Larivoluzionte stuale Julia Kristeva Semeiotiké. Ricerche per una semana• lisi Milano, Feltrinelli, 1978 pp. 336 lire 8.500 La rivoluzione del linguaggio poetico Padova, Marsilio, 1979 pp. 586 lire 21.000 Polylogue Paris, Seui!, 1977 (traduzione parziale in Eretica dell'a• more Torino, La Rosa, 1979) AA. VV. Lingua, discorso, società Parma, Pratiche, 1979 pp. 326 lire 9.000 AA. VV. Folle verité a cura di J. Kristeva Paris, Seui!, 1979 pp. 307 fr. 60 11 problema di Julia Kristeva è stato da sempre quello di stabilire un rapporto articolato tra processo di significanza (inteso come il lavoro di differenziazione, stratificazione e confronto che si pratica nella lingua), un soggetto parlante e una società in trasformazione. Questa operazione comporta una critica e un lavoro analitico sui concetti fondamentali che hanno dominato la filosofia e le scienze moderne: segno, senso, soggetto ... Ciò che allora può apparire, come esito di questo riesame, è quello che il pensiero accademico istituzionale aveva rimosso: da una parte ciò che ha già scoperto la psicoanalisi, dall'altra i testi della modernità come esperienza limite, come fondatori e anticipatori di un nuovo processo. Ma qual' è la novità di questo processo? Anzitutto è proprio nell'intendere la modernità come processo. La posta in gioco è uno spostamento epistemologico che manifesta una evidenza politica: dare voce (razionale) a una molteplicità, a una pluralità di «pratiche significanti». Gli obiettivi più immediati (quelli che appartengono a una prima fase teorica di Julia Kristeva) sono: decidere sul funzionamento ideologico di una formazione sociale, di conseguenza approntare un dispositivo teorico adeguato a tale compito; assumere un punto di vista materialistico, vale a dire, reintrodurre nella teoria sia il soggetto (o meglio: una topologia del soggetto capace di scinderne ogni istanza dogmatica/sistematica/cartesiana e di farne il luogo di decisione di un materialismo postfreudiano), che il contesto materiale; identificare oggetti teorici e pratiche significanti; riesaminare la pratica del vero, e cioè la scienza, quale si manifesta nella nostra cultura. Per recuperare a una possibile razionalità i momenti della costruzione ideologica, dal decollo delle scienze umane in poi, è necessario da un lato confrontarsi con le scienze della lingua, ma dall'altro considerare che è la letteratura a mostrarci come la lingua lavora. Le unità di questa letteratura, dal punto di vista operativo, sono dette «testi». Ma per Julia Kristeva «testo» non è termine neutro bensì una categoria che vuole mettere in luce le implicazioni trasgressive che ogni pratica significante comporta, mentre l'aver confinato certe posizioni di scrittura (Lautreamont, Artaud ...) sotto l'etichetta di «letteratura», aveva fatto perdere di vista il loro potenziale eversivo. li «testo» è prodotto nella lingua, rompe la catena comunicativa e impedisce la costituzione di un soggetto «uno» (perché continuamente lo riformula); è una rete di differenze, una molteplicità di contrassegni e di intervalli non centrata (vedi «Per una semiologia dei paragrammi» in Semeiotiké). Il testo, lavorando la sintassi, si oppone alla rappresentazione, alla comunicazione e manifesta una produttività (potere generativo del testo). Questa produttività organizza un campo che trasgredisce la categoria stessa di rappresentazione che si puntella sulla nozione classica di segno e che perciò è riflessa nella stessa modalità della rappresentazione grammaticale. Ridurre l'oggetto della ricerca al testo significa allora costringersi a una «mossa «materialistica»: occorre cioè ridefinire una processualità che sembra costitutiva dell'iscrizione, nei testi, di un soggetto/corpo come è stata tentata nella letteratura moderna. Equesta mossa comporta la traversata dei domini che hanno allargato l'orizzonte della materialità (linguistica, semiotica, psicoanalisi, matematica ...). I testi richiedono un 'analisi, da intendersi nel suo senso etimologico, vale a dire come «...una dissoluzione dei concetti e delle operazioni che oggi rappresentano la significazione ... » 1 che renda conto del Significante-chesi-produce nel testo. « Il testo sarà quindi un tipo particolare di produzione significante che occupa un posto preciso nella storia e appartiene a una scienza specifica che occorrerà definire»2 . .Qual'è la scienza che può affrontare il testo così definito? Trasformando, lavorando la lingua (la sua organizzazione logica e grammaticale) il testo implica una lingua (da trasformare) e una società (alla cui trasformazione si accorda). L'operazione sulla lingua, in termini più precisi sul significante (non solo in senso lacaniano ), altera l'automatismo della comunicazione, mostra la significanza che è quindi intesa come «... lavoro di differenziazionestratificazione e confronto che si pratica nella lingua e che depone sulla linea del soggetto parlante una catena significante comunicativa e grammaticalmente strutturata». 