Mensile di informazione culturale Aprile 1982 Edizioni Cooperativa Intrapresa Via Caposile. 2 Numero 35 - Anno 4 Lire 2.500 20 I37 Milano Spedizione in abbonamento JX)Slale gruppo 111170 4#•Ulil!t=t•mt I.a murice, come scelta. Printed in ltaly 4: C?Jtò1i.oo Niccolò Castigliani Le favole di Esopo Salmo XIX disco ITL 70082 Stereo ID-n Poesiedi Zanzotto I sognideisurrealisti 11 Pensarel'antico" (Vegetti,Settis,Canfora) 11 le ,agine dicultura" ( Balbi,NotariannCi, esari) 11Croniciataliana"(Il) ( MagnaghIi,lluminati) la provailellaconfessione ( Santosuosso) Il casoMoravia ( Porta) , xg::::::-- Pensare l'antlco (1: M. Austln, P. Vlclal Naquet, Ch. Meler, M. Yegettl, S. Settls, L. Canfora) A. Santosuouo: La regina delle prove * Le pagine • cuNura (1: La RepuW.Hca, I Manifesto) A. Porta: Il caso Moravia * Cfr. * Testo: Sogni surreallstl tradotti eia A. Tabucchl (a cura• M....... I) Cronica ltallana (11:A. Magnaghl, A. lllumlnatl) * A. Mangano: GII orologl * M.J. Jaquemet: Le frontiere clel tempo V. Bonana: Coaì succecle * L.Melclolesl: Capltallsmo d'alta quota * A. Bonito Ollva: Aproposito• .......,,_guardia C. Monti: L'Immagine senza flll * P. Bertetto; Epeniteln teorico * Th. A. Sebeok: Pelrce In ltalla M.A. Bonfantlnl: Tre tipi cli alNlu:done * Poesie cli A. ZanzoHo * Le lettere G-E. Slmonettl: Cloccolata alla Mmarlno * Glontale clel Glontall: L'lnfonnadone a scuola Le Immagini: Metafore gastronomiche Bibliotecaginobianco
ADOLFWOS a cura di Benedetto Gravagnuolo Prefazione di Aldo Rossi Fotografie di Roberto Schezen L'opera completa del grande architetto viennese, corredata da una biografia critica, da un catalogo ragionato di oltre 180 opere e da un'indagine fotografica unica per completezza e qualità d'immagine. 228 pp., 380 ili., di cui 84 a colori, L. 65.000 MANRAY FOTOGRAFO a cura di Ianus e Phllippe Sers Con un'intervista a Man Ray Introduzione di Iean-Hubert Martin Strumento definitivo per la conoscenza dell'opera fotografica di uno degli autori più sconvolgenti del XX secolo: edizione italiana del catalogo del Centre Georges Pompidou. Mostra a Fiesole alla Palazzina Mangani: Aprile 1982. 256 pp., 345 fotografie bitonali, L. 35.000 IL PERIODO EROICO DELL'ARCHJTE'ITURA MODERNA a cura di Alison e Peter Smithson Una vasta e stimolante selezione delle opere p,u importanti dell'architettura moderna, secondo Alison e Peter Smithson. 80 pp., 30 ili., L. 14.000 IDEA BOOKS EDIZIONI 21, Via Cappuccio 20123 _Mil_ano Leimmagini diquestonumero Metafore gastronomiche INFORMADI PAROLE La sinesresia è u11ripa particolare di merafora. Consisre ne/l'associare in una figura retorica il prodouo di due sensi diversi, ad esempio ilgusro e l'udilo: «l'amaro suono del pian/o». O l'odora/o e la visra: «il profuma/o colore degli alberi».O il gusro e la visra. Come in quesra serie di menù, quasi rulli apparrenenti al periodo che va dalla fine del/'Ouocemo agli anni Trenra del nuovo secolo, e prodoui in maggioranza dalla Liebig e r Ila Suchard, con l'aggiunta di alcuni menù di pranzi famosi. Qualche alrroparricolares/orico: i menù venivano sramparidalle dille produrrrici di alimenti e inviali ai risrorallli, che riempivano con le loro vivande gli spazi bianchi. C'era una cornice figurariva generica, insomma, contenente anche la propaganda del prodouo (cr'me per i sorrobicchieri della birra) e il reperrorio gasrronomico del singolo risroranre,da scriversi a mano all'inremo. Nel gruppo che presenriamo, fra l'alrro, c'è anche una delle prime figure di quesro genere, u11aLiebig del I 880, che è anche in asso/uro il primo campione di un collezionismo che diventerà più rardi faridico, fino al Feroce Saladino peruginesco. Si parlava di sinesresie. Qui il caso è Sommario Amedeo Santosuosso La regina delle prove (Discorso del minisrro degli illlerni del 15.2 e 23.3 /982; Articolo 4 della legge 15.2 I 980, n. I 5; Disegno dilegge 28.8 1981 sui rerrorisri «pe111i1i») pagina 3 Mario Vegetti Lo stoicismo per esempio pagina 4 Salvatore Settis La macchina del tempo pagina 6 Luciano Canfora li ponte dell'analogia pagina 7 Le pagine di cultura Intervista a Roscllina Balbi per La Repubblica cd a Michelangelo Notarianni e Severino Cesari per Il Manifesto, a cura di Maurizio Ferraris pagine 8-9 ar. pagine 12-13 Testo Francis Picabia, Giorgio de Chirico, André Breton, Miche! Leiris, Collombet, Duval, Lazare, Antonin Artaud, Paul Èluard, Raymond Queneau, Max Ernst, L. Aragon Sogni surrealisti Mirella Bandini I racconti dei sogni pagine 15-18 Cronica Italiana (li) Alberto Magnaghi La comunirà Augusto Illuminati Anestesia del sociale pagine 19-20 Attilio Mangano Gli orologi (Infanzia e sroria, di G. Agamben; Miri e figure del moderno, di F. Rei/a; Immagini e simboli, di M. Eliade; Società patrizia e cultura plebea, di E.P. Thompson; Tempo della chiesa e temComunicazione ai collaboratori di «Alfa• beta» Le collaborazioni devono presentare i seguenti requisiti: a) che ogni articolo non sia più di una pagina del giornale. cioè al massimo di 7 cartelle di 2000 battute. con un'accettabilità fino a 9-1 Ocartelle (dovendo altrimenti procedere a 1aglie rinvii prolungati); b) che il riferimento dire,1!0s,uilibri,inlampante, e su due livelli. In primo luogo perché il menù (reperrorio del gusro) viene associato con vere e proprie immagi11i (reperrorio della visra). In secondo luogo, perché spesso quesro reperrorio della visraè a sua volra asso- . ciaro al senso del gusro: ad esempio abbiamo scene bucoliche associare al cibo, o sce11ecavalleresche i11 cui /'arme e l'impresa sono gas1ro11omiche,o scene di vira quoridiana i11 cui l'inrerprerazione dello skerch è resa possibile dalla sua implicira conclusio11ealimentare. Ma le figuri11e gasrronomiche qui presenrareoffrono alrrielementi di interesse. Ad esempio due diverse «filosofie» del cibo. Menrre l'immaginario modello-Liebig si rifà ad un gusro 0110celllesco del fantasrico, co11le sue archi- /e/Iure e le sue srorie goricheggianti o fiabesche, l'immaginario modello Suchard percorre una srrada diversa, anch'essa molro ouocenresca ma con qualche 1radizio11eameriore. È la srrada della «ripicirà»,cioè del cara/ogo dei luoghi norevoli i11 cui il gas1ro11omo non solo delizia il palaio, ma anche gli alrri sensi che presiedono alla sete (o meglio alla fame) di conoscenza. È il modello del viaggio, della collezione e del panorama: a Serajevo ci sono i rurchi, a Parigi la Tour Eiffel, a Napoli il' po del mercaro, di J. Le Goff; Le macchine del rempo, di C.M. Cipolla; I due volti del tempo. Calendario agricolo e calendario urbano, di P. Camporesi) pagina 20 Marco (Jacques) Jacquemet Le frontiere del tempo (Sur l'aménagemelll du temps, di AA. VV.; Le fromiere del tempo, di AA. W.; Reversibile/Irreversibile, di