Alfabeta - anno I - n. 7 - novembre 1979

M arco (lavora alla Fiat da sei anni, nel reparto meccanica di Mirafiori): «Ho ricevuto la sospensione per telegramma quando ero a casa in mutua; non sono ancora andato a ritirare la lettera di licenziamento. lo credo che questi "comportamenti non consoni ai principi della civile convivenza" facciano parte della tradizione delle lotte operaie. li rifiuto del lavoro, il sabotaggio costante e strisciante di cui ci accusano non è un fenomeno isolato: sono comportamenti che si sono verificati anche quando nel '63, nel '65, nel '67 e sino al '68 gli emigrati del Sud venivano a lavorare nelle officine del Nord. La violenza in fabbrica, il conflitto con i capi, non sono una novità. Ma il problema è che lo scoppio delle loue non è mai partito da una componente ben precisa, è stato fruuo del legame di due componenti, la realtà di fa&brica e i nuovi assunti. Anche in questo caso ci sono comportamenti chiaramente nuovi rispetto alla realtà sociale della fabbrica, dove da sei anni non veniva immessa forzalavoro nuova; ma chi 'tira' le /o/le non sono mai i nuovi assunti, sono sempre i vecchi che si legano con i nuovi. Basta stare in fabbrica per sei mesi per capire chesei un operaio esauamente come quello che ci sta da dieci anni. Quando lavori non hai molto spazio né molto tempo per pensare alle tue condizioni, pensi quando sei fuori; ma quando sei fuori non sei un operaio, sei un essere umano come tuui gli altri. Una condizione fondamentale è che ti sei lasciatoallespalle 0110ore di lavoro, che sei stanco e non hai soldi, ma per il resto sei come un disoccupato. Quando sei in fabbrica, però, il problema è che hai otto ore da farti, che stai producendo, che sei di fronte ad una macchina, e ti comporti allo stesso modo di un vecchio. Un giovane impiegherebbe due anni per capirecome si sabota una macchina per guadagnarsi un'ora di riposo: glielo insegnano i vecchi, come bagaglio di esperienza e di lotta, come confidenza. L'innamoramento per il prodotto in fabbrica non è mai esistito». Carlo (lavora da due anni alle presse di Rivolta): « La forma delle lolle operaie è sempre la stessa, non ha niente a che vedere con il terrorismo: 11011lo scopriamo certo ora. li nuovo soggetto politico, elllrato con le assunzioni, dopo il '77, è però diverso da quello che è stato protagonista delle lotte del '68 e del '69. Dove lavoravo io, nessuno dei nuovi assunti è entrato nel sindacato; in altri reparti c'era qualcuno, ma erano casi molto rari;al contrario, nel '68, il sindacato si è rivitalizzato molto con l'ingresso della nuova classe operaia. Da ciò è nato un processo di antagonismo e di scontro che oggi non è più facilmente controllabile in base alle forme normali di organizzazione e di loua. li problema principale non è, e non è mai stato, l'esistenza di una situazione di conflitco fra i capi e gli operai; i licenziamenti sono un fatto politico, che è stato fauo passare come un fatto legale, ed è stato rinviato alla magistratura per evitare di mettere in luce la situazione reale della fabbrica. La Fiat ha voluto colpire politicamente i compagni che esprimono antagonismo o dissenso, ha voluto interrompere la situazione di lotta all'interno della fabbrica. Probabilmente ci sarà un discorso del tipo di quello del 7 aprile: 'non siete imputati di aver fatto qualcosa, ma di aver innescato un processo di discussione e di organizzazione delle lotte, di aver provocato, anche se indirettamente, nuove iniziative'». Qù -~ i 61? Marco. «Fra i licenziati esistevano divergenze politiche già prima del licenziamento, a livello di analisi, e di intervento politico; dopo il licenziamento sono subentratenuove divergenze. Esiste una componente di compagni critica nei confronti del sindacato, non vuole che il sindacato prenda in mano la questione dei licenziamenti, sostenendo che la responsabilità direi/a è certamente del padrone, ma che esistono responsabilità anche da parte del Pci e dei sindacati; altri che per tatticismo non vogliono che si evidenzino le . responsabilità dei sindacati e del Pci, e sostengono