Alfabeta - anno IV - n. 38/39 - lug.-ago. 1982

Laconfessione Royal Commission on Criminal Procedure Report London, HMSO, 1981 pp. 241, f. 7.50 Barrie Irving and Linden Hilgendorf Police interrogation (1: The psychological approach. 2: A case study of courrent practice) London, HMSO, I 980 pp. 153, f. 5.70 John Baldwin and Michael McConville ed americano prevedono la possibilità che al dibattimento l'imputato deponga sollo giuramento come teste «per la difesa». La contraddizione con i principi generali del processo accusatorio non è di poco conto perché la sottoposizione alla «cross-examination», per quanto volontaria, ha l'effello pratico di pregiudicare oggellivamente, agli occhi dei giudici e dei giurati, la posizione di tutti quegli imputati che non si avvalgono di quella facoltà, sui quali ricade evidentemente una sorta di presunzione negativa. Amedeo Santosuosso rio classico per il quale la confessione sarebbe qualcosa di persino superiore alla prova, sarebbe per l'accusa l'esonero da essa stante la «cessione delle armi» da parte dell'accusato. Questi rapidi cenni già spiegano l'abbondanza di lelleratura giuridica e non sul tema della confessione e dell'interrogatorio nella letleratura anglo-americana. Gli autori enfatizzano l'importanza delle ammissioni di colpevolezza nella soluzione della maggior parte dei processi e a volte sottolineano, con spiccato «senso pratico», del campione avevano solloscritto o comunque fatto dichiarazioni a loro sfavorevoli e che un terzo circa degli imputati (tutti) aveva rilasciato una piena confessione solloscrilla («full written confession» ). Le ammissioni erano state fatte in piccola parte al momento della cattura e per la maggior parte nelle stazioni di polizia dove il fermato deve essere interrogato nelle prime .24 ore. Gli autori più attenti avvertono l'inconciliabilità delle solenni proclamazioni sul «righi to silence» e sull'onere Confessions in Crown Court trials London, HMSO, 1980 pp. 39 f. 3 I mezzidella«verità» Edwin D. Driver «Confessions and the socia( psychology of coercion», in Harward Law Review, 1968 n. 82, pp. 42-61 Patrick Devlin The criminal prosecution in England London, Oxford University Press, 1960, pp. 118, f. 1.50 T re giovani inglesi, arrestati nel 1972 a seguito della morte di Maxwell Confai!, furono condannati sulla base della confessione sottoscritta da uno di essi nella stazione di polizia dove era trattenuto dopo l'arresto. A distanza di tre anni la confessione si rivelò non veritiera ed i giovani furono assolti. Ne segui un'inchiesta sui metodi usati dalla polizia, inchiesta che accertò che l'interrogatorio di Colin Lattimore, per giunta handicappato mentale, era stato «sleale e oppressivo» e che anche per gli altri due erano state violate le norme a tutela dei fermati. Il caso, ampiamente riportato e dibattuto dalla stampa, portò tra l'altro all'insediamento nel 1978 di una commissione incaricata di riesaminare e formulare proposte sui poteri della polizia durante le indagini, sui diritti dei fermati e degli arrestati nonché sui vari aspetti della fase precedente il dibattimento: «The Royal Commission on Criminal Procedure». Il tema centrale affrontato dalla commissione è stato innegabilmente l'interrogatorio di polizia, come dimostra il fatto che, delle dodici ricerche che si sono svolte all'interno della sua attività, ben otto sono dedicate esclusivamente all'operato della polizia e sei di queste all'interrogatorio ed alla confessione. D silenzio parla contro l'accnsato Molti autori fanno rilevare, e giustamente, come la centralità della confessione sia tipica dei sistemi continentali di tipo inquisitorio nei quali l'imputato viene considerato dal magistrato inquirente e/o giudicante come la persona che, essendo più di tutti informata sui fatti, deve «collaborare» a chiarirli. Nello schema accusatorio, invece, l'onere della prova della colpevolezza è chiaramente a carico dell'accusa la