Alfabeta - anno I - n. 8- dicembre 1979

.,., Forcellini contenga una buona dose di sfumature valutative, ma proprio per questa ragione risulta nitido: la classe lavoratrice, spiega Forcellini, sa bene che in un clima inflazionistico non può impedire il «trasferimento di nuovi costi», sui «meno garantiti,., non riesce ad adempiere alla propria funzione di classe egemonica. Se quella ora fornita è una traduzione onesta del discorso di Paolo Forcellini, è lecito porre una domanda, la domanda «candida» formulata più sopra: perché l'innocuo movimento di simboli numerici, i prezzi dei beni, ha il misterioso potere di impedire la crescita, l'allargamento della base produttiva? E la domanda si può porre ancora a Napoleoni, che considera la politica monetaria permissiva come un'alternativa improponibile. Non è un caso che Forcellini, invece della sintetica espressione «ilpadronato» usi una locuzione («coloro che ...») elaborata. Di fatto, uno dei due «partiti» dell'inflazione è frastagliato, e le opinioni di Guido Carli, in materia di inflazione, sono assai diverse da quelle dell'industriale privato Carlo De Benedetti. Anche a sinistra si ammette, ormai senza difficoltà, che la stessa classe lavoratrice non è un soggetto monolitico, ma è venato da tensioni corporative. Sembra più difficile ricavare da queste osservazioni sparse una più generale consapevolezza degli effetti di queste venature corporative sul problema dell'inflazione. In un articolo a commento della relazione previsionale e programmatica presentata all'inizio d'autunno al Parlamento, Claudio Napoleoni afferma che la politica antinflazionistica del governo non è credibile. Il governo - ricorda Napoleoni - ha dichiarato solennemente che ricorrerà al freno monetario, per contrastare eventuali comportamenti inflazionistici delle «imprese» e delle «forze sociali». Per quanto riguarda le forze sociali, ossia i sindacati, i propositi del governo non sono credibili. Il sindacato, infatti, è disposto a moderare la propria Poesie Rosita Copioli Lucrezio, Libro I E del vapore del sole la terra s'accenderà nei vulcani, nelle rigide spinta rivendicativa solo se gli sarà possibile «spostare l'asse della propria azione verso questioni di carattere generale, attinenti allo sviluppo economico, e in particolare allo sviluppo industriale, del paese», secondo quanto è previsto nella <parte prima,. degli ultimi contratti collettivi. D'altro canto, «la base politica di questo governo non è tale da consentirgli quella programmazione industriale che dovrebbe essere la componente essenziale d'un discorso rivolto ai sindacati», e quindi i minacciosi propositi del governo non sono credibili. Pare possibile, a questo punto, trarre qualche momentanea conclusione. Il comportamento dei sindacati, fa capire Napoleoni, può diventare «neutrale», sul piano dell'inflazione, se il sindacato può svolgere un ruolo reale nella determinazione della politica economica. È una previsione credibile? Difficile rispondere affermativamente, se si pensa che negli ultimi trent'anni il padronato ha avuto sicuramente, in Italia, un peso assai più decisivo-sull~ determinazione della politica economica - di quello che i sindacati chiedono di esercitare. E si può negare che le grandi imprese abbiano attuato tuttavia politiche inflazionistiche, nei limiti consentiti dalla logica della grande impresa (che, motivata principalmente verso l'espansione, non è necessariamente indotta a massimizzare i propri ricavi unitari, e quindi i prezzi di vendita)? Le autocensure della sinistra Al fondo di queste considerazioni, vale forse la pena di porsi soprattutto alcune domande. Ribadiamo, anzitutto, che si sta parlando di inflazione in paesi industriali a economia di mercato, e che le opinioni richiamate qua e là non implicano in nessun caso il radicale cambiamento di questa forma di produzione e di scambio. La precisazione è opportuna perché l'inflazione, ovviamente, balze dei monti, nei jluui induriti del tempo, i calanchi serrati deserti. I fuochi del cielo vivranno scendendo misti agli uccelli, fiorendo la gente vivente, vivendo labentes aetheris ignes. Dall'infinito la materia si spicca, suole riparare d'ogni perdita. E come i corpi si sciolgono, privati del cibo, cosi tuue le cose si sciolgono, e tuue disciolte come le ali di fiamma fuggono via dalle mura del mondo, e tutto nel vuoto si compie. Ogni fenomeno si chiarirà nell'altro, nec tibi caeca nox iter eripiet, ma tutto sarà acceso di luce. Lucrezio, Libro II Nec tenerae salices atque herbae rore vigentes fluminaque il/a queunt summis labentia ripis... né i salici teneri e le erbe dalla rugiada rifatte e i fiumi noti che cadono dalle rive alte le possono ... violare tenero di verde e rugiada, crescere ripido dei fiumi curvo screziato tendere d'immagini e giorni nel cavo sonante del tempo, nel