Alfabeta - anno IV - n. 42 - novembre 1982

Cfr. Autori vari Cultura per la pace Milano, Edizioni Artecultura, 1982 pp. 126, lire 5.000 La rivista milanese Artecultura ha promosso un ampio dibattito, sulle sue pagine, intorno al tema «Una cultura per la pace,., e ne pubblica ora in volume gli interventi: di scrittori, come Carlo Cassala e Milena Milani; di scienziati, come Adriano Buzzati Traverso e Filippo di Pasquantonio; di filosofi, come Mario Dal Pra; di giornalisti, come Cesare Medail; di sociologi, come Roberto Guiducci; di politici, come Mario Capanna; di molti altri. Costruire una cultura della pace, nel quadro attuale di forsennato riarmo e di incombente minaccia atomica totale, non può non significare, prima di tutto, combattere in tutte le sue forme l'attuale «cultura per la guerra" nella molteplicità dei suoi risvolti, da quelli ideologici, a quelli economici, a quelli giuridici, a quelli tecnologici o scientifici. Un insieme - anche se non si voglia dire «un apparato» - potente e prepotente che influenza scelte governative e produttive, mezzi di comunicazione di massa, impiego delle risorse; e- cosa più grave - finisce per fare accogliere le proprie posizioni come un dato scontato, qualcosa di «naturale,.. Ma, al di là della lotta. necessari., contro il messaggio bellicista, l'esigenza di costruire alcuni parametri di fondo di una «cultura della pace», con le sue implicazioni nei rapporti internazionali e interpersonali e negli stessi comportamenti soggettivi, non è meno avvertita: anche se meno evidenti possano apparirne le forme di elaborazione. Gli scritti raccolti in questo volume offrono alcune indicazioni in questa direzione; ma in particolare denunziano, da una vasta gamma di posizioni culturali, etiche, politiche, la continua manipolazione in atto delle coscienze in senso bellicista. Un libro, perciò, che.invita alla riflessione e stimola all'azione. Verdi Sceneggiato televisivo regia di Renato Castellani M.S. prime due puntate (ottobre 1982) Il regista Castellani in un 'intervista a Radiotre, condotta da Gianni Mezzéra, aveva fatto int!!ndere di non essere troppo soddisfatto dell'attore protagonista dello sceneggiato Giuseppe Verdi. L'attore, ha detto, era stato quasi imposto da esigenze di coproduzione internazionale: doveva essere di lingua inglese. Nient'altro. Un 'incertezza che era solo il P,reludio di una polemica che stava per scatenarsi (come prevedibile). Giudicato dalle prime due puntate, Ronald Pickup fa decisamente l'effetto di un Giuseppe Verdi miniaturizzato: al suo fianco la Niccolodi sembra una gigantessa. Ha colpito anche lo scarto incolmabile che la sua entrata sullo schermo ha denunciato tra il ventenne lasciato pochi istanti prima e l'ultratrentenne che lo sostituisce di colpo. li Verdi ventunenne sembra abbia già quarant'anni, con il suo fuoco giovanile ormai spento. C'è però un vantaggio in questa mediocrità: evitare di alzare troppo il tono del discorso sul «genio• nascente. Si sa che un «genio» può sembrare perfino mediocre se osservato nella vita quotidiana. Ma il discorso sulla vita quotidiana è, di solito, riservato alle cameriere della critica, ai mago ecag1 giordomi della letteratura, e basta lasciar perdere. Rarissimo il caso in cui la filologia diventa discorso sulla genesi di un'opera. Fastidiosa, nella sua ostentata umiltà, la voce narrante; fastidiosissimo quel «noi» propiziatorio con cui si rivolge al pubblico («e scusateci» è un'espressione presente in tutte e due le puntate: è difficile scusare uno «scusateci• tanto inutile e non si sa poi a chi diretto ... ). Intollerabile questa narrazione vociante in toni bassopatetici quando da fuori sussurra il testo di un commento ricucitore di una