TransP- acifit,Al,xprCesisn:a B elfi, gentili, cattivi, spiritosi, sorridenti, bugiardi, elegantissimi, e molto simpatici: i cinesi ci somigliano piu che ogni popolo europeo o mediterraneo nostro vicino. Sembrano così affini a noi, nel modo di comportarsi e di ridere, anche in una certa spensierateu.a e indolenza, epoi nei comportamenti spiritati. Ma i loro segni sono tulli diversi, le forme non coincidono, i nostri strumenti e le nostre chiavi non jùnzionano né combaciano là. Come gli italiani, !0no gravosi e possono diventare feroci. A differenza di noi, sembra che non possano diventare volgari mai. Una grazia dura, priva di grossolanità e vanteria, anche nei gesti piu.antichi e piu rustici. Passaggi rapidi fra la cortesia e la minaccia, senza sfiorare la villania. Beneducati, garbati, come gli italiani d'una volta: dignitosi e ospitali senza arroganze né piaggerie, cortesi ma tenendo le distanze, pronti a «dare una mano» ma «senza esagerare»; curiosi, riservati. Mai indiscreti. (Mentre per diversi italiani contemporanei, ispirarsi alla Cina significa politicamente diventare conflittuali, ostili, triviali, invadenti, spietati come giapponesi.) Molta cortesia, poca diplomazia; ma come adorano tuttora la burocrazia e le formalità. («Di qui viene di età in età esser tanto cresciute queste cortesie, che tutto il giorno vanno in volta senza aver tempo di far altra cosa; di che i loro savij si dogliono e lamentano e non se ne possono spedire.» Padre Matteo Ricci). E con un po' di falsità e sbadataggine - fra le cerimoniosità - anche quotidiane e spicciole. Civiltà, grazia, frugalità, ironia. Tullo o quasi poi jùnziona dietro un'rpparente vaghezza. Folla decorosa, negozi colmi, grande ordine, pulizia perfetta. Abiti leggeri e frusti, scarpe misere, bicicleue vecchie e ben tenute, lana e cuoio rarissimi. Ma una povertà mai abbattuta, mai derelitta. Né mendicanti, né mance. l vecchi siedono sul marciapiede solo per giocare, a carte o a dadi o a biglie, freneticamente, come bambini. Nessuna traccia de/l'aggressività o drittaggine o protervia o abiezione che conosciamo nelle nostre strade. Un risultatomoderno, forse recente? Comunque sembra già grandioso. Come noi dopo la gue"a: grande attenzione per gli stranieri, gran desiderio di informazioni dopo la chiusura forzata del Paese, voglia di «mettersi al corrente», con pochissimi soldi, vecchia civiltà, vecchia buona educazione, gran dignità e urbanità nella miseria. Una curiosilà anche commovente, la loro, a questo punto, non avendo mai avuto molto interesse per cose esterne e nuove («nessuna cosa vogliono imparare de' libri de' forestieri, parendogli che tutto il saperedel mondo sta nel suo regno e che gli altri lutti sono ignoranti e barbari», Padre Matteo Ricci), né disposizione per le lingue. La frugalità antica, il Medio Evo in città, la campagna che si sente li.dietro, gli oggetti quasi tutti di fibre vegetalie di legno, fatti amano; anche la maggior parte dei lavori, falli a mano. Spesso lavori che sembrano inutili: ma compensati da una gran calma collettiva. L'utilizzazione delle risorse e degli avanzi-anche bucce, involucri, rifiuti -però in dieci a fare il lavoro di uno, disinvolti e rilassati aiutandosi tra infingardaggini e chiacchiere (come a Mosca, e a/l'opposto che a Tokyo). In parecchi, medioevalmente, per fare un lavoretto anche minuscolo. E chi apre, non chiude: ci saranno altri addetti. Ai ristoranti, uno porta le tazze, uno le bacchette, uno i tovaglioli, in fila, come forse nell'antichità. Moltissimi passeggiano a ogni ora, lentamente