F. Guerra; Ritmo, di G. Baraua) pagina 22 Luca Meldolesi Capitalismo d'alta quota (La dinamica del capitalismo - Civilrà materiale, eco11omia e capiralismo (2 voli.), di F. Braudel; li sisremamo11diale de/l'economia moderna - The Tasks of Historical Socia/ Scie11ce,di J. Walleistein) pagina 23 Achille Bonito Oliva A proposito di transavanguardia pagina 25 Claudia Monti L'immagine senza fili (li linguaggio come scopo, di A. Gargani; Tra presenza e asse11zad, ue ipotesi per l'età postmoderna, di R. Bari/li; Morte o rramonto dell'arre, di G. Varrimo) pagina 26 Thomas A- Sebeock Peirce in Italia (Semiotica, di Ch. S. Peirce) pagina 28 Massimo A- Bonfantini Tre tipi di abduzione pagina 28 Giornale dei Giornali L'informazione a scuola A cura di lndex Archivio Cririco dell'l11formazio11e pagina 30-31 Finestre M. Austin, P. Vidal Naquet e Ch. Meier li primaro della polis pagina 5 Antonio Porta li caso Moravia pagina 9 dicati in apertura (con tutti i dati bibliogra• fici.prezzo e pagine compresi) giunga a una sostanziale valutazione orientativa,insieme agli apporti teorici e critici dell'autore dell'articolo sul tema; c) che. insieme alla piena leggibilità di tipo espositivo piuttosto che saggistico. sia dato dove è utile e possibile un cenno di spiegazioneo di richiamo ai problemi e agli accertamenti anteriori sull'argomento o sul campo. La maggiore ampiezza dell'articolo o il ~o.ca~attere n(!n recensivo SOQO sc;mpre Vesuvio, a Budapest la palatsinka. È un universo piuoresco, che deriva da un'anima dedira a piaceri seuecemeschi, ma che l'Ouocemo trasforma in ripa, così come rrasformerà il paesaggio in carrolina illusrrara. Un discorso a parre, infine, per i pranzi d'occasione. Qui il menù non serve da reperrorio in cui selezionare l'individuo-pranza, qui il menù è già opera d'erudizione, discorso in allo. L'associazione con alrrepani dell'universo del sapere avviene allora auraverso il comarto esplicito fra quel testopranzo ed altri testi, in altre cornici, altre sceneggiarure. Più che mondo della merafora, la gastronomia diventa allora mondo della cirazione: ed ecco il pranzo erorico con richiami trimalcioneschi o se si vuole sadiani, ecco il pranzo po/irico con qualche reminiscenza di Hogarth o di Daumier, ecco la cena allusivamente «privata», a ricordare la chiusura e l'esclusivirà del gruppo o del club o del riaso che la ha appromata. L'evemo alimentare è già un evento mitico. o.e. (Buona parte di queste immagini sono delle collezioni Biffi, Rottola, Bozzoni) Vincenzo Bonazza Così succede pagina 22 Paolo Bertetto Ejzenstej11teorico pagina 27 Gianni - Emilio Simonetti Cioccolata alla Mazzarino pagina 29 Poesie Andrea Zanzotto pagina 11 Lettere pagina 31 Le immagini Metafore gastronomiche alfabeta mensile di informazione culturale della cooperativa Alfabera Comitato di direzione: Nanni Balestrini, Omar Calabrese, Maria Coni, Gino Di Maggio, Umberto Eco, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, Gianni Sassi, Mario Spinella, Paolo Volponi Redaz,ione: Carlo Formenti, Vincenzo Bonazza, Maurizio Ferraris, Bruno Trombetti (grafico) Art director GianniSassi Edizioni Intrapresa Cooperativa di promozione culturale a r.l. Redazione e amministrazione Via Caposile 2, 20137 Milano Telefono (02) 592684 Coordinatore editoriale: Giovanni Alibrandi Composizione: GDB fotocomposizione, via Tagliamento 4, Milano, Tel. 5392546 Srampa: Rotografica s.r.I. viaMassimoGorki, S. Giuliano Milanese Distribuzione: Messaggerie Periodici Abbo11ame11rao1111uo L. 25.000 esrero L. 30.000 (posta ordinaria) L. 40.000 (posta aerea) Inviare l'imporlo a: Intrapresa Cooperativa di promozione culturale a r.1. via Caposile 2, 20I37 Milano telefono (02)592684, Numeri arretrati Lire 5.000 Conto Corrente Postale 15431208 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 342 del 12.9.1981 Direttore responsabile Leo Paolazzi Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati proposti direttamente dalla direzione del giornale, perché derivano da scelte di lavoro e non da motivi preferenziali o personali. Tutti gli anicoli inviati alla redazione sono esaminati, ma la rivista si compone' prevalentemente di collaborazioni su commissione. Il Comitato direttivo LIBRO TERZO TOMOUNO LABIRINTODELMONDO PARADISODELCUORE Jan Amos Komenskj lETIERE,FRAMMENTI,LABIRINTI Sergio Corduas INVITOAl SAI.MI Armido Rizzi L'INNOCENTEE II. RINNEGATO André Chouraqui LETTERA MELANIA E11agrioPonlit;o SJMIIJ A DIO Paolo Bettiolo DUE PREDICHETEDESCHE Meister Eckhart LETRE RISATE Martin Buber IL PRIMO BUBER Silvana Garavelli ESTASI FEMMINill Jean-Noel Vuamet I MIUE SENI DEIL\ MELAGRANA Erminia Macola COMEII. LEGNOSOTTOLASCORZA Hartmann von Aue COMELACORTECCIASOPRA II.1RONCO Chrétien de Troyes NEIL\ PALMADEil.A MANO Lea Ritter Santini TOMODUE FORTEZZADI SACSAYHUAMAN SAQSAWMAPUKARA FINESTilA T'OQO VENTONERO YANAWYRA bùlro Condori NOTIZIA SULQUECHUA Ant<JnioMelis DIETRO II. SII.ENZIO Antonio Melis I PERTIJRBATORI DEil.A QUIETEOTIADINA Lesani di Shiràz STIRATURADI RICCIOLO Gianroberto Scarcia EROS,CHARIS,AJDOS Ettore Perrella LA FINEDEGU ARCAICI Enzo Mandruz:zato PLATONICA Mario Andrea Rigoni UNA DIS1RUZJONEORIGINAJUA Maurizio Mazzotti MALATIDEU.'UOMO Marco Be/politi ILVIVEREVICARIO Frank Raymond Leavis LO SCRUTINIODI LEAVIS Vita Fortunati Giovanna Franci BENJAMIN,II. PESCATOREDI PERLE Hanna Arendt COU.OQUJO SULSUICIDIO E. M. Cioran VENDITA PER.CORRISPONDENZA I due tomi, (620 pagine), indimbili, lire tredi&imi/a ELITROPIA N.B. Gli articoli devono essere inviati in edàioni triplice copia. L'autore deve indicare: indil'"izzon, umero_di telefono e codice fiscale. Cas. Post_ 421 - 42100 Reggio Emilia
Lareginqm,,dp.trlloeve Discorso del ministro degli interni Camera dei deputati 15 febbraio e 23 marzo 1982 Articolo 4 della legge 15 febbraio 1980, n.15 Disegno di legge 28 agosto 1981 sui terroristi «pentiti> Cf è la tortura in Italia? La domanda è doverosa ed esige risposta. Ma bisogna stare bene attenti a chi la da e come. Che un ministro neghi tutto e scarichi tutto su qualche ctesta calda> sfuggita al controllo gerarchico è cosa naturale, che, direi, fa parte del gioco delle parti. È inimmaginabile infatti che un ministro di uno stato non a forma dittatoriale ammetta per esempio di aver concordato con altri vertici il via libera ad interrogatori «energici»... Può cadere sotto i colpi di una opposizione agguerrita ma non «confessare». È importante perciò ogni forma di raccolta di prove, di testimonianze che avvenga attraverso organismi non istituzionali. Ci saranno anche inchieste giudiziarie ed amministrative che produrranno risultati conformi ai loro limiti: chi riuscirà mai a provare una scarica elettrica o altro del genere (la migliore tortura è quella che non