che lo scontro diretto non Mirafiori Ottobre '79 a cura di Maurizio Ferraris • • • • deve avvenire con il sindacato, ma con il padrone; c'è infine una componente filosindacalista o pansindacalista in modo incondizionato. L'intervento al Palazzetto dello Sport (16-X) è stato fauo dalla componente pansindacalista. Molti compagni della Lancia e di Rivolta, che non costituivano un'entità ben definita, e che non volevano riconoscersi nel sindacato, si sono resi conto dell'impossibilità di riunire in un intervento comune la posizione antisindacale e quella filosindaca/e, e hanno deciso di non partecipare alla stesura di questo intervento, ma hanno dato comunque la copertura politica all'intèrvento stesso». Alberto (lavora da meno di un anno al reparto saldature di Rivolta): «li padrone è stato in grado di scegliere i licenziati secondo sfumature assolutamente eterogenee, e in questo è presente l'intervento del Pci, che era il solo a poter scegliere così oculatamente. Esistono ora fratture molto differenziate fra gli operai: il Pci - e in questo è il Lettera di un operaio di Mirafiori ad Alfabeta Caro Leone/li; tralascio la cronaca dei fatti perché nota. Credo che ci troviamo davanti ad una svolta decisiva nella stessa politica industriale; si tracciano qui le linee dei prossimi anni' 80. Ciò che ha scritto Bocca nella Repubblica del l 3 ouobre è vero: « La vicenda della Fiat è qualcosa di molto più serio, è la crisi del rapporto fra l'industria .capitalisticae il sindacato e fra il sindacato e la nuova classe operaia, diciamo fra l'impresa e un movimento operaio non più omogeneo». Ma c'è molto altro da dire. La Fiatnon ha sparato sul mucchio a caso, anzi. Se da un lato toglie di mezzo l'area di cuscineuo, dall'altro elimina la continuità possibile (in una dialettica nei faui più che nelle coscienze) :ra il '68, il personale politico del '68 e la nuova generazione di operai. È vero che a metà degli anni '80 in Fiat ci saranno solo quelli che sono passati attraverso il '68 e la nuova generazione di operai. Il problema del comando d'impresa sui proletari dentro la grossa fabbrica non è certamente per loro problema eludibile. E si deve anche definire il ruolo del sindacato in modo chiaro. L'intelligenza politica dello staff dirigenziale Fiat è indubbia, qui a Torino ha messo con le spalle al muro lo stesso sindacato. Non è vero che I' F/m torinese desiderasse la non riuscita dello sciopero di 3 ore; settori del sindacato lo desideravano e ci puntavano, tranne il Pci. La non riuscita, che è stata un dato generale in tutte le sezioni Fiat tranne la Lancia di Chivasso, ha messo col culo a terra settori del sindacato torinese non concordi a pieno con la linea delle confederazioni, e preoccupati di non far totalmente saltare il 'precario rapporto con le sezioni Fiat. Si stavano preparando qui a Torino, come F/m, a lanciare nei prossimi mesi lotte di reparto a sostegno del rinnovo del contrai/o aziendale. Mentre si prepara la stessa riorganizzazione del sindacato che prevede/' eliminazione delle struuure provinciali con la creazione primo accusato - è l'unico che abbia capito i comportamenti operai, ma nella sua scelta di compromesso, ha preso visibilmente le distanze dalla base». Marco. «Trai licenziati c'è gente della IV Internazionale, gente di Autonomia, frange non identificate politicamente; ci sono sindacalisti, delegati sindacali, responsabili di accordi presi con il padrone. Uno di questi delegati ha firmato l'accordo con il padrone perchè venisse messo il turno di notte alla verniciatura. Quelli che facevano parte dei collettivi sono circa il 30-40 per cento. 