-9 :: .<, .<, ~ ,, .. .. ,, " ~ _,,,_ ~ gl Lamediazionèe sllltata I) «Discutere di letteratura». È già qualcosa. Visto che la lettera/lira sta diventando indiscutibile: la sede della rivelazione. In filosofia, oggi, la letteratura non è occasionale; ci sta da regina, occupa tutto lo spazio. Nei filosofi la citazione lelleraria non è più una civetteria: è la chiave della verità. Gargani, con Musi/, dichiara che «la nostra vita dovrebbe essere tutta e soltanto letteratura». E intanto spezza una lancia dopo l'altra contro l'umanesimo ... · Was bleibet aber, stiften die Dichter («Ciò che dura, lo fondano i poeti»): il verso di Holderlin, ripreso da Heidegger, può essere scritto in fronte tanto (ahimé) all'antologia La parola innamorata quanto ai saggi dei filosofi del nichilismo moderato oggi di moda. La poesia (la lettera/lira) gode di un primato assoluto. Può essere «folgorazione in cui si staglia l'orgine» (Gargani), <(grazia», (<verità», <<dono» (introduzione a La parola innamorata), essenza dionisiaca (Vattimo via Nietzsche), ascolto mistico, profezia, funzione «inaugura/e e fondativa» (ancora Vattimo via Heidegger), messaggio portato da Hermes, messaggio degli dei (Scalia, ne/l'ultimo saggio di un libro in cui aveva senza scampo mostrato la mercificazione de~'arte e la necessità della critica dell'economia politica: ed è un bel salto davvero da un'equazione - arte=merce - all'altra - arte=dono di Hermes -), eccetera eccetera. Lo specifico letterario si perde. L'estetica diventa un'etica, una ricetta di vita. «Andenken» non è solo un titolo di Ho/der/in, né un procedimento del pensiero teorizzato da Heidegger: diventa modo di vita, sogno di sfuggire le contraddizioni del presente. La filosofia si avvicina sempre di più alla critica letteraria, e la critica'let1eraria scompare nella filosofia. Siamo, ormai, alla coincidenza. Non si danno più fatti, ma solo interpretazioni. l'ermeneutica è il terreno comune di questo reciproco smottamento, lo scivolamento da Nietzsche e Heidegger agevole. Ogni interpretazione è legittima e arbitraria nello stesso tempo. «Qui non intellegit rem, non potesi ex verbis sensum elicere», aveva detto Lutero, volendo dire - suppongo - che è la resa determinare il significato. Ma per Gadamer, che si appropria della citazione, res e sensus coincidono (come già Hisch jr. aveva fatto rilevare). « In realtà il fatto della scrittura è centrale per il fenomeno ermeneutico in quanto nella scrittura si realizza un'esistenza indipendente dall'autore e dalla destinazione determinata (destinatario, lettore originario, ecc.)» (Gadamer, Verità e metodo, Milano /960, p. 451). Appunto: reso indipendente dalla coscienza del soggetto, il sensus perde ogni concretezza, lemure irrelato dalle infinite fogge ... Il) Oppure niente interpretazione. Solo descrizione. Niente invasione dei campi. Rispetto rigoroso dello specifico letterario. li testo è solo un messaggio fatto di parole. Ci sono strumenti neutrali per analizzarlo. Il critico deve essere un tecnico della leueratura, uno specialista all'interno delle competenze stabilite dalla divisione del lavoro; il docente di letteratura non un «educatore» o un «trasmettitore di valori» ma un «emittente d'informazione» (ma - dico io- quello della neutralità della scienza non è un valore?) che stabilisce un «rapporto non personalizzato» col discente («non discepolo ... ma destinatario»): come ammonisce Lore Terracini («Insegnare letteratura?», in Pubblico 1981). Non è (ma questo lo dico ancora io) lo stesso rapporto con le macchine e con l'organizzazione e la distribuzione delle mansioni che la Fiat teorizza e pratica con la propria forza-lavoro (pardon, non forza-lavoro, né operai, "rlih '«lnàeStt'aiìte»'"d,' 11.lll'at più; '<<dipendenti»)? III) Da una parte e dall'altra, la crisi del soggetto si traduce nella sua rimozione storica e nella sua restaurazione astorica. Ritorna il poeta dotato di voce