lascia traccia)? Senza contare la stretta relazione istituzionale che lega gli indagatori ai torturatori (presunti). Ma ormai abbiamo l'interessamento di Amnesty International, mentre anche parlamentari italiani costituiscono comitati ecc. Uno dei modi di risposta al quesito di partenza può consistere nel sondare la compatibilità di certe pratiche violente con il sistema giuridico ed istituzionale, con le sue affermazioni e con le sue pratiche effettive. Sono deplorevoli eccezioni o qualcosa di ben più radicato? Il punto di partenza obbligato è l'interrogatorio del fermato o arrestato in genere. Lungamente gli studiosi si sono interrogati sulla natura e sulla funzione di questo particolare atto istruttorio. Mezzo di identificazione dell'imputato? Certamente si; non ci si può permettere di processare una persona per un'altra. Mezzo di contestazione dell'accusa e mezzo di difesa? Certamente si, almeno teoricamente, visto che non di rado il fatto contestato non è chiaro. Il problema sorge sul se l'interrogatorio sia anche mezzo (o fonte) di prova. La prova in un processo penale è un fatto o circostanza, utile per l'accertamento delle responsabilità, che viene portato a conoscenza del giudice da una persona che per i più vari motivi ne è informata: l'esempio tipico è quello del testimone. Affermare che l'interrogatorio è mezzo di prova significherebbe puntare all'ammissione da parte dell'indiziato della propria responsabilità, sola o congiunta a quella di altri (chiamata di correo), nella commissione di un reato: confessione. Ma, rassicurano i giuristi, l'interrogatorio comunque non mira alla confessione, al massimo può servire alla raccolta di elementi indizianti, poi da verificare. La stessa Corte di cassazione ha ripetutamente escluso che l'interrogatorio sia mezzo di prova. La confessione, anche quando c'è, nqn sarebbe di per sé sufficiente per arrivare ad una condanna in mancanza di prove diverse che la confermino. In sostanza pur con diverse sfurdature la mQdema teoria del diritto pena-. le spezza quel filo diretto interrogatorio-confessione-condanna che negli ordinamenti preottocenteschi poneva la confessione come elemento centrale del processo: la regina delle prove. È questo infatti l'unico modo, più dei divieti, per scoraggiare l'uso di quei mezzi (tortura) «normali» per il raggiungimento del fine confessione. La verità su un fatto criminoso deve essere dedotta da testimonianze ed accertamenti estranei alla persona dell'accusato. Questi non può essere considerato come «un témoin dans sa propre cause»: cosi deliberò solennemente il lii congresso inlernazionalc di diritto penale di Paiamo l 1933). confermando l'orientamento già accolto dal codice Rocco («se l'imputato rifiuta di rispondere, ne è fatta menzione nel processo verbale e si procede oltre nell'istruzione»: ex art. 367 cod. proc. pen.). Queste erano alla fin fine già le argomentazioni degli abolizionisti della tortura del XVIII secolo, oltre ovviamente ai motivi umanitari e alla non sicura attendibilità di ammissioni estorte con violenza. Questi ancora oggi gli argini posti all'uso di mezzi di pressione sull'accusato: svalutazione del peso probatorio della confessione e diritto al silenzio o facoltà di non rispondere. La verifica dello stato di questi «argini• ci da la misura dello spazio che la tortura ha o può avere nel nostro attuale sistema. fatto da parte dell'imputato, dimostra una vitalità effettiva della confessione nella pratica giudiziaria ben superiore a quella che può immaginare un qualsiasi lettore di testi di procedura penale. La vitalità e diffusione delle confessioni rimanda inevitabilmente alla vitalità dei mezzi di coazione per ottenerla. Con questo non si vuol dire che non esistano confessioni dovute a motivi diversi, «ad infermità di mente o ad altro squilibrio psichico, a fanatismo, ad auto ed eterosuggestione, a ragioni di lucro, a spirito di omertà ...• (G. Bellavista, «Confessione» - dir. Proc. pcn. -. in Enciclopedia del dirilfn. VIII, I96 I. p. 920). Ci si riferisce invece a quelle «spontanee dichiarazioni» rese alla polizia giudiziaria dai fermati («spintanee» nel gergo da caserma che a volte aleggia nelle aule di giustizia). Ed in effetti, fatta eccezione del decennio 1969-78, la polizia ha sempre avuto la possibilità del primo inter-. rogatorio «a caldo• dell'arrestato senza la presenza né del magistrato (dal '74) né del difensore tanto da potersi affermare che «alla tortura tariffata e legale dell'età di mezzo si è spesso sostituita quella delle moderne camere di sicurezza da parte di funzionari ...> (op. ult. cit. p. 919). Sin qui siamo comunque all'interno dello scarto tra ciò che la legge dispone e/o disincentiva (anche l'arrestato nelle camere di sicurezza ha il «diritto• di non rispondere) e le pratiche effettive. La situazione cambia ql.\alitativa- s icuramente la confessione ancora mente con l'introduzione nei processi oggi serve a «rasserenare la co- politici della legislazione su,i«pentiti»: scienza dei giudici>. D'altra parte l'àrticolo 4 della legge Cossiga (legge il fatto che un numero ragguardevole 15-2-80 n. 15) e la legge in corso di di condanne sarebbe impossibile, per approvazione. Queste norme infatti mancanza o insufficienza delle prove, valorizzano la confessione e la chiama- . senza l'indispensabile ammissione-del - ta-di correo che ridiventano l'asse por- - ---------. - ------------ - - - - - --- - - - --- - - - - - - · --~~--------------· ,. __ b,u11u Ci\.,0~11 ,uOla, l\.,V tante e spesso esclusivo di numerosi processi. I fatti sono notori. Il problema è quello della riapertura, che ciò oggettivamente comporta, dello spazio in cui operava la tortura. La confessione., eliminate le violenze necessarie per 'òttenerla, era rimasta nell'ordinamento in una posizione formalmente di secondo piano. Porla nuovamente, insieme alla chiamata di correo, al centro del processo non può che richiamare 'è rilegittimare tutte quelle pressioni fisiche e psichiche che servono ad ottenerla. D'altra parte anche il concetto di tortura richiede di essere precisato sia alla luce del particolare meccanismo della promessa di un beneficio (che a prima vista potrebbe sembrare l'opposto della coazione) sia alla luce delle moderne tecniche di determinazione del compo.rtamento. Vi è infi!tti una ricca produzione di studiosi statunitensi ed inglesi (vedi per esempio l'ampia rassegna contenuta in B. Irving and L. Hilgendorf, Po/ice interrogation: the psychological approach, HMSO, London 1980) che dimostra l'infondatezza della credenza popolare secondo la quale la violenza fisica sarebbe il mezzo esclusivo e migliore per ottenere una confessione. Pari efficacia ha l'applicazione di tecniche di persuasione: la