Alfabeta - anno III - n. 24 - maggio 1981

..... oO °' Piero DelGiudice S. afasia dietro la lastra dei vetri.sente con gli occhi il tubolare sulla brina dell'asfalto smlusciavv l'uomo che gira in bicicletta intorno alla casa nel guanto la mano sul manubrio pallore l'altra mano sollo il panciollo lo fascia con ago da calzolaio cintura giù la corteccia della faccia è tenuta dal retino delle vene e gli occhi arrossati dal gelo odore punge il gelo mmmermub vede hausssusc il rumore della erezione fuori misura /andscape aiuole ghiacciate per bambini traffico riga laminato-freddo raglio della luce linea punto Morse del traffico viale controviale per la fatica del mauino è narcosi il traffico direzione stop il motore scalda la capsula le gambe sotto la gonna si stirano irrigidiscono rilassano sul pedale donna nella capsula oscilla sui pallets sul nastro grande-cinturato il bus, ordine riflesso la fila si muove si ferma veterano il traffico tradizione abitudine (riposante il tra.) cuffia alle orecchie grand'angolo gli occhiali tra fumi vapori si snoda l'intestino cieco ferro vetro muri cinta silos periferia neve «se c'è qualcosa di nuovo è nei sistemi di tortura» come 20 anni fa tornano sul piccolo-schermo montagne di cadaveri (monconi pance feti teste spaccate) la luce a chiazze macchia il corpo nel divano nel buio «appena mi tocca irrigidisco sudo freddo sotto» aff cossveng bolle tuttorpore allora lo masturbo con una pila elettrica va sotto le coperte mi apre con le dita S. bagliore il tempo a disposizione era passato nella stanza che vibra di continuo per gli urti dei cassoni rrraumrraum sulla curva della tangenziale si era alzata con le scarpe ai piedi sollo le gambe rosa-trampoliere morbida non esposta dietro le ginocchia maschile femminile da dietro.., frammenti di traffico piovono dai gard-rails blang! da fondale che trema dai forni si apre e si chiude il coperchio dell'aria sollevando nuvole di fumo ceneri paglie di ferro che arrossano sotto una doccia la schiena e lungo la schiena il cordone di anelli (via i capelli tra testa e collo via tende dalla finestra paio di sanitari via) lastra camera oscura non luce bagliore di porta periferia n. 9 1980 DanielaRampa 1. Mi pare che il cielo nebuloso dall'impero persiano giungesse giallo e antico negli interni parigini di nascita ignota. z. riusci a portarla verso l'orizzonte di questo cielo, ma prima di toccarlo giunse il giorno, il «giorno, pieno» degli altri lui si svelò allora assassino dei secoli le piante grasse della vita adulta inaridiscono a distanza per mancanza di acqua, i fuochi da lontano sfiorano le loro pelli secche. il comportamento di una dea è muoversi riconoscendo i passi del Fanciullo Z. nel rosa temporale scendeva le scale verso la cucina fumosa di donne al lavoro, con se portava libri, trattava stufe elettriche, ipnotizzava giallo-geografia adesso è un uomo che ha confidenza con le donne. 2. e nella notte ventosa in fondo al boschetto pagano sembrò a loro di scorgere una fiammella fioca e il collo posteriore appena visibile dal mantello azzurro e come allora non era vento o solitudine a parlarci la sera era america dal telefono ascoltavamo voi che state ancora con gli altri per le strade sommerse dal mare di latte annoiato tra stelle e fasto la padrona di casa non poteva entrare nella stsnza dove avvenivano luminosi incastri, veliero estasiato fuori dalla porta le profonde cose non viste torneranno sollo forma di sorprese il vostro modo di volere ci fa paura come la frutta secca viviamo tra noi e il sogno di noi stessi. GiulianoDario Tonin Villa 1. Dove i suoni cominciano, finisce sempre così, ricorrono e scadono (dalle date) elementi estremamente fragili. Pezzi di fili ad alta tensione tagliano rigidamente 'libertini' tul/a la visione di tutta una finestra. Eccoli i 1etti,lutti cupi estesi, spogliali al sole, e si offrono, sfrontali, alla calda rabbia estiva della macchia; così pure arrossa1i,scollati e in silenzio sfiorano solo il coraggio del cielo in una erezione 'delicata'. E il dolce osservare, può anche estendersi dove finisce la solida materia e si confonde col liquido vibrante un suo moto proprio, derivato dallo sguardo curioso dell'insistenza. Come si chiama? - Camino! 