piena, oracolare, demiurgica; oppure la poesia viene vista come Struttura, gioco d'armonie e di corrispondenze, circolo perfetto, bricolage miracoloso. Al posto del soggetto rimosso resta solo la scrittura (in un caso) o il testo (nell'altro). (Intanto Benjamin è stato innalzato sugli altari, del tutto santo e innocuo. Dov'è andato a finire l'autore come produttore? E il mercato e il museo? E I' «aura»?) Scrittura o testo, ma sempre il linguaggio sopra a tutto: il linguaggio «come scopo» di Gargani; il linguaggio autofinalizzato o autori/lesso; il linguaggio di Heidegger («il linguaggio non è uno strumento a disposizione, ma que~'evento che dispone delle supreme possibilità de/l'essere dell'uomo»; «Dove non c'è linguaggio, non c'è alcun aprimento dell'ente») oppure quello di Barthes («il linguaggio non è il predicato di un soggetto inesprimibile, o che il linguaggio stesso servirebbe a esprimere, ma è il soggetto»); il linguaggio come significato (significato pieno: «poesia in senso essenziale», ancora Heidegger), oppure come significante autonomo, anzi «emancipato» (il resto come «galassia di significanti» e «non struttura di significati»: ancora Barthes): sciolto, nell'un caso come nell'altro, dalla res luterana, castrato - comunque e semp~e -. dalla sua materiale storicità sociale, culturale, antropologica. «Nomina nuda tenemus». ( E intanto l'informatica, scienza del potere e dunquedel I in8fif/ggio, ci sconvolge $011<?_ il naso i linguaggi, riunifica - lei sì, e a modo suo - segni e sensi, scopi e fini). Scrittura e testo: valori assoluti, irrelati: argomenti per un'ermeneutica in libertà rammemorante /'9rigine, l'essere, il luogo di non contraddizione; o per esercizi professionali ostinati a ritagliare una separazione letteraria in cui specchiarsi (in un cerchio perfetto, in un rimando di valori) o, in diversa versione, ad annegarla nel mare della comunicazione (e allora il valore si - sposta dall'oggetto esaminato al soggetto che con orgogliose pinze o schede perforate lo smonta e lo rimonta). Da una parte una rimemorazione che si riconosce in un'altra rimemorazione, dall'altra una struttura che si riflette in un'altra struttura. Un gioco di specchi, aveva commentato LéviStrauss (che, ovviamente, se n'intende): La mediazione è saltata, l'approccio materialistico eluso: da una parte il disprezza per la scienza diventa suo accantonamento, dall'altra la sua feticiz-. zazione comporta la perdita di totalità dell'oggetto, la sua riduzione tecnicistica. IV) E voglio parlare d'altro, d'argomenti non certo rilevanti: di un gruppo di giovani non ancora addomesticati, di un poeta non ancora pubblicato da Mondadori o da Guanda ... Anch'io, come Francesco Leonetti, in questo concerto di nichilisti moderati, quieti desideranti, poeti innamorati, semiologi freddi e sorridenti, mi sof fermo su alcune voci che stonano, o che non si aggiungono al coro: come quelle - unpo' sovratono, quasi stentoree, per farsi meglio sentire - dei giovani di Quaderni di critica o come l'altra - sottotono invece (ma con qualche nota stridula)·- del poeta-critico Felice Piemontese (che a farsi valere o intendere non tiene troppo, dato che, con Daumal e con Gilbert-Lecomte, ama il gioco, il Grand Jeu, «a chi perde vince»). In comune queste voci hanno di considerare la lettera/lira non il valore dei valori, la sede della Verità, la rive/azio- 'n'ed~/la'Struttura: 'ma·i/ ludgò ·df uffa 1otecaginob1anco Romano Luperini contraddizione storicamente determinata, non solo armonia ma anche stridore, non solo piacere ma piacere e orrore strettamente congiunti. E di riproporre la nozione d'avanguardia, la scissione letteraria, la parzialità politica, reintroducendo l'elemento perturbante: la tensione, la tendenza. E di riscoprire Della Volpe (il suo approccio scientifico e materialistico al /in• e persino il disarmato e un po' sfibrato Piemontese si dichiara disposto a «organizzarsi intorno a un