Alfabeta - anno II - n. 13 - maggio 1980

' relazione tra esperienza e conoscenza sarà del tutto astratta. I principi della struttura linguistica incorporati nello stato iniziale esprimono questa relazione. Considerazioni qualitative suggeriscono che questo possa essere un approccio ragionevole al problema fondamentale dello sviluppo de/l'individuo (1. d). Se è così, la facoltà linguistica dell'uomo è tale quale altri organi conosciuti dalla biolo- ,-.:'.:'.)j gia. 7 Ma non c'è bisogno di accontentarci di discussioni vaghe e metaì,::;;:J foriche. Piuttosto, possiamo cominciare a descrivere più dettagliali" /J tamente quello schematismo che caratterizza lo stato iniziale. Chia- W miamo questo schematismo «grammatica universalò. Effettiva- .:...lr mente, si può considerare la g_rammaticauniversale co_meprog~am7 ma genetico, cioè lo schemausmo che consente la sene d1 realizzaA zioni possibili che sono poi le lingue umane possibili. Ciascuna di tali ~ realizzazioni possibili è uno stato finale - stabile - possibile, cioè la grammatica di una lingua specifica. La grammatica universale è un sistema geneticamente determinato allostato iniziale ed è specificata, chiarita, articolatae perfezionata sotto le condizioni poste dal/'esperienza, fino a produrre le grammatiche particolari rappresentate negli stati stabili raggiunti. Considerando ora i problemi della crescita del linguaggio («apprendimento linguistico») in questa prospettiva, si può vedere come unq persona sappia molto di più di quanto non abbia sperimentato direttamente. Una volta raggiunto lo stato stabile, la conoscenza del-linguaggioe l'abilità ne/l'usarlo possono ancora essereperfezionate, così come si impara a vedere. Wilhelm von Humboldt ha dimostrato che le risorsedi una lingua possono esserearricchite da un grande pensatore o scrittore, senza apportare alcun cambiamento nellagrammatica. Un individuo può estendere la facilità o la sottigliezza della sua comprensione dei mezzi linguistici per mezzo della propria attività creativa o anche immergendosi nella ricchezza culturale della società in cui vive. Ma, come nel caso del sistema visivo, sembra del tutto appropriato mettere da parte questo problema nel/'astrarre il sistema linguistico come oggetto di studio separato. Un approccio di questo tipo contrasta col consueto modello di apprendimento, secondo il quale il linguaggio è un sistema di abitudini e di pratiche acquisite gradualmente tramite generalizzazione, condizionamento, induzione e astrazione. Nella nostra prospettiva, la conoscenza linguistica è un sistema di categorie e modelli appresi. Questo approccio, inoltre, può essere reso esplicito in vari modi, e di fatto lo è stato, nella psicologia comportamentistica e anche in certi settori della linguistica struttura/e. Sia nell'uno che nel/'altro di questi approcci contrastanti, si prende in considerazione uno stato fisso, geneticamente determinato. I due approcci differiscono nel modo di concepire la natura di questo stato iniziale. Un approccio assume che lo stato iniziale sia un ricco sistema di principi, uno schematismo restrittivo che specifica la serie di grammatiche possibili. L'altro assume che esso sia un sistema di procedure di segmentazione, classificazione, generalizzazione che deve essere applicato ai dati dell'esperienza per ottenere una grammatica. Altrove ho dimostrato che questi due approcci possono essere rispettivamente definiti come razionalista e empirista. Si possono, naturalmente, considerare approcci misti di vario tipo, ma credo che sia molto utile tener presenti questi due m'odelli generali, ciqscuno con le sue varianti possibili, come punti di riferimento. Ci si potrebbe chiedere se non esistono modelli del tutto diversi da esplorare a proposito della crescita del linguaggio. Così, è stato s11,ggeritoda Piaget e dai suoi collaboratori che una teoria «intera- ~- vt?