Alfabeta - anno IV - n. 42 - novembre 1982

Decisioni della Pretura del Lavoro di Milano sul caso Alfa Romeo Ordinanza 29 luglio 1982 giudice Canosa Ordinanza 14 agosto 1982 giudice Santosuosso Ordinanza I° settembre 1982 giudice Frattin (in Critica del Diritto n. 25-26, 1982, pp. 102-20) N on è infrequente che un provvedimento giudiziario susciti l'interesse di politici, sindacalisti e sociologi oltre che di giuristi, e determini l'avvio di un dibattito che, partendo dal caso specifico, investa problemi di carattere generale. Raramente, però, erano sorte reazioni pari a quelle seguite alle tre ordinanze dei pretori milanesi dell'agosto e settembre scorsi, con le quali in via cautelare veniva ordinato all'Alfa Romeo di reintegrare nel posto di lavoro un gruppo di lavoratori messi in cassa integrazione fin dal marzo precedente. Le preoccupazioni espresse da imprenditori, sindacato e forze politiche, i toni concitati del dibattito, i giudizi sommari di critica e l'affrettata richiesta di immediati interventi legislativi idonei a limitare gli «effetti devastanti di una certa giurisprudenza» lasciavano intendere che le decisioni sull'Alfa Romeo erano sul punto di scardinare un sistema di relazioni industriali costruito faticosamente negli anni e difeso in pratica da tutti. È stata sufficiente una lettura più attenta dei provvedimenti per rilevarI / manifesto ha pubblicato il 30 settembre scorso il testo integrale del documento Una generazione politica è detenuta, divulgato da un gruppo di detenuti nel carceredi Rebibbia, imputati delle inchieste o processi Ucc, Mcr - comitati comunisti, Processo Moro, Mpro - Guerriglia comunista, 7 aprik, Processo di Bergamo, Prima linea, ecc. «Ci sono molti modi di leggere questo documento. Noi, manifesto, chiediamo che sia letto misurando lo sforzo morale, la decisione di chiarezza (vedi il secondo capitoletto), la volontà di reinserimento attivo in un processo di trasformazione che tagli netto con il movimentismo violento. È molto importante il modo con cui sinistra ed istituzioni leggeranno questo 'percorso'; si misurerà in ciò la loro capacità non solo di lettura della realtà, ma di diventare interlocutore attivo - capace di seguire e alimentare e discutere il 'percorso', non di soffocarlo - in nome di valutazioni che su molti punti non possono non essere diverse - al suo primo nascere,.. Il documento è chiarissimo. Il commento del manifesto lo è altrettanto (come si può capire anche dal passo introduttivo riportato qui sopra). Noi intendiamo solamente riproporli, distinti e insieme, insistendo sullo sforzo morale e sulla decisione di chiarezza del primo, come sulla volontà e capacità di esserne interlocutore attivo del secondo. In tutte le posizioni più ordinate e ordinarie di cittadinanza è davvero sentita, sempre più come necessaria, la ricerca di una soluzione politica - in quanto collettiva, socialmente dibattuta e accolta - della questione delle miSindaca~e_giudici ne la reale portata, e perché fosse evidente che dietro la sproporzione e l'esasperazione dei primi commenti critici c'era l'intenzione di trarre lo spunto dalla vicenda Alfa per mettere sul tappeto i complessi problemi dei conflitti nell'era delle ristrutturazioni industriali, al di là del caso specifico, rilanciando proposte di riforma che investivano anche gli àmbiti istituzionali. Le ordinanze hanno dichiarato illegittimi, in quanto discriminatori, i criteri di scelta seguiti dall'Alfa Romeo nell'individuazione degli operai da mettere in cassa integrazione. A un primo sommario esame (in una fase d'urgenza), insomma, i pretori hanno accertato che l'Alfa si è avvalsa dei meccanismi previsti dalla legge 164 del 1975 sulla cassa integrazione per espellere dalla fabbrica lavoratori non graditi perché ammalati o politicizzati o particolarmente attivi sul piano sindacale; perciò hanno dichiarato nullo un atto che era frutto di un uso fraudolento di norme predisposte per altri scopi, e che nel caso era diretto al raggiungimento di fini discriminatori, in aperta violazione delle norme costituzionali e di diritto comune poste a tutela dei lavoratori ammalati o sindacalizzati. Ai rilievi dell'Alfa, secondo cui la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione era stata la conseguenza dell'accordo sindacale del 9 marzo 1982, le ordinanze hanno replicato che neppure un accordo collettivo poteva rendere legittimi provvedimenti gliaia di detenuti, latitanti, esiliati del «terrorismo». Soluzione politica che abbia la qualità civile, quindi anche giuridica, per imporsi come principio e linea di conoscenza e di scelta nella lotta contro ogni forma di terrorismo e di attacco armato alle istituzioni. «Essa si dà - riprendiamo dal documento - a partire da una pratica politica di netto rifiuto di posizioni e comportamenti 'combattenti' o terroristici, come primo passaggio per sollecitare e stimolare un rapporto dialettico, attivo e propositivo con quelle forze sotjali e politiche che intendono superare la politica delle leggi speciali e del terrore ed aprire una fase di trasformazione». «Differenti posizioni, dunque .