progetto». Discutiamolo, dunque, questo progetto. O cominciamo, almeno. I due libri postulano una rifondazione delle categorie; e uno - il «manifesto» Per una ipotesi di «scrittura materialistica» ( Bastogi, Foggia, I 98 I) - abbozza già (con eccessiva fretta, probabilmenAngela Scarparo trincerata dietro un'imperiosa perseveranza Madama Concretezza occupava tutto il mio essere ostinatamente decisa ad arrecarmi danno in qualche modo sorrideva sorniona alla mia fugace disubbidienza_ ed attendeva. II portava sulle spalle la propria ineffabile assenza. ogni tanto la scuoteva per sentirla presente, come se l'assenza di quell'assenza avesse potuto dimostrare la propria ineffabilità. 11'- scavo, nii giro in tondo e scavo. io sono qui. e scavo. (il mio fine ultimo non è dissotterrare) mi giro in tondo. su questo banco di sabbia, di giorno e di notte, io mi rincorro, (sono i miei piedi che piallano?) è la corsa che produce un segno. (che si abbandona) che incide a se stessa. (su di sé) corro. -(mi corro incontro e levigo.) mi vengo incontro e inciampo. (ogni tanto) inciampo. inciampo e mi rialza_ (e poi) ricado. e mi alzo. corro. {è l'aria ch'fi("i frena?) 'Jn,, non ci sono ostacoli. (iò-,.on ?i vedo.) sob~~lzo è ricado_ inciampo su me stessa. (mi corro addosso. mi spingo.) e cado. ma mi rialza e la mia corsa riprende. IV quotidianamente si serve (indifferente) del piatto delle altrui parole (e il troppo sale si converte in riserva e non danneggia. giova) distribuisce assenza sciorina al sole solitudine ogni ran/o centellina grani di rimorso. V quando ho preso a guardarlo lui aveva appena 'cbmi,!ciaro a dormire. io lo guardo e lui dorme con gli occhi chiusi. il suo letto si trova il più lontano possibile dal lato opposto della stanza (esattamente al lato opposto) quando io ho preso la sedia per dare inizio al mio guardare (lui dormire) lui si è avvolto nella coperta ed ha comincia/.:, a dormire. lui dorme ed io lo guardo (lui dorme perché io lo guardi) potrei (possibilità remote ma agibili) (a questo punto e adesso) dirgli che sono stanco di guardare un uomo che dorme. o dormire anch'io. chiudere gli occhi e pensare senza dormire. o guardare altrove. ma sono qui e la mia funzione consiste unicamente nel guardare (lui) dormire. (ed i miei occhi sono così fissi su di lui da non lasciar alcuna ombra di dubbio, su nessuno) lo guardo. quando lui si sveglierà io mi addormenterò. mi avvolgerò nella coperta mentre lui prenderà la sedia. contemporaneamente i miei occhi si chiuderanno e i suoi si apriranno fissi su di me. quando io comincerò a dormire lui prenderà a guardarmi. lui mi guarderà ed io dormirò. il mio letto si troverà il più lontano possibile dal lato opposto della stanza. (esattamente al /aro opposto) io dormirò e lui mi guarderà. (dormirò perché lui possa guardarmi). guaggio letterario) conciliandolo con la nozione (a Della Volpe invisa) di avanguardia: operazione non di poco conto. Certo, che possibilità hanno i giovani di Quaderni di critica e il rabbioso e sfiduciato Piemontese di Dopo l'avanguardia (o anche di Intorno a quelle macerie, un rno poemetto lirico uscito da poco presso Carte segrete, a Roma) di turbare il tranquillo giardino della nostra Arcadia petulante e innamorata? Non molto maggiore delle chances che vanno concesse a un agitatore che, fermo lungo i binari, cerca di convincere a scendere i viaggiatori comodamente transitanti su un rapido di lusso in corsa... Ma intanto, loro, su quei binari -non ci stam10; e lanC'ianrnmaprr:Jposra, te) qualche risposta in positivo (ma ha per lo meno il merito di ricordarsi del Benjamin teorico de~allegoria). I due libri si dividono di fronte al problema che Leonetti chiama del «crisismo»: il primo - (quello di Bellini e C) - ne resta al di qua, limitandosi a scomunicarlo; il secondo ci resta impigliato. I punti di riferimento del primo, oltre a Benjamin e a Della Volpe, sono Gramsci e Brecht: si tratta di