Alfabeta - anno I - n. 5 - settembre 1979

Mensile di informazione culturale settembre 1979 Numero 5 - Anno I Lire 1.000 Redazione. amministrazione Spedizione Multhipla edizioni in abbonamento 2013 7 Milano postale Piazzale Martini 3 gruppo 111/70 Telefono (02) 592. 684 Printed in Italy CiLENCRANT il puro whisky dipuromalto d'orzo. • • • • --.~: I g10Van1r,ontamente inseguit.i.. * , , , _: Segnaidall' editoria lter•tiva * ·L'occhdioiBeatrix * · , , · , • Chi fa laletteratura? • , : • · : Il sounddegli anni'80 • ~~~ , : La censura èun'idrat,agliu• testae ne cresco• due • , : Quarto ...-ere S.p.a. • ~ ,: Schtroumpf undDrang • • • • •• : Saperestoricoe famiglia • · , · 1 , , : Inquisizionelesamaestà • 1 , • : • , , : Cancellarcea/ ncellati • • : US~cinemad'artista * Se• • d. , , - • : 1 mesi 1 stampaitaliana.Unbilancio • • ~ , , , : La comunicazionaentagonista: 1rocessiorganizzativi • Quattro - ilomandea , , , ~ · • Poesia di I

luo,ocinema/Pesaro HOLLYWOOD 1989-1979 ClDlll CULTURSAOCIITA' Ricerche ■ •il r, 11,, (1) a 1); iil ::J. Alberto.lbruuese SVBVO,SLATAPER E IIICDLSTAEDTEB: LOSTILEE ILVIA8810 Sagi Jean-Josep&hou GLI CO■OOLASTI IWll, l'BEUD E D. ■OIOTEISIIO Sagi IL CdBIU ITALJAWO DIGLDI WI'50 a cura di Giorgio Tinazzi te Generi », riviste di cinema, autori e linee di sviluppo negli anni del centrismo Sagi E?fRTAENDITCfi= VEIU\lA flllppo di forti la fedeltà Impossibile psicoanalisi della coppia GIUSEPPE SEMERARI CIVILTÀ DEI MEZZI, CIVIL TA DEI FINI PERUNRAZIONALISMO ALOSOFICO-POLl11CO andrea d'anna LIBRO DI AVVENTURE finalmente un romanzo davvero nuovo, esilarante e stimolante sulla scena, sempre più uggiosa, seriosa e avara di idee, della narrativa italiana elmar attvater / claus offe I joachlm hlrsch I Jangough Il capitale e lo stato crisi della "gestione della crisi" a cura di tino costa I prefazione di luclano terrari-bravo TANTAGENTE IL PUGNO E LA ROSA I radicali: gauchisti, qualunquisti, soclallstl? a cura di valter vecelllo danlel guèrln fascismo & gran capitale sul fascismo Il LUCIANORUBINO LE SPOSE DEL VENTO la donna nelle arti e nel design degli ultimi cento anni CARLO BOSCOLO SONO PAZZI PAZZI SUL SERIO SOLITARIOA SOTTOMARINA a cura di Franco Travaglia d-- HÉRODOTE ITALIA n. O - La geografia serve a fare la guerra n. 1 - Geografia delle lotte: la campagna L'ARMA PROPRIA Rivista trimestrale anno 1 n. O giugno/agosto '79 con scritti di: Bukowskl, Balestrlnl, Roversl, Scalla, Leonettl, DI Marco, Bachmann Leimmagini diquestonumero Cancellare/cancellati di Aldo Bonasia Un uomo, un giovane, scrive qualcosa su un muro della cillà. Un altro uomo, un vecchio, scruta cautamente tra i rifiuti, in uno dei tanti luoghi urbani di scarico. L'occhio fotografico di Aldo Bonasia scruta anch'esso, costruisce, racconta. Siamo al di là ovviamente della foto-d'arte; ma anche al di là della foto-documento, una specie di ghetto in cui i custodi delle arti 'maggiori' credono di poter confinare l'uso del/'obiellivo fisso, il suo 'valore', anzi. Qui, in queste sequenze, Bonasia si fa narratore: gli spostamenti, talvolta mimmi de/l'immagine, si strutturano in una lingua, con la sua grammatica e la sua sintassi. Ma sopra11u110con il suo alone 'soprasegmentale', con le sue risonanze, suggestioni, i suoi rimandi. Poche figure, in un bianco e nero nitido e denso, scavano una mappa -non certo segreta, ormai - dietro le facciate di Sommario Gianni Sassi I giovani, prontamente inseguiti... (Concerto di John Cage; Concerto per Demetrio Stratos; Primo Festival internazionale di poesia) pagina 3 Maria Corti Segnali dall'editoria alternativa (Disamori, di Bruno Branche,; Bla... b/a... di rivoluzione quasi fantapolitica nel XXVII/secolo, di Enzo G.; Non sparate sul pianista, di Maria Marino; Minuto per minuto, di PieraOppezzo; Le mani e la follia, di Marco Ercolani) pagina 4 Giorgio Grossi Quarto potere S.p.a. (Sfera pubblica ed esperienza, di Oskar Negt/Alexander Kluge; Obbiettivi1àdell'informazione: il dibattito teorico e le trasformazioni della società i1aliana,di Umberto Eco; Informazione e complessità sociale, di Franco Rositi) pagina 6 Oskar Negt La censura è un'idra, tagli una testa e ne crescono due pagina 8 Umberto Eco Schtroumpf und Drang (Il puffissimo - L'uovo dei puffi - L'apprendista puffo - I pufft neri, di Peyo) pagina 11 Marcello F1ores Sapere storico e famiglia (Lavoro femminile e famiglia nel/' Europa del XIX secolo, diJoan W. Scou e Louise A. Tilly; Genocidio perfeuo, industrializzazione e forza-lavoro nel lecchese 1840-1870, di Maria V. Ballestrero - Renato Levrero; Famiglia, terra, salario in una comunità tessile del/'800, di Franco Rame/la; La formazione del proletariato urbano: immigrati, operai di mestiere, donne a Trieste dalla metà del secolo XJX alla prima guerra mondiale, di Marina Cattaruua; Famiglia, di Agopik Manoukian) pagina 12 Giuliano Gramigna L'occhio di Beatrix (Villa con prato all'inglese; Chi è Beatrix; La ballata dello zio Lucas e altre, di Germano Lombardi) pagina 15 Franco Bolelli Il sound degli anni '80 (A partire da Marx e Freud, di Jean Francois Lyotard; For Four Orchestras,di Anthony Braxton; Music /or Airports, di Brian Eno: Microphone, di David Tudor) pagina 17 cristallo e i monumenti di marmo della metropoli. Privatadei suoi orpelli e belletti, la città resta-secondo il titolo di un noto film - nuda. L'obiettivo isola, trasceglie,due storie:due storie di amcellazione. Il giovane che traccia la sua protesta e formula il suo 'manifesto', morrà poco dopo -ci dicono le cronache-per una overdose. Ma già ne~'annullare le proprie parole, nel rifiuto di un incerto, illusorio, conato di comunicazione, egli ci ha raccontato la sua storia passata, ha anticipato la sua, breve, storia futura. Lunga, al contrario, la storia che sta dietro le spalle del pensionato che si aggira tra i rifiuti. Un abito corretto, quasi domenicale, il giornale infilato nella tasca, veicolo forse unico di colloquio col mondo, i tempi vuoti di una giornata di sole, la ricerca di qualcosa, P. Adams Sitney USA, cinema d'artista pagina 18 Roberto Di Marco Chi fa la letteratura? (Il mercato delle lettere, di Giancarlo Ferretti) pagina 20 Giornale dei Giornali Seimesi di stampa italiana: un bilancio a cura di Index-Archivio critico dell'informazione pagina 22 Le poesie Antonio Porta Il segreto pagina 16 Le fmestre Primo Moroni La comunicazione antagonis1a: processi organizzativi pagina 5 Cesare Donati Inquisizione e lesa maestà pagina 9 Quattro domande a Northrop Frye pagina 14 Le lettere Lettera a Umberto Eco Lettera di Stefano Val/in di Rovigo Lettera a Gianni Sassidi Angelo Cortesi Lettera e poesia di Marina Pizzi pagina 21 Le foto Aldo Bonasia Cancellare I cancellati alfabeta me11siledi i11formazio11eculturale Comitato di reda~ione Nanni Balestrini. Maria Corti. Gino Di Maggio. Umberto Eco. Francesco Leonelli. Antonio Porta. Pier Aldo Rova11i. Gianni Sassi. Mario Spinella. Paolo Volponi Coordinatore Nanni Balestrini Art director Gianni Sassi Grafico Bruno Trombelli Oireuore editoriale Gino Di Maggio Redazione Valentina Fortichiari Segreteria di redazione Eleonora Molinari Redazione, amministrazione Multhipla edizioni. 