sceneggiatura meccanica e troppo didattica, soprattutto quando usa affermazioni come «sano-popolare» e «guerriero-espressiva» riferendosi alla banda musicale di Busseto. «Un'esperienza che Verdi non dimenticherà mai .. ·"· Ahimè sì, è stata la sua unica debolezza, quell'amore per le bande ... Peggio quando l'amore bandistico si raddoppia nell'indimenticabilità sulla musica da chiesa e si fa avvolgere-sedurre per sempre dai profumi dell'incenso ... Se la banda è «sano-popolare», l'Austria è invece, come sempre, cattiva. Per parlarci dell'Austria, Castellani tj ha fatto vedere la solita fila di impiccati. Ma Verdi, dice la voce, non ha in mente l'Austria, ha in mente la musica da chiesa quando pensa al coro del Nabuccodonosor... Il corto circuito si produce qui: l'Austria era il centro di un impero cattolicissimo... Ci deve essere qualcuno, in Rai, che ha rilasciato una licenza di uccidere ogni residuo discorso politico che non sia uno stereotipo. Stereotipo come il discorso sull'etica: l'ambizione di Verdi è vista con gli occhi non molto pc-r,picaci della moglie dell'ottimo Il"'°'" Quel giovane era «ambizioso 1,.Pllh. I lh.lltfll l ,,.,,,.1\.1 Il 'lh' 1,111 po ••.t lat1li1!\lll"ilfl.'. a !\ogn..1n.:. a '.'<il.'rl\l.'- re ... ». La Scala era per lui «una fortezza da conquistare .. e i grandi maestri «rivali da superare». E ripete, infatti, la voce narrante che il giovanotto geniale era «divorato dall'ambizione e dall'orgoglio», come volesse raccomandare ai giovani d'oggi la piatta normalità ... Si capisce che simili discorsi sono frutto di una cultura di stampo qualunquista. Si capisce un po' meno perché una sceneggiatura che ha avuto perfino due revisori debba contenere simili «insulti al pubblico». Di questo si tratta: il pubblico viene ancora trattato come infantilmente incapace. Si suppone che la sua ignoranza sia invincibile. Dunque va assecondata? E anche coltivata? Renato Castellani nell'intervista citata ha affermato che il suo Verdi si propone soprattutto di informare. Significa allora che la disinformazione è scambiata per informazione, altrimenti non sarebbero possibili certe perle da sciocchezzaio. Nel bel mezzo dell'ottimo recupero della figura della prima moglie di Verdi, Margherita Barezzi, si condannano giustamente i biografi per averla sottovalutata. Ma lascia per lo meno perplessi che in quest'opera di rivalutazione di una donna che ha visto davvero lontano, ricorra per ben due volte l'espressione «con quegli occhi... ». Di Margherita, infatti, ci è rimasto un unico ri-11 1 tratto, vivacissimo, e par giusto farrilevare che i biografi verdiani avrebbero potuto guardarlo un po' meglio, ma portare «quegli occhi» come prova di intelligenza e lungimiranza è scendere a livello di Grand Hotel, o più sotto. Ma gli occhi, si sa, dicono tutto; per questo il Verdi giovinetto manifesta la sua vocazione alzando gli cu occhi verso il soffitto ... Come nei vecchi film americani culturalmente impegnati: il pensiero si manifesta non tanto con le parole ma con il sudore che imperla la fronte dei pensanti. Enrica Basevi Gutenberg e il calcolatore Quale futuro per i giornali? Bari, De Donato, 1982 pp. 278, lire 9.500 A.P. È un libro di interviste. Nella prima l'autrice, giornalista a Panorama, colloquia con Jacques Sauvegeot, amministratore delegato di Le Monde e Presidente e Direttore generale della Société Générale des Entreprises de Presse (la finanziaria che raggruppa le partecipazioni francesi pubbliche nell'editoria) sul tema «Stampa: il monopolio finito, un nuovo pluralismo da inventare». Idea di fondo di Sauvegeot è che «il mondo dello scritto è il mondo della riflessione, della diversità, è il mondo del pluralismo»; per contro «il mondo dell'immagine e del