e svagatamente, come non recandosi affatto da un luogo a un altro, a una destinazione entro una certa ora. (Non lavorano? Fanno chissà quali turni?) Si riposano collettivamente e decentemente, stanchi «come popolo» dei lavori grami fatti per secoli? (Non sono capaci di lavorare, dirà un loro Ministro, in tono milanese.) Folla tutta in casacchine lise di tanti blu sbiaditi, e di parecchi verdi-oliva piu. o meno slavati. Unpatchwork di Morandi pop. Non escono e non passeggiano, «non si vedono in giro», i tessuti esposti e acquistali nei negozi, di colori vivissimi e cosparsi dei fiorellini Kilsch stampali su ogni oggetto d'uso, in gran contrasto con gli abili uniformi. Manca assolutamente ogni corporeità, o sex-appeal, o anche civetteria; non un solo tentativo o accenno o segnale di pettinatura o monile, o di «figura», o di faccia, neanche nelle ragazze piu deliziose, che sarebbero <un amooore». («D'amoreggiar poi, e andar facendo il vago, non che l'uso, neanche ve n'è il vocabolo.» Padre Daniello Bartoli) Luccichìo di sete o di nylon, solo sui banchi dei negozi (peraltro affollali, con taglio di pezze e confezione di numerosi pacchetti: sfoggeranno forse draghi e fiori in casa? di notte? con qualche canale segreto per l'erotismo rimosso, /'«amoreggiar» che però in parecchi loro Classici c'era?) La Cinese par ritrovare faccia e corpo solo aHong Kong: allora, quasi indossandoli Sputi, scaracchi, daxon selvaggi: questo è il «sound» pechinese per strada, con vigili agli incroci che dai loro chioschi micro fanali se la prendono direttamente e lungamente coi singoli, autobus che passano carichi di prediche dagli altoparlanti, ammonizioni di vigilesseconmegafonin, eivecchiquartieria, piedi. Il «sound» in interni è invece scaracchi, spuli, risatine maliziose e affabili. Il gusto per i dolcetti; la quantità di caramelline e ciambelline accumulate negli spacci; e le file, le folle, per comprarne piccoli quantitativi di tante diverse qualilà, mezz 'ettoper ciascun sapore di caramella, un etto per ogni formato di ciambellina. I matti, lamattina: le ginnastiche ali'albaper la strada, folli come il jogging americano. Gesti da balletto, movenze da animali, figure di ani marziali, coreografie con spade e bastoni, gesti che altrove avrebbero significati di sconcio vaffanculo e qui appartengono al lessico psicofisico del «polo estremo» (o supremo). Gruppi immensi, di corsa al lavoro, in canottiera al buio. Vegliardi, che dovrebbero L'importante appare, come in America: crescita mentale zero. riposare fino a tardi, sudando pericolosamente nello smog gelido, a Pechino spalle nude, senza un golfino. Spossatezza smarrita, e facce malsane, Pechino sembra una cillà molto scriua, anticamente e modernaper le vie di Shanghai tutte umidità e inquinamento, quando è ancora mente. Anche troppo? Lunghe frasi in calligrafiadecorativa e giganbuio, così come correndo su e giù in calzoncini insensatiper Seventh tescasu fondali dell'immutabile rosso antico, prima colore imperiaAvenue, a New York, fra gli scappamenti dei tassì. le, poi colore rivoluzionario, e sempre connotazione di eventi e Molto turismo interno, tante macchinine fotografiche, nessuna desideri fausti. Così, anche le firme dei visitatori decorano e abbelliincinta in giro. L'industria del ricordino e della bagattella, celebrata scono con ideogrammi in stili diversi i massi oscuri della Grande come progresso alla televisione. Al ·/elegiornale, molti progressi Muraglia. industriali, specialmente nella produzione in serie di antichità false Tutto vuoto