Alfabeta - anno III - n. 22 - marzo 1981

avrà tuttavia incontrato alla corte dei re macedoni, ove egli stesso soggiornerà quasi un decennio. È il suo amico Licurgo, illuminato (anch'egli) amministratore della ormai coloniale polis, a tentare verso la fine degli Anni trenta, il salvataggio del teatro: punta al ridimensionamento degli attori. Conduce a termine la gigantesca ricostruzione in pietra del teatro di Dioniso: cominciato da Pericle un secolo prima, accoglierà almeno quindicimila spettatori, ma soprattutto avrà - definitivamente - un palcoscenico vistosamente rialzato. Beneficiari ne saranno i cittadini, ma ulteriore spazio e moltiplicata solennità riceveranno gli attori. Licurgo ordina tre bronzee statue dei massimi tragici: proteggeranno verosimilmente la scena, significheranno in realtà (non più che velleitariamente) propositi restaurativi. Tradiscono la falsa coscienza di Licurgo, diviso tra umanistiche nostalgie ed illusionistici circenses. Consacrano, nello stile del potere, la massificazione del teatro. La stessa skeuotheke, imponente deposito di attrezzeria teatrale, suscita inquietanti sospetti museali: anticipa il Beaubourg. Non meno ambigua è l'ultima sua iniziativa, con cui dispone una edizione di stato per i venerati tragici: da conservare nei pubblici archivi, da imporre rigorosamente ai teatranti. Conferma (a parte ogni suo arbitrio, o interessata manipolazione editoriale) l'uso strumentale, in realtà demagogico, dei classici. Il controllo imposto agli attori è nuovamente pretestuoso, non più che formale. I sacri testi saranno verosimilmente difesi da operistiche manipolazioni, da avventurosi recitals. Aristotele avvertiva già nella Poetica dell'uso intercambiabile degli intermezzi corali, temeva consimili abusi per le stesse «tirate» tragiche (di stampo ormai oratorio) addirittura per gli «episodi»: mette in guardia dalla eventualità di una contaminatio, che • troveremo perfettamente (ma non certo improvvisamente) realizzata dai comici latini. La organica integrità dei classici, per influsso del medesimo Aristotele dobbiamo dire, sembra ufficialmente garantita. Chi ne impedirà tuttavia un uso quanto meno espressionistico, in realtà arrogantemente. strumentale? L'attore non può che giovarsi di tali iniziative, la collusione col pubblico viene consolidata, la finalizzazione subdolamente politica è generalizzata. Si riprenderanno, comprensibilmente, gli agoni per il migliore attore tragico (antico), quindi per il migliore comico (antico). Si infittiscono i teatri, gli agoni, le esibizioni a livello non più nazionale, ma ecumenico. Al matrimonio di Alessandro, celebrato a Susa nel 324, erano presenti i più celebri teatranti. Avevano seguito il sovrano, fino ad Ecbatana, nel cuore della sconfitta Persia, tremila specialisti della scena e (sperabilmente) affini. La intempestiva morte dell'eroe Ii avrà sorpresi lontano dalla patria, senza autorevole (o autoritario che fosse) incoraggiamento e difesa. e ontro la splendida ma umorosa precarietà, si costituiscono e robustamente si affermano formali cooperative (koinà) e quindi associazioni (synodoi) di attori ed operatori dello spettacolo. Strutture rigorose, con gerarchie e funzioni ordinate sul modello statuale, dotate di privilegi eccezionali (sul piano interno ed internazionale), di capacità contrattuali, di prerogative addirittura diplomatiche. Sono quei technìtai (scaenici artifices, li chiamerà Cicel)>ne), devoti e <::s protetti dal dio Dioniso; una sorta di .s ~ gesuitica compagnia, della cui prevaric,. cante professionalità, Aristotele aveva sarcasticamente dubitato (nella Retorica, non ancora nellaPoetica).,Anche -. OC) °' "' "' i pirati, egli sottolinea, oggi si fanno chiamare «approvvigionatori»: più che di tecnici, egli ne sottoscrive la nomea di Dionysokòlakes, di adulatori, a suo giudizio parassiti dell'arte. ~ La scena risulta ormai in funzione l dell'attore. L'equilibrio tra infrastruts: ture ed operatore, per cui si realizza il teatro e non la vacua teatralità, sembra smarrito: neppure più intuito. Sotto Demetrio Falèreo, altro e coerentemente sollecito proconsole, si verifica a quel che pare un definitivo colpo di mano: governò Atene dal 317 al 307, scolaro di Aristotele, ma seguace più rigoroso della platonica statocrazia. Abolisce la «coregia», la sgradevole ma anche imprevedibile imposizione del finanziamento teatrale ai singoli cittadini. Provvederà lo Stato, direttamente: attraverso un pubblico agonothètes, di nuovo conio. Si crea insomma un ministro dello spettacolo, si liberano i teatranti