Alfabeta - anno II - n. 17 - settembre 1980

ni del protagonista umano - l'uccisione della memoria del computer e la fuga suicida dall'astronave - appartengono ad una pratica sacrificale ne- - cessaria per recuperare una differenza simbolica. Il film circolava in up periodo in cui larghi settori della cultura marxista avevano messo in discussione la concezione ottimistica di un progresso tecnologico neutrale (solo che se ne fosse strappato il controllo al capitale). Abbandonata Ì'illusione di una rifondazione puramente politica del valore d'uso della macchina, si trattava di evitare l'errore opposto, in cui cadeva appunto il film, quello della demonizzazione delle forze produttive. Ma il bilancio degli ultimi dieci anni registra in questo senso solo una serie di oscillazioni fra le due posizioni estreme: la negatività assoluta dell'alienazione tecnologica e l'ottimismo politico della riappropriazione sociale delle forze produttive. 4. Una nuova pelle (la muta) L'oscillazione ottimismo-angoscia è il prodotto di una concezione prometeica dello sviluppo delle forze produttive. Per una lunga fase storica Prometeo ha rappresentato la metafora ingenua del proletariato. Ma la cultura marxista intrattiene un rapporto assai più complesso con la struttura del mito prometeico. Prometeo può anche essere assunto come personificazione del capitale, della potenza «maledetta» ma emancipatrice che nasce nel rapporto coatto fra i soggetti sociali della produzione capitalistica. Prometeo - macchina-capitale - rompe violentemente l'alleanza rituale che unisce uomo e natura nel ricambio organico. Profana la sacralità del lavoro e instaura la maledizione del lavoro: se prima l'offesa dello strumento sulla natura era riparata dal sapere rituale del gesto lavorativo umano, ora il segno astratto del valore impedisce ognf mediazione diretta e neutralizza ogni sacralità. - Per questo la potenza produttiva del valore, della macchina come puro mezzo del valore, esige la sofferenza dell'alienazione (della separazione). Solo la sofferenza del soggetto produttore può riscattare la maledizione; solo al termine di un doloroso cammino questo soggetto «scorticato» potrà recuperare la sua pelle, restituire alle forze produttive il loro carattere ~naturale» di valore d'uso, riconciliare uomo e natura nel socialismo. Il rituale· del mito impone che qualsiasi trasformazione del rapporto uomo-macchina avvenga nella forma della negazione dialettica. Tutto ciò ha impedito di cogliere il significato positivo delle rapide e profonde trasformazioni subite negli ultimi anni dall'immaginario sociale sulla macchina. Assumerò come esempio (non per il valore dell'opera, più che mediocre, ma per il suo carattere sintomatico) il recente film di R. Wise, Star treck. Qui non è rimasto nulla dell'angoscia di 2001; l.r gigantesca astronave-robot aliena è distruttiva solo perché non si è trovato il giusto codice di comunicazione. Una volta stabilito il contatto, il terrore per il «creatore» di tanta potenza si dissolve: Dio è solo O.I.O., dispositivo informatico onniscente, creatura che torna al suo creatore, l'uomo. esista, non può più essere ricercato nella materialità del processo produttivo. Il fatto che il processo di informatizzazione della società si sia sviluppato soprattutto a monte e a valle del processo materiale di produzione non è casuale: il capitale, in quanto sistema di simulazione, assume il processo lavorativo solo più come una delle metafore (forse nemmeno la più importante) del processo di valorizzazione. L'informazione - equivalente generale si emancipa dai referenziali produttivi, la posta in gioco diviene il controllo sul processo di trasformazione del linguaggio. La macchina non rappresenta più il Le due delegazioni, quella operaia e quella governativa, l'una di fronte all'altra. Esiste ancora uno scarto, una differenza: la creatura ha accumulato un immenso sapere ed è necessario pagare un