fuori, strapieno dentro. Piu importanti gli esterni che r----------, gli interni, gli spazi piu che gli edifici. Al Palazzo Imperiale, grandi e Militari dell'esercito britannico per il mercato internazionale: buddini, testine, giadine, cammei, «quisquilie e pinzil/àcchere», tigri ricamate e dipinte su tovaglieue e centrini. Riappare il talento commerciale tradizionale, mai interro/lo fra i cinesi a/l'estero, altirare stranieri e prender soldi? Si giapponesizzano? Lezioni di inglese turistico e affaristico alla televisione. Cartelloni pubblicitari molto bene illuminati a crocicchi galeoui, fra molli di Mao, per indicare cosa si ouiene a lavorare e a guadagnare: beni di consumo, forse eleurodomestici. (Ma non piu di un bambino per coppia, insistono i cartelloni illuminati.) «Abbiamo amici in tulio il mondo», molto di Mao poetico e bello. È anche il molto di tutte le checche della Brianza che partono in vancaza con molti indirizzi e pochi soldi. Povertà antica dietro lapovertà moderna, povertà moderna sopra la povertà antica. Però anche champagne francese di buona marca negli ex-templi, estecche di o/lime sigarel/e inglesi nei localipubblici. I prodotti stranieri si pagano solo con soldi turistici, tagliandi tipo «Monopoli» negati ai ciuadini. Ripetizione, iterazione, serialità, monotonia: caraueri «che vengonodi lontano».Costantestoricaeantropological:astandardizzazione eterna dell'identico. Ridurre al bambinismo? Età media, sei anni? Risatine, inchinelli, filastrocche, caramelle, dolcini, canzoncine, girotondi, monotonia, niente sesso, andare a /euo presto. La società di massa antica (formicaio) mostra un carattere fondamentale analogo allasocietà di massa moderna (topaia): protrarre /'adolescenza abbassando l'età mentale della massa. (Sono poi buoni ambedue i metodi: cambiar moda ogni stagione, o congelare l'immobilità nei millenni.) stupende simmetrie non partenoniche, non immediate, non dirette, ma ottenuce con una somma polimorfa di accorgimenti marginali e minimali, ancora piu «grandiosamente sottili» che a Versailles. Meraviglie, giuocando principalmente sui dislivelli: scalinate vaste e lievi, gradini come spalmati su scivoli gravi e solenni, balaustre di marmo bianco venato e opaco, poggiate su cilindri snelli istoriati come avori, su e giù davanti e dietro i lati lunghi dei gran padiglioni reuangolari che si alternano ai grandi cortili formando la Ciuà Proibita. E lungo i fianchi, le caselle epiazze/le e i corridoi vertiginosi o domestici che formano il gran villaggio imperiale, quadrangolare e ortogonale, globale; e le verande e loggeue delle donne di palazzo e degli eunuchi, che componevano il «piccolo mondo» riproducendo mimato e miniaturizzato il «granmondo» esterno, per mostrare fiere e mercati e traffici - anche con incidenti e borsaioli - addomesticati e travestiti ali'Imperatore che non poteva uscire se non tra imposte chiuse in vie deserte, non potendo vedere negozi né popolo né merci esposte né passeggio di sudditi né «scene di strada» né «cocktail parties» né vita. (Ma ancora una volta, anche qui, la ridecorazùme delle facciate nei colori vivaci e brillanti originari, sbatte contro le deformazioni ineliminabili della nostra ottica, rovinataper sempre da ristoranti e luna-park. Délabrés o décapés, questi palazzi sarebbero perfellissimi. Riverniciati di lacche violente rossissime - come riverniciare le statue greche, come ridare un bianco antico nuovissimo alle pareti di nostre cattedrali scrostate degli stucchi barocchi -non evocano l'aquila a due teste o altri animali sovrani e