20137 Milano. Piazzale Martini. J - Telefono (02) 592.684 Composizione GDB fotocomposizione via Commenda 4 I. Milano. Tel. 544.125 Tipografia S.A.G.E. S.p.A .. Via S. Acquisto 20037 Paderno Dugnano (Milano) Distribuzione Messaggerie Periodici Abbonamellli annuo L. 9.000. estero L. 12.000 (posta ordinaria) L. 15.000 {posia aerea) Inviare !"importo a: Multhipla edizioni. Piazzale Martini 3. 20137 Milano. Conto corrente posta n. 3/49769 Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 281 del 1975. Responsabile G. Di Maggio ripetitivo, che la riempia. Una v1sua, appunto, al parco degli oggetti buttati via, estromessi: perché inutili. Restituire utilità a questi scarti può significare, per ilpensionato, una rivincita, 11ntrarli fuori dal nulla, un riportarli nella circolazione del vivente. Quanto a lui, è stato ormai adoperato a sufficienza: la comunicazione è solo con questi oggetti, con il foglio di carta ripiegato in tasca. Bonasia circonda le sue immagini di silenzio. Non vi è un suono in queste inquadrature; anche il fragore del traf fico si è ritiratoper lasciare ai gesti, alla figurazione, tutta la loro icasticità. Poste qui, irimezzo al flusso di parole che è Alfabeta, le foto di Bonasia sono anche un'esortazione, un monito; entrano a far parte, prepotenti, del discorso di chi non parla, o cancella le sue srarse scritture: dei 'cancellati'. M. S. SOCIETÀ DI POESIA PER INIZIATIVA-DELL'EDITORE GUANDA E sin troppo noto che lo squilibrio. sempre più vistoso. Ira cdomanda» e coffcna» di libri di poesia italiana ha progressivamente ridotto il numero delle case editrici disposte a pubblicarli. Prendendo atto di ques1a situazione. è sembrato necessario a un gruppo di amici. riuniti per inizia1ivadell"editore Guanda. ricercare soluzioni diverse. efficaci da un punto di vista culturale e autosufficienti da un punto di vista gestionale ed economico. E così nata la «Socielà di poesia> per sottoscrizione di quote da parte di tuui coloro - poeti. critici. operatori culcurali. rappresentanti del mondo editoriale. semplici appassionali - che hanno a cuore la conoscenza e la diffusione della poesia italiana. La «Società di poesia> si è costituita il 3 marzo. a Milano. con l'3sscmblea fondativa dei soci- circa duecento- che hanno eletto il consiglio di amministrazione e il comitato di lettura con il compito di scegliere i testi - in numero di sene - da pubblicare nel 1979. L"uscitadei primi quattro volumi è prevista per la prima settimana di giugno. La «Società di poesia> intende inoltre porsi come punto di riferimento organizza1ivo e come centro propulsore di iniziative. sul tema della poesia contemporanea. sia italiana che straniera. Per questo la «Societàdi poesia• ha dato vita al «Club amici poesia> con l'intendimento di riunire attorno alla casa editrice tutti coloro che. anche senza esserne soci. intendono seguire la sua attività. sostenere le sue iniziative. porsi come ccnlro organizzativo di manifestazioni - a livello locale. in sede nazionale o a carauere internazionale - per una maggiore e più qualificata conoscenza della poesia. VIA TURATI t, - 20121 MILANO CEDOLA ABBONAMENTO CLUB AMICI POESIA Desidero enlrare a far parte del CLUB AMICJ PO& SIA e verserò la quoca per il 1979. di L. 20.000:D con assegno bancario O contrassegno. al ricevimento dei primi volumi La mia adesione al CLUB mi darà dirino: - a ricevere gratui1amen1e i seue libri pubblK:atidalla società di Poesia introil 1979; - a partecipare graluitamentc a tutte le manifestazioni organizzate o patrocinate dalla SOCIETÀ DI POESIA: - a essere cos1an1emen1einformato sulla attività della SOCIETÀ DI POESIA. NOME VIA CITTÀ Claule Pujarle-Rerumd ~corporoo linguaggi> del silenzio Per informazioni scrivere a: Edizioni del Corpo Via Giovanni Morelli, 4 20129 Milano NOVITA lvanovLotman Pjat' orskij Toporov Us~j TESISULLOSTUDIO SEMIOTICODELLA CULTURA Un /,sto fondamenta/, eh, riprnuk la gra,ul, tradmon, th/1, t,si di Praga pp. 100 L. 2.000 • RScnoles• E. Rabkin FANTASCIENZA pp. 270 L. 4.000 • Jakobson Uvi-Strauss Banhes e altri .Llngw, discol'$() ., società,. - un esauriente panorama sullo stato dclla ricerca nd campodclla linguistica e della semiologia - pp. 326 L. 9.000 • Chai"mPcrclman Il campo ddl'argoma,tlliooc nuova retoria e scientt umane Un classicodella retoricamoderna completamente risaino e ristrunwato per I'edwonc italiana pp. 350 L. 6.000 llis<ribuziooo POE in .- Italia IL piccolo Hans Rivista di analisi materialistica 22 aprile - giugno 1979 Numero dedicato a Ferdi11a11de Saussure Inediti sugli anagrammi Saggi e ricerche di Carlo Ossola. Pietro d'Oriano. Sergio Benvenuto. Italo Viola. Roger Dragonetti. François Recanati. Nicole Sels. Antonio Prete Una poesia di Nanni Balestrini Il piccolo Hans, Rivista trimestrale diretta da Sergio Finzi Dedalo Libri. Bari. Casella postale 362 Abbonamento annuo L. 9000. e.e. Postale 11639705 70 I00 Bari Un fascicolo lire 2.500

I giovani,pront~~enteinseguiti... Milano, Teatro Lirico Concerto di John Cage (2 dicembre 1977) Milano, Arena Civica Concerto per Demetrio Stratos (14 giugno 1979) Spiaggia di Castelporziano Primo festival internazionale di poesia (29130 giugno e 1° luglio 1979) N on sono un sociologo e ho poca stima per quelli che si ostinano a improvvisare sui giornali sociologie e antropologie delle nuove generazioni. Mi limiterò a un ragionamento che riguarda, più che i tre avvenimenti presi ad esempio, l'orizzonte in cui essi si sono determinati. Solo partendo da un ciclo storico si possono comprendere anche i fatti particolari che si sono prodotti all'interno di queste tre situazioni e che cosi spesso i commentatoriosservatori-antropologi si sono trovati a dover falsificare per far quadrare le proprie filosofie particolari. Ma sono proprio i commenti e le interpretazioni suscitati da questi avvenimenti a fornire la sintomatologia aggiornata della cultura dominante, del suo rapporto con il potere da una parte e i giovani dall'altra. Il rapporto fra la cultura e i giovani, il pubblico di massa dei giovani, è infatti l'elemento comune a tutti e tre gli avvenimenti. In ciascuno di questi eventi il 'pubblico' si è mostrato in forma diversa ed è divenuto una cosa diversa. Presi insieme, i tre episodi mostrano contemporaneamente la fine di ogni pretesa di 'egemonia' culturale sui giovani e la fine della cattiva letteratura del 'riflusso', che era essa stessa una pretesa di egemonia. Con