte della malattia sembra rafforzare la tesi della esclusione di un intervento diabolico nella produzione della sifilide. Tutta la letteratura demonologica esclude che Dio possa perseguire i suoi fini attraverso un intervento diabolico «vincente». Certo, la onnipotenza divina alla fine non può non ricondurre a sé tutto quanto accade nel mondo. Ma questa onnipotenza di risultati ultimi non copre la imputabilità diretta di azioni-mezzo. Se è Dio che cagiona direttamente certi effetti, allora va escluso che essi siano stati cagionati dal diavolo, per mezzo della strega o del mago (questo almeno in relazione alla generalità dei casi, che è quello che conta). Se invece è il diavolo a cagionare certi effetti, allora questi non possono in alcun modo essere ricollegati in modo immediato e diretto a Dio. ma sono valutati come una conseguenza della presenza diabolica nel mondo e della sua non ancora intervenuta definitiva sconfitta ad opera delle forze del bene. A nche il Mal/eus maleficarum, vera e propria «bibbia» dei cacciatori di streghe dell'epoca, non sembra in alcun modo configurare un rapporto immediato e diretto tra stregoneria e sifilide. Indubbiamente la descrizione che esso fa delle streghe è quanto di più «sgradevole» sia dato di riscontrare, e sono frequenti gli accenni sia alle loro «performances» sessuali con i demoni, sia agli effetti che esse riescono a produrre a seguito degli interventi diabolici (impotenza di congiungersi e di generare, ecc.). E indubbiamente non mancano accenni alla possibilità che gli amori disordinati possano a, re, accanto a cause naturali, anc cause diaboliche dirette o indirette Ma questo è soltanto l'aspetto margine della questione. Dove e spiegano i maggiori sforzi di imma nazione, è nella descrizione dei n porti sessuali tra diavoli e streghe, settore assai limitato della sessual globale della intera società. In al termini, è la sessualità che attira loro attenzione (e queila femminile particolare), mentre sono scarsi es,_ tanto marginali gli accenni alle mal, tie riguardanti direttamente e «ori nicamente» gli organi della sessual (quale è la sifilide). Gli autori del Mal/eus, sotto quei aspetto, sono assai più interessati a malattie «psicologiche»della sessu, tà che alle alterazioni visibili degli gani genitali (del resto, fin dall'ini fu riconosciuto e accertato che la s lide non colpiva soltanto questi org, e non si diffondeva soltanto per cc tatto sessuale). E questo non è un so: l'universale convincimento che sifilide fosse una malattia «natura era tale dal distoglierli - sotto pena perdita d'ogni credibilità - dall'ir stere con particolare fervore su di sa. Quanto al fatto - anch'esso invo to dall'Andreski - che la ricerca «bollo diabolico» veniva fatta e particolare preferenza attorno alle ne sessuali, da un lato non sembra tutto esatto (la ricerca del «bollo» • niva fatta anche su altre parti del c, po, e qualunque «irregolarità» di q, sto veniva esplorata con aghi al fine consentire la individuazione delle ; ne non dolorifiche), dall'altro, anc se fosse esatto, proverebbe ben po, Infatti, si tratterebbe sempre di rie ca sugli organi della sessualità (pac camente non amati dagli inquisitori non di accertamento su una loro p sunta «insanità». Infine, non si d1 dimenticare un altro elemento e gioca anch'esso contro la tesi del 1 stro autore. La sifilide, se de: preoccupazioni e paure, si mosse t tavia sempre in una dimensione as meno «fosca»delle altre forme epi, miche (si pensi alla peste). Essa, I quanto dolorosa e «vergognosa» 1 tesse essere, fu sempre vista come u malattia dall'esito non letale e pert, to assai meno grave di altri morbi e demici che non lasciavano alcuna SJ ranza di vita. Lo stesso fatto della sua «conn sione» con le pratiche sessuali, se alcuni ebbe a suscitare aspre gerem di, in altri destò reazioni assai I blande, al limite del gioco e de «scherzo» (si pensi ai versi giocosi e dicati a essa dal Pistoia, dal Lolli, 1 Bino, accanto a quelli più seri e «t: dizionali» con cui il tema fu traw dal Fracastoro e dal Sommariva). In definitiva, a un'analisi suffici, temente approfondita, di un rappo tra la diffusione epidemica della sif de e la estensione della caccia a streghe non resta traccia alcuna. un nesso esiste (ma Andreski non parla), esso investe la prostituta e strega. L'accostamento tra le due corre ad esempio, con una certa fi quenza, in tutta una serie di prove1 tedeschi (D. R. Stiefelmeier, Sacn profano nella Germania medioevo in Nuova d. w.f., aprile-giugno 19~ che insistono sul fatto che chi da g vane ha fatto la puttana, da veccl ha molte probabilità di diventare st ga, ecc. Ancora una volta, tuttavia, non sono tracce di accenni alla malattia filitica. E pertanto, nonostante i tt tativi fatti, sembra che l'origine de «caccia alle streghe» che ha insang ·nato le terre d'Europa debba ance continuare a ricercarsi dove l'han cercata gli autori criticati da And1 ski, vale a dire nei rapporti di pott all'interno delle società in cui essa f be a prosperare e sulle minacce e per i suoi detentori rappresenta ogni ricorso (anche solo probabile) l'intervento diabolico, nei cui cc fronti potevano operare soltanto c grande difficoltà i meccanismi di cc !rollo sociale apprestati (e ben funzi nanti) per le altre attività umane.

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