araldici, ma l'anatra pechinese da mangiare arrosto. E la solennità, la maestà, r,eclamano eminentemente Carmen Miranda.) Dentro -scomparsa ogni stoffa, saccheggiati i bibelots, portate a Formosa tulle le ceramiche -questa ricostruzione di un trovarobato affastellato corrisponderà davvero a un qualche interno imperiale? Vasellame squisito in pietra dura e oro chiaro, fiori votivi cesellati, copricapi e reliquiari di gran religiositàefrivolezza, manti, pendagli, ventagli, spilloni a farfalle e fiori di perle e gemme, spade e collane, presepi di pietre preziose con scenette sacre e boscherecce, pasticceriabotanica e ornitologica, torri d'avorio con mandarini e campanellini, elefantini automatici addobbati di lapis/azu/i. Sputacchiere. E «en téte»: armadioni di «en téte». (Samba! Conga! Rumba!) E lanterne con maniche, ossia tubi da fùmo; sismografi con draghi che lasciano cader palle-in caso di terremoto -in bocca a rospi; orologi a rondinaia, con ventole; tachimetri con suonatori di tamburo sollo un ombrellino, che bollendo battendo misurano lemigliapercorse. E un mobilio cupo e greve, noioso e lugubre, che fa invocare «a Tokyo! a Tokyo! alla stuoia nuda nella stanza deserta!» E sezioni di Kitsch rosso tulle archivistica e oggeuistica: tulio sembra stato conservato dalle piu lunghe marce e dalle ritirate storiche, anche i pentolini e le sa/vielle; e pensare che noi non riusciamo mai a trovare -in casa -i tovaglioli egli ombrelli comprati meno di un anno fa. Ma anche i giardini, souoposti al regime del «tulio pieno» come gli interni. Mai il «colpo d'occhio» (esedra, propileo, o anche praticello). Solo magazzino, solo deposito: panchine, chioschéui, alberi in fùnzione architeltonica accanto alla colline/la artificiale con su il padiglioncino, mancano solo gnomi e jùnghi di cemento. Giardini. I famosi giardini di Su zhou. li giardino della Forestadel Leone, del Mastro del/è Reti, della Politica dei Semplici, del Padiglione delle Onde, del Nord, dell'Armonia ... Ponticelli a zig-zag su acque sporche, crisantemi marci e soldati che li fotografano. CÒrridoi, labirinti, giravolte. Sobrietà?, understatement, relax, mai. Ripetizione, monotonia, intensissime. Sassi bucati, cavoli vio/eui, alberi «nanificati» secondo l'estetica ormai di Walt Disney. I sassi sono rocce di lago, incavate e dilavate dalle correnti, bianchicce, simili ai residui rossicci del vecchio carbone consumato in fondo a caldaie, e usato come orografia pastorale in presepi parrocchiali economici. Uno solo, sarebbe una interessante scultura informale. Con due, si può «far pendant» come con due alberi, due lampioni, due statue. Trenta o quaranta, in un piccolo giardino, sono come trenta o quaranta trumeaux dorati in un saloncino. Ecco la serialità, l'iterazione, l'imitazione, in questo gusto mandarino rimasto identico nei secoli. Non già: se tuui i miei vicini hanno un giardinoa/l'italianaa, lloravoglioun parcoall'ingleses;e tu/li i miei conoscenti si stanno facendo la casa Liberty; non mi rimane umanamente altra scelta che lo stile Impero. No, l'opposto: siccome tulti i mandarini hanno sempre avuto un giardino di rocce, fossi malto a volerlo di muschi; lo esigo di rocce, tale e quale, da~'Anno Mille alla Rivoluzione, anch'io. Ed ecco, intauo, il principio ostinato che uno spazio minuscolo non debba avere «aria», «prospelliva», respiro», illusionismi che simulino una profondità che non c'è. Macché: il trovarobato sia gremito di ostacoli: così ogni due passi ecco una curva, una svolta,
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