gran dispiacere di molti, siamo di nuovo all'anno zero, come nel maggio 1968-che Scalfari ha recentemente dichiarato sepolto- tutti quelli che ci si erano provati prima di lui hanno poi dovuto ammettere che il nefasto «spirito del '68> era tornato. «Anno zero> perché, come nel 1968, ogni precedente egemonia culturale sulle nuove ge~ aerazioni deve riconoscere la propria debolezza. Ma tutto ciò che nel 1968 era ancora latente o indeterminato si è ora radicalizzato, tutte le possibilità di 'recupero' allora esistenti si sono bruciate. Sarebbe ora di mettersi il cuore in pace: lo spiacevole 1968 non finirà più, perché ha segnato l'inizio di un'epoca e continuerà a ritornare come un incubo di questa cultura e di questa società, ma ogni volta in modo più imprevedibile e più profondo. Occorre detestare il 1968 per le sue incoerenze. non certo per la sua coerenza rivoluzionaria di cui ci si vorrebbe sbarazzare per sognare in pace. Il sogno del 'riflusso' era questo sogno della falsa coscienza che vorrebbe continuare a vendere i propri prodotti che nessuno vuole più. L'Arena e Castelporzianoeventi in sé tutt'altro che giganteschi - sono bastati a interrompere questo cattivo sogno. La prova sta proprio nella vastità delle reazioni che i massmedia si sono trovati a registrare, sta in questo stupore. In fondo non era successo molto. Il mondo di quest'epoca è squassato da tempeste ben più grandi. che la stampa si degna appena di riferire. Tutti i giorni nelle fabbriche italiane succede molto di più. G uardiamo indietro agli scorsi dieci anni e troveremo facilmente la ragione di questo stupore. Ci hanno provato tutti a «recuperare» i giovani: adoratori del libretto rosso. psicosociologi. cantautori. burocrati di antica tradizione e nuovi burocrati di sedicenti partiti «rivoluzionari". nouveaux philosophes. ciellini e preti «arancioni>, speculatori non-violenti della fame propria e altrui. teorici della lotta armata e teorici del travoltismo. A molti questa doccia scozzese deve essere sembrata sufficiente a sterilizzare e drogare le nuove generazioni. Cosi il necrofilo Walter Tobagi (Corriere della Sera del 2 luglio)si precipita in Piazza Maggiore, a Bologna, a constatare che per i giovani l'unica prospettiva aperta è quella del suicidio. Gli piacerebbe! Ubriachi di quello che loro stessi distillano nei mezzi di comunicazione, questi intellettuali organici della borghesia finiscono per credere persino a quello che scrivono. Non si sono accorti che, una ad una, le diverse e uguali stirpi di recuperatori hanno dovuto confessare via via la propria impotenza. Cosi si svegliano di colpo dentro l'Arena di Milano o sulla spiaggia di Castelporziano. Ma non c'era il riflusso, Pannella, Travolta, il terrorismo? Ma questi da che parte vengono, da quale buco sono passati? Scrive Arbasino: «Non sono tanto d'accordo con le costernazioni e commiserazioni affiorate qua e là dopo gli esiti del festival poetico a Ostia e prima ancora del concerto per Demetrio Stratos. Le deplorazioni moralistiche sembrano abbastanza superflue, invece di una analisi realistica, materialistica, non già di 'costume', dei dati concreti>. Ben detto. Poi aggiunge: «Lo spostamento ha per fine principalissimo l'impedire che l'evento si compia: questo è il vero bisogno, questo il più forte desiderio> (la Repubblica, 3 luglio). Scrive Augias: «La notte di Castelporziano ha confermato una norma di comportamento -già collaudata qualche giorno fa all'Arena di Milano (concerto 'in memoriam' di Demetrio Stratos) e che a questo punto deve ritenersi generalizzata. A queste feste si va per essere, in realtà, non degli spettatori, ma dei protagonisti. Ha importanza minima che sul palco ci siano dei poeti, dei cantanti, dei mimi. Chiunque verrebbe circondato dalla medesima indifferenza e dagli stessi sgarbi» (la Repubblica, 30 giugno). Fin qui siamo in mezzo alle poche cose ragionevoli che si sono lette; più avanti Arbasino e Augias si sono sentiti in dovere di rivelare il proprio istinto di conservazione, il primo prevedendo che un eventuale arrivo di Beethoven in persona sarebbe coperto di merda, il secondo auspicando che, se proprio la platea deve prendere il posto del palcoscenico, almeno rispetti il senso dello spettacolo e impari a comportarsi come si conviene. Essi dimenticano che-i concerti di Beethoven e di Vivaldi sono sempre più frequentati dai giovani: il fatto che si vorrebbe nascondere è la ragione storica per cui non ci sono più né Beethoven né Rimbaud in grado di farsi rispettare. Dimenticano che è proprio il «senso dello spettacolo» ciò che i giovani vanno contestando ovunque. M a il punto centrale resta un altro. Dal rifiuto della «cultura borghese» del 1968 (cosi contraddittorio e debole nella sua apparente radicalità) siamo giunti oggi alla necessità del superamento della Cultura, cioè all'esigenza di sopprimerla realizzandola. Non si pensi che me la voglio cavare con un giro di frase preso in prestito da Hegel. La dialettica è già nel movimento delle cose presenti: tutti i commentatori - non solo Arbasino e Augias- si sono trovati in imbarazw nel dover spiegare contemporaneamente perché i giovani partecipino in massa agli eventi «culturali» e perché poi vi manifestino perlopiù indifferenza o rabbia. E perché - aggiungo io-scegliere proprio le manifestazioni culturali? Di fronte a questa contraddizione i nostri acuti osservatori - che, in verità, mediamente leggono troppo Giorgio Bocca e troppo poco Giorgio Guglielmo Federico Hegel - cercano qualche scappatoia nel moralismo, nel colore o nell'ironia. Sfugge loro che la risposta sta proprio nella contraddizione stessa, che costituisce il motore di una dialettica al lavoro da più di un decennio. I giovani (quelli .che non sono tali per l'anagrafe) vanno comprendendo sempre meglio quanto sia derisorio rifiutare la cultura «borghese» in cambio di un libretto rosso, di un nuovo «bigino» ideologico o della promessa di una qualche cultura 'alternativa' in costruzione fra San Francisco e Calcutta. Dunque vogliono la cultura, tutta la cultura (non solo quella pretesamente «di sinistra» o quella che i pensatori alla moda consigliano ai clienti dei supermercati), anche quella delle classi dominanti, perché storicamente la cultura è stata soprattutto prodotta dalle classi dominanti: Nietzsche non meno di Marx, Rimbaud come Dante, Vivaldi non meno di Guccini. Essi apprendono tumultuosamente e senza maestri inverosimili che la cultura diventa «progressista» o «rivoluzionaria» per l'uso che se ne fa e per la consapevolezza di chi la usa in rapporto alle proprie esigenze, individuali e collettive. E proprio per questo rifiutano la cultura, in quanto modo di produzione e di consumo, in quanto apparato e prodotto del lavoro «intellettuale» separato dal