&r.iiro «costruttivista» possa essere superiore sia al modello empirista che a quello razionalista. Questa teoria dice che, attraverso l'interazione con l'ambiente, il bambino sviluppa costruzioni sensomotorie che costituiscono la base del linguaggio, e nuove costruzioni che si sviluppano in modo più o meno uniforme rappresentano la crescitadella comprensione e della conoscenza. Così, si afferma, il linguaggio in qualsiasi fase riflette unicamente costruzioni me111ali indipendenti che sorgono nel corso dei contatti con l'ambiente, e in ciascuna fase il bambino sviluppa nuovi sistemi che riorganizzano la sua esperienza. Gli studi condo/li dalla scuola di Ginevra sono stati estremamente illuminanti, ma èproprio il modello interazionista-costrullivista inse stesso che appare difficile da sostenere, perché rimane a livello di metafora. Effettivamente, il bambino progredisce a/lraverso una sequenza opportunamente regolare di stadi cognitivi, ma non viene preposto nessun meccanismo o principio per spiegare perché il bambino muove da un dato stadio a quello successivo piullosto che ad un altro completamente diverso. È difficile immaginare quale risposta si potrebbe dare, senza far ricorso ad una assunzione riguardante la maturazione ad un livello geneticamente determinato, in ciascun momento dell'evoluzione. E anche quando tale assunzione vengaprecisata, mi sembra che essaesprima aspelli geneticamente determinati della conoscenza umana che sono molto più intricati delle «forme ereditarie elementari» che la scuola di Ginevra è disposta a prendere in considerazione. Inoltre, non è stato offerto nessun suggerimento su come quei principi specifici della struttura linguistica che sono stati proposti potrebbero essere messi in relazione alle costruzioni dell'intelligenza sensomotoria. Considerare i principi rilevanti, le prospettive per un'associazione di questo genere sembra un problema piuttosto oscuro. Perciò, i modelli di Piaget non sembrano costituire una reale alternativa a quelli delineati sopra. La questione cruciale rimane senza un accenno di risposta. Non conosco principi generali proposti entro la psicologia evolutiva che gettino una vera luce su questi problemi. I modelli empiristi sono in accordo col nostro normale modo di discutere lo sviluppo del linguaggio. Così, noi diciamo che il bambino «impara la lingua», non che la lingua cresce o matura. Ma non diciamo che l'embrione o il bambino impara ad avere bracciapiullosto che gambe, o un sistema visivo di un tipo particolare, o, per esempio, organi sessuali maturi, per prendere un caso di sviluppo che assumiamo essere geneticamente determinato nelle componenti essenziali, sebbene abbia luogo dopo la nascita. Inoltre, noi siamo naturalmente colpiti dalla diversità tra le lingue al/estate. Tutto questo è vero, ma non è molto importante. Noi diciamo che ::::: il sole sorge, ma questo fatto - abbastanza facile da spiegare in "' termini di esperienza comune - non è interessante per i fisici. È del -5 tutto normale che nella nostra vita di tu/li i giorni siamo colpiti dalla ~ diversità delle lingue e dall'influenza del/'esperienza nel/'acquisizio- <::> ne linguistica. Nella vita di tutti i giorni, non c'è ragione di fare ~ attenzione alle uniformità tra i singoli individui e tra le varie culture; ...., le possiamo dare per scontate. Ciò che ci interessa sono le differenze. Per esempio, quando impariamo una lingua straniera, ci concentriamo su quegli aspeui in cui questa lingua differisce dalla nostra. Una buona grammatica per l'insegnamento o una grammatica tradi- ~ ziona/e diranno poco sulle proprietà generali del linguaggio. Conce- :: pite per un lei/ore che vuole capire, tali grammatiche non offrono un'analisi della qualità della comprensione che il lettore esercitasulle informazioni presentate. Le grammatiche trai/ano irregolarità, ma non principi più profondi di grammatica universale. Queste condizioni generalissime sulla forma del linguaggio costituiscono parte della comprensione di chi impara una lingua; esse formano parte dello schematismo che si esercita nel/' acquisizione linguistica e per-; -ciò non hanno bisogno di ricevere un'attenzione particolare nella vita quotidiana. Infatti, siamo del tutto inconsapevoli di questi elementi e 11011 possiamo venirne a conoscenza per mezzo dell'introspezione. Per lo scienziato interessato alla natura del linguaggio, sono i principi generali ad avere un'importanza primaria; le proprietà speciali di particolari lingue sono molto interessanti. Per una persona normale che ha che fare con la lingua nella sua vita di tulli i giorni, è vero precisamente l'opposto. I principi profondi, che in ogni circostanza sono molto al di là del livello di coscienza, non comportano nessuna conseguenza, mentre le irregolarità non