Alfabeta - anno IV - n. 37 - giugno 1982

Ombre elettriche Rassegna di film cinesi forino, 25.2-8.3.1982 e ol recente festival del cinema cinese I gli spella tori italiani, e in particolare i torinesi, sono stati messi repentinamente a confronto con prodoui secondari di una cultura estranea. Le cronache ci dicono che hanno reagito bene. Non solo le tre sale di proiezione dove uno dopo l'altro passavano sugli schermi decine e decine di film erano continuamente affollate, ma il pubblico era vario, dai giovani cinefili alle vecchie signore: e tulli hanno risposto con simpatia e perfino con entusiasmo alle opere presentate. Erano in molti, non solo fra gli specialisti di studi cinesi e i critici professionisti, a correre freneticamente dall'uno all'altro cinema, per questo o quel film da non perdere, secondo le voci correnti. La curiosità per prodotti culturali tabù fino ad oggi spiega le presenze numerose, ed è indice di vivacità di interessi. Meno spiegabile è l'eccesso e il modo dei consensi nei confronti delle opere, e in contraddizione quasi frontale con le reazioni che le persone, pure appartenenti allo stesso pubblico italiano, manifestano verso le stesse opere quando vi assistono in Cina, nel corso di un soggiorno lungo. Ho notato con stupore addirittura lestesse persone rovesciare non tanto i propri giudizi quanto l'atteggiamento complessivo: tale è la potenza del contesto. Sarebbe sleale prendersela col pubblico e reclamare una autonomia di giudizio impossibile in questo campo, dove si è o educati o manipolati. (Quando l'indirizzo ricevuto dall'esterno sia nella specie educazione, e quando manipolazione, rientra poi nell'opinabile). Più attenzione meritano quelli che emettevano i segnali dietro i quali il pubblico si muoveva. Nessuna iniziativa culturale infalli ha luogo senza che vi sia dietro qualche addello al sellore, specialisti in abito di pedagoghi e di animatori 2 . In questo caso gli specialisti erano di due tipi - gli studiosi del cinema e gli studiosi della Cina. Solo in pochi casi le due qualità confluivano in un singolo individuo. Fra gli studiosi della Cina poi si mescolavano competenze e orientamenti eterogenei (dagli specialisti della leueratura classica, coinvolti 11elle concezioni estetiche tradizionali cinesi, fino agli storici e sociologi contemporanei, spesso ex-marxisti-leninisti nelle due versioni nouveaux philosophes o amici della Cina); mentre fra gli studiosi del cinema non mancavano seguaci di diverse tendenze critiche e metodologiche. Si può immaginare come l'incontro dei diversi specialismi e delle tendenze eterogenee generasse la torre di Babele, nelle conversazioni private e nei diballiti pubblici. Gli echi ne giungevano al pubblico, il quale non ne sembrava affatto turbato. Infaui possiede 110 orientamento e ormai un'abitudine al culto della mutevolezza senza consistenza e dell'effimero, che gli consentiva la serenità del perfetto analfabeta di fronte all'immensa complessità che è la Cina contemporanea - tale da far tremare e disperare chiunque seriamente tenti di interpretarne anche solo un aspello, seguendo l'uno o l'altro filo. Mi risultava evidente che i film visti in qualunque periodo determinato dal pubblico cinese al quale sono destinati, e anche dal pubblico straniero inserito nel contesto cinese, sono qualcosa di radicalmente estraneo agli stessi film visti dal pubblico torinese, seguendo le indicazioni fornite dagli specialisti dei due specialismi e delle diverse tendenze: disparate, ma omogenee nel risultato di negare criteri di teuura non casuali. I:: possibile, mi sono chiesta, decifra- 'e u11messaggiodi cui si ig11orail codi- ;e? Non si tratta del codice fornito dalla ricerca scientifica sinologica o dalla conoscenza delle tecniche formali cinematografiche. Il pubblico cinese al quale gli autori dei film si indirizzano b1011u còn le loro opere non possiede né l'uno né l'altro. Maparla lo stessoli11guaggio degliautori. Linguaggio come lingua in senso proprio, riferimenti a una storia e ad una cultura comuni, a testi che sono parte della formazione di ognuno anche se, ignorante, non li ha mai letti, a un background sociopolitico, a uno ieri e a un oggi che nel loro insieme costituiscono il presupposto della comunicazione - un codice nel senso più lato del termine e che non è specifico-formale della produzione cinematografica (né di quella letteraria o pittorica o musicale) ma lo precede e ne condiziona il messaggio. L'ignoranza di questo codice non pesa agli studiosi