lavoro esecutivo cui sono condannati insieme alla grande massa della popolazione. Dunque i giovani vogliono precisamente ciò che rifiutano e nulla è più coerente di questo comportamento. Essi rifiutano la cultura perché ne vogliono realizzare le promesse che l'organizzazione culturale non può, per sua struttura, mantenere. Essi prendono sul serio la cultura, è la Cultura istituita che ha cessato di prendersi sul serio. Gli anni che hanno seguito il 1968 hanno visto un'espansione senza precedenti della «domanda culturale» fra i giovani, anche in direzione delle zone più impervie e precedentemente riservate ai consumi elitari. Questo processo non ha avuto nulla di lineare, ma ha proceduto nella confusione e nella contraddizione. La spinta al consumo culturale di massa è un risultato della società capitalistica moderna e della sua crisi, è un risultato dei pressanti tentativi di 'recupero' degli strati giovanili. Consumate meno benzina e più ideologia, meno carne e più macondo - diceva la «società dei consumi» nell'epoca della sua crisi. Il consumo culturale diventa consumo 'sostitutivo', risarcimento per le prospettive 'rivoluzionarie' becere e abortite, strumento di identità fasulla. Ma è proprio procedendo nel territorio e con le armi predisposte dall'avversario per il recupero che questo processo va acquistando radicalità e coscienza di sé. È un processo che implica necessariamente momenti di degradazione e disperazione, poiché, come è stato detto, il cammino della disalienazione passa necessariamente per quello dell'alienazione. Questi momenti sono stati spacciati per 'riflusso' ed erano soltanto punti di svolta, come ora si comincia a capire. S u questa strada un episodio significativo è costituito dal concerto di John Cage al Lirico, poco meno di due anni fa. Quelli che si sono meravigliati dei «sessantamila per Demetrio Stratos» dovrebbero meravigliarsi ancor di più dei duemila o tremila che sono accorsi a stipare il Lirico per un musicista come Cage che gli stessi «addetti ai lavori» stentano ancora a digerire. La tesi che fossero accorsi per «sopprimere l'evento» qui non regge. Io non so perché migliaia di giovani siano andati al Lirico quella sera, che cosa si aspettassero, se sapessero chi·era e cosa faceva John Cage. Quello che è certo è che per qualche decina di minuti si predisposero in silenzio e raccoglimento ad ascoltare il concerto. Sono così finiti nella trappola tesa loro da uno degli ultimi grandi provocatori dell'avanguardia del nostro secolo. che si mise a sillabare senza pietltEmpty Words (Parole Vuote) per due ore e mezza. Il 'pubblico' era costretto a scoprire le carte: ammettere di essersi sbagliato e lasciare la sala; ascoltare il «concerto»; interrompere con la forza la voce sommessa e disturbante; divenire protagonista della situazione. Quella sera il pubblico non poté rimanere 'pubblico' e non riuscì a fare nessuna di queste cose. In sala accadde di tutto, ma non riuscì nulla. La sconfitta delle cattive «attese culturali» veniva sancita dal fallimento dei ripetuti tentativi di interrompere violentemente il terribile e inerme vecchietto, lanciando petardi, invadendo il proscenio, spegnendogli la luce sul tavolino, togliendogli gli occhiali. Cage terminava tranquillamente la sua recitazione all'ora fissata senza che uno solo degli spettatori fosse uscitodal teatro. Quella sera migliaia di giovani confessarono le proprie debolezze nella critica della cultura, confessarono di . essere più vecchi del gentile vecchietto. Si vada a rileggere l'intelligente articolo di Roberto Calasso che analizza impietosamente le contraddizionni di quel 'pubblico' (Panorama del 30 dicembre 1977). Ma la lezione non era passata invano. Lo si sarebbe visto pochi mesi più tardi, quando migliaia di giovani e non giovani parteciparono in un clima di festa e di gioco al giro in terra emiliana del «treno preparato» dallo stesso Cage; una partecipazione felice, che faceva giustizia di ogni pretesa di mantenere l'autonomia del fatto artistico di fronte al 'pubblico'. Non ero a Castelporziano, ma leggo nelle cronache i problemi sorti dall'invasione sistematica del Palco, leggo che un gruppo di poeti ha infine deciso di organizzare un «servizio d'ordine» per difendere il Palco dal Pubblico e consentire la lettura del verbo poetico. Se le cose sono andate così, siamo ali' estremo opposto del concerto del Lirico, siamo di fronte alla pretesa della Poesia di difendere manu militari la sua autonomia istituzionale, alla Cultura che si rifiuta di sopprimersi e di realizzarsi. Non possiamo perciò meravigliarci che il mitico Palco sia infine andato distrutto. Anche per la Cultura sono giunti i tempi in cui due più due fa quattro: gli osservatori schifiti della «trivialità» del Pubblico dovevano però ammettere che i giovani trogloditi hanno imparato a contare. Se qualcuno di essi covava ancora qualche illusione intimista sulla Poesia, quale viene coltivata dalla maggior parte dei poeti o da Lotta Continua, sicuramente se ne è andato con le idee molto più chiare. L a cosa più difficile da capire è l'enorme quantità di articoli, commenti, lettere apparsi a proposito ùel concerto per Demetrio Stratos. È questo il fatto più sconcertante di quell'avvenimento: un concerto pop con 60.000 spettatori, in Italia, non è cosa di tutti i giorni; ma è rimasto un concerto dove non è accaduto nessun fatto particolarmente eclatante, dove il pubblico si è limitato a fare il pubblico. E bastata questa presenza massiccia, ùisincantata verso i divi della musica quanto incurante delle divisioni politiche di parrocchia, a far scattare l'allarme nei mass-media che percepivano confusamente in quella massa un fatto che li smentiva, senza appello. Si .:ra all'indomani delle elezioni, che erano state interpretate come segno di •riflusso' politico fra i giovani, dal momento che in Italia anche il tramonto del sole finisce d'ufficio sotto la voce

