L'alYeare laborioso della democrazia Caro Spinella, ancora da Cuneo, ancora dal carcere speciale e dopo la mia isolata dell'8 agosto '80, con una proposta di lettera ad Alfabeta Nonostante la tua gentile ed affettuosa del 14.8, c'è sempre qualcosa da superare quando si scrive «fuori»: l'eccesso di intenzioni e il disagio del destinatario, la letteratura carceraria e la volontà di un impegno intellettualepiù libero. In realtà spero di stare dentro ai mutamenti del presente e a qualche futuro e vado modificando lo schema della «lettera», mentre vedo, da qualche pubblicità sui giornali, che Alfabeta continua ad uscire (ti chiedo subito, anzi, di inviarmi qui le ultime copie). Ragioni del mutamento: a) in luglioagosto pensavo sostanzialmente questo: c'è una repressionepolitica guidata, sostanzialmente «incruenta», che investe gli eterodossi, gli antagonismi, i terrorismi, per emblematizzare (con pentimenti, punizioni e perdoni) sopra i caratteri pragmatici repellenti - la serie di arnesi repressivi - il suo «progetto-umano», emblema il giovane o meno giovane che si pente e riconosce necessariae ineluttabile l'autorità dello Stato. In produzione si sarebbe detto qualche tempo fa «autonomia e responsabilità», progetto laborioso ove si domina non tanto la tua prestazione fisica ossessiva, l'individuo sorvegliato sul posto di lavoro (da cadenza, ritmo, capo), ma l'individuo diretto nel suo campo d'azione, nella sua gestalt. Macroproduttività territoriale, campo d'azione vasto, dunamei, origine e destino, identità e moto, genetica ed azione (ufficio, scuola, fabbrica, part-time, mura domestiche, sapere diffuso-sfruttamento diffuso delle città) coeve le vecchie costanti prassi dello sfruttamento assoluto, del doppio caricopuro etc. L'alveare laborioso della democrazia e la sua totalità di dominio e mercificazione. Poiché alla rete di produttività orizzontale, al dominio «di campo» del comando produttivo, non può non corrispondere una totalità istituzionalesull'individuo e il suo agire, comportarsi (allora il cosiddetto Sud è territorio metropolitano come disponibilità tradizionale di mano d'opera coeva e come campo sperimentale delle tensioni del capitalismo maturo - la produzione a domicilio è capillarità dello sfruttamento, rottura delle cooperazioni precedenti che avevano prodotto tessuto connettivo di lotta, elasticità di disporre di livelli medi alti e bassi di produzione e coazione e nuovo dominio nell'ambito domestico etc.). Ancora, prendiamo la memoria: sapere umano accumulato, sapere-valore generale composto nell'individuo produttore e sapere specifico dello stesso, ma - assieme - memoria-remora, pentimento, non-memoria collettiva, negazione della Storia, non ricchezza ma forza negativa, subordine, cancellazione della identità come proposta obbiettiva dell'individuo associato, privazione ontologica dei riferimenti cooperazione prospettiva: onniscenza dello Stato, totalitàdella democrazia. Il presente annullato, il futuro afasia dentro la narrazione produttiva e istituzionale. a) un disegno - dunque -ancora ordinato, ancora calmo; ferme restando le carceri speciali, la repressione politica esplicita, i rovesciamenti «tattici» della legislatura, l'informalità poliziesca (strage di via Fracchia). Ma un disegl'IO, ÌII font!o, da cui sempre partire per vedere la continuità e non il salto, non l'assoluto. Quel disegno «illuminista> vedo infatti del tutto oscurato, incapace di produrre un ragionamento conseguente; mentre mi sembra prepotente il diktat materiale, lapotenza della struttura generatrice di fatti materiali, di fisicità dello sviluppo, di automatismo di effetti formali, di comportamento e istituzionali, necessitàe conseguenza di quei mutamenti di fondo applicati alla complessa produttività sociale. b) è la bomba di Bologna e poi - agosto e ottobre -la manifestazione dei capi, i 40.000 di Torino. Se vuoi l'obbiettività biologica degli scandali di regime, e il terremoto. I propositi «illuministi» ne sono inevitabilmente travolti, le buone intenzioni - se tali erano - ormai fanno una unica storia con la primitiva necessità di repressione e allargamento del dominio. Eventi interni alle cose accadute, dinamiche esterne. La strage di Bologna: terrorismo cieco, terrorismo nazista, ma non privo di «modernità» e «attualità». Nessuno può liquidare 85 morti proletari con la affermazione che sezioni dello Stato, apparati e servizi, parte di essi, insomma un «com/otto massonico ante-litteram» destabilizzante un modello di democrazia (che non si è ancora capito quale e cosa sia), abbia causato l'evento. Vi è, nel concetto di strage, la struttura della serializzazione, la numerazione negativa che appare e si evidenzia in corpi morti - dominio finale della merce -mutilazioni e nomi-nomi, non storie, numeri progres!fivi. Disidentità sociale, eppure è così chiara, lapiù evidente, un proletariato affannato nel suo agosto tra un treno e l'altro della più afosa Italia, numerico e innocente, che viene letteralmente polverizzato. Nozione, prima ancora che di guerra, democratica e produttiva: alienazione totale nel tuo movimento interno e circostante come premessa e dato della funzione produttiva. Vi è nel concetto e nella pratica della strage, una concretizzazione di quei principi della totalità, del possesso in fondo totale - alla radice - della vita e delle vite che è peculiare della potenza, dei poteri e saperi, della esistenza dello Stato democratico moderno (quello che c'è non quello delle pelose e pie intenzioni), della sua possessione, della sua totalità istituzionale. Il «rovescio» della strage? nessuno è innocente, nessuno in nessun luogo - nei più abbandonati giorni dell'estate - può sottrarsi al confronto, allvra mortale, con questa potenza. Un dominio totale, una negazione, cui si propone - esecutore e confuso interprete - il «progetto umano» della destra: e la destra è la manifestazione per ora parossistica, iperbolica, di quella totalità produttiva e istituzionale che è circostanza e causa (un nostrano « taxi-driver», con tutte le miserie, se si vuole, della provincia, il giovane commesso bolognese di un negozio di scarpe intervistato dopo la strage da Le). Non condivido quelle interpretazioni che vogliono un grado, sia pure variabile, di «indipendenza» -dalla borghesia e dall'operaio-massa - espresso nella manifestazione dei 40.000 di Torino. L'aspetto corporativo di tale compagine è la forma trovata, dentro una scelta di azione nella società civile, autonoma e indipendente - questa sì - del padronato; è l'allusione ad un possibile sviluppo di guerra civile. Nessuno, non i capi, non i «cacciatori» e gli «operai» delle fabbriche di armi della Val Trompia, non le «femministe» che chiedono l'ergastolo per lo stupro, va in piazza per evidenza naturale del fenomeno e del bisogno. In realtà allo status antagonista al proletario del capo, fa da mediazione organizzativa e da finanziamento, la decisione del padronato. Questa decisione dispone un altro punto di vista sulla situazione. Così come a Bologna, anche questa volta è il vuoto: la lotta operaia, l'innocenza (ma nessuno può vantarne, dunque, la virtù) dell'operaio-massa, vengono spazzate via. A questo livello di determinazione padronale niente più che un patetico ricordo la fatica operaia di giorni e notti di picchetto; sclerosi la parola d'ordine formale del «posto di lavoro non si tocca»; eguale il massacro di energia, vite, prospettive; tragica come sopra la passività proletaria, su questo oggetto passivo si stanno esercitando in tanti davvero! Il padronato, i partiti- nella loro strumentalità (niente davvero, se non immagini logorate, sembrava cambiato ai cancelli Fiat rispetto al 2 dicembre del '78, manifestazione a Roma dei metalmeccanici per il «pci al governo»), i sindacati: quello per garantire un settore operaio forte e farne la leva per l'operazione istituzionale e governativa, necessariamente complice nella ristrutturazione e nella macrodeterminazione precaria e destrutturata del grande proletariato territoriale (piccole fabbriche, aziende, scuola part-time etc.), e quello -sindacato-tutto teso ad una totale infraistituzionalizzazione di settori (la discussione altrimenti nonsensista dello 0,50 per cento è spia ai ciò) ed infine lo stesso operaio-massa, identi-kic di obbiettività sociale e produttiva, soggetto di lotte passate e passate organizzazioni rivendicative interne, soggetto-oggetto di acculturazioni politiche e istituzionali (la robaccia rimasticata dei <<media»di parte, la volgarizzazione sindacale di concetti, la normale