quale deve riuscire a dimoI vari ausili tecnici impiegati ne/l'interrogatorio dell'imputato servono da un lato ad aumentare leprobabilità che il sospettato risponda «obbediente e veritiero» alle domande postegli (es. narcoanalisi) e dall'altro ad individuare eventuali reticenze e falsità (es. lie detector). Impiego di farmaci (narcoanalisi) Il problema è venuto alla ribalta negli ultimi mesi con le denunce riportate dalla stampa sulle torture che avrebbero subito alcuni arrestati, imputati di reati di terrorismo. Ad alcuni di essi sarebbero state praticate non meglio precisate iniezioni endovena, cui sarebbe seguita una amnesia anterograda (riguardante cioè quello che accadeva dopo tale somministrazione) se non una vera e propria perdita di coscienza. Potremmo dire, in realtà, che il problema è tornato, più che venuto, alla ribalta in questa occasione: benché infatti la letteratura medica e medico-legale recente non pare occuparsi della questione, essa suscitd ampio dibattito r:eglianni '40-'50, non solo nel nostro paese. L'interrogatorio sotto l'influenza dei farmaci: la tecnica del cosi chiamato siero della verità (Journa/ of Crimina/ Law and Crimonology, /95/, pag. 513); Narcoanalisi e verità (The American Journal of Psychiatry, /95 /, pag. 586); La narcoanalisi nella pratica medica, forense e giudiziaria (Minerva Medica, /955, pag 1618); L'uso giudiziario della psiconarcosi in Francia (Joumal ofCriminal Law, Criminology and Po/ice Science, I 949, pag. 663): sono soltanto alcuni titoli che evidenziano i temi di questo apparentemente· vecchio dibattito. La tecnica in questione prevedeva la somministrazione endovenosa lenta di un barbiturico a breve o brevissima durata di azione (amital, pentotal) fino all'induzione della narcosi, secondo alcuni, per poi, al risveglio, procedere all'interrogatorio, approfiuando di quello stato di inibizione dei meccanismi di controllo indouo dal barbiturico; altri invece preferivano interrogare il «paziente» nello stato sonnole1110dell'induzione. Superato «bri/la111emente», cioè rimosso o ignorato, dalla maggioranza strarla davanti ai giudici oltre ogni ra- Ma anche e soprallullo nella fase gionevole dubbio. delle indagini di polizia (è questa che Ed indubbiamente il principio del nel sistema prepara l'accusa e le prove diritto al silenzio, a non collaborare a suo sostegno: «prosecution» ), la con l'accusa, si è affermato storica- confessione dell'imputato ha una posimente prima nei sistemi inglese (all'i- zione di primo piano. Se è vero infalli nizio del XVII secolo) ed americano che la polizia ha il dovere di avvertire («nessuno ... potrà essere obbligato in l'imputato della facoltà di non risponqualsiasi causa penale ad essere testi- dere è anche vero però che ove l'impumone contro se stesso»: V emenda- tato sottoscriva una piena dichiaraziomento - 1791 - della Costituzione fede- ne di colpevolezza («full wrillen con- ~ raie degli Stati Uniti d'America) che fession•) la polizia può produrla in t non in quelli continentali. giudizio anche come unica prova a caà I b Tìoteca if ÌnmonbeÌa neo secondo il principio accusatoGabriella Giur ti degli a111ori l problema che con tale tecnicasi priverebbe l'individuo del suo «free will», gli argomenti più dibauuti riguardavano il comportamento dei soggeui souoposti a narcoanalisi e il rapporto tra narcoanalisi e verità. C'è da dire che quest'ultimo problema se è particolarmente rilevante in sistemi giuridici come quello inglese ed americano, che allribuiscono alla confessione una importanza decisiva nel giudizio, lo è molto meno in quello italiano attuale, che fa delle ammissioni dell'imputato un uso prevalentemente istruuorio (per es. carcerazione preventiva su semplice chiamata di correo.) Secondo alcuni autori infaui, - circa il 12 per cento dei soggetti risponde parlando, evocando, rispondendo; - circa il 30 per cento risente del/' esperimento narcoanalitico, ma sarebbe guardigno