debito di informazione. Ciò avviene tuttavia in forma del tutto nuova: non attraverso la riassunzione del controllo umano sul valore d'uso della macchina - non ridefinendo cioè la pelle dell'Altro, il luogo della separazione e della differenza - ma attraverso l'unione volontaria - chiaramente sessuale - fra la pilota, il comandante in seconda e la macchina. Dall'unione non nasce né il superuomo né il supercalcolatore, ma un supercyborg che ci riconduce ad interrogarci sul luogo e sulla funzione della sua pelle, sul senso di questa metamorfosi, di questa muta. Qui il racconto teorico deve farsi ancora meno rigoroso, ancora più allusivo: il diaframma sensibile che divide uomo e macchina, posto che ancora sociale, la macchina è il sociale, nel senso che i suoi modelli di simulazione possono rappresentare il sociale solo nell'atto stesso di produrlo. li topos della pelle, il luogo della congiunzione-separazione fra uomo e macchina, si disloca nelle procedure di comunicazione, in quell'insieme di operazioni di scambio di informazione fra uomo e macchina che gli informatici chiamano interfaccia. Luogo dello scambio, luogo della crisi: non a caso attorno ad esso si affannano i teorici della modellistica sistemico-cibernetica del sociale come Luhmann. La logica dell'anticipazione temporale delle crisi attraversa ormai tutti i campi disciplinari di quella che Lyoiard ha definito la scienza delle instabilità; che si tratti di sistemi sociali, biologici, ecologici, fisici, ecc., il problema è quello di assicurare l'equilibrio omeostatico. Descrivendo «tropi:, bene» i loro •referenti, i modelli cibernetici hanno distrutto il diaframma fra realtà e simulazione, fra interno ed esterno, fra sistema ed ambiente. Tutto precipita• nell'abisso superficiale della pelle, in quella membrana sempre più sottile e precaria che non distingue più nulla da nulla. La scienza delle instabilità deve risolvere una contraddizione lacerante: da un lato il movimento del capitale ha distrutto l'autonomia di tutti i giochi linguistici, ha spazzato via tutte le barriere disciplinari, ha usato la macchina per consentire la convertibilità • indifferenziata di tutti i valori; dall'altro è costretto a riprodurre continuamente una topologia dei soggetti sociali. Lo spazio-tempo della produzione viene continuamente divorato e dev'essere continuamente reinventato. Si tenta di reinventare lo spazio a partire dalla nozione di sistema; ma i sistemi devono essere «aperti», devono lasciar passare il flusso informativo, e ciò determina una costante minacciadi collasso, di passaggio casuale e non programmato da un sistema all'altro. li tempo dev'essere quindi reinventato come governo della casualità, anticipazione temporale delle crisi: non produzione di informazione sugli eventi ma produzione di informazione attraverso la produzione di eventi. Questa topologia della molteplicità, questo tempo discronico, non lineare, ci invita ad improvvisarci viaggiatori della pelle: dato che ogni enunciato La pista d~.'1..~. ~ifferenza dispiega una pluralità di mondi possibili, si tratta di non sciegli_ere,di non lasciarsi condurre nel traffico controllato che conduce da un sistema all'altro, e di vagabondare invece sulla pelle, di navigare in questo abisso superficiale, dal quale si gode dello stesso paesaggio che Borges ci descrive dal1'Aleph. Vertigine narcisistica, senso di onnipotenza, di operabilità illimitata del mondo, che nascono da una sensibilità tattile che non è più quella della pelle «naturale», ma sfrutta la potenza sensoriale della macchina, della sua capacità di «manipolazione» digitale del mondo. Nemmeno Narciso è una immagine adeguata, perché non ci sono più superfici che ci separano dalla macchina, non ci sono pelli impenetrabili in cui specchiarci; c'è solo una1membrana sottile e immaginaria che svolge le sue spirali congiungendo più che distinguendo gli organi umani e meccanici del_cyborg, e che avvolge