comunicazione). La testadi Marx ai cancelli non è che un reprint grottesco di dieci anni fa, la coevità polacca ben presto si porta a lontananze astrali rispetto ai limiti obbiettivi e soggettivi di questa lotta, l'intervento «esterno» di giovani di sinistra organizzati non è che ideologia e rappresentazione - anche qui - del passato; gli operai non potrebbero avere che un modo di riavere la parola, la violenza, e questa viene repressa sul nascere. Un sedicente «guru» del tardo-operaismo come Sergio Bologna non sa che proporre agli operai Fiat in lotta da un mese che... una radio libera! (hai tu nostalgia dei bei tempi di Longwy? di quelle belle, totali, sconfitte operaie, che fanno della nostra memoria la memoria della marginalità e del non più esistente?). La violenza: per muovere cosa eportare avanti cosa? Con ilpugno disperato di idee e bisogni gli operai di Torino non hanno che espresso, con la lotta, la fine dell'operaio-massa, non egemonia, non indicazione, non un obbiettivo o una forma della lolla che osasse proporsi -stante l'emergenza - ad un solo altro proletario. Essi difendevano un se stesso del tutto interno (posto di lavoro) e vincolato (non si tocca) al modo di produzione ed alle sue - inoltre - più anacronistiche espressioni (sul piano della resistenza, tante emozioni per chi le vuole: ormai più solidificata e tramandata quella operaia dei paesi del- /' Irpinia e Lucania dove l'azzeramento di massa e la con versione totale è ipo-. tizi.abile, perlomeno sulla carta; e poi, insomma, è ormai chiaro anche agli asini che produce e determina più va_lore composto e processo standard di auto-valorizzazione un «gruppo» operaio Oliveui ad un calcolatore o tenninale, che un gruppo di lavoro di insegnanti alla scuola dell'obbligo o agli istituti tecnici). Potenza delle modificazioni materiali, diacronia e pavidità delle soggettività proletarie, determinazione e apparizione delle possibili identità presenti e future del padronato. È una rincorsa, tutta laproposta e l'articolazione tattica (l'intelligenza) della proposta e-: delle sue ambivalenze è dall'altra parte; il nissimi che hanno attraversato questa esperienza lì e auraui, ca/amicatisu quei monti da quel panorama di guerra da tutta Italia, ne abbiano tratto la dovuta lezione. Certo, ancora una volta, la cappa strumentale delle istituzioni nella forma più tardo-dinamica, i partiti a base socialedi massa, calasulle immagini della distruzione e della possibile conversione da zero dei modi cooperanti e di lotta e di prospettiva dei totalmente espropriati e li ripropone per sé - loro in sé. Caro Mario non so davvero se questa sia una lettera a te, ad Alfabeta, o un tentativo il cui grado di equilibrio vedrai da solo, per stare dentro al dibattito di quello che obbiettivamente accade. Certo, accade anche che vi siano, in questo Paese, nelle sue carceri speciali o nelle sezioni speciali delle carceri comuni, o nelle sue carcericomuni a seconda del grado di «pericolosità» riconosciuto ad un imputato, ormai 2.000 prigionieri politici. Cifrae dimensione politica destinate a crescere.Ma io non ho voluto, nella forma di «letteraa», produrmi con una lettera «dal carcere». Del carcere,della sua funzione materiale nella lotta di classe, della funzione della detenzione dei politici, del loro arresto in forma di retata, dei veri e propri rastrellamenti di interi quartieri è necessarioparlare ormai apertamente come dato collettivo diffuso e di prospettiva, non come fatto accaduto in modo particolare a me. Così che, del carcere speciale - l'unico modello di contenzione, oggi, in realtà, con la forza della rivitalizzazione e rinascita di una nozione - carcere ormai di fatto scomparso (quella tuua ancora mercantile di carcere come rieducazione produttiva) - non come di una anomalia ma come di una negazione sociale vastae in crescitasi deve parlare, discutere, aprire la discussione. Perché davvero si può toccarecon mano cosa può essereper noi la morte (noi laici, materialisti, consociati alla Storia), e questa morte sta nel modello del carcere speciale, nel concetto delladetenzione politica, nella teoria e nella prassi (nella Negazione e nella microfisica quotidiana di questa Negazione) della prigionia politica. È una propos)a e non diversa da quella che facevo, proprio