Alfabeta - anno IV - n. 42 - novembre 1982

Teatroemimo «On dit qu'il se révélera comme Le maftre du mime - je wnsidère que ce ti/re Luiest déjà du». Gordon Craig, giugno 1940 E • tienne De-:roux nasce a Parigi alla fine del secolo scorso. Come attore, si forma (1923-24) alla famosa Scuola del Vieux-Colombier, sotto la direzione di Jacques Copeau e Suzanne Bing. Qui assiste per la prima volta a quelle ricerche sulla espressione corporea e sull'improvvisazione con la maschera neutra, che daranno l'avvio alla sua sperimentazione. Fino agli anni quaranta lavora come attore di teatro e cinema. Sulle scene lo dirigono, tra gli altri, Antonio Artaud, Jacques Copeau, Gaston Baty, Louis Jouvet, Charles Dullin, Marce( Herrand; per lo schermo, Marce( Camé e Pierre Prevert. La vie primitive, rappresentata nel 1931 prima con la moglie Suzanne e poi con l'allievo e collaboratore JeanLouis Barrault, è la prima realizzazione ufficiale della sua ricerca sul mimo. Seguono molti lavori che Decroux porta in tournée, assieme a conferenze e dimostrazioni, in vari paesi: Olanda, Svizzera, Belgio, Svezia, Norvegia, Austria, Italia, Stati Uniti. Negli anni cinquanta è a Milano, dove insegna al Piccolo Teatro. Nel 1959 presenta i suoi spettacoli al Carnegie Hall di New York e tiene conferenze in dieci Università americane. Nel 1963Gallimard pubblica il suo Parole sul mimo, un testo fondamentale, dove Decroux traccia la poetica del nuovo mimo e i risultati della sua esperienza pluridecennale. Maestro di mimi ormai famosi quali Jean-Louis Barrault, Marce( MarII Étienn Decroux ceau, Yves Lebreton, ispiratore occulto di tutto il teatro gestuale contemporaneo, durante gli ultimi vent'anni e ancor oggi Decroux prosegue infaticabile l'attività di ricerca teorica e pratica nella sua scuola, tutt,Jra frequentata da giovani di tutto il mondo. Dalla pantomima ottocentesca, naturalistica e descrittiva, legata al mondo dei clowns e del circo, Decroux ha teorizzato una nuova poetica corporea: una figurazione del movimento e del corpo nello spazio, fondata sulla astrazione pura e sul simbolo. Una sorta di «architettura corporea» che trova la sua sintesi e realizzazione nella famosa «statua mobile», dove il corpo è architettura in movimento secondo «linee immaginarie stabilite a priori come ideali». Il mimo corporeo (corpo nudo, viso velato) si praticava con Jacques Copeau al Vieux-Colombier allo stadio ancora embrionale, come studio secondario per l'attore che recita. Decroux ne fa un'arte a sé stante, un linguaggio con piena autonomia. Con questa operazione si inserisce nel vivo delle tematiche più innovative di quegli anni, non solo teatrali: quelle di Gordon Craig, Adolphe Appia, Antonin Artaud, quelle visive del Bauhaus e di Oscar Schlemmer, quelle filosofiche, in particolare il pensiero fenomenologico di Merleau-Ponty. Secondo Decroux, mentre la musica, la scrittura, la pittura possono mostrare l'assenza, il corpo è sempre presente, l'attore 'fa corpo' con la sua opera: «il termine arte viene da 'artificio', e in arte è necessario che l'idea della cosa sia data da un'altra cosa». Sarà dunque questione, paradossalmente, di sottrarre al corpo la sua presenza, il suo forzoso realismo, per poterlo poi evocare. li corpo come opera d'arte. La frase di Adolphe Appia, «li poeta, penna alla mano, fissa sulla carta il suo sogno», potrebbe essere così riscritta da Decroux: «TImimo, corpo in movimento, fissa nello spazio il suo sogno». Valeria Magli Il testo qui presentato è tratto da Étien11e Decroux, Paroles sur le mime, nouvelle éd. revue et augmentée, Paris, Librairie théatra/e, /963. L'edizio11eitalia11adi quest'opera è i11corso di pubblicazione presso le Edizioni