e critici del cinema i quali per pri11cipio lo sostituiscono col codice del linguaggio cinematografico - nelle varie accezioni delle diverse tendenze critiche, ma applicabile genericamente a ogni prodotto cinematografico senza limiti di tempo e di luogo. Quanto agli studiosi della Cina, vicini alla conoscenza di quel presupposto sia per esperienza diretta sia attraverso la mediazione delle letture e della ricerca, non fanno nulla per comunicarne qualcosa al pubblico. Alcuni tacciono (forse per il senso di impotenza di fronte al prevalere della casualità e della superficialità teorizzate e diffuse). Altri, specie i giovani, sembrano meuer da parte l'insieme di conoscenze che vine loro dal rapporto diretto con un'altra civiltà e dai risultati complessivi del loro studio, per gareggiare con gli studiosi del cinema a colpi di specialismo analitico: al codice cinematografico oppongono riferimenti esclusivi della loro competenza, relativi alle teorie del teatro tradizionale, della pittura, della poesia. Frammenti, spesso deformati, di queste dispute arrivano al pubblico e alimentano la torre di Babele. I film cinesi, come ho detto, sono prodotti secondari di una cultura. È un luogo comune che la Cina del ventesimo secolo non ha dato opere artistiche e letterarie all'altezza degli eventi di portata gigantesca che hanno scosso il paese, né della grande tradizione del passato. Il peso di questa impedisce l'entrata nel mondo moderno per la via della colonizzazione culturale da parte dell'Occidente; ma nello stesso tempo preme la necessità di liberarsi delle forme sclerotizzate: la ricerca dura da oltre cento anni e non ha ancora trovato soluzione. Nella loro mediocrità (salvo pochissime rilevanti eccezioni) le opere artistiche e letterarie del Novecento cinese sono prive di consistenza propria e .valgono come documenti - importanti al punto che attraverso una lettura accurata e datata si può avere delle vicende politiche, e delle contraddizioni di una cultura che la rivoluzione fa oscillare dalla pagina bianca alla pagina troppo scritta, un'immagine più ricca e articolata che dalle fonti propriamente storiche. Insomma queste opere sono frammenti e indizi di un discorso esterno ad esse fortissimo e conflittuale. E dall'intrinseca debolezza del loro discorso interno ne risultano accentuate l'inutilità e l'incomprensibilità se non si fa riferimento al contesto sociale, politico e culturale e ai particolari periodi e momenti nei quali sono prodotte. Tanto più vera la cosa è per il cinema, forma di comunicazione importa dall'Occidente e che induce a una cattiva imitazione (a causa della colonizzazione non digerita e priva di sbocchi positivi) oppure alla difficilissima ricerca dell'innesto su elementi dello o • • Cinesi Edoarda Masi spettacolo tradizionale, finora con esiti nulli o solo di illustrazione (se pure a volte eccellente). Da parte del mandarinato cinese è in corso in questo momento un programma di destoricizzazione dei prodotti artistici e letterari, al quale va il consenso (solo in apparenza servile) di una parte degli studiosi occidentali della Cina. La rivendicazione di libertà da parte degli intellettuali nell'ambito degli universali diritti umani, e indipendentemente dalla loro specifica qualità di intellettuali, per l'autorità politica sarebbe non soddisfacente e anzi pericolosa (niente è tanto temuto oggi dal potere politico in ogni luogo quanto l'alleanza senza mediazioni - di tipo polacco - fra intellettuali e comuni lavoratori). Essa vuole invece fare degli intellettuali agenti di questo contro quel corso politico. Se si attribuisce alle loro opere una validità extrastorica, si presume in esse l'autosufficienza-e la forza interna della quale per lo più sono prive; ciò consente di adulare la corporazione intellettuale e nello stesso tempo di contrapporla ai politici rivoluzionari, che nelle sue opere volevano solo strumenti e momenti della politica. Non solo, ma cancellando il rapporto di quelle opere con i conflitti nella società e con i significati che (indipendentemente dalla loro mediocrità) trasmettevano o ricevevano da un pubblico determinato in momenti storici determinati, l'autorità politica mira a cancellare la nozione dei conflitti e la memoria storica della rivoluzione nel pubblico del proprio paese. (Mentre all'estero questo paese viene presentato come il luogo di una unanimità concorde e continua, solo turbata senza motivo per qualche anno dalle stranezze di un dirigente invecchiato e da