manipolazione deila percezione che una persona ha delle conseguenze sociali delle sue azioni e6 la prospettazione della confessione come affermazione della sua personalità e/o la promessa di vantaggi ecc. Queste tecniche «pulite• sommate ad un opportuno dosaggio di elementi di costrizione fisica (isolamento, durata e modalità dell'interrogatorio, timore di subire violenze, condizioni di carcerazione ecc.) costituiscono il terreno ideale per ottenere una confessione con modalità che pur non sempre definibili come tortura in senso tradizionale sono ad essa assimilabili (op. ult. cit. p. 41-42). D'altra parte anche il diritto al silenzio, essenziale opposto logico del1'«obbligo di dire», non gode proprio buona salute. Il silenzio dell'imputato, già considerato moralmente riprovevole e contrario al diritto, anche se non sanzionato data la particolare condizione dell'imputato, è oggi vanificato dalla rilevanza pratica che ha assunto la valutazione della condotta processuale. In altri termini tra la collaborazione divenuta regola riconosciuta legalmente e il diritto al silenzio (o al rivendicarsi innocente) quest'ultimo di fatto soccombe e si carica si significati negativi nei confronti di chi lo esercita (prigioniero politico?). La legislazione sui «pentiti» ha l'ulteriore particolarità di coinvolgere pienamente la magistratura nelle dinamiche di sollecitazione della collaborazione. Ciò per l'ovvio motivo che il fatto incentivante, la riduzione della pena, è di competenza proprio dei giudici. Né va trascurato che le tecniche di determinazione del comportamento sopra richiamate dicono, per esempio, che l'efficacia di una premessa vantaggiosa è tanto maggiore quanta più autorità ha la persona che la fa (op. ult. cit. p. 14). E naturalmente un magistrato ha una posizione di maggiore prestigio rispetto ad un funzionario di polizia, almeno per quanto riguarda questioni attinenti alla durata della pena (mentre ovviamente può essere diverso per le condizioni materiali di detenzione o altro di competenza del- _l'esec11ti,v.<_?_)_-__________ ._ S ulla base di queste conside~azioni si può delineare una doppia serie di condizionamenti. Quelli di livello superiore, ad esempio promesse di vantaggi globali sul monte pena o libertà provvisoria, ad opera di persone in posizione preminente e quelli di livello inferiore (danno fisico immediato o timore di esso) di «competenza• di agenti ecc. Naturalmente i due tipi di intervento possono esistere separati (né sono parificabili tout court) ma è innegabile che la loro combinazione può moltiplicare gli effetti dell'uno e dell'altro in quanto ovviamente il vantaggio è tanto maggiore, nella idea della persona alla quale viene prospettato, quanto maggiore è il danno posto in alternativa. Certo con questo allargamento del concetto di trattamenti violenti non si vuol dire che oggi in Italia le conversazioni nelle case dei giudici siano del tipo di quelle immaginate da Voltaire: «... la prima cosa che essa domanda al marito quando rientra in casa dal tribunale sarà: 'Cuor mio non avete messo alla tortura nessuno quest'oggi?'» (Dizionario filosofico, Milano, 1974, p. 633). Ma altrettanto certamente non può essere ignorata o rimossa la stretta relazione che intercorre tra mezzi e fasi «soft» e mezzi e fasi «hard». La logica è pur sempre quella «antica•· secondo la quale «non vale la confessione fatta durante la tortura, se non è confermata con giuramento dopo cessata quella: ma se il reo non conferma il delitto, è di nuovo torturato» (C. Beccaria, Dei deli11ie delle pene, Milano, 1973, p. 42). E nella moderna separazione tra giurisdizione ed amministrazione, considerati i poteri di cui dispone sia l'una che l'altra, si può facilmente immaginare la ricchezza di combinazioni possibili. In conclusione si può affermare che l'esercizio di mezzi di pressione violenta, sia fisicache psichica, sugli arrestati pur non costituendo una pratica sistematica a livelli gravi non è nemmeno solo una deplorevole eccezione, anzi, come abbiamo visto, è il risvolto perfettamente coerente dell'attuale sislema normativo ed istituzionale. Scandalizzarsi e chiedere «piena luce» sui recenti episodi è giusto ma assolutamente insufficiente se non si rimuove l'apparato speciale (normativo ed istituzionale), ripristinando cosi quegli «argini» eh~ possono costituire un disincentivo, non risolutivo ma indispensabile. all'uso della coazione fi- ~ica. ~ §- "' ...., "' ] ~ _I ]i
• • Pensare l'antico • Losto1c1smpoer esempio Con l'indicazione «pensare .l'antico», Alfabcta inizia una nuova serie di interventi che si propone di indagare i motivi de/l'attenzione crescente dedicata alla cultura classica e antica da molte discipline scientifiche come dall'industria culturale. Iniziamo con gli articoli di Mario Vegetti, Salvatore Settis, Luciano Canfora, e con estratti da libri di M. Austin/P. Vidal Naquet e di C. Meier. l. «In momenti storici in cui, nell'irrigidimento di un'età tardiva, l'uomo vivo si riscuote sotto il suo guscio, in cui l'ottuso meccanismo esteriorizzato della cultura diventa il nemico dell'elemento eroico che è nell'uomo, allora, per una profonda necessità storica, insieme con la brama di rifarsi alle sorgenti della propria stirpe, deve destarsi il bisogno prepotente di penetrare sino agli strati profondi dell'esistenza storica, dove lo spirito affine del popolo greco si plasmò dalla vita incandescente la forma che conserva sino ad oggi quel fuoco ed eterna l'istante creativo del suo prorompere». Sono parole scritte nel 1933 da Werner Jaeger all'inizio della sua opera più celebre, Paideia, il «manifesto» del Terzo umanesimo. Esse hanno un suono inconfondibile. nel loro tentativo di ridar vita al classicismo con trasfusioni di Bergson, alla lontana, e di ideologia volkisch, popolare-razziale. Quanto al tema del fuoco e dell'eroismo, la data gli conferisce uno sfondo sinistro: il '33 è l'anno dell'incendio del Reichstag e dell'inizio del riarmo tedesco, cui il Terzo Reich devolve in quell'anno metà del bilancio statale. Non è detto, naturalmente, che ogni ripresa di interesse per l'antico (come quella cui stiamo assistendo) debba sfociare nei moduli del classicismo jaegeriano: il sintomo non sarebbe davvero confortante. Ma esistono altre vie al classicismo, meno rumorose, più discrete e non per questo meno allarmanti: da una riscoperta di quella potenza del sacro, di cui parla Mircea Eliade, e che può servire da oblio o rimedio di altre impotenze; fino all'illusione del ritrovamento della Forma compiuta, dell'epifania della Verità, che sembrano capaci di guarire la «crisi» della ragione e soprattutto di surrogarne il lavoro. Tocca dunque agli specialisti - ai quali va riconosciuto un ruolo significativo