3 . Il fatto è che il testo non è «la significanza presente in un corpus visto come struttura piatta» 4 ; quindi niente semiologia (il cui apporto è ciònondimeno indispensabile) ma una scienza in grado di riassestare continuamente i propri fondamenti, di mettere in discussione il senso, il segno, di non solo descrivere una struttura ma di mostrare la combinatoria che genera la produzione: una scienza chiamata da Julia Kristeva «semanalisi». Allora, l'oggetto della semanalisi (sottoposto a una riduzione: il «testo» cosl come è stato definito sopra) è un fenomeno linguistico considerato nel suo engendrment (ingenerazione ), inscritto nel fenotesto (o superficie del «testo», le,egibile a partire dalla genesi: a) del,~ Philip Guston (Foto di Renate Ponsold) Lamberto Cantoni sue categorie linguistiche; b) della topologia dell'atto significante (di quell'io che si mette in posizione di presentare la significanza). Vale a dire che il fenotesto richiede l'ipotesi teorica di ungenotesto: produzione di significanza, inquadrata, limitata dal fenotesto (ritorneremo su questo punto). 11 programma di ricerca per costruire un fondamento teorico-scientifico alla semanalisi, porta Julia Kristeva a toccare il lavoro teorico di Derrida (critica alla metafisica del segno, studio critico di Husserl), di Barthes (testo, semiologia, critica), di Sollers (materialismo, pratica letteraria); ma i rapporti più interessanti sono con Lacan. Nel 1970 la RTB, I1l programma (si tratta della radio belga), intervista Lacan: «quel che ho dichiarato intorno a una semiotica implicita, il cui smarrimento soltanto ha potuto consentire la linguistica, non toglie che occorra rifarla, e con questo stesso nome, poiché in effetti proprio in base a quella da farsi noi la riferiremo a quella antica». 5 Ora, vi è nella semanalisi kristeviana, ci pare, una risposta al problema posto da Lacan (che lo sviluppo della semanalisi poi, dal punto di vista categoriale, metta in discussione alcuni assiomi lacaniani, è un fatto; ma la rete di domande che organizzano il campo semanalitico manifesta pur sempre una posizione analitica). È noto che la psicoanalisi con Lacan compie un atto di sovversione che colpisce una forma di razionalità le cui ultime propaggini sono rappresentate dallo strutturalismo. Ma questa sovversione interviene come un momento proprio dello sviluppo della scienza: momento di discussione delle strutture che hanno rimosso la verità. Ora, la verità come rimosso fa ritorno nella scienza: e questo grazie al significato che segnala il luogo del.IA' ltro. In questo luogo il sapere incontra la propria causa nel momento in cui il significante divide il soggetto dall'oggetto sottratto all'infinito dal desiderio. Sembra allora che Julia Kristeva faccia ancora proprio il punto di vista di Lacan: la verità come causa e non come effetto, il fatto cioè che la verità si costruisca in relazione al proprio oggetto. Esaminiamo più da vicino questa articolazione. Il modello semanalitico mette in gioco temporalità diverse: abbiamo il tempo della teoria che rielabora e assume delle categorie filosofiche dipendenti dall'essere, che consentono di porre una pluralità di sisterni significanti come pratiche, ridotti ad oggetti grazie all'intervento del materialismo e della psicoanalisi; il tempo della formalizzazione che traspone l'oggetto reale in oggetto di scienza; e il tempo della verità disgiunto dagli altri due, sia come causa (riproduce il pr~esso che costituisce l'economia del soggetto) sia come valore semantico della fqrmalizzazione. e on La rivoluzione del linguaggio poetico i testi della pratica letteraria d'avanguardia, fatti di attacchi, distruzioni e ristrutturazioni della lingua «normale>, vengono studiati alla luce delle acquisizioni teoriche raggiunte con gli studi successivi ai saggi di Semeiotiké. Sono in gioco i nodi teorici che con genialità Julia Kristeva ha recuperato come «residui> degli anni sessanta. Il risultato è un testo di una ricchezza e complessità straordinarie, che non possono essere esaurite nel corso di una recensione. 