predicibili devono ricevere una scrupolosa allenzione. Non c'è da sorprendersi, dunque, se il senso comune, fissandosi su irregolarità e diversità, considera il linguaggio come un fenomeno arbitrario e soggello ad apprendimento. Ogni rana, senza dubbio, considera che i suoi compagni costituiscano un gruppo notevolmente composito e interessante; per quanto, invece, il loro comportamento è conforme al suo, si tratta soltanto del naturale e ovvio modo di agire che non richiede speciale attenzione. In breve, possiamo facilmente capire perché i modelli empiristi ci sembrano conformi al senso comune e perché noi pensiamo che il linguaggio sia «appreso» piuttosto che pensare che cresca in accordo con un programma fissato e geneticamente determinato, modificato e completato nei suoi dettagli specifici per mezzo de/l'esperienza. Le irregolarità, che sole ci riguardano nella vita normale, sono effettivamente apprese. Similmente, la distribuzione di verticali e orizzontali nel sistema visivo è fissato (appreso) attraverso l'esperienza, così impariamo a fare il salto in alto, per esempio. Ma non impariamo ad avere braccia piuttosto che ali, a camminare o a correre piuttosto che a volare, ad avere la visione binoculare con analisi degli stimoli in termini di contorni lineari, o a seguire il principio che le regole linguistiche incontrano le varie condizioni della grammatica universale. Questi fatti necessari sono elementi di uno stato iniziale geneticamente determinato, benché naturalmente possano diventare operativi solo ad unparticolarestadio di maturazione, cosi come lamaturità sessuale - o, in questo senso, lamorte - benché geneticamentedeterminata, ha luogo solo ad uno specifico stadio della vita. E come nel caso delle strutture fisiche del corpo, i tempi e il carattere preciso di tale sviluppo possono essere influenzatida fanori contestuali. Quando si arriva a comprendere meglio gli stadi di sviluppo di altre capacità cognitive si può scoprire che, molto generalmente, la transizione da uno stadio a quello successivo è un problema di ,Il I /,1.t1•~•5tN A"NflOXA ,;, \11f!;,_ '/ 'I ~~•/ '·••A l>E/J!OI'< AUIOAlé , ·, A~JNf t,10 •lit ·"H'1l• I r ,, ~.~ Mo.1r,u, 1J (P.1u,,r,"L~ ,:~i 1 ~ ~-~/\ \• - /- • - " - .POJLSJK.htr: • W/;': : Jli4rih-• -~. ~ ~•••._.A M'ffXO,t Af.if~llliihy·._•, ~ ~ 1 ( t Il >110 HAE♦ib./.[ •• , .'. ~ ,/_ AII A1Jl\f1 '14Db/nli1Jo /t, ~'? -:?.'l.2 ~OWf :11 ., 'n i rue ollLy wftt , Fll'NA ox1i OoPo • ~ ,.,. ... ~ 1 To HArE 10~A. L0~RA2IOAIE (l'f>(J,o;r::; ti ' . \ 'fGAz!'E/t.:;'/FfnhE 'fìf'lt §"'RJ11\•- t} 1 <t; ~"o••oo " ~ / 1• T"" - f' '- AcH --;r,__-:._e,t 'I 'TI-- Il ~ ,,Ror• 1· J.ft1T rnuE. 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Finora non ho parlato della realizzazione fisica delle struuure astraue del linguaggio e della storia della loro evoluzione. lnfaui, si sa poco su questi problemi, sebbene il primo possa essere ormai oggetto di uno studio serio. Possiamo aspettarci di trovare, in altri organismi, facoltà strellamente analoghe alla capacità linguistica dell'uomo? È concepibile, ma non molto probabile. Questo costituirebbe una sorta di miracolo biologico, abbastanza simile alla scoperta, su alcune isole inesplorate, di una specie di uccelli che non avevano mai provato a volare finché non furono addestrati a farlo dall'intervento umano. li linguaggio deve certamente conferire enormi vantaggi a favore della selezione. È difficile immaginare che qualche altra specie, per esempio gli scimpanzé, abbia la capacità linguistica ma non abbia mai provato ametterla-inuso. Né esiste alcuna prova che questo miracolo biologico sia capitato. Al contrario, gli interessanti studi sulla capacità delle specie più evolute di api di acquisire sistemi simbolici mi sembra confermare la tesi tradizionale secondo cui anche le proprietà più rudimentali della lingua stanno molto al di là delle capacità di una qualsiasi ape intelligente. Le differenze fondamentali tra il linguaggio umano e i sistemi insegnati alle api sono chiare al livello più elementare. Consideriamo le cinque direzioni basilari di ricerca suggerite prima, (I. a)-(]. e). Da un punto di vista funzionale, il linguaggio umano è un sistema per la libera espressione del pensiero, essenzialmente indipendente da controllo di stimoli, soddisfazione di bisogni, o scopi strumentali, dunque