la macchina sociale consentendoci di pensare un «fuori» senza che esso rappresenti un limite «naturale». Se proprio vogliamo dare una nuova immagine mitica a questa pelle mutata, banda di Mobius e membrana placentare, pensiamo a Prometeo, alle sue infinite metamorfosi rinnovate ad ogni contatto con la pelle della Madre Terra. Questo sogno teorico sembrerà forse inattuale a tutti gli informatici alle prese con la pratica quotidiana dell'utilizzo reale delle loro macchine, ma è chiaro che nel mio gioco la macchina è stata espropriata dei suoi connotati tecnico-scientifici per divenire metafora dell'operabilità del mondo. In queste pagine essa ha assunto lo statuto del sapere tecnico della raiza dei Signori, descritta da P. J. Farmer nel suo ciclo Fabbricanti di universi, detentrice di poteri immensi di cui ha perso ogni memoria scientifica: li sa usare e basta. Ciò che conta per i Signori non è il sapere «oggettivo» dei loro mitici antenati, ma le «porte» di accesso fra gli infiniti mondi artificiali che essi hanno avuto in eredità, assieme alla consapevolezza che nessuno di questi mondi è quello «vero». I bellissimi racconti di Farmer - a cavallo fra i generi SF e fantasy - mi hanno offerto la chiave di lettura di un dibattito teorico che non avrei saputo interpretare in altro modo. Invito a leggerli tutti i critici che riconoscono dignità culturale solo alla fantascienza basata su predizioni scientificamente «attendibili»; potrebbero trarne utili spunti di riflessione sull'influenza della letteratura fantastica sulla modellistica scientifica contemporanea. L a riedizione, in formato pocket, de In che senso? Eco aveva ricondotto, ger: un'auenzione critica alla nozione marginale. solo quello linguistico. Sono le stesse La struttura assente di Umberto nelle pagine de La struttura assente stessa di «ontologia», forse il dubbio Si potrebbero qui avvertire alcuni forme di potere, nellaloro strutturazioEco, offre almeno un motivo in più dedicatea Lacan, lo psicanalistaalfilo- che attraverso un rapido uso di questa temi di Differenza e ripetizione, ma il ne, che qualcuno ha chiamato «postdi interesse teorico. Mi riferisco alle sofo: aveva cercato, procedendo con nozione si tenda a sbarazzare il campo nodo è poi Heidegger, l'Heidegger di moderna», ad anticiparcisul terreno di pagine della «Prefazione» ora aggiun- una lettura «sintomale», le idee filoso- da problemi che invece esistono, e che Cosa significa pensare? e di Identità e unasorta di tecnologiadelladifferenza. te. Con alcune «riflessioni» datate fiche che stavano dietro, e aveva trova- in questi anni - per una quantità di differenza: l'essere attingibile solo at- li posto del soggettosembra assaimeno 1980, Eco convalida e porta a cono- to Heidegger (e, di nuovo, il pensiero ragioni -si rivelano sempre meno elu- rraverso il linguaggio, il dire come un stabilediquantononapparissea Eco, il scenza del lettore italiano integrazioni ontologico). Poi-dice Eco-in coro mi dibili. «lasciar essere - posto - davanti» ecc. quale si spingeva sul terreno del pensienon irrilevanti che aveva inserito nella è stato fatto capire che queste idee filo- Criticando dal suo angolo di osser- • Se è così (e Eco si richiama esplicita- ro della differenza, ben sicuro però di edizione francese del suo libro, uscita sofiche acquistar;o«nuove valenze» se vazione (che è il linguaggio) /'«onta/o- mente alla interpretazione di Vattimo), un autocontrollo razionale. nei primi anni Settanta (mentre l'edi- inseritenel discorsodi uno psicanalista, gia» positiva dello strutluralismo, in- si tratterà di andar oltre Heidegger, o Bisogna ammeuere che oggi è in quezione italiana era apparsa nel 1969). e, poiché questo è vero e me ne sono sommariguardandopiùfilosoficamen- meglio di condurlo alle sue estreme stione proprio tale «autocontrollo»: La questione riguarda in primo /up- accorto anch'io, devo darne atto. te quella nozione di «assenza»che