dalla precarietà della imprenditoria privata, si istituiscono strutture, anzi Teatri Stabili. L'arte finisce ~ essere aleatorio mestiere, si burocratizza: può definirsi integrata. Sulla elezione e sul condizionamento del «popolare» ministro agevolmente influirà tuttavia, come in ogni regime, la peronistica consorteria degli interessati. Non passerà molto, che sul piano internazionale la Lega delfica degli Amfizioni'(un superstato politico-religioso, che di fatto governa cu.. dro, lascerà all'Occidente una consolatoria quanto disimpegnata forma drammatica. Si evolve al di fuori della spettacolare archeologia, scartando la mercificazione delle scene, la strumentalizzazione dei classici. Persegue finalità non più civiche, ma rassegnatamente intese alla ricerca dell'uomo, insegue molecolari ma rassicuranti convivenze: nuovo protagonista è l'idiòtes, il cittadino «qualunque», la vicenda non sopporta né tragici rovelli né scandalistici sarcasmi. A definire la modestissima poetica è Teofrasto, diligente, acuto scolaro di Aristotele. Celebra in realtà una «microborghesia melmosa», speciosamente dolente, raziocinante. C'è da chiedersi se non nasca, per la nuova e sussurrata struttura, anche un nuovo e più controllato attore. Le maschere, abolita ogni corporea invenzione, ostensibilmente si specializzano e raffinano: non rompono tuttavia col passato, soltanto Roma le abolirà. Un afflato etico (più spesso farisaico) ispira i personaggi: in nome della misura, della interiorità, di una amarezza sorniona. Lo spettacolo non può che rifugiarsi in un veristico, ma anche calcolatissimo regime. Il binomio •attore-teatro, laboriosamente costituitosi nella protostoria, in precario equilibrio nel rifulge~edella storia (Sofocle costruisce i suoi «caratteri» a misura di singoli e collaudati attori), platealmente sconvolto per un intero secolo, ha verosimilmente trovato un più funzionale assetto. È il fiorire di nuovi autori che dà linfa al teatro, pertinente condotta all'attore, alle sue stesse congreghe. Producendo testi, organici e godibili, già sul piano letterario: o, come nel caso del vecchio Cherestrato, alla semplice lettura. Aristotele, estimatore di Euripide, della sua disincantata schiettezza, della sua scarnificata razionalità, Ii avrebbe applauditi: sembrano del resto allineati, rispettosamente, con gli intransigenti canoni della sua Poetica. Essi ~ «vaticani» strumenti l'intera Grecia), riconoscerà (intorno al 280) il primato, e di conseguenza altri ed eccezionali privilegi, alla venerabile congregazione dei technitai ateniesi. Aristotele non ha veduto, e neppure preveduto, questo eclatante sviluppo. Una razionalizzazione che non sorprendentemente susciterà, o quanto i:nenosi accompagnerà ad un nuovo ed ordinatissimo teatro. Esso si formava sotto i suoi occhi, sull'onda di un patetico riflusso nel «privato»: se la Poetica non ne ha sentore, dovrà collocarsi decenni più indietro, incresciosamente supporsi mai più toccata o aggiornata. E la commedia borghese, che assomma le sue intimistiche virtù in Menan- ·"' .-· implicano tuttavia una raffinata scrittura scenica, non agevolmente decodificabile: per la sua irridente tenuità, difficilmente attuabile. Una nuova concezione non solo del teatro, ma soprattutto dell'attore sembra affermarsi, malgrado le procellose vicissitudini di una alienata consorteria. Senza un consapevole riequilibrio all'interno del binomio attore-teatro, non avremmo un modello capace di suggestionare, più spesso di affascinare i millenni. La versione originale di questo testo fu presentata al IV Simposio internazionale dei critici teatrali e dei teatrologi (Novi Sad, Aprile 1979); e fu successivamente ogge110 di diba11i10in seminari e convegni. Bibliogmia sul teatro greco das.sic:o Una bibliografia «aggiornata», esula dalle nostre finalità. Devo tuttavia segnalare alcuni titoli, che - almeno nella redazione di questo scritto - ho tenuto presenti. Dal volume miscellaneo della Sterijino Pozorie di Novi Sad, al fascicolo 2/3 di «terzoprogramma», emblematicamente intitolato «Tutto il mondo è attore. Ipotesi per una indagine interdisciplinare sull'attore». Meno consistenti risultano i Quaderni di Teatro (1, 2 nov. 1978), dedicati a «Teatro ed attore». Di specifico, in italiano, non c'è molto: né a livello scientifico, né sul piano divulgativo. Costituisce un'eccezione il volume Mimo e Mimi (Firenze-Milano 1980) del mio scolaro Marco De Marinis: il mimo rappresenta l'essenza ed assieme la esasperazione dell'attore. Quasi sempre sostanziosi appaiono i volumetti pubblicati (in