Alfabeta - anno II - n. 13 - maggio 1980

ti» dei messaggi politici. motivazioni ridotte allo stato di meccanismi di feed back del mezzo di comunicazione: è la versione-scarnificata della «autonomia del politico». la sua realizzazione formale più perfetta. senza residui met~- fisici di dominio; ma è anche la copia burocratica del discorso di Baudrillard sulla scambiabilità indifferenziata dei bisogni nel «sistema di simulazione». Altro esempio.Baudrillard afferma che «gli uomini sono più uguali • davanti al cerimoniale che davanti alla legge»; intendendo che l'osservanza della Regola del gioco rituale non implica interiorizzazione, ma solo fedeltà «protocollare», senza responsabilità di interpretazione del senso, senza le colpevolizzazioni legate alle esigenze di trasgressione che si accompagnano all'osservanza della Legge. Luhmann ci offre un~ versione tee: nico-politica del medesimo punto d1 vista: critica l'ideologia partecipativa (che secondo lui espropria i su~dit! dell'unica quota di potere reale d1cm possono disporre: quella che è loro deputata dalla reversibilità del mezzo di comunicazione, il potere «d1blocco» dei loro comportamenti in risposta ai messaggi del vertice), e afferma che la libertà consiste esclusivamente nel1'osservanza delle procedure istituzionalizzate. Le analogie si rovesciano però nel giudizio. Come quella del bit-game scientifico, la seduzione del bit-game politico resta comunque per Baudrillard «fredda». gioco senza senso tragico. senza sfida, privato di ogni posta. Scambio simbolico degenerato nella oscenità del ludico: «il ludico è il gioco della domanda e del modello. Dato che la domanda non è che risposta alla sollecitazione del modello, e che la precessione dei modelli è assoluta, ogni sfida è impossibile. È proprio la strategia dei giochi che regola tutti i nostri scambi: essendo in grado di prevedere tutte le mosse dell'avversario e di dissuaderle anticipandole, essa rende impossipile qualsiasi posta. È lei che dà il suo carattere ludico ad un mondo paradossalmente senza poste» (De la seduction, pp. 213-214). Un'ottima occasione per misurare la distanza fra questo disprezzo per il ludico ed il punto di vista di chi è convinto che al bit-game si possa vincere la libertà dalla Legge, ci viene offerta da un recente lavoro di Jean-François Lyotard: La condition postmoderne. Opera eccentrica rispetto all'area problematica favorita da Lyotard, La condition postmoderne non si occupa di economia libidinale, né di macchine desideranti; ci propone invece un'analisi storica delle trasformazioni delle procedure di legittimazione del sapere. Contrariamente a Baudrillard, Lyotard sottolinea gli elementi di continuità piuttosto che quelli di rottura fra sapere prescientifico e scienza classica. Il sapere tradizionale è caratterizzato dalla forma narrativa e dalla vocazione pluralista; ammettendo la coesistenza fra diversi giochi linguistici - denotativi, prescrittivi, valutativi - i suoi «racconti» sono socialmente legittimati attraverso procedure diffuse e partecipative: si è legittimati a parlare solo per il fatto di essere parte integrante di una determinata cultura, sono le procedure rituali e non le posizioni funzionali a decidere chi debba parlare e chi debba ascoltare. Il sapere scientifico nasce invece come sottosistema, dominio di un unico gioco linguistico - il denotativo -, dominio che presuppone la separatezza della istituzione scientifica, investita del privilegio sociale alla parola «vera». In questo senso Lyotard sembra abbracciare la tesi della «incommensurabilità» fra queste due forme di vita, ma è un giudizio che si limita alle modalità del racconto, senza porre in discussione la forma narrativa in quanto tale: siamo senipre nel regno della Legge, fondato sulla legittimazione linguistica, sul senso che lega sapere e potere nel racconto. l a rottura avviene ad un altro livello storico, assai pi~ recente,_e pre~ cisamente nello sviluppo dei germi di «crisi della ragione>, nati dalla separatezza del moderno racconto scientifico. li pessimismo epistemologico della Krisis manda in frantumi l'illusione di autolegittimazione, di una verità che si verifica parlandosi; una volta che si è dato uno statuto riflessivo, il sapere scientifico non solo non è più in grado di legittimare altri discorsi, ma non riesce più nemmeno a legittimare se stesso; è ormai costretto ad appel- !arsi al consenso, prodotto dalla interazione comunicativa, dalla pura prassi linguistica. Condizione postmoderna significa totale dispiegamento della crisi. Il processo di informatizzazione della società ha infatti liberato il campo dal problema dei metalinguaggi. Oggi abbiamo di nuovo una Enciclopedia: sono le banche dei dati. La traducibilità è assicurata perché tutti i linguaggi-scientifici e comuni - devono accettare la propria convertibilità in linguaggiomacchina, in quantità di informazione. Alla ragione metafisica subentra la ragione economica: quella «performa: tività> che permette finalmente d1 S1radivarius, Spoleto 1980 «misurare» la verità: sono «veri> gli enunciati che offrono più informazione sul loro referente. Ma anche la metafisica del referente è ormai condannata: il bit-game riduce i referenti a puri modelli, continuamente rimessi in discussione dal gioco interdisciplinare e dal mutamento delle sue stesse regole. Siamo nuovamente in regime pluralistico. i giochi linguistici possono proliferare liberamente. Libertà dalla Legge. ma anche libertà dalla Regola: la performatività si regge su un agonismo sfrenato e apre la via alla legittimazione «per paralogia>; i giocatori possono vincere con mosse a