maturo riflesso dei giorni, nell'alitare freddo della luna. C'è un dove nei giorni che ti aspettano impazienti, per offrire un nuovo tramonto, la luce soave contro gli alberi, il porpora solenne di una nuova follia. Andiamo sollo i salici con la rugiada molle, udiamo cadere le acque canore, bagna il capo nel cielo perfetto. Lucrezio, libro V Hic igitur ventif atque ignibus omnia piena sunt; le nubi ripiene di fuoco diventano cave svuotate dal calore del sole. Si accoppia il furore del fuoco il vento spreme i semi del vapore. Alita il fuoco la forza feroce del caos ripete il germe del fuoco la tumida speranza del vento. Si leva la fiamma in un ampio selvaggio fragore. Gigante la vampa addensa l'ardere liquido dell'aria, si abbuia il cuore del fuoco covando sciniille. ----- ----------------------------------------~ può fare «guasti» solo laddove soggetti dotati di potere operino nel mercato, e U riescano a ·catturare le loro «prede». Solo in questo caso l'inflazione assume i propri connotati «disgreganti»: in un sistema economico pianificato,_la redistribuzione del reddito operata attraverso il meccanismo dei prezzi è legittimata e assume la forma di governo dell'economia. Se non lo è, e determina problemi di scarsità («le code davanti ai negozi-ci faceva notare l'economista ungherese Tàmas Bauer - sono la versione pianificata dell'inflazione»), non è più un problema «economico»: assume direttamente la forma del problema politico. E lo stesso si può dire di economie non pianificate, prive tuttavia di un mercato generalizzato. Fatta questa premessa, occorre chiedersi che cosa significa, esattamente, dire che la classe lavoratrice ha tutti imotivi di sfruttare fino in fondo il proprio potere contrattuale (Napoleoni). Tentiamo una risposta, partendo da una parafrasi dell'affermazione ora citata. Nel mercato - si potrebbe dire - la classe lavoratrice ne segue la regola, che è quella di massimizzare i propri ricavi e di minimizzare i propri costi, giocando nel processo di formazione della domanda e dell'offerta. È un'affermazione corretta? Senza alcun dubbio, ma occorre aggiungere che è un'affermazione assai semplificante. Il mercato esiste (anche nelle società industriali avanzate) proprio perché esiste la concorrenza, esistono operatori privi di potere sul mercato, e l'inflazione è la prova dell'esistenza di questa categoria di operatori: diversamente, il gioco sarebbe a somma zero, oppure diventerebbe un gioco espressamente politico, senza veli economici. Se è cosi, è priva di rilevanza la questione del potere sul mercato della classe lavoratrice? Non si tratta, beninteso, di dare alla questione la stessa risposta di Galbraith, ma si tratta di stabilire se la questione vada o non vada posta, esplicitamente, quando si Lucrezio, Libro IV Venus discute di inflazione in un paese industriale. E, se ci è consentito avanzare un'opinione personale, diciamo che la questione è irrilevante solo se si presuppone che un mercato perfettamente concorrenziale e un mercato «reale» sono sostanzialmente la stessa cosa, agli effetti dell'inflazione. Detto in altre parole: la crescita del potere «istituzionale» del sindacato non cambierebbe nulla in almeno due circostanze, e cioè nell'esistenza di grandi imprese dotate di potere sul mercato, e nell'esistenza di organizzazioni sindacali il cui potere sul mercato dipende solo in parte dal tasso di disoccupazione, ma almeno in parte anche dal loro potere corporativo. Qual è il peso di queste circostanze sulla dinamica dei prezzi? La nostra impressione è che la sinistra, in quanto si occupa del problema dell'inflazione, tende a trascurare questa domanda, ed è un male. Ma è anche comprensibile. Posto questo problema, infatti, ne sorgono subito altri. Anche un'ipotetica ascesa al potere delle sinistre, non cambierebbe nulla nelle due circostanze dianzi menzionate, ma complicherebbe semmai la situazione. A quel punto, infatti, le sinistre assumerebbero una responsabilità diretta in una corporazione - forse la più inflazioniostica: lo stato. Non resta che concludere con un'ultima domanda. Se quanto si è detto sinora è verosimile, è ancora vero che un disegno di restaurazione delle istituzioni democratico-borghesi, intesa a garantire il funzionamento dei meccanismi di mercato è sotto tutti i punti di vista «refluente»? Un sistema politico democraticoborghese, fondato sulla rappresentanza formale e quindi sulla «distanza», capace di porre limiti ai soggetti dotati di potere sul mercato (compresi i sindacati, bisogna dirlo senza falsi pudori) è davvero un déjà vu? O non è magari un jamais vu? La questione ora adombrata non è priva di rilevanza proprio sul piano dell'argomentazione, al quale ci siamo sforzati di attenerci. Una parte consiHaec Venus est nobis; hinc autemst nomen amoris che a giorni la dolcezza ha stillato nel cuore - il