marxisti eccentrici e critici, come è giusto, ma, tutt'insieme, fanno blocco, ripropongono una linea certo da riprendere e sviluppare, ma datata: sono tutti pensatori che si muovono, per quanto riguarda il loro marxismo, sullo sfondo teorico della Terza lnternazionulr; Vi si aggirano recalcitranti e periferici, ma quello - non altro - resta il loro orizzonte. Da loro bisogna ripartire; ma, indubbiamente, da soli non bastano. Altro è l'orizzonte attuale. Piemontese, invece, isola Della Volpe in mezzo a Foucault, Blanchot, Sade, Bataille... La sua è una proposta di poetica piuttosto che di teoria. Così, da un lato - quello di Bettini, Muzzioli ecc. - abbiamo una teoria materialistica della /eueratura che può ignorare o respingere il crisismo contemporaneo anche perché è separata dalla pratica (qui c'è il «manifesto» di unmovimento che non esiste e neppure è all'orizzonte); dall'altro, quello di Piemontese, una poetica personale tutta assorbita nel pensiero della crisi e separata da una teoria. Ora il punto è, piuttosto: attraversare la crisi senza restarvi impigliati, attraversar/a da cima a fondo per sbucare al ' di là di essa. Si tratta di rifondare le categorie di un orii:zonte dato: quello del crisimo, appunto, in generale; e quello, in particolare, della crisi (non del pensiero di Marx ma) del marxismo quale si è strutturato in sistema negli anni fra il 1920 e il 1968 (fine di un'epoca, dunque, non inii:io di una nuova)- Di questo orizzonte fanno pane, in un loro risvolto materialistico irrinunciabile, linguistica e psicoanalisi, per esempio: e queste bisogna assorbire senza restarne assorbiti, mentre quelli di Quaderni di critica restano al di qua del problema e Piemontese si pone, con noncuranza, al di /à_ Nel campo della critica leueraria ciò significa balzare oltre il gioco di specchi dell'ermeneutica e dello strutturalismo formalistico, e riproporre la necessità di un approccio scientifico fondato sulla distinz:iooe'frà sogg'ilfo è bgffeltÒ e sulla categoria della mediazione; non separare descrizione da interpretazione e subordinare quest'ultima all'accertamento della «/euera materiale del kr: sto» (riciclo a mio uso questa lmipida definizione di Segre, in un recente c<1nvegno leccese) quale appare ricostruibile storicamente e filologicamente nella 'sua oggettività; determinare il tesio nella sua struttura e insieme nelle sue contraddizioni, definendone livelli diversi ' (e in tensione fra loro) di significato_ Significa rifondare la critica letteraria anzitutto come critica; discutere non solo di lettera/lira ma la letteratura. V) Per questo il crisismo di Leonetti e mio, per esempio, è diverso dal loro... Loro parlano di macerie, di caducità, di fine dell'ideologia, di ontologia del tramonto. Ma sono quieti e soddisfatti: hanno trovato la ricetta di lunga vita, il cynar che gli ci voleva contro le nevrosi della vita moderna (e lo chiamano, oggi, nichilismo), La crisi è una nicchia in cui riposare tranquilli (giacché l'obiettivo, dice Vattimo, è quello di diventare nichilisti come il mondo che ci circonda, adeguarsi a esso: vedi la sua recente «Apologia del nichilismo>, in Belfagor, 1981, 2), Diciamo la verità: ,nai si è stati tanto bene nella crisi come oggi. La vista de/l'abisso aggiunge un brivido delizioso che fa apprezzare di più il cantuccio caldo degli svagati smemoramenti oltre gli scenari della storia o la riparata tettoia degli specialismi. Per loro la letteratura è fonte di cer- , tezza, sede di valore, luogo di consola- 1 zione_ La loro crisi li riportar,, al porto sicuro di sempre: quello della letteratura. Forse proprio noi- che sappiamo di dover navigare a vista, fuori del portosiamo più crisisti di loro_ Ma appunto per questo, vivendo dentro la crisi e passando/a (oh, Benjamin!) «a contrappelo» ... Per Discutere di letteratura in Alfabeta n, 31 (dicembre 1981) ...... , ..... ,. ''
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