sorpresa, cambiando le regole del gioco. Secondo Lyotard questa ondata di creatività, che spazza via i residui del sapere narrativo, che sostituisce la convertibilità degli enunciati in bit alla ricerca del consenso (Luhmann è espressamente citato), trasforma la scienza in antimodello di un sistema stabile (Prigogine non è citato ma strizza l'occhio). La proliferazione dei modelli affascina la rivoluzione, la affascina con la sua ambiguità, per cui da un lato essa è favorita dal sistema, ma dall'altro si presenta come ultima spiaggia di un potere che si ammette minato dalla reversibilità. Questa scienza delle catastrofi promette a Lyotard materiale inesauribile per la sua economia libidinale. Non a caso le pagine conclusive de La condition postmoderne riducono frettolosamente la strategia politica a microfisica dei giochi linguistici alla ricerca di «consensi locali», ciò che veramente lo entusiasma è la macchina che sembra dare corpo al paradigma di un capitale che è il solo limite a se stesso: la macchina della performatività, fredda interprete delle regole del bit-game: niente sfida, niente posta. ma proprio per questo libertà dalla Legge. La macchina desiderante, ormai puro movimento, non più frenato dall'ossessione di una alternativa al sistema, può finalmente distruggerlo. Questo scenario è ovviamente una pia illusione dal punto di vista di Baudrillard. L'ossessione referenziale sparisce solo per far luogo all'ossessione comunicativa, Prometeo abbandona il campo a Narciso. La digitalità può finalmente realizzare l'utopia del traduttore universale giusto perché segna la fine di ogni comunicazione. Che le parole possano autonomizzarsi dal senso non è novità. I Melanesiani descritti da Malinowski si scambiano litanie rituali, prive di contenuto, ma si tratta di doni, poste di una sfida simbolica. La febbre del bit-game si alimenta invece del disperato tentativo di afferrare una funzione comunicativa che ormai ci sfugge: «Diciamo di parlarci, e, parlando, non facciamo che verificare la rete e le sue diramazioni> (Seduc1ion, p. 223). Liberazione dai ruoli di emittente e destinatario? Certo, sono entrambi ridotti a terminali (più o meno «intelIigeoti»), poli di un ping pong che deve solo controllare se il segnale «passa» liberamente sulla rete, senza «rumori» di senso. Liberazione dalla Legge? Certo, essa era ancora cuna struttura, una sintassi, uno spazio della differenza, era ancora ciò che regola il dialogo dei segni (significante/significato) e dei messaggi (emittente/destinatario)» (ibidem, p. 224), mentre «con Io 0/1 binario della digitalità, non vi è più una opposizione distintiva, una differenza regolata. C'è il 'bit', la più piccola unità di impulso elettronico, che non èpiù una unità di senso, ma un impulso segnaletico. Che non è più linguaggio ma dissuasione radicale del linguaggio» (ibidem). Ritorno al gioco insensato? Per nulla, lo scambio simbolieo delle parole-dono non aveva il problema della comunicazione, ma questo è ancora il nostro problema: «Il bisogno di 'contatto' si fa qui sentire tanto più crudelmente, io quanto non soltanto non vi è più relazione duale come nel potlatch linguistico( ...) ma non vi è più nemmeno una logica interindividuale dello scambio come nel linguaggio classico ( ...) Assunzione fredda del medium elettronico, e della massa stessa come medium» (ibidem). N on si tratta di nostalgia della Legge («siamo finiti dalla padella nella brace>), è piuttosto identificazione di Legge e Norma: non è la casualità combinatoria, l'indeterminazione totale che si oppone alla Legge; anche il caso può generare mostri (logici), e tale è appunto il caso delle teorie «desideranti>, che esaltano areiso appiccicandogli la maschera di Prometeo. Il ludico è la nuova chance della finalità rivoluzionaria, una finalità che non si appella più alla ferrea necessità della Legge, ma mette il caso al servizio della politica come volontà e rappresentazione, che estende la forma pura del senso - «quella di una finalità senza fini e contenuti> - a tutta la sfera del non-senso. L'entusiasmo di Baudrillard si rivolge invece alla sola logica che ritiene in grado di opporsi al terrorismo del senso: quella di un ordine ancora più convenzionale, di una obbligazione ancora più ferrea, arbitraria ma non casuale: «solo il rituale abolisce il senso>. Abolire il senso significa oggi abolire il caso, la sua immagine razionale e moderna, quella della Legge delle probabilità. Ebbene, la Regola ignora il caso, conosce solo il destino, il caso sedotto dal rituale del gioco, divenuto partner o avversario, ma comunque legato dall'obbligazione dell'eterno ritorno come colui che lo sfida. Baudrillard non ci parla di un ritorno del regno della Regola in questo mondo che gioca a scacchi col computer, che usa ciò che resta del rituale di Olimpia come posta simulata del gioco diplomatico fra grandi potenze - beffarda partita di Risiko che non conosce nessuna sacralità -, che politicizza la seduzione, neutralizzandola e diffondendola in tutte le pieghe del sociale come autoerotismo elettronico. Non ne parla perché, se è vero che eia seduzione è il destino>, allora ciò vuol dire che la Regola non ha mai cessato e non cesserà mai di determinare la differenza che ci oppone alla naturalità, differenza che è appunto destino, o, per Io meno: «quel che rimane di destino, di posta in gioco, di sortilegio, di prede: stinazione e di vertigine, e anche di efficacia silenziosa in un mondo di efficacia visibile e senza allegria» (ibidem, p. 245). ~-- C•<A ..::-_._ -s,oLA 3 f ) . ·-· -- Coca-Scola, Pordenone 1979

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