nella riproposta dell'antico come un continente ricco di interesse conoscitivo e teorico - un compito aggiuntivo: di impedire cioè che questo interesse torni ad assumere le forme ambigue di un classicismo rivitalizzato dopo l'obsolescenza fisiologica conosciuta a partire dagli anni Cinquanta. Del resto, questo compito non fa che prolungare le strategie con le quale negli ultimi due decenni è stata condotta, e rinnovata, l'esplorazione di quel continente, dall'antropologia sociale alla linguistica all'analisi dèlle ideologie, con il loro comune stile materialistico. Dove per materialismo si intende non soltanto, e non tanto, l'accento posto sui livelli di sviluppo delle forze produttive, sulla circolazione monetaria, sui conflitti di classe, quanto l'indagine sui modi di funzionamento complessivi delle società antiche - nella loro specificità precapitalistica - e sulle forme che al loro interno assume la produzione culturale. Si tratta allora di pensare, per esempio, il senso della liberta antica nel rapporto strutturale che la connette alla schiavitù; o di comprendere il ruolo di comando che la politica svolge nei riguardi del sociale e dell'economico; o ancora di individuare il ruolo strutturaie che l'ideologia svolge nei meccanismi di riproduzione sociale, al posto dell'apparato statale o al fianco di esso. Culture e saperi antichi andranno letti, a loro volta, nel contesto delle pratiche sociali, delle strutture istituzionali, delle modalità di espressione (orale o scritta, in primo luogo), al cui i.nterno prendono forma. E andrà dipanato lo straordinario intreccio di arcaismo e modernità che costituisce le une e gli altri: una religione, per esempio, fatta non di teologie ma di riti, e di riti connessi, come nel caso del sacrificio, alle pratiche alimentari della città; saperi fittamente contesti di pensiero magico. polare. analogico; insieme, e per contro, una strana eccezionale capacità di visione della forma invariante, di produzione della trasparenza del reale, di costruzione di una razionalità «retta», anatomico-geometrica, o marziale come dice Serres, accanto ad altre sue forme oblique, astute, persuasive. Invece di separare, in tutto questo, ciò che è «puro» da ciò che è storicamente condizionato, ciò che è perenne da ciò che è caduco, secondo l'illusione del classicismo, lo sguardo materialistico indaga la coerenza dell'insieme, il rapporto inscindibile tra pratiche sociali, forme di cultura, segmenti di sapere, la loro reciproca funzionàlità;ma anche, contro ogni riduzionismo «volgare», la specificità, la relativa autonomia, se mai l'inerzialità delle une e degli altri. Una sequenza in qualche modo «stratigrafica» può costituire il modello di questo tipo di lettura. Ci sono ideologie dall'enorme estensione e durata, come quella, legata ai ruoli sessuali, dell'inferiorità naturale della donna: esse penetrano fino all'interno del discorso scientifico più serrato, facendo dire per esempio al sobrio Aristotele che la donna ha Bibl1otecag1nob1anco Mario Vegetti meno denti dell'uomo; ci sono ideologie propriamente di classe, come la convinzione aristocratica dell'inferiorità del lavoro manuale e tecnico. E ci Sono ideologie di raggio più limitato, come quelle proprie di un ceto professionale (ad esempio dei filosofi o dei medici), di un gruppo sociale (esiste certamente una ideologia ateniese), di una tradizione culturale (un esempio chiaro è l'ideologia del platonismo). Tutte queste forme ideologiche si intrecciano, si sovrappongono, si surdeterminano, agiscono in modo palese o sotterraneo a pilotare la costituzione di culture e di saperi. Accanto all'analisi ideologica. viene ora esplorata un'area di indagine altrettanto e forse più interessante, le figure dell'immaginario che fungono da tramite fra pratiche sociali e produzione di saperi; oggetto privilegiato in questo ambito sono le spie dell'immaginario - metafore, metonimie, slittamenti semantici inconsapevoli, ritualizzazioni apparentemente incongrue. Cosi Ferrari ha potuto leggere nell'ipotesi atomistica di Democrito una proiezione dell'immaginario «grafico» mobilitato dalla diffusione sociale della scrittura, e Giulia Sissa ha visto nell'invasamento della Pizia delfica assisa sul suo tripode un'immagine speculare delle fumigazioni uterine cui i medici ippocratici sottoponevano le donne sterili. Ma, all'estremo opposto, non meno materialistica è l'attenzione per gli effetti di ritorno prodotti dai movimenti relativamente autonomi della teoria sul territorio fluido delle ideologie e degli immaginari. Secondo Detienne, ad esempio, sono i meccanismi di interdetto e di esclusione imposti dal trionfante logos della scrittura e della visione a «inventare» la mitologia, delimitandone l'ambito ad ,un'incerta memoria segnata dai tragitti boccaorecchio. Certo, quei movimenti andranno intepretati secondo una prospettiva «strategica»: che ha il vantaggio di delimitare e precisare la loro autonomia vincolandola agli obbiettivi scelti, alla natura del terreno e delle forze in campo, alle probabilità di successo; sicché la stessa teoria, matematica, astronomica o filosofica che sia, si apre ad un'indagine isomorfa a quella relativa alle pratiche, alle ideologie e agli immaginari sociali. 2. Ma lo specialista ha il diritto, e il compito, di dare un senso al discorso sul metodo raccontando una delle sue storie. Qui vorrei parlare di una mia ricerca sullo stoicismo, tuttora fortemente incompiuta e in progress, dei problemi che mi ha posto e delle strategie per una loro soluzione possibile. Lo stoicismo è probabilmente la filosofia più potente dell'antichità, almeno per una sua tenace capacità di orientare la riflessione morale e di governare le coscienze in modo egemone durante quasi cinque secoli, diciamo dal III avanti Cristo al Il dopo Cristo. All'approccio dell'analisi filosofica tradizionale, lo stoicismo si rivela tanto carico di contraddizioni da rendere incomprensibile questo suo ruolo egemone; esso appare insieme una filosofia del potere e dell'opposizione radicale, del senso comune e del paradosso, dell'idealismo e del materiali- ,mo, del determinismo e della libertà; infine, una filosofia per l'educazione di tutti gli uomini e, all'opposto, per una setta chiusa di eletti. È vero che queste contraddizioni si ,piegano in parte filosificamente, addebitandole allo stato delle nostre fonti e al peculiare percorso storico della ":uola, che si origina in territorio cinico e approda all'alta aristocrazia senatoria e imperiale di Roma; ma esse si addensano in modo da non lasciare vie d·uscita intorno alla figura del saggio, che d'altro canto costituisce dal prindpio alla fine il centro di gravità del pensiero morale stoico. L'i1manità è divisa