11 dato iniziale è la spettacolarità della crisi del discorso che la modernità ci presenta: il punto chiave è una certa letteratura che testimonia come il modo di produzione capitalistico produca scarti e al tempo stesso sfrutti una vera e propria rivoluzione del linguaggio. Appare subito chiaro che tale compito impone una sovversione nei confronti dell'apparato critico istituzionale, dal momento che la forma di ragione che definiremo classica (che appunto abita nell'istituzione) privilegia il momento della stabilità e non quello della crisi. Concependo la crisi come reattiva per la riflessione teorica, Julia Kristeva pone alcune domande fondamentali: a) è descrivibile l'articolazione corpo/fuori/linguaggio che nel testo modifica lo statuto del soggetto?; b) è noto che il modo di produzione integra come arte (ma anche come follia) ciò che eccede la normatività: «qual'è la misura di questa integrazione? in quali condizioni diventa indispensabile, censurata, repressa o marginale?»6 ; c) a quali condizioni la pratica recuperata può svolgere un'azione sociale rivoluzionaria? a quali condizioni consolida invece il potere esistente? Per poter rispondere a queste domande la condizione preliminare è di rispondere teoricamente del processo della significanza. Precisiamo ancora: «quella che designamo significanza è... questa generazione illimitata e mai conclusa, questo funzionamento senza sosta delle pulsioni verso, entro e attraverso lo scambio e i suoi protagonisti: il soggetto e le sue istituzioni>7 . Ma questa significanza è raggiunta dopo aver esplorato le soluzioni teoriche tentate in questo secolo per risolvere il rompicapo cruciale: come è possibile che qualcosa abbia senso. Un punto di rottura è individuato nella linguistica di Saussure che fa la sua rivoluzione aprendo la lingua al gioco significante-significato. Ecco aperto uno spazio epistemologico esplorato dalla linguistica strutturale e dallo strutturalismo che da qui lascia intravedere l'economia di un soggetto parlante. Tuttavia tra significante e significato si impone un soggetto dell'enunciazione che la linguistica strutturale lascia inanalizzato: la grammatica generativa ricompone questo spazio con una grammatica (si passa così dal segno alla frase) e un soggetto «cartesiano>. L'idea di Julia Kristeva è che strutturale o generativa, la linguistica con buona parte dello strutturalismo obbediscano agli stessi presupposti che troviamo nella filosofia di Husserl: è noto che Husserl discute con il circolo diPraga;cheJakobsoninluiriconosce uno dei maestri dei linguisti post-saussuriani; che numerosi epistemologi americani riconoscono nella sua fenomenologia, piuttosto che in Descartes, i fondamenti del generativismo. La mossa magistrale di Husserl è di aver articolato l'atto significante all'ego trascendentale: con ciò la linguistica (e il soggetto che essa sempre sottende) evita gli scogli dell'empirismo e dello psicologismo. Dalle Ricerche logiche Husserl situa il segno nell'atto di espressione di senso, quale è il giudizio su qualche cosa. Il segno si apre a una complessità dove il vissuto intenzionale, posto in relazione a molteplicità materiali (iletiche), riempie queste ultime di senso poetico prima, noematico poi, perché infine si formi per la coscienza giudicante un oggetto significato come reale. «Le signifié est transcendant parce qu'il est donné au moyen de certains anchainements au sein de l'expérience qui se reduit toujours au jugement: car, si le phénoménologue distingue la perception de la donation de sens, la perception est déjà cogitatio et le cogitatum est transcendant à la perception» .8 Conseguenze: a) la coscienza predicante costituisce contemporaneamente l'essere, l'oggetto reale significato, l'ego come trascendentale e la problematica del segno; b) malgrado l'intenzionalità sia già data nei dati materiali e nella percezione (cosl per un verso si può dire che l'ego trascendentale è sempre già dato), in realtà l'ego non si costituisce che per la coscienza predicante. li soggetto non è che il soggetto della predicazione, del giudizio, della frase. Il soggetto è allora la coscienza tetica predicante che pone correlativamente l'essere e l'ego trascendentale. Si tratta di riconoscere con Husserl questo carattere tetico dell'atto significante per poi cercare oltre la fenomenologia quello che produce, eccede, la coscienza operante. «Sans cette reconnaissance qui est aussi celle de l'épistéme qui sous-tend le structuralisme, une réflexion, sur la signifiance, en se dérobant à son caractére thétique, se dérobera toujours à ce qu'elle a de contraignant, de légiferant et de socialisant et, croyant dissoudre la métaphysique du signifié ou de l'ego transcendental, se logera dans une théologie négative déniant Ieur limite»9 . L a posizione husserliana sul soggetto è per Julia Kristeva il presuppo- - sto per l'analisi del probfema della significazione. II linguaggio poetico operando col senso, comunicando, condivide anche le particolarità delle operazioni significanti descritte da Husserl. Ma bisogna cominciare a stabilire (gli insuccessi delle analisi del fatto letterario rendono evidente ciò
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