nelle risposte; - la maggior parte nasconde volontariamente cid che non intende rivelare: il metodo cioè si «dimostra incapace di farli parlare»; - una minima parte d'altronde resta completamente indifferente a/l'esperimento. Tali percentuali variano da autore ad autore, rimane comunque la grande differenza delle risposte individuali all'esperimento narcoanalitico. Non ci soffermeremo qui, per evidenti ragioni di spazio, sulle varie analisi dei comportamenti dei soggeui che sarebbero più o meno resistenti all'interrogatorio o inclini alla confessione; è però da souolineare In grande importanza che possono assumere· forme diverse di pressione r condizionamento per indurre uno stato psicologico più incline allaconfessione. Il farmaco quindi non è certo l'unico o il principale agente che induce il soggetto a parlare, ma uno strume1110che, in combinazione con altri (stress prolungati come mancanza di cibo, di acqua, di sonno, disorientamento, deprivazione sensoriale) può essere, di volta in volta, utilizzato. Per quanto poi riguarda il rapporto tra narcoanalisi e verità, vari autori rilevano come le persone interrogate siano talvolta confuse tra cid che effeuivamente è successo e cid che esse pensano o temono che sia accaduto: questo margine di ambiguità può essere ridotcome ciò consenta una maggiore celerità dei processi ed un risparmio dei mezzi che altrimenti bisognerebbe impiegare nella ricerca di prove diverse. È interessante notare come questo dato (centralità della confessione) esca sostanzialmente confermato, anche a dispetto delle intenzioni degli autori, dalla ricerca condolla su 1.000 casi della «Crown Court» di Birmingham e su 476 di quella di Londra (cfr. «Confessions ... » cit.). È emerso infatti che circa il 75 per cento degli imputati to ponendo al sagge/lo domande precise, puntuali, insistenti, ma non può certo essere eliminato. Su questo si basano essenzialmellle le critiche di coloro che me/levano in discussione l'uso di questa tecnica in campo giudiziario. Lie detector Impiegato diffusamellle negli Stati Uniti, si basa su un poligrafo che trasforma in traccia visiva i dati di pressione arteriosa, frequenza cardiaca e respiratoria, condultanza eleurica della cute. Permeue quindi di evidenziare le variazioni che si producono nel soggetto quale risposta ad uno stress. Nel caso particolare (interrogatorio) c'è una condizione di base data dalla situazione ambientale, dalla presenza dell'interroga111e cc. che, già alterata, è perd costante e ci sono reazioni particolari indoue da domande a/lentamente scelte: l'obieuivo è rilevare la diversità di reazione a varie domande, con grado diverso di auinenza al fallo, «neutra/, /oaded, criticai». Queste ultime, direttame111ecollegate al reato sospeltato, sono intercalate con le altre in una sequenza preordinata, per facilitare il confronto. /11 concomitanza della risposta falsa sono ricercati, prima di essa, un incremento dei valori pressori, della frequenza cardiaca e del respiro, o un suo improvviso arresto, e, dopo, il ritorno alle condizioni di base di tali dati e un incremento della condultanza e/e/Irica della cute. I dati che risultano dall'esame non sono del tu/IOunivoci e richiedono percit) una valutazione critica in relazione al comportamento, verbale e non, del sospeuato e ai dati di fa110altrime111i acquisiti. Le critiche che sono state mosse al sistema riguardano e la sua precisione (35 per cento di dati inconcludenti, 53 per cento corretti, 12per cento sbagliati) e il rilievo che così numerose sono le cause di stress durante l'interrogatorio, che difficilmente le alterazioni dei parametri fisiologici, prima menzionati, sono necessariamellle indicative di una colpa specifica; mentre d'altra parte è indubbio che /'«efficacia» del sistema consiste anche nel suo potere coercitivo di indurre la confessione nell'individuo che si sente souo controllo. della prova con la centralità effettiva che la