drasticamente in saggi e stolti; il ù>mportamento del saggio è il canone, il paradigma di qualsiasi valore, morale come conoscitivo. D'altra parte la figura del saggio è descritta in modo talmente enfatico e paradossale da superare di gran lunga ogni pensabile confine dell'umano; la distanza che lo separa dagli stolti è così abissale da risultare impervia ad ogni transizione educativa. Se i saggi esistono, non li si può pensare che come una improbabile setta di «perfetti»; ma lo stoicismo non rinuncia mai alla sua vocazione di una egemonia universalizzante, e rifiuta quindi la via settaria. Si preferisce dichiarare che di saggi, forse, ce ne sono stati uno o due, ma essi sono estranei alla comune esperienza umana. Che cosa significa allora proporre un modello impossibile, un canone assoluto e necessario ma irreperibile? Usando gli strumenti dell'analisi filosofica, non si può che concludere, come ha fatto recentemente Gould, che la figura del saggio è una «awkward excrescence» nel sistema stoico: solo che cancellarla significa far franare il 'iistcma inticrn o cnmunqw.' n.~n- / derlo incomprensibile nei suoi assiomi di significato. C'è forse un'altra via percorribile, una via che passa attraverso l'indagine dei campi metaforici (considerati non come esomamenti retorici ma come matrici di significato) e la loro messa in rapporto con uno sfondo determinato di pratiche sociali. Per comprendere la figura del saggio, la metafora centrale è a mio avviso quella dell'attore: secondo un tema ricorrente in tutto lo stoicismo, il saggio va appunto pensato come un buon attore. Il linguaggio stoico conferma del resto questo rinvio ad una situazione teatrale: la coppia spoudaios/ phaulos (saggio/stolto) è quella stessa che Aristotele introduce nella Poetica per contrapporre il personaggio tragico a quello comico. La metafora treatrale allude immediatamente a un insieme di rapporti fra attore, testo e personaggio, che va compresa a partire dagli sviluppi del teatro greco fra IV e III secolo. Non si scrivono più tragedie: quelle che vengono recitate nelle feste appartengono al «canone» ormai irrigidito dei grandi classici del V secolo. Morti gli autori, scritti una volta per tutte i testi, il protagonista dell'agone teatrale è ora l'attore: a lui tocca il premio, e perché il suo valore non sia condizionato dal personaggio che gli viene assegnato, in ogni concorso l'attore recita un testo di ognuno dei tre clas~id. ocroLA; UCHARD L·idea che si è ,hiamati a interpretare un testo comunque inalterabile (che l'autore ne sia la Provvidenza, il Fato oppure il Re) segna già la differenza tra il saggio stoico e il dialettico platonico, che di quel testo aspirava ad essere l'autorè e spregiava dunque simulazione e rappresentazione. Ma c'è qualcosa di più: in un mondo asservito dalla necessità universale, il distacco fra l'attore e la sua parte, il suo personaggio, segna probabilmente l'unico possibile gradiente di libertà. Il personaggio rappresenta la follia dello stolto: la dinamica delle passioni lo costringe a distendersi in una temporalità bidimensionale, tra un passato e un futuro onde si generano timori e speranze, rimpianti e desideri tutti parimenti insensati. Paradigma dello stolto è per gli stoici il personaggio
Pensare l'antico Il primatodellapolis I testi qui presentati (rispettivamente da M. Austin - P. Vidal Naquet, Economie e società nella Grecia antica, tr. it. Boringhieri, Torino I982, e da Ch. Meier, Die Entstehung des Politischen bei den Griechen, Suhrkamp, Frankfurt a. Main 1980), hanno una funzione importante nel ricostruire il quadro storico-sociale al cui interno «pensare l'antico•. Essi mostrano come non sia possibile applicare meccanicamente alla società .antica, e a quella greca in particolare, gli schemi di interpretazione che ci sono familiari per il mondo moderno: primato strutturale dell'economia e nel suo ambito della produzione e del valore di scambio, carattere sovrastrutturale della politica e delle forme ideologiche. L'economia antica non è né primitiva né moderna: piuttosto, si trova dislocata diversamente, «canalizzata• in un sistema sociale in cui il ruolo dominante spetta alla politica, nella più ampia varietà delle sue forme (dalla coesione anche religiosa del gruppo sociale alla guerra, dai rapporti fra classi di età alla grande produzione culturale ed ideologica). In questo sistema, la città antica (lapo/is) tende a svolgere il ruolo di principale forza produttiva, la politica a coincidere con i rapporti di produzione. il «lavoro• dei cittadini con la partecipazione alle funzioni del corpo sociale, dalla festa teatrale alla guerra. Questo quadro conosce, naturalmente, differenziazioni e mutamenti anche profondi. Ma pensare l'antico al di fuori di queste coordinate strutturali può dare luogo, e ha dato luogo, ad equivoci seri. M. V. (...) Spe//a al grande sociologo tedesco Max Weber il merito di aver aperro la strada che portò a una migliore comprensione del posto occupato dal- /' «economia» nella storia greca. Weber respinse in partenza la falsa alternativa «modernismo/primitivismo» in cui gli sroriciavevano cercato di racchiudere il dibattito (e che anche in seguiro, nonostante Weber, doveva continuare a funzionare). Egli affrontò il problema dal punto di vista delle istituzioni e souolineò i caratteripeculiari della storia greca; il suo scopo era quello di definire la ci/là greca antica in contrapposizione alla ci/là medievale. La ci/là greca era un'aristocrazia di guerrieri (anche di marinai); era una città di consumatori, mentre la città medievale era una ciuà di produuori. Un artigiano della Firenze del quauordicesimo secolo, ci/ladino di una citlà che esercitava la sua sovranità sulla campagna ( contado), era ciuadino in quanto apparteneva a una delle arti, ed esercitava la sua parte di potere a//raverso /'arte di cui era membro. Niente di simile accadeva ad Atene; i calderai. i vasai e i com,nercianti, se erano cilladini (il che non era sempre il caso), non dovevano la loro ci11adintmza al loro mestiere, ma al fai/o di essere Edipo, che tenta di lottare contro il fato mentre ogni suo sforzo non fa che avverarlo. L'attore che rappresenta Edipo è invece installato nel tempo presente della simulazione, in un luogo intensivo che gli consente al tempo stesso di conoscere analiticamente passioni e sventure del personaggio e di restare del tutto indifferente di fronte ad esse. li sa~gio/attore non può scegliere la sua parte, ma può interpretarla bene quale che essa sia: dove «bene• significherà sia lo stile della rappresentazione, sia l'indifferente distacco rispetto ad essa. In un universo dominato dalla necessità, runica forma di creatività è dunque nella simulazione, nel