111· generale sono stati scelti singoli compagnicheall'internodelleofficineerano rappresentativi; alcuni erano più a sinistra, altrimeno. Ma ciò che importa è che erano in officine differenti, non erano tutti insieme. Possiamo anche pensare che la Fiat abbia scelto questi sessantuno per la loro eterogeneità, perchè non si riuscisse a fare un lavoro unitario; non saprei dire. Ma un dato di fatto è che le posizioni sono talmente divergenti che non si riesce a trovare una convergenza politica comune». Carlo. «C'è chi fa dei discorsi brutali e semplicistici: 'restiamo con la grande mamma, e potremo rientrare', ma questo non li garantisce. Stando ai fatti: cinque licenziati di giugno a Mirafiori, che si sono totalmente adeguati a tu/le le iniziative del sindacato, sono ancora fuori. Di qui il fatto che il problema principale non sia legato alla riassunzione, quanto al fauo che questo processo possa portare chiarimento e discussione a/l'interno dellafabbrica, che possa rendere esplicita una rouura con il sindacato che esiste di fai/o, ormai da tempo, e crei un'organizzazione degli operai molto più chiara». Alberto. «li fatto dei licenziamenti dimostra che la Fiat ha già una visione chiara della situazione, si rende conto dei rapporti reali, della coercizione da parte dei sindacati. C'è stato, al tempo dell'uccisione di Moro, un rapporto direi/o fra Fiat e sindacato per spegnere le linee, perché da parte operaia c'era una reale confusione e indecisione, non c'era I' adesiodi:a) strutture nazionali - b) strutture regionali - e) decentramento per zone. E ripresa delle tematiche per areesettoriali (es. trasporti, energia, ecc.). L' Flm torinese, che i 61 li scaricherebbe senza problemi, è molto preoccupata rispeuo al rapporto più chiaro che gli viene imposto dalla Fiat. Vengono presi da un lato dalla linea confederale, dal/'altro dalla Fiat; ciò mina, in completa assenza di spinte operaie, ogni spazio di gioco autonomo. La risposta della «soggeuività rivoluzionaria» è anch'essa sintomatica della gravità della situazione. Non comprendono minimamente i termini della situazione; quelli più acuti, e sono pochi, appena intuiscono. Per la maggior parte la propaganda è nei termini che qui si a/lacca il potere costruito e rafforzato con le ultime lotte contrattuali; idiozia più unica che rara. Come per il 7 aprile, si continua a rifiutare di prendere atto di una realtàdi sconfiua e di resa dei conti, e si continua una specie di disperato girotondo su se stessi, alla ricerca di un suicidio che conservi una ideologistica dignità presunta. La realtà è densa di gravi e pesanti incognite; è assaifacile che intervenga - soprauuuo rispeuo a Rivolta dove su 13 licenziati 9sono del collettivo operaio - la magistratura, questa anzi può sicuramente essere la prossima mossa. E come continuano a muoversi i compagni giovani si può dire che fanno di tuuo per mettersi colla testa souo la ghigliouina; basta pensare che a Rivalta continuano a spingere l'area di compagni del collettivo di base a fare scioperi del tu/lo isolati dai restanti operai. Mentre fanno di Mirafiori Sud il centro di riferimento per i compagni licenziati non d'accordo col sindacato. Dei 61 nessuno, si dice, è dell'area di diretto riferimento ai gruppi militaristi; anche questo è sintomatico. Da alcune parti si teme che succeda qualcosa di più pesante, secondo me è quasi prevedibile che gli altri si muovano; a/l'assemblea di Le di sabato è stato distribuito un volantino che collegava i 61 alla rivolta dell'Asinara. Nel frattempo è sempre più insistente la voce che le lettere di /icenziamenco sono circa 200 ne di massa che il sindacato ha cercato di presentare. La Fiat ha del resto condotto degli studi approfonditi sui nuovi soggetti che sono entrati in fabbrica, dopo le nuove assunzioni; si rende conto della rouura con il sindacato, delle contraddizioni, che del resto il sindacato ha deciso di non risolvere per non affrontare il problema della sua reale debolezza in fabbrica». La nuo\lllcom!l()Si7iondei clas.