alcuni mascalzoni che ne approfittavano). Le possibilità di successo di questa operazione entro i confini cinesi sono intrinsecamente limitate, giacché per quanto si faccia non è possibile uscire da se stessi né dalla propria storia. L'uso politico delle opere artistiche e letterarie continua, il codice generale di interpretazione resta in realtà lo stesso, se pure con i giudizi di valore rovesciati. E continua la preminenza del discorso esterno alle opere su quello ad esse interno: il messaggio principale sta nella proiezione o non proiezione pubblica di questo e non di quel film, nel richiamo non dichiarato, ma sempre presente, alle polemiche che si svilupparono intorno alle tendenze di questo o quel periodo (per esempio, intorno allo «spirito degli anni trenta•), di questo o quel film (per esempio, intorno a quelli che rappresentavano il mandarino «buono•). Contraddizioni e conflitti nella società sono stati talmente esplicitati nel contesto che avvolgeva le opere (anche se non profondamente espressi nelle opere stesse), che l'oscuramento apparente del loro legame con quel contesto è in realtà solo la continuazione del vecchio discorso. Con la dose di mistificazione e di ipocrisia che già prima era presente. Quello che, almeno per ora, non può riuscire interamente in Cina si attua invece perfettamente nella collaborazione fra mandarinato cinese e critici occidentali. Il programma di destoricizzazione si realizza nell'ignoranza di fatto e programmatica dei critici del cinema (e in quella programmatica di parte dei sinologi) circa il contesto storico nel quale le opere si collocano. Non si nega qui, naturalmente, che opere cinematografiche vadano lette nel linguaggio cinematografico, né che la conoscenza di particolarità artistico-letterarie e di teorie estetiche della tradizione a cui i film si collegano sia di aiuto alla loro comprensione. La questione è un'altra. Questi codici sono indispensabili ma non possono sostituire il codice complessivo. Essi appartengono alla sfera culturale dell'interprete occidentale - non di uno spettatore ingenuo o generico ma degli specialisti di due specialismi (anche il secondo che, dove ha un senso, non è ripetizione di dati dell'altrui tradizione). E sono intesi come possesso di conoscenze teorico-specialistiche, risultanze scientifiche: le sole ritenute atte a decodificare il messaggio. Il rapporto fra gli autori dei film e il loro pubblico originario diventa solo uno degli ingredienti sottoposti all'analisi dell'uno o dell'altro specialismo. Il concetto di comune via di comunicazione è eliminato, e sostituito dai meccanismi conoscitivi in possesso degli addetti ai lavori - critici ed esegeti. Ad essi è riservata la figura di soggetto,senza alcuno scambio con gli autori ~ col loro pubblico, trasformati in oggetto. Il procedimento è cosi efficace, che dopo alcuni giorni anche chi era in possesso di punti di riferimento relativi al contesto d'origine che gli consentivano di formulare giudizi di valore (secondo l'uno o l'altro criterio) ne perde la capacità. È il rovesciarsi dell'atteggiamento complessivo di cui dicevo all'inizio. Una perdita di bussola. Giacché si subisce un meccanismo che, insieme con l'autore, il suo pubblico, e il suo contesto, cancella l'opera: anziché interpretarla, gli specialismi vi si sostituiscono. Annullato il codice originario complessivo di intendimento, scompare il messaggio - quello nelle intenzioni dell'autore e quello realizzato e recepito dal pubblico. Divenute pretesto per la costruzione di altre struuure - le analisi degli specialisti che di tutto trattano salvo che del messaggio trasmesso attraverso il codice originario complessivo - le opere perdono la loro individualità, diventano l'una perfettamente equivalente all'altra. Finiscono per dire tutte la stessa cosa: cioè nulla3 Questo nulla viene offerto dagli specialisti al pubblico estraneo agli specialismi ma già abituato a nutrirsi della vulgata di frammenti deteriori e disorganizzati dei vari specialismi. Sradicato come è dal proprio contesto - dalla memoria della sua stessa tradizione culturale - non sarebbe forse capace di nutrirsi d'altro. Da quale terreno potrebbe mai muovere per raggiungere un messaggio che parte da un altro terreno, diverso e remoto? 