controllo che essa consente di imporre, dall'interno, sul grande Testo preordinato. Questa prospettiva comincia a rennati da un ci/ladino e dalla figlia di un ciuadino, e di essere debitamente registrati e riconosciuti nelle loro fratrie e nei loro demi. Weber souo/ineò in particolare il ruolo della guerra nelle storia greca: la democrazia greca, «club» politico dei ci/ladini, redistribuiva ai suoi membri i proventi della guerra: tributi, terra, ecc. (...) Seguendo l'esempio di Weber, Hasebroek spostò il diba11i10dal piano delle forme e de/l'estensione dell'allività economica a quello dei rapporti tra l'economia e la vita politica della ciuà greca. Secondo lui, non poteva esistere nelle ci/là greche una politica economica nel senso moderno del termine (politica commercia/e, corsa ai mercati ecc.) perché non esisteva un commercio o un'industria «nazionale» a causa del notevole ruolo che nel/'auività economica svolgevano gli stranieri, liberi o schiavi, i quali per definizione non avevano accesso al potere politico nelle città. I ci/ladini si riservavano il monopolio della proprietà terriera, e le altre a//ivìtà economiche (commercio, artigianato ecc.) erano lasciate in gran parte agli stranieri. Gli Stati greci, nella misura in cui mostrarono un interesse per i problemi economici, si limitavano ad assicurarsi l'importazione di prodo//i essenziali per la vita della ciuà. I cittadini contavano solo come consumatori, non come produ//ori. In altre parole, lo Stato si preoccupava delle proprie entrate, e queste venivano assicurate per mezzo di imposte sul/'a11ività economica o semplicemente a//raverso le diverse forme della guerra e della dominazione su altri Stati. È chiaro in che cosa consista l'apporto veramente nuovo epositivo di Weber e di Hasebroek. Essi in sostanza portarono il diba11i10dal livello dei falli e delle forme economici in as1ra110a quello dei rapporti tra l'economia e le istituzioni della ciuà greca: non si poteva studiare corre1tame11te l'economia greca al di fuori dell'ambito della ciua. (...) Nello studiare la posizione occupata dall'economia nelle società umane, Pola11yifaceva una distinzione molto netta tra società moderne e altre società. Nelle società moderne l'economia si è «liberata» ed «emancipata» (disembedded): è diventata cioè una sfera autonoma, eper questo èpossibile studiarla isolatamente, serve11dosi di concetti che sono stati creati per essa sola: l'economta è un campo che obbedisce alle sue leggi. In altre società invece, e in particolare nelle società «primitive»e arcaiche, l'economia è sempre più o meno «integrata» (embedded) alla società e a tutte le sue istituzioni; essa non costilllisce un campo separato, riconosciuto e organizzato come tale dalla società in questione. Non è dunque possibile studiarla isolatamente; non ha un'esistenza indipendente e il suo funzionamento è costantemente so110l'influenza di fattori sociali di tipo non economico, estranei dere comprensibili, e compatibili, dimensioni del pensiero stoico che appaiono invece contraddizioni insanabili all'approccio dell'analisi filosofica tradizionale: come l'ottimismo (circa la provvidenza cosmica) e la disperazione (circa l'esistenza storica); l'integrazione nel sociale e il suo rifiuto quasi parossistico; il carattere al tempo stesso universale e irreperibile della figura del saggio. Cominciamo da quest'ultimo problema. Il saggio non esiste in quanto personaggio: gli ultimi ad averlo interpretato sono stati, forse. Socrate (nella morte) e Diogene il Cane (in vita come in morte): ma gli stoici rinunciano all'immediata gestualità cinica. si scelgono, come dice Plutarco, la quiete e «i piaceri della scuola». Ma chiunque può essere saggio in quanto si comporti, rispetto alla sua parte, con la consaB1bl1otecag1nob1anco ad essa. Ne discende che per studiare il posto occupato dall'economia in una società di questo tipo, non si possono usare i concetti e la terminologia propri delle economie moderne, perché questi sono applicabili solo al mondo per il quale sono stati creati. (...) Ciò che noi per conve11zionechiameremo d'ora in poi «economia» non rappresentava dunque per i greci un campo a parte. Per usare la terminologia di Polanyi, l'economia era integrata alla società intesa nel senso più ampio del termine. Le cose «economiche» si trovavano costantemente sotto l'influsso di fa/lori e di considerazioni che oggi potremmo descrivere come «non economici». Di conseguenza l'analisi economica ci condurrà non solo a/l'analisi politica, ma anche a/l'analisi etica e allo studio dei valori in generale. M. Austin - P. Vidal Naquet Traduzione di Martino Menghi Le prime democrazie della storia mondiale poterono sorgere solo quando il convivere «politico» dei cittadini in quanto tali diven,u~ il ce111rodella loro vita. Le premesse e gli effetti di tale fenomeno erano molteplici. Ne risultò, per i ciuadini, una posizione nel mondo e wr potere sulle loro relazioni di tipo assolutamente nuovo nella s10ria; un particolare rilievo de/l'identità sociale; 11110specifico vissuto soggettivo del tempo, un rapporto particolare tra il perpetuarsi e la trasformazione. E inoltre forme peculiari dell'esperienza, della percezione e della conoscenza delle facoltà umane, degli avvenimenti, della società, della modificazione. E, non ultime, nuove forme di poesia, nuovi interrogativi 11el/'ambi10 della teologia, della filosofia e di altre scienze; e così per infiniti altri aspetti dei quali conosciamo, o non conosciamo (ancora), il collegamento con questa nuova realtà. Persino nella scultura e nell'artichettura la culwra greca mostra di avere ricevuto stimoli determinanti dalla sfera del politico. È proprio questo elemento, quello in cui si costituirono le comunità greche della polis, in cui si compirono le loro esperienze più significative, che cerchepevo/ezza de/l'attore; si potrà allora integrarsi perfettamente al sociale come personaggi, ma rifiutarlo, e salvarsene, come attori. Quanto al grande Teatro del mondo, esso è senza dubbio ordinato per il meglio, visto che non può essere altrimenti; il mare ne fa parte, assicura Crisippo, come un «epigramma comico» destinato ad abbellire la composizione. L'idea è rassicurante, perché non si tratta comunque di lottare per modificare il testo né per sospenderne la rappresentazione; ed è, naturalmente, disperata, ma la disperazione riguarda solo i personaggi: «il saggio ama la necessità» (Seneca). In questa chiave, la straordinaria fortuna dello stoicismo comincia a diventare più comprensibile: esso agisce in modo trasversale rispetto alle ideologie, siano esse d_icl~s<, e di ceto; remo qui di definire come «il politico». Si tratta di un termine molto più comprensivo di quello di democrazia, che