qualitativamente differente dai sistemi simbolici insegnati alle api. Strutturalmente, il linguaggio umano è un sistema con regole ricorsive dipendenti dalla struttura che operano su sequenze organizzate in una gerarchia di sintagmi per generare una numerabile infinità di frasi. Queste proprietà basilari sono, per quanto posso sapere, specifiche del linguaggio umano, e lo stesso è vero, a fortior~ dei più complessi principi della grammatica universale che carauerizza il linguaggio umano. Per quanto concerne la base fisica del linguaggio umano, quel poco che si sa indica che un ruolo cruciale ègiocato da specifici centri del linguaggio nel/'emisfero dominante e non sembra che essi abbiano un direi/o corrispondente negli altri mammiferi. È stato anche provato che esseri umani con gravi lesioni ai centri del linguaggio nel cervello e conseguente perdita irrimediabile del linguaggio stesso possono rapidamente acquisire i sistemi indicati per le api, confermando la naturale assunzione che questi sistemi abbiano solo la più superficiale somiglianza col linguaggio umano. Quanto allo sviluppo, il linguaggio crescenel bambino per mezzo dell'esclusiva esposizione ad un contesto non organizzato linguisticamente, senza allenamento e neppure una specifica attenzione al linguaggio. Infine, riguardo al livello evolutivo, benché si sappia poco, appare chiaro che il linguaggio è un bene posseduto dall'uomo fin dai tempi più antichi e si è sviluppato per lungo tempo dopo la separazione degli esseri umani dagli altri primati. Dunque, lungo ogni direzione di ricerca, anche l'esame più superficiale rivelaproprietà fondamentali che distinguono radicalmente il linguaggioumano da a/Jrisistemi.Questo non significache gli studi sulle capacitàinlellettualidelle api siano privi di interesse. Al conJTariod, i per se stessi sono di notevole interesse. Si potrebbe dire che le api allo stato naturale sono capaci di allicchimenti intellettuali specifici alla loro vita e al loro mondo che vanno ben al di là de~'abilità di acquisire sistemi simbolici artificialmente indotti in laboratorio. Gli esperimenti sull'uso di sistemi simbolici da parte delle api sono rivolti ad una ulteriore conoscenza dell'intelligenza delle api, e cosi, indirettamente, a insegnarci qualcosa di più sulle qualità specifiche, apparentemente del tu/lo diverse, dell'intelligenza che presiede all'uso del linguaggio e ad altri arricchimenti umani. Potremmo scoprire _ che l'unico arricchimento umano nel dominio linguistico risulta in parre da~organizzazione di capacità che sono individualmente presenti in alcune forme di altri organismi, benché non sia improbabile che sia implicato qualcosa di più ne~evoluzione di una specie capace di linguaggio. Ho dunque proposto di portare avanti lo studio della mente -cioè dei principi che soggiacciono ai nostri pensieri e allenostre credenze, alla percezione e immaginazione, all'organizzazione delle nostre azioni, e cose del genere -allo stesso modo in cui studiamo il corpo. Possiamo concepire la mente come un sistema di «organi mentali»,. di cui uno è la facoltà di linguaggio. Ciascuno di questi organi ha la sua struJturae funzione specifiche, determinate nello schema generale dalle nostre dotazioni genetiche, interagenti in modi che sono pure biologicamente determinanti in larga misura per fornire la base della nostra vita mentale. L'interazione con l'ambiente fisico e sociale perfeziona ed articola questi sistemi via via che la mente matura nella fanciullezza e, in misura meno fondamentale, lungo l'arco della vita. • Considerando un siffatto approccio alla struttura della mente, ci allontaniamo, come abbiamo già notato, da credenze che sono profondamente radicate nella nostra tradizione intellettuale. Ritengo giusto dire che questa tradizione è stata contraddistinta da una profonda convinzione nella accessibilità, uniformità e semplicità della mente, in un senso che vorrei adesso discutere. Facendo riferimento alla «accessibilità» delle strutture della mente, penso alla con Vinzione che i suoi contenuti siano in teoria aperti alla riflessionee ad llltenlo ripensamenJo sollanJo se vengano rimosse le barriere del dogma, della superstizione, o del disordine psichico. Il razionalismo classico sosteneva che la «luce naturale> del senso comune basca a mettere a nudo gli elementi basici