'riflusso'. Ed eccoli Il i giovani dati per dispersi. suicidi, dediti alla droga, alla disperazione e alla discoteca. Tranquilli. smirichionati. vogliosi di contarsi, di trovare una strada per comunicare tra loro senza mediazioni spettacolari. Tutto ciò era eccessivo. Occorreva barare. L'afflusso doveva diventare esso stesso segno di riflusso. Ci pensava Epoca ad annunciare Al concerto suona il riflusso (30 giugno). Ci pensava la prima pagina del Corriere della Sera (16 giugno) che titolava Sessantamila giovani suonano il rock del sentimento e del disimpegno. Ci pensava L'Espresso a trasformare Demetrio Stratos, iscritto al PCI, in simbolo dell'anticomunismo giovanile con una allucinante copertina intitolata Miti giovanili: Stratos sì, Longo no (L' Espresso, 1°luglio). Ci pensava l'ineffabile Giorgio Bocca a generalizzare. come gli è solito. l'osservazione delle proprie figlie in un disinteressato invito al PCI a non rincorrere «le passioni giovanili» che «sono temporali estivi imprendibili e imprevedibili» (L' Espresso, 24 giugno). Tutto ciò che i Bocca non capiscono - concerti pop o scioperi spontanei - viene immediatamente classificato nel bollettino metereologico, bollato di irrazionalità, che non vale neppure la pena di comprendere. È di fronte a questa intellighentsia delirante che rivendico la razionalità storica dei comportamenti gionnili, la lucida critica della «cultura» a cui non sfuggiranrio né la politica né l'economia. Attendiamo con malcelata impazienza le repliche triviali sui crimini del «socialismo reale» e sulla mancanza di alternative alla «società industriale» cui si opporrebbe il luddismo dei giovani: qualcuno si potrà incaricare di illustrare i crimini del capitalismo reale e la totale mancanza di razionalità della sua economia «industriale» che sta cessando di essere un'economia e di essere industriale. È verissimo. al fondo dell'Arena sta la questione sociale. Il PCI il 3 giugno ha dimostrato nelle cifre quello che già prima si era visto nella qualità del suo rapporto con le nuove generazioni. Ma quello che sfugge ai nostri osservatori imparziali è che non soltanto il PCI, ma quasi tutte le altre istituzioni della politica e della cultura riscuotono la fervida indifferenza delle nuove generazioni. A loro sembra che, dal momento che i giovani non si curano di quello che loro vorrebbero. allora non si curano di nulla. Non è un caso che la stampa già «extraparlamentare». con Loua Continua alla testa. ha validamente gareggiato con la stampa «borghese» in sottili distinguo. sciocchezze spicciole e accurate analisi del «ruolo del morto> nella riuscita del concerto (come metro di bassezza si prenda Fabrizio Zampa sul Messaggero del 16giugno). I gruppettari. con le loro problematizzazioni inconcludenti. hanno dimostrato di essere forse i più infastiditi da simili eventi che sfuggono sistematicamente al loro controllo. mentale prima che politico. Essi sono in prima fila nel gridare al «riflusso> perché non possono ammettere flussi che non passino per i loro filtri. Capire è la parola che più ricorre negli articoli e nelle lettere che continuano ad apparire sulla loro stampa. ma più si sforzano e meno capiscono. La critica della cultura e dell'ideologia che ora affiora alla superficie colpisce il loro ruolo di gestori dell'ideologia e della cultura «per giovani>. La «burocrazia diffusa> inventata da gruppettari e autonomi per controllare meglio ciò che non controllavano più come burocrazia dichiarata non serve a molto. Vorrebbero «servire il movimento>. ma il movimento si serve da solo. Chi vede in tutto ciò solo anarchia e irrazionalità scopre a sue spese la razionalità storica di questo processo. Segnaldi alle' d,fgria lternativa Bruno Brancher Disamori Milano, Squilibri Ed., 1977 pp. 98, lire 2.000 Enzo G. Bla... bla... di rivoluzione quasi fantapolitica nel XXVIU secolo Milano, Libro Poppy, 1978 pp. 170, lire 2.800 Maria Marino Non sparate sul pianista Pavia, Ed. Libro libero, 1978 pp. 123, lire 2.000 Piera Oppezzo Minuto per minuto Milano, La Tartaruga, 1978 pp. 117, lire 3.000 Marco Ercolani Le mani e la follia Centro Grafico Sant'Olcese «Il Torchio», 1979 pp. 86, lire 1.000 e 'è un sentiero che a un certo punto si biforca; può essere utile imboccarlo prima della biforcazione, risalendo per un attimo agli anni Settanta: allora le caseeditrici più avvertite crearono collane di testi «irregolari», documenti di vita o testimonianze sociali, i cui autori, estranei al sistema letterario, offrivano gli esiti di una propria singolare esperienza; erano pastori, operai in fabbrica, emigranti, detenuti, drogati, donne del Sud, ecc. Ecco la collana «Franchi narratori» di Feltrinelli, che metteva e continua a mettere il lettore a contatto abbastanza diretto con le realtà regionali, i diversi strati sociali, le condizioni di questo nostro paese che vanno sempre al dilà di ogni pur vivace immaginazione (il trentesimo volume della collana. Vittorio Borelli, Diario di un militante. è fresco di stampa). Così Einaudi offriva in due bei libri del 1973 e 1975 le esperienze di forzato e di contrabbandiere di Aldo Pomini, e De Donato negli anni Settanta quelle pugliesi di un emigrante (Marco Di Mauro) e di una tarantata (Annabella Rossi). Questi prodotti, rilevanti inprospettiva antropologico-sociologica, a volte anche belle sorprese per il critico letterario. sono passati per i canali del normale circuito editoriale, donde la loro brava etichetta pubblicitaria di «letteratura selvaggia» o «emarginata». hanno richiamato e richiamano su di sé in particolare l'interesse dei sociologi della letteratura e dei linguisti. questi ultimi volti alla affannosa ricerca di primi vagiti sintattici del nuovo «italiano popolare». Naturalmente non è di questi testi che qui ci si vuole occupare. ma di altri che una frequente disattenzione accomuna ai precedenti. benché le due serie non abbiano quasi niente in comune. E non Io hanno perché a un certo momento (anni 1977-1978) qualcosa di nuovo è accaduto, per cui il sentiero delle testimonianze è giunto a biforcarsi; sul nuovo tracciato, ecco i testi che ci interessano. Ne abbiamo scelti cinque per il pacchetto bibliografico, ma ne potevamo mettere una trentina, alcuni già esposti alla mostra dell'editoria alternativa di Piacenza nel 1978; sia detto subito che il tipo di prodotto, dalla liberissima vita, non è di facile enumerazione e che spesso può anche toccargli una caducità finale, esito di cui gli autori non paiono preoccuparsi. Ci domandiamo: c'è qualcosa che accomuna veramente questi libretti? Qualcosa che suggerisca l'idea di un fenomeno culturale nuovo, di un segnale luminoso a intermittenza, traducibile in messaggio? Direi proprio di sl. Partiamo dall'esterno: li riunisce in primo luogo una certa tipologia comunicativa, che investe l'emittente, la sede di stampa, il canale distributivo, il destinatario. Si tratta infatti di testi scritti da giovani e giovanissimi, pubblicati da un'editoria alternativa a quella ufficiale per consapevole scelta degli autori stessi. A volte il rifiuto delle sedi ufficiali di stampa è precisamente e insistentemente denunciato; ad esempio, in copertina al «Libro Poppy» di Enzo G. si legge: «su questo libro Mondad'ori e simili non possono mettere le grinfie». La «Poppy-bastardi carta stampata» è una cooperativa. si definisce «non-casa editrice». ma «modo di incontro» culturale nuovo e democratico; stampa anche una rivista/ Promessi Poppy (si apprezzi la figura della traductio o gioco di parole su uno dei titoli più illustri della nostra letteratura); orbene, il numero O della rivista, dal titolo Storie, storielle, storiacce