ne rappresentò lo sviluppo e la piena rea/izzazio11e. li «politico» dei Greci, di cui questo libro cerca di ricostruire l'origine nei suoi tra lii essenziali, è la forma pewliare che quesro «campo d'azione» ha assun10 in epoca classica e, in parlico- /are, nella democrazia ateniese. Nel momenro in cui vastistrati di cittadini, e in ultimo la maggior parte, si furono conquistati una partecipazione co111inuativa e potente alla politica, questo «campo» si trasformò, si estese oltre il confine di ciò che nelle culture precedenti era stato politico (nel senso generale della categoria). All'interno della storia mondiale del «politico» quesrosignificò un gran passo in direzione della politicizzazione. Oggetto della politica divenne la questione centrale dell'ordine politico: chi governa? il monarca, la nobiltà o il popolo? La domanda era dunque se i governanti (e non più i dominati) dovessero o meno intervenire in modo determinante in politicis. Fu possibile dotarsi di costituzioni, ciò che rese altresì possibile il rispetto costituzionale dei diritti e della libertà degli strati medi e i11feriori.Un proprio ordine politico tra i cittadini in quanto venne separato, distinro da quello sociale e contrapposto a quest'ultimo in quanto ordine superficiale: i rapporti erano del tutto diversi, i diritti uguali e la maggioranza di vasti strati era decisiva a tutti gli effetti (con l'aiuto della nobiltà che si poneva al suo servizio). Sulla base di determinate condizioni preesistenti, portato della sioria precedente, la problematica del/' «essere comu11e» si traspose nel politico, nel rapporto tra i ciuadini in quanto tali polita i La polis fu tutt'uno con la cittadinanza politheia, che dive11neil concetto discriminante della «giusta costituzione», un concetto dal quale dipendeva lo specifico se11sonormativo di «politico» (conforme alla polis). A quesro pressoché totale riferimento alla polis sono legate anche lepremesse della concezione politica di Aristotele, che vede nella politica la scienza • del bene più alto che l'uomo possa realizzare attraverso la sua azione, la «scienza più importante e fondame/Ila- /e». Una politica così concepita non poteva che rappresentare il «111110p»e, r il singolo come per la comunità. L'appartenenza politica assunse un ruolo centrate· ·e comprensivo di ogni altro criterio di appartenenza: negli strati medi e inferiori della popolazioire' si sviluppò un'identità sociale pronunciata come mai prima nella storia. Questo avvenne soprattutto ad A tene, ma in misura notevole anche altrove, sebbene . in modo differenziato a seconda dello stato sociale. Sebbene i metechi, gli schiavi e le donne rimanessero esclusi dai diritti politici, il risulratopratico era pur sempre una sovrapposizio11e attiva, in un universo sociale dominato dallo spettacolo - teatro o circo che sia - un immaginario della rappresentazione e della simulazione permettendo alle coscienze di rendersi riconoscibili a se stesse, di riscoprirsi una libertà nell'asservimento, anche nell'assenza di un grande apparato ideologico quale sarà più tardi la Chiesa (che si approprierà soltanto degli aspetti più edificanti dello stoicismo). Certo, c'è chi può riconoscere la simulazione stoica e farsene beffa: se crediamo a Diogene Laerzio, il re Antigono, apprendendo la notizia della morte di Zenone, esclama: «Quale spettatore io perdo!». Secondo i punti di vista, queste sono parole di un personaggio stoltamente superbo, oppure dell'autore/regista della rappresentazione. Il dubbio è nostro, non certo straordinariamente estesa del settore dei parrecipanti attivi alla politica con quello di coloro che ne subivano gli effetti. Quesro comportava che anche l'unità della polis doveva trovare radici concrete nell'insieme dei cittadini. Erano loro, in ogni caso, a costituire il nucleo centrale della città, il pu1110d(riferimento a partire dal quale era possibile esercitare sempre più potere, anche sui nobili. Nessun apparato statale aveva potulO costituirsi in un centro preciso, in istituzioni poste ft,ori o sopra la società. Unasimile concentrazione della cosa pubblica a/l'interno stesso dei cittadini richiedeva una particolare solidarietà, che poteva radicarsisolo in un interesse comune, orientato nel senso della polis, che prescindesse da ogni interesse particolare o divergente. Questo atteggiamento si affermò con tale forza che i cittadini giunsero a determinare la politica almeno quanto questa determinava loro, sul nuovo terreno del vivere comune. Altri interessi vennero trascurati in modo relativamente massiccio, in misura tale, in ogni caso, da non permettere loro di intromellersi nella politica. I cittadini si autopoliticizzavano e ciò era in contraddizione con i loro interessi privati o particolari. Solo l'approvvigionamento di cibo e la distribuzione di determinati oneri divennero oggetto di politica. A 11111q0uesto corrisponde una forma particolare di associazione e di dissociazione, dell'esercizio e de/l'accesso al potere. li processo verso l'isonomia e la democrazia pose termine (o comunque indebolì) alle discriminanti amico/ nemico degli arisrocratici,che ·avrebbero potuto portare a violente ostilità nelle polis. I ceti maggioritari imposero e consolidarono, invece, l'interesse esclusivo della comunità. Tuttavia, dal momento che i dirilli politici assunsero ,111 significaro centrale, poté succedere col tempo -in particolare a partire dalla seconda metà del V secolo - che si producessero, sorprendentemente, una differenziazione relativamente netta e ,,,, profondo antagonismo tra democrazia e oligarchia. li Ricco e il Povero, secondo Platone, stavano uno di fronte all'altro come due città entro le stesse mura. Questo era eccessivo (e mostra come anche il pensiero politico si basasse anche allora sull'eccezione, portato dalle elevate aspettative politiche a fare torto a quella che era la regola). Tuttavia è vero che l'unità interna era spesso precaria per la mancanza di solide strutture istituzionali; che i dissidi interni si intrecciavano con quelli esterni -come tra Sparta e Atene-, e che le guerre civili e le condanne all'esilio erano in larga misura a/l'ordine del giorno. li ruolo centrale del «diritto dei cittadini» e la carenza di forme autonome di «statalità» sono fattori inscindibili. Ch. Meier Traduzione di Irene Bernardini M. Detienne-J.P.Vernant, Le astuziedell'intelligenzanell'anticaGrecia, tr. it. Laterza, Bari 1978; M.Dietienne-L.P.Vernant (a curadi), La cuisinedusacrificeenpaysgrec, Gallimard, Paris 1979 (in traduzione presso Boringhieri,Torino); M. Detienne; L'inventiondelamythologie, Gallimard,Paris 1981 (in traduzionepresso Boringhieri,Torino); L. 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