suono porta al monolitismo». li pullulare di tv private che abbiamo in Italia crea, dal suo punto di vista, «l'illusione, l'illusione soltanto di un pluralismo». Come dargli torto? Da queste considerazioni nasce l'invito a «conservare la sua funzione e il suo posto all'informazione scritta», pena «la perdita di qualcosa di insostituibile». Questa conservazione va attuata non limitando lo sviluppo degli altri media, ma inserendo la stampa nei processi evolutivi del sistema dell'informazione. In un'altra intervista Luigi Mattucci, direttore della sede Rai di Milano, replica che il linguaggio televisivo è frutto di un incrocio fra immagini, parole, musica e montaggio e dunque «a una pluralità di lettura dei giornali corrisponde una pluralità di lettura dei mezzi televisivi». Il libro affronta anche il tema «Telematica». Secondo Mattucci la telematica «è una esigen- "' che parte dalla domanda delle ,1rutture di produzione (... ). Oggi la IIL"l"l:ssidtài razionalizzare una realtà che diventa sempre più complessa na- 'L·Lo· . meglio, coincide con lo svilup1"' delle macchine per l'automazione del lavoro d'ufficio, e dei piccoli calcolatori, che la telematica interconnette attraverso l'uso delle telecomunicazioni». Prosegue la riflessione di Mattucci: «È dunque in questo stesso momento che diventa anche possibile il sistema di controllo delle telecomunicazioni. Ed è precisamente questo che consente improvvisamente di controllare anche l'utilizzo dell'informatica decentrata». Osservazione che meriterebbe miglior approfondimento. Gli altri intervistati sono: Giovannini, Borsi, Bocca, Bettiza, Fidora, Cultrera, Dell'Acqua, Pantucci, Rodi, Rossanda. li libro si conclude con una Appendice della Basevi, «L'industria dell'informazione», uno schema sul comportamento di questa 'industria', e dell'editoria in particolare, al presentarsi delle 'nuove' tecnologie. Nell'Introduzione la Basevi, ricordando l'esperienza condotta con la rivista Uomini e computer come, definisce un modello secondo il quale «gli attori principali nel mondo dell'elettronica sono quattro: 1) l'offerta, cioè i produttori di beni, 2) la domanda, cioè gli utilizzatori dei beni strumentali, 3) la forza-lavoro, cioè chi si trova a lavorare su questi nuovi strumenti, 4) i cittadini, cioè i consumatori dei beni finali». L'osservazione originale è questa: «l'offerta dispone di un immenso potenziale di cultura, intrinseco alla sua attività, chiamato 'Ricerca e Sviluppo'. La domanda dispone di solito anch'essa di un suo potenziale di cultura. Mentre in riferimento alla 'innovazione' sono quasi del tutto privi di cultura sia la forza-lavoro, sia i cittadini». Su questo il dibattito è aperto, ma i giornalisti cui l'autrice cerca di rivolgersi, in quanto forza-lavoro da cui ci si attende un contributo, fanno orecchie da mercante. I poligrafici, per quanto attenti, sono alle prese con sempre più incombenti contingenze, e non si dedicano come forse dovrebbero al problema. La risposta non può che essere un «lavoro di ricerca interdisciplinare»; comprendere l'alto grado di interdisciplinarità necessario sarebbe già un balzo qualttativo che porterebbe forza-lavoro e cittadiniutenti più vicini alla creazione di una loro 'cultura', utilizzabile immediatamente per un uso 'sociale' della telematica e per un modo meno polveroso di concepire l'informazione. lndex Ernst Jiinger Avvicinamenti Droghe ed ebbrezza Milano, Multhipla, 1982 pp. 377, lire 16.000 Pubblicato da Ernst Klett a Stoccarda, nel 1970, questo libro appartiene a due filoni che ne decretano l'immediato interesse, e contemporaneamente rischiano di renderlo ovvio. Da una parte, Jiinger entra a pieno titolo nella grande letteratura sulla droga, con una particolare