quasi normali da cani bastardi, informa nel quarto di copertina: «Ovviamente, muovendoci fuori e contro il sistema editoriale in mano a quelli, possiamo contare prevalentemente sulla diffusione diretta> e segue l'indirizzo della cooperativa. Sono in genere sedi di edizione: tipografie, centri grafici, dove il testo è composto e litografato, editrici di gruppo quali «Edizioni Squilibri», «La Tartaruga», ecc. Dunque, editoria alternativa significa anche, mirabilmente, editoria 'povera'. La distribuzione ha luogo in librerie esse pure in certo senso alternative e povere, frequentate da giovani, studenti e no, che sono in effetti i destinatari designati dei libretti come pure dei numerosi fogli e periodici in ciclostilo ivi diffusi: fogli che compaiono e spariscono, nascono e muoiono, come i fiori di prato alla periferia di Milano; qualcuno però lo si trova sempre. Da ogni grande città, ma anche dal fondo remoto di parecchie città di provincia, giungono luci e segnali di questi centri di distribuzione del 'diverso', che si possono collegare, in una visione trasversale del fenomeno, ad alcune radio libere, a spettacoli para teatrali e a riunioni di gruppo o di gruppi. La maggior parte della gente non si è accorta di nulla, naturalmente, come nel Xli secolo ben pochi degli intellettuali formatisi entro i modelli della cultura allora egemone, la feudale, si resero conto di una dicotomia, cioè divisione, biforcazione che si stava producendo fra i testi della cultura ufficiale e le manifestazioni svariate del diverso, del trasgressivo, di cui si facevano portatori i derici vaganJes ( che va tradotto «intellettuali irrequieti>), gli histriones o attori di un nuovo teatro satirico popolare, gli studenti universitari e la vasta striscia culturale della goliardia. E proprio da ll, invece, a guardare bene la storia, venne fuori a poco a poco la nuova civiltà urbana dei liberi Comuni. A rendere più ardua in ogni epoca la conoscenza dell'operazione culturale trasgressiva, nel medioevo come oggi (pure in termini sociologici e storici diversi), sta il fatto che la società costituita e la sua cultura ufficiale tendono perversamente a quella particolare forma di difesa dei propri modelli e stereotipi culturali che Juri Lotman chiama «l'arma della dimenticanza»: si producono cioè più o meno consciamente dei meccanismi di esclusione, si gestisce un'interdizione del silenzio all'interno degli organi deputati alla comunicazione (mass-media, per esempio). E allora, parliamone di questi testi aperti verso il diverso, il discorde e che. si hadi bene. per lo più non provengono dal «basso>, come quasi tutti i documenti di cui si parlava prima, stampati dall'editoria ufficiale, ma da una sorta di nuovi giovani clerici vagantes (nel senso tutto medievale del termine), che non denunciano una subalternità sociale, bensi un rifiuto sociale di cui si fa simbolo e modello esemplare la vicenda narrata, il testo scritto. Ciò consente di affermare che qualcosa d'altro accomuna i libretti e librettini alternativi, oltre al tipo di emittente, di distribuzione e di destinatario: li accomuna il punto di vista dell'alterità. Donde la presenza di alcune costanti tematiche: 1) si racconta l'esperienza dura di un giovane, uomo o donna; 2) impossibilità interiore ed esteriore per il protagonista, che spesso parla in prima persona, di inserirsi nel contesto socio-tecnologico odierno, di assoggettarsi alla sua quotidiana violenza; 3) ansia di una liberà nuova, intesa come liberazione; 4) incomunicabilità sociale e, quindi, solitudine del giovane, che sfocia in soluzioni alternative (lotta, carcere o droga); 5) costante sogno di una comunità umana diversa, che può a seconda dei testi configurarsi come interminabile utopia o possibilità prossima futura; 6) un finale in cui il protagonista o si libera dalla schiavitù dell'organizzazione capitalisticotecnologica o, nella lotta per raggiungere lo scopo, soccombe: cioè protagonista alla fine o libero o morto: Esempio sottile del primo finale offre il libro di Piera Oppezzo, Minuto per minuto: la protagonista, impiegata in una ditta e inchiodata alla macchina da scrivere, vivesolo nell'incessante attesa della pausa da un lavoro che le si presenta come violenza e distruzione di energie; alla fine, d'un tratto, il coraggio di far piazza pulita, di licenziar- ,i; ecco le parole finali del libro: «Solo una giusta posizione di partenza, prima di prendere lo slancio». Ancora una riflessione di natura generale sul corpus o insieme dei testi, e quindi anche sugliesemplari qui scelti a rappresentarlo: nella prospettiva <lei sistema letterario, e quindi dei generi, i testi occupano un'area che va <laidocumento al diario, al racconto; si oscilla, inoltre, tra la funzione esclusivamente socio-ideologica, che meriterebbe un approfondimento semiotico 4ui impossibile per limiti di spazio, e un'incidenza della letterarietà con gradazioni varie di livello artistico. Si è preferito scegliere, ovviamente, dei libretti leggibili 'anche' in chiave di prodotti letterari o almeno di una suggestiva autenticità: segni, presagi di possibili nuovi destini. n punto di vista dell'alterità, cioè di 4ualcosa che è e vuole essere trasgres- ~ivo,alternativo, produce una struttura di drammaùzzazione che è comune ai cinque libretti, e in più una nozione <lipersonaggio protagonista come individualità necessariamente in antitesi

Lacomunicazionaentagonista: •• • •• V i è un passaggio nell'articolo di Mario Corti in cui, e questo è straordinario per un'esterna, viene centrato perfettamente il problema di come collocare e interpretare il fenomeno dell'ediloria alternativa (o marginale, o antagonista o militante, ecc.) e cioè quando si dice che questi testi edilorioli «non provengono dal 'basso', non denunciano la subalternità sociale, bensl un rifiuto sociale di cui si fa simbolo e modello esemplare la vicenda narrata, il testo scritto». A questa definizione aggiungerei che la stessa struttura tecnica, tipografica, distributiva, commerciale, rientra o tende a rientrare nel modello culmrale stesso per cui si può dire che la creazione del testo, la sua produzione e veicolazione sono il frutto di un unico processo antagonista appunto e che come tale si dà formule organizzative ed economiche diverse e il cui sperimentalicon la società, con le manifestazioni del sociale. I n questa generale prospettiva, riprendiamo Minuto per minuto della Oppezzo: a prima vista sembra che non vi avvenga nulla; la protagonista è legata a una catena di montaggio del suo vivere, a un catalogo di gesti condizionati: la sveglia, l'ufficio, la spesa, i pasti, un vivere dove niente ha sapore («La vita ci avverte della sua presenza e ci sfugge. O noi le siamo sfuggiti. Troppo distanti da iei, ormai. Da