del nostro modo di ragionare, pensare e comprendere, sebbene non necessariamente le ipotesi esplicative della scienza fisica. La speculazione empirista condivise gran parte di questa dottrina, e cercò di dimostrare, con un'analisi attenta, come le nostre idee potrebbero essere scomposte nei loro costituenti semplici per mezzo dell'introspezione. La difesa fate.a da Vico delle Geisteswissenschaften contro le affermazioni del materialismo scientifico si fondava essenzialmente sul principio che l'intimo accesso ai prodotti delle nostre menti e dei nostri aui porta ad un grado di certezza irraggiungibile nelle scienze naturali: i principi di ciò che è «stato fatto dagli uomini ... sono ... da reperire entro le modificazioni della mente umana> sebbene non sia affano chiaro come determiniamo queste modificazioni della mente, secondo il suo punto di vista. Persino l'evocazione di Freud dell'inconscio non fu, io credo, accompagnata da una più vastaproblematica sulla accessibilità, in teoria, dei prodotti della mente. Io non intendo suggerire che il principio della accessibilità fu articolato senza alcuna riserva, ma piuttosto che esso può essere considerato come un traguardo a cui tese gran parte della speculazione tradizionale. Si possono trovare delle restrizioni, e anche molto severe in alcuni casi. Così, da Vico, «l'idea chiara e distinta della mente, cioè, il criterio cartesiano, non solo non può essere il criterio di altre verità, ma anzi non può essere il criterio della mente stessa; perché mentre la mente comprende se stessa, essa non costruisce se stessa, e dal momento che non costruisce se stessa, è all'oscuro del modo mediante il quale comprende se stessa>. O consideriamo pure la nozione di «chimica mentale» che si sviluppò nella psicologia associazionistica. Joseph Priestley, nel secolo diciollesimo, scriveva che «dalla combinazione delle idee, e in_particolar modo di idee molto dissimili fra loro, possono scaturire idee che, in apparenza, saranno così differenti dalle parti di cui esse realmente consistono, che esse non potranno essere analizzate dalla riflessione umana più di quanto lo sia l'idea del bianco». John Stuart Mili sviluppò un punto di vista analogo: «Le leggi dei fenomeni della mente sono talvolta analoghe alle leggi meccaniche, ma talvolta anche alle leggi chimiche. Quando molte impressioni o idee operano insieme nella mente, talvolta ha luogo un processo di un genere simile alla combinazione chimica. Quando delle impressioni sono state così sovente provate in congiunzione che ciascuna di esse evoca prontamente e istantaneamente le idee dell'intero gruppo, queste idee talvolta si fondono e si saldano l'una nell'altra, e appaiono non più idee ma una sola». Perciò, non possiamo scoprire le « idee elementari> in cui trovano origine le nostre nozioni complesse. «Questi, sono quindi casi di chimica mentale, in cui è appropriato dire che le idee semplici generano, piunosto che compongono, le idee complesse». Laddove le idee sono generate dalla chimica mentale, che è distinta dall'associazione su modello meccanico, è probabilmente impossibile scinderle nei loro costituenti per mezzo thlla introspezione. Un rifiuto più esplicito della accessibilità compare in cereenote di C.G. Jung. Egli scrive che «c'è poca speranza di essere sempre capaci di raggiungere una coscienza anche approssimata dell'io, perché, comunque, per quanJo possiamo renderlo conscio rimarrà sempre una quantità indeterminata e indeterminabile di materiale inconscio che appartiene alla totalità dell'io». Gli archetipi di Jung sono strutture «vuote e puramente formali»; ciascuna è «una possibilità di rappresentazione che è data a priori>, «una forma non rappresentabile, inconscia, e preesistente che sembra essere parte della struuura ereditaria dellapsiche». Gli sembra «probabile che la natura reale dell'archetipo non sia capace di venir resa conscia>. Riguardo alla coscienza, egli sostiene che è «un fenomeno secondario», sia filogeneticamente che ontogeneticamente: «la psiche del bambino nello stato preconscio non è affatto una tabula rasa; è già preformata in un modo riconoscibilmente individuale, ed è ancor più dotata di rutti quegli istinti specificamente umani, così come dei fondamenti apriori delle funzioni più alte».

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