traduzione) dalla benemerita Editrice Laterza: intendo H.C. Baldry, /Grecia teatro, Bari 1972 (ma come si fa, cfr. p. 123, a parlare di «tragedia eschileana» ?), nonché il volume miscellaneo («fruttuoso» reading: non si usa interpellare gli autori, tanto meno retribuirli) intitolato La tragedia greca. Guida storica e critica, ove Ch. R. Beye ha raccolto, Bari 1974,una dozzina di saggi, alcuni dei quali più che pregevoli. Ad esso fa da pendant, l'espertissimo F. H. Sandbach, Il teatro comico in Grecia e a -Roma Bari 1978. Maggiori stimoli offre B. Gentili, Lo speuacolo nel mondo antico, Bari 1979. Tra i contributi inglesi, notevoli sono O. Taplin, The Stagecraft of Aeschylus (Oxford 1977) e Greek Tragedy in Action, ( London 1978 ). In maggiori ristrettezze si dibatte D. Bain, Actors and Audience (Oxford 1977), come onestamente anticipa il sottotiolo: «A study of Asides and related conventions in Greek drama». Più comprensivo ed essenziale era P. Amott, Greek Scenic Conventions in the Fifth Century B.C. L'autore, già professore Associato di «Classics and Dramtic Art>, nella Università di Iowa (USA), è congruamente convinto che il Gregorio, vescovo di Nissa, sia piuttosto nativo del «Nyassa»: così alle pp. 18 e 19. Sul tema specifico, sproporzionato interesse ha suscitato il sontuoso volume di Paulette Ghiron-Bistagne, Recherches sur /es acteurs dans la Grèce antique (Paris 1976). Sciaguratamente travolto dalla immediata pubblicazione di H.J. Mette, Urkunden dramatischer Auffuehrungen in Griechenland (Berlin 1977), che - per competenza e responsabilità - rende superfluo l'affrettato pasticcio della giovane studiosa. Grundlegend resta, ovviamente, l'amplissima voceHypokristes, nell'VIII Supplemento (1956) della notoria Pauly-Wissowa, dovuta alla diligenza ed alla perspicacia di K. Schneider. Insostituibile reading è Das griechische Drama (Darmstadt 1979), c·urato da G.A. Seeck, per qualità ed esaustività. Della Poetica di Aristotele, siamo costretti a fare un uso del tutto peculiare. Non potremmo raccomandare nessuna delle traduzioni oggi correnti, più o meno idealisticamente contrassegnate, o scabrosamente datate. La Poetica in realtà .non è un libro, né un testo: tuttavia ha un canonico destino. Aristotele espunge .dalla prassi teatrale ogni ingrediente (sensoriale), che favorisca una fruizione clamorosamente «spettacolare», riduce il testo a puro (ed intellettualistico) «libretto»: da leggere, o solitariamente compilare, non più da inscenare. La millenaria fortuna della sua battaglia non è tuttavia a lui imputabile, né alla sua acutezza storica e categorizzante: in realtà nasce, e violentemente si impone, la «letteratura». Si imporrebbe una rinnovata Poetica secondo Aristotele: fin nella costituzione del testo, pragmatica, teatrologicamente interessata. Cui attendevo, quando un atroce evento familiare mi ha bloccato. Benedeuo Marzullo Giordano BrunoGuerri L'ARCITALIANO vita di Curzio Malaparte "L'arcitaliano Curzio Malaparte, nato Kurt Erich Suckert, è tornato di moda. Lo ·ha rilanciato Giordano Bruno Guerri con una esauriente biografia." Vittorio Gorresio LA STAMPA "Biografia puntuale ... ricca di documentazione inedita." Nicola Tranfaglia LA REPUBBLICA "Arriva nel momento giusto la puntuale, ricca e vivace biografia scritta da Giordano Bruno Guerri." Paolo Murialdi PANORAMA "Un vasto lavoro di ricerche di prima mano che con spirito critico e sicura bravura ricostruisce la vita, la carriera, l'opera, la leggenda e la soggiacente verità (anche se 'doppia verità') di Malaparte." Giancarlo Vigore/li Bompiani LARICERCA Fa.J<l.ORICA contributi alo - della cultura dele dossi popolari rivista semestrale 1980 1. La cultura popolare. Questioni teoriche a cura di Glauco Sanga Saggi di G. Angioni, B. Bemardi, G. Bertolotti, G.B. Branzini, D. Carpitella, U. Cerroni, A.M. Cirese, P. Clemente, C. Gallini, V. Lantemari, A. Leydi, G. Musio, B. Pianta, G. Sanga, P. Sassu, A. Signorelli, I. Sordi. 2. Antropologia visiva. La fotografia a cura di Sandro Spini Saggi di E. Bemus, G. Calarne Griaule, D. Carpitella, J. Collier Jr., C.M. Counihan, M. Cresci, E. Guidoni, A. Hooft Graafland (Hammacher), A. Locati, M. Mead, E. Minervini, F. Scianna, G. $ebesta, S. Spini. 1981 3. Antropologia visiva. Il cinema a cura di Enzo Minervini 4. Antropologia linguistica a cura di Giorgio A. Cardona Un volume L. 12.000 Abbonamento annuale (due numeri) L. 20.000 C.C.P. n. 17/21624 intestato a: GRAFO edizioni, via A. Bassi, 20, 25100 BRESCIA - Tel. (030) 393221

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