noi stessi•, p. 42). Ma a poco a poco la struttura di drammatizzazione prende rilievo nella crescente tensione bipolare fra lei, la donna, e la ditta: da una parte c'è la ditta con la sua dotazione di fatiche puntuali, di razionalissima barbarie, dove tutte le azioni diverse sono uguali, e ugualmente insensate, segnali di una incombente rigorosa follia universale; dall'altro c'è lei, carica di lucidità sempre maggiore, ma anche di ansia crescente di fronte allo spreco di vita, al bisogno di autenticità e comunicazione. L'antitesi tematica si riflette a livello di forma dell'espressione in uno stile tagliente, a frasi brevi, spesso nominali (cioè senza forma verbale esplicita), con forti chiaroscuri. Al contrario, in Le mani e la follia di Marco Ercolani lo scontro drammatico fra protagonista e società sfocia nella discesa del personaggio, questa volta maschile e omosessuale, verso una follia ora visionaria ora delirante; simbolo del sociale è la «strada•, attraversata da arcangeli, demoni frenetici e loro imperfetti umani facsimili; simbolo del protagonista le sue «mani,., che egli sempre si guarda come esercizio corroborante. Questo libretto, diario di un pellegrino sulla strada della propria disintegrazione attraverso stretti corridoi della follia. ci si presenta come «Supplemento,. della rivista quadrimestrale Con ciò sia cosa che. di cui lo stesso Marco Ercolani è uno dei redattori; illuminante al proposito uno sguardo al n. 5 (settembre 1978) della rivista. dove Ercolani. in un articolo dedicato ad Antonin Artaud (L'opera per/ella come sepolcro), colloca la scelta della follia da parte del poeta «al punto estremo di un discorso sulla parola•. in quanto la follia può essere «mezzo di disintegrazione e di ricreazione di una parola-cadavere. parola che è solo pietrificazione e suicidio dell'uomo•. La follia. dunque. come carica al contempo negativa e positiva. pozzo senza fondo in c.ui scagliare qualcosa e attingerne il diverso; in altre parole. il tema della follia come scelta trasgressiva: e ancora una volta viene alla memoria l'ideologia eversiva che sta dietro la celebrazione del fol/11s e della festa follorum nel Xli secolo. e on 8/a ... bla ... di rivoluzione qua.ii fantapolilica nel XXVIII secolo di Enzo G. si muta orizzonte: sullo sfondo non più una generica soc1eta neocapitalistica e tecnologica additata come il nemico del vivere; sullo sfondo c'è il Potere. entità presente sempre e processi!r1an1uat1v1 smo culturale ed economico si colloca come segmento in costruzione all'interno di una società complessa in crisi. Fare quindi il bilancio di una realtà di questo tipo costringe a suddividere apparentemente in se/lori organizzativi aspelli diversi di un circuito culturale ed economico che è invece in realtà strettamente interdipendente nella sua trasversale disomogeneità. Chiarito questo e premettendo che è a mtt'oggi impossibile (come è giusto che sia) fornire dati esaustivi di tipo statistico, si può tracciareun'arbitraria radiografia delle strutture organizzative dell'ediloria autogestita. L'occasione per una riflessione di questo tipo ci è stata data dalla Prima Mostra dell'Editoria Dire/la tenuta a Piacenza nell'ottobre '78. Partendo da questi dati e unendoli ad altri già conosciuti o successivamente verificati possiamo delineare un panorama di questo tipo: sempre insondabile, cosi presentata da Francesco, il protagonista, poco prima di morirne vittima: «Voglio dire che le cose hanno preso il sopravvento. Hanno preso il posto della vita. Dovrei spendere le mie energie migliori per le cose e al centro delle cose vi è il potere che assorbe in continuità. Noi dovremmo continuamente alimentare questo circuito. È la dimensione a cui vogliono condannare: la dimensione della divisione continua, alienante e accumulata nella storia, che possiede il suo centro non in me o in te o negli altri Assistenti, ma fuori di noi ... nel Potere,. (p. 155). Il libretto appartiene a quel sottogenere della fantascienza che è la fantapolitica, qui assunta come generatrice di una Grande Allegoria del Potere dal terribile significato; alla vita del pianeta sovraintende un demiurgo, cioè la «Organizzazione mondiale della Pace», che con scientifiche ramificate metodologie distrugge scismi, eresie e provocazioni. La specie umana, indirizzata dai Predisposti, esseri-prodotti della bioingegneria e della biochimica applicate, accetta apaticamente le regole del gioco, ipnotizzata dal divino Ordine. Il protagonista, sempre più politicamente eretico, interessa il lettore in particolare per due aspetti: da un lato, in tutte le sue esperienze, anche le più vitali, si sente che egli in effetti si sta preparando, avviando a morire, il che puntualmente avviene alla fine del libro, dove un gran Giuri lo elimina come eversore. D'altro lato, la vicenda di Francesco appare allegoria del fatto che il punto di partenza trasgressivo deve essere «individuale•, come mette a fuoco anche il prefatore al libretto, che si firma Lucio: «Francesco non è la folla che si rihclla: non è la trasformaA) CASE EDITRICI: tra 90 e 130 (la jlu11uazionetra le due cifre è determinata non tanto dai problemi economici, quanto da alcuni fattori strettamente legati ai bisogni reali: 1°) Fasi di grande sviluppo del «movimento» o della sua deriva/Va/e per tu/li il mov. 77. 2°) In relazione al punto I°, la non codificabile volontà o bisogno di pubblicare. 3°) Le oscillazioni economiche delle strullure organizzative parallele (centri sta"}pa, centri di distribuzione, librerie editrici). La somma dei titoli circolanti era a Piacenza di 61700 di cui circa 21300 di letteratura o poesia con una forte preminenza della seconda. B) CENTRI DI DISTRIBUZIONE: quelli organizzati sul territorio nazionale come diretta espressione della produzione antagonista sono 2: la zione di un sistema: è solo lui- Francesco-individuo; Francesco-pensante; Francesco-che si scopre e si ribella; il primo germe che corrode e dà il via alla corrosione ad opera di altri come lui». Comincia a prospettarsi, nei tre libri citati, se pure in modi diversi, il tema costante della necessaria opposizione individuale-sociale come avvio per la creazione di un diverso sociale; non la classe, dunque, ma la coscienza individuale s'innalza alla funzione di cardine dell'intero processo di ribaltamento. S iamo agli ultimi due testi, i più densi e anche i più attraenti in certo qual modo, soprattutto quello di Bruno Brancher, attraversato da una carica ironica piuttosto rara in questo contesto culturale; e perciò lo teniamo a chiusa del discorso. Da dove il titolo del libro di Maria Marino: Non sparate sul pianista? Non dal film propriamente, ma dalla rievocazione di un episodio di guerriglia urbana: «Più volavano i proiettili, più la musica