11carattere arbitrario e niente affatto scientifico• dei codici di interpretazione proposti dagli specialisti a proposito delle opere cinematografiche (ma la cosa potrebbe estendersi a molta critica artistica e letteraria) risulta lampante nel caso dei film cinesi, dove gli specialismi che si pretendono scienza sono due, in conflitto l'uno con l'altro, le costruzioni di ciascuno dei due ripiegano su se stesse, estranee alle opere in oggetto. In corrispondenza con uno scientismo nemico della scienza, dove la conoscenza è tautologica, coerenti con i principi logici: ma alla quale è estraneo il momento dell'esperienza. L'esperienza qui negata è quella riassunta nel messaggio che le opere portavano al loro pubblico. Esse vengono st~appate non solo al tempo - -- come vorrebbero il madarinato cinese - ma al luogo. Nelle nostre mani occidentali, la negazione del tempo e del luogo- della storicità - e la trasformazione delle opere in oggetto-pretesto si fanno tutt'uno con la negazione dell'alrrui luogo e tempo, dell'altrui storia e dell'esistenza stessa di criteri di giudizio e di significati diversi da quelli imposti dagli stessi specialisti occidentali. Il pubblico italiano (torinese) rifletteva questa impostazione, pur semplificandola e banalizzandola, quando giudicava per esempio i film degli anni trenta nel complesso «superiori» a quelli posteriori al 1949, pur sorridendo della loro ingenuità e del loro sentimentalismo, solo perché imitano la produzione occidentale - quella del luogo alto e vero della cultura; mentre di fronte a film, modesti in quanto tali ma che illustrano degnamente un'altissima tradizione teatrale, assumeva il tono ammirato-divertito che la gente ha verso i prodotti artistici dei selvaggi (volgarizzazione dell'atteggiamento di alcuni folkloristi e antropologi). Non solo l'opera, ma l'identità stessa e la soggettività cinesi vengono cancellate. La destoricizzazione delle opere artistiche e letterarie (entro la più generale destoricizzazione di ogni processo di conoscenza), perseguita e non del tutto realizzata all'interno della Cina al fine di occultare i conflitti di classe e in vista dell'autocontrollo di una classe dirigente, si attua in pieno ad opera degli specialisti occidentali. Essi estendono dalla propria all'altrui cultura la trasformazione delle forme di comunicazione in oggettopretesto e trovano base e conferma al loro potere settoriale nella superiorità indiscussa, e anzi unicità, della cultura dei propri paesi: un'operazione colonialista. Nonostante l'orgoglio nazionale, il mandarinato cinese si adatta a farsi colonizzare, come prezzo per la riassunzione di potere senza contestazione all'interno del proprio paese. Ma non riesce a intendere bene il linguaggio dei colonizzatori, si riveste della loro cultura come di un abito goffo e ridicolo, riducendosi a un livello inferiore di umanità. Di questa sua miseria, quasi risuscitata dai lontani anni trenta•, incolpa la rivoluzione che sembra non aver risolto nulla, seminando solo dolore e distruzione. Alla sospensione della storia -<ancellare la rivoluzione e le sue conseguenze - vorrebbe associare scrittori e artisti che ebbero a soffrire duramente negli anni trascorsi: ad essi propone un'alleanza che estenda la sfera mandarinale e garantisca il controllo sul popolo. Che 01>0 si _abbiapiù a formare la connessione mostruosa fra intellettuali e gente comune, fonte dei fanatismi' ideologici e degli attacchi al potere. (Ma prima, fonte della lunga guerra civile che fece nascere nella gente comune l'illusione di partecipare al potere e di controllarlo). Gran parte degli intellettuali sembrano avere aderito all'invito, soprattutto ai livelli più bassi che si confondono con i livelli bassi della burocrazia. Che cosa realmente pensino scrittori e artisti lo sapreJno solo quando riusciranno a liberarsi, forse in una generazione successiva, dai condizionamenti negativi e intrecciati della tradizione invecchiata, della falsa modernizzazione e della paura. È certo però che la verità inespressa, confusa nelle loro stesse coscienze, non è quella che vorrebbero quanti con l'alibi della banda dei quattro credono di annullare cinquant'anni di storia. D ue anni fa, a Parigi, nelle sale discrete e signorili già dimora di una grande famiglia, le stesse che in altri tempi ospitarono in anteprima esecuzioni di Debussy e letture di Proust, un piccolo gruppo di scrittori cinesi sedeva in prima fila in un convegno internazionale di studio della loro letterat..-a. A,vevano l'aria che è dei cinesi quando non si umiliano mascherandosi da occidentali, gran signori di un altro impero vestiti da contadini, _deltutto spaesati e stranamente a loro

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