otto mesi fa, pochi giorni prima del mio arresto;e da allora le cose hanno marciato parecchio. Intanto tu vedi se e come utilizzare questa nostra discussione a distanza. Ti mando assieme copia di un saggio che ho scritto subito prima de/l'inizio della mia carcerazione; avevo già deuo a moglie e amici di fartelo avere, ma credo che non l'abbiano fatto, dunque ce lo mando da qui. Vorrei che tu lo leggessi ese ti vame ne scrivessiassieme a tutto il resto. Ti mando anche due cose da me scritte ultimamente (1uche sei stato un leuore intelligente di mie precedenti espressioni), poi ti saluto e ti abbraccio con tutto il possibile affetto da qui, tuo Piero Del Giudice proletariato n'on ha davvero la parola. Cuneo, 4 IJ /8 J Tra l'altro per i 50.000 posti tagliati 1------------------1 alla Fiat e dintorni (poiché tanti sono da subito) non si potrà neppure vantare quell'ambigua valenza professionale - tutto è brivido, ormai - che è stata la rete di soccorso a Bologna «prontamente scattata», a strage avvenuta. e) degli scandali e del terremoto, anche questi eventi fisiologici e naturali. L'unico elemento di tendenza è la crescita verticaledello stato di illegalità diffusa in tutto il Paese. lllegalità perché il terremoto ha sottratto alla contabilità dello Stato, alla catalogazione migliaia di persone (tra i cosiddeui «dispersi», i nati sfuggiti all'anagrafe etc.); perché l'avvenimento è politico e determinato da soggetti storici imputabili a tutti i livelli e - dunque - alla complessità istituzionale di questo Paese che ne viene travolta; nei modi di sopravvivenza proletari epopolari, nella prospettiva latente a tale inagibile forma-Società, l'illegalità, l'extra-legalità, sono le costanti enfatizzate -entropiche e svelate-dall'evento; e perché - spero - le migliaia di giovani e giovaSi, ha ragione lui Gentile Alfabeta, una parola di plauso per quanto dice Antonio Porta a proposito di Satie ( Alfabeta n. 19, Novembre /Dicembre 1980, pag. 12). Sì, ha ragione lui, pubblicare Satie oggi è facile, è un'operazione di retroguardia: bisognava pubblicarlo venti anni fa. Se mai, Adelphi avrebbe dovuto raccoglieree tradurre i «loghia agrapha» di Maurice Rave/ che, se non altro, non si presta ad essere 1rasformato in Santo Protetcore di avanguardia alcuna -non ancora, perlomeno; ma però non è mica detco che non lo possa diventare, di riflusso in riflusso (lo diventerà anche Respighi: «l'avanguardia colpisce ancora», per citare quanto dice a giusta conclusione del suo intervento Antonio Porta). Grato per l'ospitalità che non dubito vorrete concedere alla mia fra le altre lettere, porgo i miei migliori saluti. Vostro Enio Giapponesi Molti • SI OCCUP.ano dirock, classica iazz,fol,. Noi • • c1occupiamo dimusica. M~ Dire/lo da Luigi Nono In edicola il 5 di ogni mese Inserto strumenti musicali ~ Mensile a cura del Comitato Regionale Lega Cooperative dell'Emilia Romagna Cooperazione. Tanti ne parlano a sproposito. Noi no! Abbonamenti per il 1981 • I I numeri Lire 10.00Ò Inviare assegno o vaglia postale a: Comitato Regionale Lega Cooperative Via Aldo Moro, 16 • 40121 Bologna Intrapres~ spettacoli Cooperativa di promozione culcurale Le contaminazioni della voce Von Bonazza Zorro o la leuura Immagini della voce. immagini del silenzio Giancarlo Cardini Cardini, Solfeggio parlante per voce sola ( 1973) di Paolo Castaldi Corrado Costa Leuure di poesie dedicate ai piuori Poesia Lineare Futura Poesia Sonora Antologia storico critica della poesia sonora Mimodeclamatori: Valeria Magli e Arrigo Lora Totino Juan Hidalgo e Walter Marchetti Mesostina/ostics I e 2 di John Cage (Per due voci) Valeria Magli Poesia ballerina Azioni danzate su testi poetici Musiche di Jobn Cage, - Marce! Duchamps, Erik Satie, Demetrio Stratos Costumi di Cinzia Ruggeri Luci di Fulvio Michelazzi Regia di Lorenzo Vitalone Giulia Niccolai Harry's bar e altre poesie Adriano Spatola Poesia Sonora Arrigo Lora Totino Poesia Ginnica, Poesia Liquida Azioni verbo/mimiche Giuliano Zosl Ur Sonate di Kurt Schwitters Voce di Giuliano Zosi (Per voce sola) Produzione «Suono Giallo» Per informazioni rivolgersi a: Intrapresa Via Goffredo Sigieri, 6 20135 Milano Telefoni (02) 541254e541692 Telex 311509/SIT AM ...., oO °' .....
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