- prosegue il documento, - cosl come è stato articolato, pluralistico, contraddittorio l'insieme dei percorsi politici del movimento degli anni settanta, unificato nelle teorie del 'complotto' unicamente nella politica giudiziaria e nelle sue ricostruzioni storiche riduzionistiche e criminalizzanti». E proprio storicamente e culturalmente, nei principi e nei fatti, sono da distinguere i percorsi politici del movimento anni settanta, anche in rispetto di quella loro diversità apparsa chiara e completa persino sotto le indagini istruttorie penali oltre che nei linguaggi e nei propositi, non legabile nemmeno nel fondo più rovente del più speciale dei crogiuoli. Non è più possibile, se mai una volta nel passato più febbrile lo èstato, configurarne un'utopica disperata convergenza in un solo, comune piano di 'rivolta militare', determinata e condotta da strategie scientifzche, da programmi tecnologicamente avanzati di divisione di compiti e di valorizzazioadottati con fini discriminatori e che il sindacato non aveva il potere di disporre dei diritti soggettivi dei singoli lavoratori, garantiti da norme costituzionali e comuni (come appunto il diritto alla tutela della salute e alla posizione politica e sindacale in fabbrica). Un provvedimento giudiziario, dunque, non diretto a ridurre il ruolo e la capacità di rappresentanza del sindacato nei processi di ristrutturazione industriale ma, semmai, rivolto a limitare la discrezionalità delle aziende in materia, censurando gli arbìtri - con la considerazione ovvia che neppure i particolari accordi aziendali sulla cassa integrazione potevano contenere discriminazioni nei riguardi dei soggetti più deboli o sgraditi, o violare norme imperative poste a loro tutela. Nell'affermazione di questi principi i pretori milanesi non hanno fatto altro che richiamarsi a un orientamento dottrinario indiscusso e a una consolidata giurisprudenza, riaffermata anche dalla Corte di cassazione quando ha dichiarato illegittimi articoli e clausole di contratti collettivi nazionali, ritenuti discriminatori nei riguardi delle donne o dei minori, o in violazione di norme inderogabili della costituzione o dello statuto dei lavoratori. Ma, al contrario di quanto era accaduto in simili casi, le decisioni sull'Alfa sono state accolte con allarme e con reazioni inusuali, perché giudicate idonee a mettere in discussione il ruolo e il potere di rappresentanza del sindacato nei processi di ristrutturazione industriale. ne delle relative risorseanche marginali, ossessivamente e magneticamente forzati a congiungersi dalla medesima natura malvagia. Sono quindi da accettare e da riconoscere le diverse categorie di imputali e di carcerati stabilite nel loro interno dagli stessi firmatari del documento; ,wn solo per comprendere meglio la loro proposta e le loro ragioni, ma anche per fissare un principio che consenta di procedere nella distinzione fra lefigure dell'orbe terrorista, tra le loro estensioni come tra i loro processi. A prova di questa necessaria verità si pone già la grande distinzione "tragli implacabili rivoltosi che continuano a combattere anche in carcere e nei processi, cercando di aprire nuovi fronti ovunque arrivino a toccare, e gli arresi e pentiti che invocano e confessano tutto e più di lutto, coinvolgendo nella colpa ancora come cattivi compagni e demoni tentatori chiunque intorno a loro li abbia una volta incontrati che fuggivano ribelli o visti che imprecavano contro le porte di casa. Le necessarie distinzioni richiedono quindi che venga rimosso ciò che ancora sta unito e fermo in fondo e contro tu/lo: il bastione militare dello Stato. Che non si interri e acciechi tra le trincee e i motti più foschi della storia suprema delle potenze; a gonfiare i contrasti e a riavvitare ogni vortice. Si deve convenire con il documento quando scrive: «Finora lo Stato ha scelto e praticato rispetto alla questione dei prigionieri politici una via militare: con la politica giudiziaria, nei processi e nel carcerario», e prosegue: «Netto, senza equivoci è il confine che separa oggi prosecuzione della logica di guerra e volontà di essere nuo11 clamore suscitato dalla vertenza Alfa non può essere considerato frutto del caso o legato a particolari circostanze. In realtà in questa vicenda, come in quelle relative all'Unidal e alla Montedison di Castellanza, sono emersi problemi che si legano direttamente al mutato panorama del diritto del lavoro e alle nuove competenze assunte dal sindacato nelle relazioni industriali. II diritto del lavoro ha perso da tempo la caratteristica di sistema normativo a evoluzione unidirezionale (a tutela del contraente più debole), e ha assunto connotati complessi, ambivalenti, che incidono sulla contrattazione collettiva e sulle garanzie individuali. Gli interventi di politica industriale, inoltre, sono sempre più intrecciati ai problemi della mobilità dei lavoratori e del mantenimento dei livelli d'occupazione, per cui il tema delle ristrutturazioni industriali e delle riconversioni produttive è inevitabilmente collegato a quello della mobilità, della gestione del mercato del lavoro, della cassa integrazione. È diventato sempre più stretto il rapporto tra disciplina laburista e politica