<ie. Carlo. « li fatio che le lotte extrasindaca/i vengano ora criminalizzate, deriva direttamentedal processo di ristrutturazione che sta attuando la Ftat, e dalla nuova composizione di classe. Ad esempio,l'operaiodellamanutenzione, l'operaio che appartiene ad una categoriaprivilegiata, chiamiamo- /a 'aristocrazia operaia', per essere più chiari, si identificava benissimo con il contratto dei metalmeccanici, perché era un contrai/o che tutelava i suoi interessi. L'operaio delle catene, quello che ha solo forza-lavoro, non si identificava nel contrai/o, lo vedeva come qualcosa di estraneo. Quando è sceso in piazza, quando ha fatto i blocchi, era solamente per dire: 'chiudiamo il contratto, questo contratto non ci interessa, andiamo in ferie'. L'unico potere decisionale che poteva esercitare, per la sua maggioranza numerica, era dare i tempi di chiusura delle /oue; ed esercitava questo potere perché non vedeva la necessità di perdere altre ore, cioè altri soldi per un contratto che riguardava una classe di cui non faceva parte». Marco. «È proprio l'aristocrazia operaia che ha iniziato il processo di criminalizzazione delle loue. Ad esempio, in verniciatura, veniva interrotta la catenaper le condizioni di lavoro insopportabili; questi scioperi a singhiozzo, di un quarto d'ora, che il sindacato si è rifiutato di riconoscere, avvenivano soprattuuo negli ambienti con maggiore tasso di nocività, erano scioperi puramente economici, ma venivano sviliti del loro contenuto rivoluzionario proprio da quegli stessi strati operai, tra i quali mettiamo anche i delegati sindacali, che, anche se lavorano ed è molto probabile che la cosa sia reale. Per darti il quadro più completo anche a livello spettacolare, durante /e tre ore di sciopero a Mirafiori davanti alle porte e'erano i carabinieri in alta uniforme e dentro i reparti e nelle assemblee circolavano gli uomini della Digos. Inoltre i licenziati sono autonomi a Rivolta; ex Pedi e autonomi alla Lancia; ex Le, Lotta comunista, IV Internazionale, un autonomo ex Po, un ex Pc(m-1) a Mirafiori. Nessuno del Pci e di vecchia data iscritto al sindacato. L'assemblea indetta per sabato 13 a Palazzo nuovo è stata proibita dalla polizia che chiedeva a tutti il tesserino universitarioper lasciarelibero accesso alla università; si è tenuta a Le con una partecipazione di circa I 50 compagni, assente la maggioranza dei licenziati. Si è proposta una manifestazione cittadina (nei fatti, suicida). È probabile la spaccatura tra i 61 licenziati già riscontrabile nell'aria, con isolamenco degli autonomi cosidetti, e qui secondo me possibile l'i111erventodiretto della magistratura. Inutile dire che si respira l'aria tipica della restaurazione; lastessa incazzatura dei compagni è nei faui rassegnataed ogni cosa è fatta senza reale convinzione...dire che sarebbe unica cosa utile fermare tutte le macchine, per così dire, e fare di questa esperienza motivo di radicale e profonda riflessione utile ai prossimi anni, è inutile perché non vieni ascoltato, perché «bisogna fare, non importa cosa ma bisogna fare». Ti assicuro che personalmente I' angoscia e l'amarezza è profonda ed è quasi un dolore fisico vedere compagni che ami e stimi pur nelle loro idiozie, girare così a vuoto ...Forse è vero che se Mirafiori in questi 11 anni è stata per noi il nostro simbolo, il punto operaio pili significativo, qui la botta è più pesante e dolorosa...Jo seguo la vicenda come osservatore, è un ruolo un po' strano, ma l'unico razionalmente possibile. Eolo F. 14/10/1979 alle lineee, vivono la situazione di fabbrica in modo decisamente privilegiato. Questo discorso, se trasportato ai sessantuno, dimostra l'inconciliabilità della linea di difesa sindacale con la condizione degli altri:.c'è uno scontro fra l'aristocrazia operaia e gli operai produttivi». Carlo. «L'aristocrazia operaia non ha una grande rilevanza numerica, ma ha una grande importanza per il processo di ristrutturazione che si sta attuando. li padrone cerca oggi di introdurre anche a livello ideologico e politico classi sociali che appoggino la sua manovra di ristrutturazione». Albeno.