del Corpo, Milano. A cura di Valeria Magli, traduzione di Maria Caronia e Giovanna Poli. La mia def'mizione di teatro a Georges Pomiès Di tutti i concessionari del palcoscenico, uno solo non è mai stato assente: l'auore. valore e l'attore crea l'emozione con il proprio modo di fare. Esiste la reciprocità? Si è mai goduto un attimo del testo i11asse11zadel dicitore? Mai, naturalmente. Incarnazione parziale del futuro attore I La quantità di elementi che entrano in genere nella composizione del teatro deve wmprendere i materiali per una definizione ... Ora, che cosa vi vediamo? Delle arti coraggiose che, dotate ognuna del potere di captare L'universo nel proprio laboratorio, non dovrebbero augurarsi né ampliamenti né succursali. Eppure, in un luogo chiamato teatro, vediamo pittori, scultori, architetti, musicisti, cantanti, ballerini e attori riuniti per cercare il modo di fare qualcosa di grandioso. Dunque, il cartello « Vietato al pubblico» che adorna la porta di accesso al palcoscenico non è stato messo per loro. Ma non ci sono errori: ogni arte con diritto d'accesso al palcoscenico, d'altronde, ha un codice rigido che le permette di esprimere a modo suo tutto quanto esiste. In nessun caso il pittore ha bisogno di ammaccare Latelaper dare L'impressione di una montagna. La pittura non si aspetta aiuti dal/'esterno: Lebasta Lasuperficie piana, e se in certi brutti luoghi fa comunella con il volume della scenografia è per gustare ilfrutto proibito o per supplite a/l'immaginazione dell'attore, mai per indigenza. Fatto L'esempio, souolineamone bene la regola: ogni forma d'arte gode del privilegio di esprimere il mondo a modo suo, senza chiedere aiuto a un'arte estranea. Inoltre, tutte meno una non passano forse tutto il proprio tempo Liberoin questa «casadi tolleranza», poiché si sono costruite la casa di campagna? Ma L'arte dell'attore, dove ha un rifugio? dove si consola? e il suo diritto alla solitudine? Ha almeno una pietra dove poggiare il capo? Dove è possibile vedere l'arte dell'attore come si vede Lapittura: allo stato puro? Tuttavia, questo senzatetto non va a sputare per vendetta sui quadri, né a discorrere con Lestatue in previsione di un'arte sintetica, e neppure apparirà agli incroci dei monumenti perché la sua visibile presenza ne costituisca una ghirlanda. Non andrà neppure a declamare Corneille ai concerti Colonne né a fare il satiro in mezzo a un corpo di ballo. Allora? E come se lui fosse il Caino delle Muse, condannato per sempre al ricordo della propria insufficienza, tutti i fratelli Lo subissano di appoggi, lo aiutano fraternamente a camminare storto e gli asciugano la bocca a tavola, e anche se gli portano viveri in gran quantità, nessuno però Loaccoglierebbe a casa propria, foss' anche per pulirvi i pavimenti. Perciò, di gentilezza in prodigalità, si arriva a questo gioiello: accompagnare con Lamusica la recitazione parlata di un poema. È dall'alto di questa collaborazione particolare che si potrà contemplare la collaborazione generale de/l'attore con qualsiasi arte estranea e chiedersi se per caso i suoi protettori non gli abbiano teso una mano per soffocarlo. Nell'attesa, siamo alla soglia della definizione, cerchiamo di approdare: poiché l'auore è L'unicoa non avere un domicilio personale, il teatro gli deve appartenere. Una misura di questo genere non l'obbligherà a cacciare i vecchi coloni, ma permetterà almeno al nostro indigeno finalmente libero di intervallare un o' i suoi gior i di ricevimento. h ff' ff' La musica, la danza e il canto arrivano soltanto la domenica, L'architetturatiene duro ma solo con il cartone, e la pittura che si scarabocchia sulla tela di juta con l'ebbrezza di un ubriaco 1101è1 sempre stata la norma: Shakespeare le preferiva i cartelli indicatori, alcuni registi l'hanno sostituita con l'architettura e il Nò giapponese non solo presenta in un unico scenario tutti gli atti, ma tutte le opere, sicché in quel paese, ormai, l'architetto e il pittore, che conoscono i tormenti de/l'inattività. sono ridoui a fare il loro me- 'i/Ù'rt'. Uùnwu• la 7;!,7,?,!