corpo nasconde meraviglie, o tutto nell'ultimo impeto di Venere si sazia - Una bella metafora antica allude ai piaceri presenti, alle ripetitive indagini corporee, a tentativi di mutarsi coi corpi nei corpi Venere antica scorre negli esseri, negli animali, passa per l'umido midollo dei tronchi, investe i pesci e le acque, dissoda la terra, calma i cieli rosati. Haec Venus est nobis, che incita le erbe della primavera e i giacinti, che spreme gli umori, che toglie gli uccelli dai nidi e li semina per tuui i prati, che scioglie la terra in un umido abbraccio. Ovidio, Libro II Fetonte ... assidua rapitur vertigine cae/um; Sideraque alta trahit ce/erique volumine torquet. Apre le porte purpuree, la vigile, l'aurora, e gli altri pieni di rose: fuggono le stelle, quante ne preme Lucifero, che esce per ultimo dalla guardia del cielo. Ma il padre come vide arrossare le terre e il mondo, e svanire i corni della luna al tramonto: Fuggi il polo australe, e l'orsa congiunta con gli aquiloni - Più in alto brucerai le case celesti, più in basso le terre... corripe fora manu ... Ma intanto i cavalli del Sole fiammeggiano l'aria, il peso lieve - senz'ordinecorrono, su per i poli, giù per i monti e le selve, e i fiumi e i mari che bruciano - E il padre onnipotente, sale la rocca alta, spegne Fetonte, lo sbalza dal carro. At Phiieton, rutilos fiamma populante capillos, Volvitur in praeceps, /ongoque per aera tractu Fertur, ut interdum de cae/o stella sereno - Le tue acque, Eridano, ne accolgono fiamme e coaguli, cenere e fumo . derevole della sinistra conduce da tempo una insistente polemica contro valori liberisti, a cominciare dal mercato, in nome di un generale rifiuto del ritorno al passato, e dell'indiscriminata licenza capitalistica. Nessuno è disposto a scommettere sulla buona fede di molti difensori della libera impresa, soprattutto dei difensori d'ufficio. È da notare, tuttavia, che i polemisti della sinistra (soprattutto dell'Unità e di Rinascita), si guardano bene dal contestare agli avversari la malafede, come pure la sociologia della conoscenza - se non basta il buon senso - potrebbe suggerire. L'allineamento polemico ha luogo, invece, sui confini del «pubblico», supposto rappresentante dell'interesse generale, laddove i nuovi liberisti denunciano (correttamente, se pure con falsi scopi), la scarsa rappresentatività, la scarsa distanza dello stato, che non sarebbe in grado di definire l'interesse generale {l'interesse degli «spettatori», in una prospettiva liberista) perché partecipa direttamente alla rappresentazione. L'analisi liberista riflette, obiettivamente, valori riformistici, inevitabilmente coinvolti nel rifiuto polemico. Non a caso, l'alternativa più di una volta proposta è l'unità: ove raggiunta, cancellerebbe d'un colpo solo tutti i problemi del riformismo. Ma la questione sulla quale conviene riflettere è la ragione di una scelta argomentativa di completa preclusione, laddove la polemica sul ruolo del mercato e del settore pubblico è oggettivamente aperta anche a esiti non restauratori. Una tecnica abbastanza comune di discussione consiste nel «prendere sul serio» l'avversario presumibilmente in mala fede. AI contrario, la sinistra risparmia, di norma, qualsiasi imbarazzo al proprio avversario, e Io dispensa perfino dal fingere di attuare alcuni valori impliciti nella «riscoperta» del mercato. Circostanza singolare, per una sinistra che si propone, nel futuro prevedibile, il «governo» di un'economia capitalistica. Note 1)Lucrezio, Duuum natura,_LibroI, vv. 1052-11.6. Come sempre sui latini, ooo lavoro attraverso il senso originario, ma oltre esso - e oe traggo le conseguenze che si possono vedere oel testo. Qualche immagine, spesso tradotta coo libertà, ma spesso anche seguita con aderenza filologica, ~ di Lucrezio- il resto~ mio, e Lucrezio diventa il luogo letterario io cui mi aa:eodo di UDa natura antica, ritrovo UDmito fermo, che si illumina o si oscura io me. 2) Lucrezio, ivi, Libro 11,vv. 361-362, «Nec tenerae salices... ». Stesso procedimento del testo precedente: la prima terzina~ una traduzione; poi Lucrezio si dissolve, per incorporarsi io UDrichiamo molto tenue negli ultimi quattro versi. 3) Lucrezio,ivi, Libro V, vv. 262 esegg. «Hic igitur veotis... >. t UDaliberissima interpretazione del testo. 4) Lucrezio, ivi, Libro N, vv. 1058 e segg. «Haec Veous est nobis... ». Il testo lucreziano ~ tradito e rispettato assieme: oieote del passo di Lucrezio entra nella poesia, ma vi entrano altri suoi luoghi, come l'attaa:o del primo libro: «Aeneadum geoitrix... », ecc. C'~ quindi UDlucreziano senso ultimo che porta a questa poesia le meraviglie del corpo, del ses.w nella natura. 5) Ovidio,Maaniorpri, vv.70-71. t una versione molto libera da diversi passi dell'episodio di Fetonte.

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