2. L'occhio tira e s1ira la pelle raggrumata, da stendere su un improbabile territorio spugnoso e morbido, fino a 1rascinarel'altro pigro vicino al suo posto lasciato V/,lolo e dolorante; acqua tiepida ridona elas1ici1à, morte 1emporanea del tragico, è ripresa, variante diurna e ripetersi qualitativo di rovesciamenti, brocche ·screpolate, labbra esterne, esposte, in balia del 'clima'! - Una raccomandazione ancora. - Non mi svegliate? 3. Spargo la crema sul collo e umido indosso la camicia bianca. Scivolerà? Scusa, maglia cucita e ditale, mano che si espande, profuma, un filo che penetra e alza, smuove antichi odori, annusa (buco) vuoto aperto solo da un ago, piantato a caso per una cura, carie, radici di «un modo di dire» per recuperare, finalmente, un po' di sozzura, senza altro scopo che impedire la brusca caduta, su una nudità importuna. - Sospirate piano! Come miele, pelle dolce e grassa aderisce (ma non è viscidità) alle nuove forme di stamane se pur «malinconia» rimane. 4. Io guardo l'immagine luminosa proveniente dal buco dell'esterno che rimanda a un oscuro interno illuminato di sole che rientra solo dalla finestra. Ma... resine intrappolate/maglie mostrate sale d'agosto/l'inverno prossimo testardo come un mulo appoggio ancora il sesso sulla finestra Pubblico sperma! da Lapsus in fabula (1971-1978) I. Do11ore,destandomi a volte in un notturno, in una bianca carezza - per farla breve: scopro che una femmina immensa, deforme, è meco. Mi esponga la teoria dei simili. Mi dica cosa c'entra il fegato, il vinello, la morte. 2. Sono in grado di scrivere poesie vuote come una canna, un cunlco di nichel, un argenteo Tubo. In un duomo di cristallo si vede un tubo fluorescente, trecento tubi strisciano nel nulla, tra tocco e fuga, bordone ripiego. C'è un vento stanco, soffia le foglie gli angeli d'autunno del 1971. Soffice sul mio collo, viene da lontano. Ne ho letti, tomi-centifoglie, criptografie rese al vortice. Un refolo giocava tra le piume picee dei piccioni assonnati sul campanario. Portavo a spasso qualcosa come uno squasso, un buco, emicrania da cosmo, da eone. Dimenticavo la cosa -la dico: fu dapprima sera (la gente girava ancora), fu notte fonda, fu allora che mi protesi, attesi, mi voltai, fu l'alba. 3. I. Un giorno catturai la luce e le baciai la coda: era fredda, insensata e non potevo dominarne il turbine. I cardini del mondo, sollevati da polverose funzioni, stridevano come una giostra di chimere e - liquidi lumi - mossero il passo dei canali verso il fango di gole stretcetra morse emoziona/i, panici di vetro, pronti ad andare in frantumi non appena lo sguardo si chiudesse. Il. Ferimenti, visioni, oro persino e la stazione eretta di nuovo nel matcino, o a tarda notte se un colpo di sonno, durante il giorno ... Piano, lo spettro delle percezioni si rioganizza, a scatti, molle: prendo la forma di una finestra confusa, metto un piede per terra ed è già marmo. Poi il vetro è teso, sospinto da una pressione esterna, cede, inizia a miagolare.. e implodendo, sfondandcsi, lascia entrare folate d'universo 4. medilo, tremo, mi rifletto, abbatto, tramo, ragno intrigante, mi sussurro insieme, in solitudine, intuisco, è blu, ti credo, baratto barattoli rossi, ho impegnato anche il nervo scoperto e vado a zonzo gattoni, gattoni: tu incassi casse, rifuggi i rifugi e mi scruti a distanza, mi trangugi, tu che ti nutri di paralogie di gheroni e massacri, di leoni rampanti e ghepardi passanti, quarti e scudi:tu losanghe,emblemi,sangue: ti prego di venire, maresciallo di polvere, mostriamoci confusi alla cometa gialla: tace l'obice all'apice, all'acme del vertice, al forcipe; nasce morto; calmo, il vino sogna nel cerchio perfetto dei calici

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