~iura. I.a spo.,a frga11111t1, .\'I dice. A dire il vero, la concubina più appiccicosa. Questa paladina della virtù, questa onesta diavolessa, ha fallo pure le sue scappatelle: verso il XVI secolo, al tempo della commedia dell'arte, quando, scapolo felice, l'attore si faceva da solo la sua «minestra»: bei tempi! Ahimè, la letteratura, tornata «per caso», diceva lei, per ricucire un bottone ai pantaloni, ne approfittò per controllare tutta la biancheria: otto giorni dopo, le sue radici si agitavano nel sottopalco. Anche negli spettacoli parlati, vi sono silenzi durante i quali l'attore medita e cambia; lunghi momenti in cui il testo è privo di L'unica arte presente senza cedimenti sul palcoscenico è dunque l'arte del/'attore. lii È chiaro che le arti riunite nel teatro obbediscono solo al comando de/l'attore. Tutte l'aiutano a creare l'illusione della realtà e i11sieme a raddolcire le brutture del lavoro. li pittore e l'architetto (scenografia) collocano l'azione - per prudenza: sarebbe poco opportuno credersi 11elbazaar del palazzo di Agame1111011e -, la musica, il canto e la danza danno vigore a/l'azione, e la letteratura, sostenendola con tutte e due le braccia, cosparge l'azio11edei suoi fiori di carta mentre con l'altra ma110 spiega. Per provare che l'arte dell'attore è diventata anemica, mi basta solo la rapidità con cui si passa dalla sala al prosce11ioe di lì al palcoscenico; l'attore è pur sempre il padrone di casa: rimbambito certamente, ma il padrone. Per immagi11areche un giorno questi invitati dicano ali'ospite d'origine: «Tocca a voi uscire, voi che la fate da padrone»; per immaginare il giorno in cui si i11gaggera11ngoli allori come le comparse dello Chiìtelet, non c'è bisogno di essere profeti. E qua11dosi vedo110buttarsi nella mischia macchinisti competenti ed elettricisti tanto bravi da far vergog11areil Signore del crepuscolo, quella prospettiva si realizza davvero. Al fallo che, nella fase intermedia, l'attore sembra il compare di parata degli ultimi ritrovati di un commerciante di accessori, si cerca di non pe11Sare. Ma 11onosta11tteutto, /'al/ore sarebbe ancora il centro armonico delle altre arti, direttore d'orchestra degenerato forse in bersaglio, ma diapaso11del teatro; anche se fosse sostituito da deliziose bambole di seta, sarebbe ancora saggio e giusto rilevare: «Lo si rispetta, dunque fu». IV Quale sarà la nostra defi11izione? Abbiamo visto che l'allore è l'unico a non avere u11domicilio personale. Ciò induce a collocar/o nel teatro. Abbiamo visto che, qualsiasi forma d'arte occupi la sce11a,si regola a11cheai nostri giorni in base all'azio11e,la quale altro 1101è1 che l'allore in movimento: il che spi11gea vedere in lui «il vero abitante della venerabile torre». Abbiamo visto soprattutto - ed è questo il punto decisivo - che l'attore è la sola presenza eterna del teatro. Una simile constatazione eli111i11tuatte le altre arti. In effetti, la definizione non comporta altreproprietà che /'esse11zia/e, e l'essenziale è ancora se11zaeccezio11ela qualità propria di una cosa. Ora poiché tutte le arti, eccetto quella dell'attore, han110 cessato almeno per un istante il loro servizio, nessuna è essenziale al teatro. In altri termini: nessu11apuò e11trarenella sua definizione.-Dob-

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