figu- conseguenze. Dovrà esseredecostruita non si può più essere, contemporaneago lo strutturalismo francese. Dallo Ma, a veder bene, nelle riflessioni ra fin dal titolo, Eco afferma allorache la stessaontologia: la nozione di «esse- mente, dentro e fuori dalla differenza. studio in particolare di Lévi-Strauss, aggiunte non si trova gran traccia di il punto è il seguente: «qualcosa non c'è re» non potrà che lasciarposto alla no- Lo si legge in chiaro nelle pagine più Eco aveva tratto la convinzione che questo assunto: fatta l'ammissione, e al proprio posto appare qualcos'al- zione di «gioco». Nietzsche, Derrida, rece111di Vattimo: il pensiero della dif ' questo strutturalismo non avesse né Eçp non ritiene di inoltrarsi nella que- tro». L'uome, detto altrimenti, è sempre Foucault ci aiutano, sulla strada della ferenza 11011 può che modificare lo stasaputo né potuto sottrarsi alla «tenta- stione di cosa diventano certe nozioni altrove. Se si t'nterrogaepoi comunica, distruzione dell'origine: ne risulta il tuta stesso del pensiero (cfr. Le avvenzione ontologica». Così, di fronte ai filosofiche quando funzionano dentro è perché egliparte da un vuoto, da uno compito di un'incessante interrogazio- ture della differenza). Vattimoparla di ~ testi di Derrida e Foucault, che allora un registropsicanalitico, e - aggiunge- spostamento. « Perché l'uomo comuni- ne (ermeneutica) che si applicasul gio- un «pensiero debole», più legato agli -~ stavano uscendo, Eco interveniva «a rei - dentro quel particolare dominio ca? Proprioperché egli non vede di un co (o i giochi) della comunicazione, atteggiame111dii sottrazione e di spae- ~ caldo» e identificava in essi l'inizio di che è lapsicanalisi lacaniana. O non se colpo solo il Tutto». Perciò è fonda- lavorando sulla differenza e continua- samento, alla incessantedislocazione, a ~ una fase diversa, «post-strutturalista»e la sente, o semplicemente non gli inte- mentale ragionare sulla differenza: e mente demoltiplicandola. • una frammentazione paradossalmente ~ «anti-0ntologica». ressa. Come Eco mostra di percepire, non fermarsi alladifferenza strumenta- La catena significante non potrà che costruttiva del soggetto parlante e pen- ~ Qualche anno prima (1966) erano /'operazione non sarebbe da poco, e le come meccanismo oppositivo del disseminarsi e differenziarsi: non sarà sante. Non credo che Eco sia disposto a -<> stati pubblicati gli Scritti di Lacan. permetterebbe di restituirea Lacan /'o- codice, ma andar più a fondo a interro- una, né mai si potrà giungere al signifi- seguire questa pista; ma, d'altronde, ~ Sembra che, proprio a proposito del riginalità teorica che, invece, di solito garela differenza ontologica,insomma cante. Siamo così nel cuore del dibattito non i·edo come sia possibile, una volta .; giudizio su Lacan, Eco sia stato spinto non gli viene ricot:wsciuta.Ma a Eco come è fatta la realtàe dunque come vi auuale. Eco faceva i conti con lo strut- accettato il regime della differenza, ;:_ a spiegarsimeglio con ilpubblico fran- importa piuttosto spostarsi su un altro si impianta il linguaggio. Sarà questo il turalismo francese. Ma oggi la posta ma111enerientatta una qualche nozione -. cese, o -al di là dell'eufismo -a fare un punto, per lui essenziale. modo, tral'altro, per togliereogni legit- sembra assaipiù alta: l'uomo di Nietz- di io forte. <= poco di autocritica. E oggi ribadisce: Lacorrezioneditirorispettoa Lacan rimità alla struttura originaria, che sta sche e di Heidegger pare molto più ~ «ammetto che la mia letturadi Lacan è introduce infatti - mi pare - un muta- sotto e produce rami. Come si vede, prossimo a noi, e la questione della dif -<> stata infedele». mento di accento relativo ad Heideg- non si tratta di una notazione tanto ferenza tocca ogni forma di agire, non <,; .._ ________________________________________________________________________________ _..;

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