economica e industriale, e sempre più rilevante il ruolo che assume il sindacato. Le prassi di salvataggio e di ausilio delle aziende in crisi coinvolgono una pluralità di soggetti: governo, imprenditori, enti pubblici, istituti di credito e sindacato (che svolge un ruolo attivo quasi pari a quello assegnato dalle varie leggi ai soggetti pubblici a ciò istituzionalvamente presenti in un processo di trasformazione». Questa volontà è affermata con una chiarezza che vale nei due sensi: anche in quello dello Stato. La chiarezza viene da una analisi e da una sensibilità acute e avvertite della realtàsociale che vive lungo ogni scrimine e margine istituzionale, tanto che può allargarsia comprendere che «la divaricazione fra movimenti sociali, istanze di trasformazione rappresentate nel loro pluralismo e la lotta armata, - è ormai radicale e definitiva». Questa è l'autentica, viva certezza che scaturisce e supera il documento e che si dirige con convinte motivazioni verso il dibattito politico culturale e sociale del paese. Alla sua luce il documento non è più una lettera dal carcere, un appello accattivante e generico verso qualche difensore più buono o in qualche modo compiacentemente interessato all'uso dei clamori e dei residui politico-processuali; tanto meno il piano strategico e tattico di un finto armistizio o di un aggiramento; ma il testo meditato di una dichiarazione costitutiva, corredata e perfezionata dei requisiti validi di confronto e di intervento. «La maggioranza dei prigionieri politici può, ponendosi come interlocutore attivo, contribuire a rinnovare e modernizzare il diritto, lottando per un processo di superamento della legislazione speciale». E più avanti: «immaginare che verrà un giorno in cui qualcuno decreterà che tutti torneranno liberi ed eguagliati nell'amnistia, come lo sono stati nella pena detentiva, è fantasia irresponsabile». Tale affermazione fonda la verità di tutta la proposta nella consapevolezza di sé, delle proprie qualità e responso7-::: mente preposti). Anche in Italia, insomma, si è affermata un'esigenza già consolidatasi in altri paesi industriali in crisi di sviluppo: accentuare il ruolo di mediazione dei sindacati forti (il sindacato «maggiormente rappresentativo») assegnando loro compiti di coordinamento e di mediazione tipicamente pubblici. Dalla metà degli anni settanta in poi tutta la legislazione relativa alla ristrutturazione industriale, alle agevolazioni alle aziende, al controllo della mobilità, alla cassa integrazione, presenta queste caratteristiche. Alla base di questo, c'è anche la scelta politica di fondo del sindacato che - andando oltre la fase puramente difensiva del garantismo e del contropotere in fabbrica, tipica dei primi anni dello statuto dei lavoratori, - si è proposto un ruolo fondamentale conie strumento di controllo nei processi di ristrutturazione produttiva e all'interno degli organi istituzionali preposti alla gestione del mercato del lavoro. Analogamente, dalla difesa di interessi individuali, il sindacato è passato non solo alla difesa di interessi collettivi, ma anche al controllo dell'economia nazionale, della programmazione, della politica industriale, e così via - in una parola, alla difesa di interessi generali entro un ordine economico complessivo non contestato. Ha assunto cosl il ruolo di intermediazione acquisito nei paesi a modello neocorporativo dalle organizzazioni che rappresentano interessi diffusi, esercitanbilità, e nella determinazione di una ripresamorale, provata tra le esperienze più dure. «Il patto di percorso che proponiamo a tutti i detenuti politici è l'accettazione di una prospettiva riformatrice fatta di vertenze, rivendicazioni, battaglie realistiche e lotte che non vengano recluse e schiacciate tra le mura di un carcere, ma si innervino profondamente nel tessuto sociale». Giustamente il commento del manifesto rivela come il sentimento e la comprensione di tali proposte possano consentire «il recupero di una memoria storica e di una revisione politica di una intera generazione dell'Italia degli anni settanta e l'apertura nelle carceri di una dialettica che spezzi l'egemonia terroristica - che tale è, anche se il potere formale è dello Stato». I temi, i modi, i fili di questo recupero toccano da vicino le socialità e le culture più esposte e più avvertite del paese, distinguendole secondo l'intensità delle reazioni informazioni e posizioni diverse di coscienza e di potenza civile. Il contatto illlende per civile un apparato pubblico che sappia ordinatamente-e utilmente discernere lavorare sviluppare il bene collettivo. In questo senso civile il documento va al di là della dichiarazione, del confronto e della proposta con la precisazione di un tema decisivo e ben articolatoper la salute, anche mentale, della giustizia dello Stato. Che poi i giuristi, legislatori e magistrati, nella loro colta e coltivata indipendenza, ~·afgano anche al ricordo storico e letterario per il quale solitamente i rigori e i clamori delle carceri e delle galere sospingono i giorni della fine e dei trapassi di innumeri poteri e dei loro statuti.

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