propensione enciclopedica: scrive sull'oppio come de Quincey, sull'hashish come Baudelaire e Benjamin, tiene verbali di esperienze con l'LSD come Huxley, sperimenta funghi messicani come Artaud. D'altra parte, Avvicinamenti esce in un periodo di grande rivalutazione, «rivisitazione», ecc., della cultura di destra, e di straordinaria fortuna letteraria di Jiinger stesso... Le circostanze sono quindi poco favorevoli per un approccio non prevenuto (in negativo o in positivo) a questo libro, che è di una straordinaria ricchezza, letteraria e qualche volta teorica. L'«avvicinamento» è prima di tutto, nell'economia del libro, un lungo viaggio dall'occidente, luogo di estasi mediocri e addomesticate (birra, vino, sigarette), all'oriente (oppio e hashish), sino al Messico (peyotl, funghi), per far ritorno in Europa, in Svizzera, Costa Azzurra, Germania. Qui, a Wilfingen, Jiinger sperimenta l'LSD in compagnia di Albert Hofmann, il chimico svizzero che lo sintetizzò per primo, cercando un analgesico contro il mal di testa. Al viaggio nelle diverse culture e civiltà dell'ebbrezza corrisponde una grande profondità nel tempo: dalle pagine di A vvicinamenti emergono citazioni, memorie e incontri che coprono tutta la storia culturale e politica della Germania del Novecento: dai ricordi dell'età guglielmina, alla prima guerra mondiale (con la lettura di Trakl), alla cultura nazista, sino a tempi molto vicini a noi. In tutto questo spazio e questo tempo, Jiinger persegue un «sogno romantico», in senso non ovvio: va in cerca cioè di quelle esperienze di «piccola morte» di cui scrivevano i Romantici tedeschi, al tempo di Fichte e di Hamann; una illuminazione, un satori (sia nella accezione Zen che in quella di Satori in Paris di Kerouac). E ciò in quello stesso arco di tempo in cui, con opere come Mobilitazione totale e Il lavoratore, Jiinger celebra il trionfo della tecnica, della mobilitazione totale del mondo, appunto, sotto gli imperativi delle nuove macchine, delle nuove armi, dei nuovi governi. Proprio come in Heidegger (con cui ebbe un importante dialogo), in Jtinger si osserva una duplice tendenza: la ricerca dell'originario, del fondamentale, l'«avvicinamento» all'assoluto; e d'altra parte una adesione spesso incondizionata alla tecnica, che manifesta (sebbene in forma deludente) l'assoluto e lo spirito della nostra epoca: «I profeti hanno visto di più, gli evangelisti di meno - così è per ogni compimento nel tempo. L'allunaggio è uno degli esempi del nostro. Qui bisogna ricercare, tra l'altro, uno dei motivi per i quali i Giudei non hanno accettato il Messia. Tantomeno si può oggi accettare la luna nel modo in cui viene offerta» (Avvicinamenti, p. 371). M.F. o Mensile del cibo e delle tecniche di vita materiale A chi si abbona entro il 31 dicembre 1982 in omaggio una litografia a colori formato mm 350x500 in edizione esclusiva e numerata Abbonamento per un anno ( 11numeri) Lire 30.000 (Italia) Lire 36.000 (estero), Lire 45.000 (via aerea) Inviare l'importo a: Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2 • 20137Milano Conto Corrente Postale n. 1S431208 Intrapresma ailing OTTAilTAylORill racconti di notizie mensile in emilia romagna in edicola il numero 2 intervista luciodalla:cosac'è sotto il berretto. il sessantotto da ripensare gli ainici .di gelli.le carcerie i teatridell' emilia romagna. la cisl sell1.él partiloe la juventus di benni.le figuredel barone di munchausen. laserondastampa inregalo. CINlla p0lllie 296 •42100 reggia emilia OTTAilTAylORill racconti di notizie E' In edicola Il numero di novembre I fRIGID Nell'Interno: IL MANUALE DEL KILLER PROFESSIONISTA Primo Carnera Editore L. 3.000

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