cresceva, ritmica, imponente, meravigliosa. Era Antonio che suonava sul pianoforte a coda in mezzo alla barricata la musica che era in noi. E sulla schiena aveva un cartello con su scritto Non sparate sul pianista,.. (p. 26). Questo libretto è sul piano strutturale il meno afferrabile, in quanto messo insieme giustapponendo elementi di diario di un autonomo giovanissimo, discorso metanarrativo dell'autrice col suo personaggio, poesie, lettere, manifesti rivoluzionari, racconto di operazioni di vari Collettivi; a sfondo gli scontri fra autonomi e polizia a Roma. Bologna. Milano. Testo non riassumihilc quindi: ma suhito Coop. Puntirossi e la Coop. NDE. In p.articolarela NDE è passata in 3 anni da un fatturato di 70180milioni al fatturato di I miliardo circa nel /978. Esistono inoltre una serie di altri centri di distribuzione (una decina) assai più piccoli, ma non per questo meno utili, di cui è assai difficile quantificare il potenziale economico. C) LIBRERIE EDITRICI: comprendendo in questa definizione anche le Coop. Universitarie che sono andate via viaampliando il loro campo di intervento in questi ultimi 3 anni, sono una cinquantina le librerie con un forte collegamento al fenomeno dell'ediloria direi/a. D) CENTRI STAMPA: è questo uno dei fenomeni più recenti la cui evoluzione è solo agli inizi, ma si può affermare fin d'ora che una decina di questi centri è funzionante con maéchine offset piane e che queste strul/ure colpisce il fatto che, mentre è il più direttamente politicizzato, è stranamente, o forse no, il più lirico («sapere dov'è nascosto l'oro dei poeti», p. 50), il più vitalisticamente ilare: «Vale la gioia, vale la gioia di vivere, / è da questa gioia contraddittoria / che si scontra con ogni sorta di mostri, I che nascerà la mia rivoluzione» (p. 51). Il protagonista passa per assemblee, ospedali psichiatrici, «espropri proletari», e la musica continua a suonargli dentro: «Uno dei giorni più belli della mia vita fu quando andammo a bruciare la sede della Bassani-Ticino [ ...] Quando vidi le fiamme divampare mi strappai il passa-montagna e lo lanciai in aria ballando e cantando per la strada». Naturalmente solo un libro costruito come questo con una certa dose di irrazionalità poteva finire ultragioiosamente con l'utopia scesa in terra e divenuta la realtà della rivoluzione. I tratti segnalati qui, mentre portano a congetturare un'ingenuità poco passibile di spiegazione politica, costruiscono il libro come una sorta di sogno,.uno di questi sogni dalle immagini un po' caotiche che sono spesso i più simbolici; quelli cioè dove ogni sequenza presa in sé ha corrispondenza col reale, mentre dal concatenamento di tutte le sequenze nasce lo stravagante del sogno per rapporto al reale stesso. N iente di tutto questo in Disamori di Bruno Brancher: l'autore non è un ragazzo, è uomo cresciuto nelle strade del quartiere della «mala» milanese, passato per autenticissime esperienze, quali miseria nera, furti, carcere, lavoro in miniera, lavoro in «Lotta Continua». e ancora la strada. Da tale ricchcZ7.adi ostinata cspcricnhanno già una media capacità sia professionale sia di riproduzione economica. Precisando ancora una volta la arbitrariasuddivisione qui elencata (ad esclusione forse della Coop. NDE) diremo che in realtàqueste strutture si intersecano spesso a vicenda in una interdipendenza funzionale la cui trasversalità con il movimento reale è il punto di pregio e di debolezza. Stante questa premessa ed aggiungendo a quanto elencato la componente in crescita del- /' editoria «pirata» (vedi a questo proposito /'esaurientearticolo di M. Grassi e G. Mazzone su Prima n. 65), si può approssimare un giro d'affari di circa2 miliardi di cui un 20% coperto da letteratura, poesia o comunque da pubblicazioni, riviste incluse, che 'contaminano' i generi. za viene a questo libro ciò che non c'è in nessuno degli altri del genere:. una virtù della testimonianza che è fatta di saggezza e di ironia, due incomparabili qualità. Brancher ci racconta la sua vita. Benissimo, un diario in prima persona non sarebbe una novità. E invece qui di novità ce ne sono almeno due meritevoli di essere segnalate. La prima consiste nel fatto che l'autore racconta a due livelli contemporaneamente, perché c'è sempre in lui l'intrusione del mondo fantastico nel mondo reale, come in un minuscolo Don Chisciotte: vi è quello che egli sogna e crede di incontrare, e vi è quello che incontra realmente; le sventure si producono sempre per la forza conse-- quenziale con cui si impone il secondo punto di vista, quello degli altri, della società. Secondo aspetto nuovo di questo diario: esso ci guida a mettere a confronto l'abissale differenza fra gli anni Cinquanta e l'oggi. Ecco le zone Ticinese, Genova, Romana (la «leggendaria piazza Vetra», come ben la chiama Primo Moroni, prefatore del libro) negli anni Cinquanta-Sessanta, quando gli operai e i «sbarbà de vita», cioè i giovani irregolari, vi convivevano fantasiosamente. Ed ecco l'oggi: gli operai sono saliti verso l'universo della piccola borghesia e al posto degli «sbarbà de vita» è giunto il racket della «mala» organizzata; un mondo quasi mitico si è completamente disintegrato, è scomparsa la «strada» dei Disamori, dove regnava una sparsa dinastia di personaggi come la prostituta Zarina e, perché no?, lo stesso Brancher. Vorrei concludere: i messaggi dell'editoria alternativa sono segni culturali di singolare nettezza (anche se in alcuni di essi non mancano farragini verbali). La loro distanza dai testi creativi dell'editoria ufficiale si avverte subito; c'è un fondamentale cambio <lipunto di vista, donde anche la preminenza che assume la funzione socioideologica, per noi lettori, rispetto a 4uella artistica dei testi, come già risultava dall'elenco sopra dato delle costanti tematiche. In questi libretti si parte perlopiù dall'individuo per giungere alla identificazione di gruppi forniti di interna coerenza, indi a un rapporto nuovo fra i gruppi, che prometterebbe una nuova socialità. Processo speculare, dunque capovolto, rispetto a quello dei «modelli» di classe. «Da me viene il nuovo, da te viene il nuovo, e insieme lo costruiremo» dice un canlO goliardico francese del Xli secolo; non pare ci siano di mezzo otto secoli. Borges postillerebbe che la «Biblioteca è illimitata e periodica»! La massa di questi piccoli testi di autori in genere molto giovani è una realtà con cui la cultura dovrebbe fare i conti; e se non li fa. peggio per lei. Se crede di far gravare l'interdizione del ,ilenzio. risolvendo tutti i suoi problemi con i cosiddetti «giornali popolari» da una parte e la cultura specializzata dall'altra, rivela un eccesso di miopia alquanto pericoloso alla sua stessa circolazione. i::

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