«Nonsi chiamanopiù 'operai', si chiamano spie, sono persone che aspirano a diventare capi. Senza contare le spie vere e proprie, gli agenti della Digos, i Carabinieri che lavorano in linea con gli operai: è uno spionaggio fatto non solo dal padronato, ma anche dallo Stato e dal Pci. Nella fabbrica esiste, per il controllo e la schedatura, una situazione molto più articolatae complessa di un tempo, quando il controllo politico era svolto . dalla Fiatsoltanto su sogge11fiacilmente prevedibili e da punti di vista assegnati». • Marco. « La Fiat ha assunto un sacco di gente diplomata, laureata, con titolo di studio, in funzione del processo di ristrutturazione, ossia per I' automatizzazione del processo produttivo eper la mobilità del lavoro. li padronato vuole allargare la fascia del/'aristocrazia operaia, chiaramente gli serve non una mera forza-lavoro, un animale da lavoro, ma gli serve un animale che sappia pensare, che abbia la predisposizione ad imparare in fretta, subito, cose nuove; che sia dunque facilmente spostabile, e utilizzabile in una produzione altamente automatizzata. Molti di questi nuovi assunti vengono subito immessi all'interno dell'aristocrazia operaia; molti altri, quelli che esprimono un rifiuto del gioco padrona/e, vengono immessi in linea e criminalizzati, come è accaduto per molti di questi sessantuno licenziati». Dopo l'incontro con gli avvocati del collegio di difesa proposto dal sindacato. 7ll 19.X, convocati i sessanJuno ìiisieme agli avvocati del collegio di difesa, il sindacato ha richiesto che i licenziati firmassero un documento di adesione ideologica alla sua linea e solloscrivessero l'intervento di uno dei licenziati,-IV internazionale-del 16.X, al Palazzetto dello Sport. La firma di questi due documenti consentirebbe ai licenziati, anche di posizioni ideologiche divergenti, l'accesso al collegio di difesa sindacale). Carlo. «La spaccatura fra buoni e corrivi,fra i licenziati, non è fonna/e. La Fiat non farà riassunzioni per una questione di principio: vuole mellere al bando una seriedi sogge11ei di comportamenti. A questa opera si presta il sindacato, non inconsciamente, ma consciamente. Se prima, per la riunione al Pa/azze110dello Sport, il sindacato diceva che bisognava mantenere la massima unità all'intemo dei licenziati, che far vedere ali'opinione pubblica lapresenza di diverse posizioni a/l'interno dei licenziati era un fauo negativo, il segno di un'evidente debolezza, ora invece il sindacato stesso pone la questione della spaccatura a/l'interno dei sessantuno, conoscendo benissimo le posizioni politiche e ideologiche che caratterizzano una parte di questi sessantuno, in antitesi con il documento redatto dal coordinamento nazionale dei delegati Fiat, e sapendo benissimo che porre come discriminante la firma del documento significa spaccare in due definitivamente i sessantuno». Marco. «li problema consiste nel sapere se unaparte di questi sessantuno è costituita, come molte volte si è dimostrato, da opportunisti o peggio, che pensano solamente a mantenere il posto di lavoro per se stessi. Questi potrebbero fare lastessa scelta dei capireparto, che si alleano al padrone per avere vantaggipolitici, economici, ecc., e coloro che fanno scelte opportuniste sono -da un punto di vistastrettamente personale - da considerarsi alla stessa stregua dei capireparto. Dello questo, facciamo una bauag/ia perché i sessantuno non si spacchino, bisogna continuare a mantenere l'unità, pur souolineando il nostro disaccordo con I' analisi dei pansindacalisti. Questo perché produrre una spaccaturasignifica costituire un collegio di difesa separato da quello del sindacato, e dare così, su un piallo d'argento, la soluzione alla magistratura: quelli difesi dal sindacato sono i buoni; i cattivi sono gli altri, quelli che vogliono difendere un patrimonio di lolle che non è solo di dieci anni, come molti dicono, ma di trenta o di cento». Carlo. «Noi abbiamo intenzione di accollarciquesto tipo di responsabilità. Probabilmente rischieremo di non rientrarepiù in fabbrica, ma le responsabilitàpolitiche, così come quelle personali, vannodenunciatee, ledenunceremo. lnfa11inon vogliamo un collegio a parte, ma integrato. Se non viene accettata questa proposta, se il collegio a parte viene incriminato, significa che· viene fornita una copertura, anche da parte della magistratura, alla criminalizzazione della lotta di classe. Non oisogna dimenticare che questi licenziamenti corrispondono non casualmente con l'arrivo a Torino di duemila poliziotti.

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