confessione, tipica degli autoritari sistemi continentali, ha nel processo. Lord Devlin, il cui famoso The criminai prosecution in England è per buona metà dedicato al solo interrogatorio, risolve per esempio la questione rilevando che il sistema inglese se da un lato riconosce il diritto al silenzio. dall'altro però fa di tutto per renderlo svantaggioso mettendolo in cattiva luce con argomenti del tipo «il silenzio parla contro l'accusato• (pp. 50-1 ). Sul piano formale poi alla polizia rimane nel processo l'onere di provare, pena il rischio di vedersi rifiutare l'ammissione della prova, che la confessione è volontaria e che non è stata estorta violando le «Judges' Rules». Violando cioè quel sistema di regole che dovrebbero essere -rispettate durante l'arresto e l'interrogatorio del sospellato: avviso della facoltà di non rispondere e di chiedere la presenza di un difensore, modalità di rilascio di dichiarazioni scritte ecc. Va detto però che il sistema inglese, '='- a differenza di quello americano specie dopo il caso Miranda v. Arizona - 1966 -, non prevede l'automatica perdita del valore di prova della confessione estorta con violenza. Il giudice ha la possibilità di ammetterla ugualmente ove ritenga che non sia venuto del tutto meno il requisito della volontarietà (anche la «Royal Commission» ribadisce questo orientamento, cfr. Report, pp. 112-8). L'incentivo al rispetto di quei criteri legali è come si vede assai debole. Il problema centrale si rivela a questo punto quello di cosa accade in quella specie di terra e tempo di nessuno che è la «police station», dove vi è una vera e propria «dichiarazione di guerra» (l'espressione è di Lord Devlin, p.3 1) da parte della polizia e dove la parità delle armi cara al processo accusatorio resta affidata solamente a quel diritto al silenzio che a dispetto del nome («righi») non è neanche un vero e proprio diritto, come vedremo più avanti. La fase dell'interrogatorio di polizia si delinea cosl come un confronto sen- f"" za esclusione di colpi all'interno di una autentica relazione di possesso: l'arrestato è un qualcosa da analizzare e svelare come un'impronta digitale o qualsiasi altro elemento materiale collegato con il reato. La strumentazione tecnica a tal fine potrà essere, come vedremo, la più varia. D'altra parte il tutto è anche coerente con il sistema normativo inglese in materia di interrogatorio. Le «Judges' Rules», la cui prima formulazione è del 1912, si sono formate su sollecitazione della polizia la • quale richiese ai giudici di esplicitare i criteri di massima seguiti nel valutare l'ammissibiljtà della confessione come prova. Ciò al fine di più facilmente adempiere all'onere di provarne la volontarietà di fronte alle eccezioni dei difensori. Le «Judges' Rules» sono state perciò date non alfine di rafforzare e tutelare la posizione giuridica dell'arrestato, ma per fornire dei criteri di «economicità» all'operato della polizia, che infatti le ha tradotte in norme amministrative interne («Administrative Directions» ). I giudici per parte loro si sono riservati comunque la valutazione discrezionale della volontarietà delle confessioni ottenute in violazione di quelle norme o anche nel loro rispello. I diritti dell'arrestato dipendono cosl da ben due discrezionalità, quella della polizia e quella dei giudici. Il fatto non è strano nel sistema inglese, nel quale i diritti dei cittadini si configurano piuttosto come «immunità» o «privilegi» in ogni momento revocabili, ma è una conferma comun- 1. que di quanto detto prima sull'interrogatorio nelle stazioni di polizia. Le tecniche Vediamo ora cosa può accadere durante un interrogatorio in una «police station». Possono certo aver luogo violenze fisiche, talvolta vere e proprie torture nel senso tradizionale, come emerge di tanto in tanto a livello giornalistico, ma non solo. Gli ultimi trent'anni hanno visto un

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