Alfabeta - anno I - n. 3/4 - lug.-ago. 1979

Nuovasinistrae classici Daniel Lindenberg Omarxismo introvabile Torino, Einaudi, 1978 pp. 197, lire 3.400 Luigi Ferrajoli e Danilo Zolo Democrazia autoritaria e capitalismo maturo Milano, Feltrinelli, 1978 pp. 137, lire 1.500 Ludovico Geymonat Paradossi e rivoluzioni intervista su scienza e politica a cura di Giulio Giorello e Marco Mondadori Milano, Il Saggiatore, 1979 pp. 149, lire 4.500 S i può prevedere che il dibattito nel prossimo periodo, necessario nella nuova sinistra e su di essa, non sia facilmente limitabile. Verterà su tutto, e come tale è già incominciato; non si tratta delle disillusioni dei «giovani» o dei loro «errori» ... Investe il marxismo stesso. E le fughe da esso. Infatti come «nuova sinistra» non si può più intendere una pratica di opposizione o uno studio da parte di nuove generazioni; oggi comprende i conti col Novecento anche da parte degli 'anziani' (che hanno tenuto). Noi riguardiamo qui alcuni problemi e testi in rapporto specialmente con la tradizione di essi che si usa dire «classica». Un'esperienza francese di «introvabilità» Un pamphlet abbastanza lucido, con tentativi aforistici, è quello di Lindenberg: da una parte rappresenta lo sconcerto dei giovani studiosi sulla situazione del marxismo nel mondo, e si fa bilancio critico anticipato del '68; dall'altra parte, investe tutta la storia del marxismo colle sue valutazioni, ed è questo il modo di apporto recente della nuova teoria, nella fase attuale di delusione e di ripensamento. L'autore è venuto dalla sinistra della gioventù sionista (che ha dato quadri troskisti e maoisti alle lotte in Francia), è stato allievo e poi critico di Althusser, e si dice militante dell' «estrema sinistra», con nozione nuova di questa scelta: estremista vuol dire militante radicalizzato e non conformista, non partitico. Centra la sua testimonianza adoperando strumenti singolari di analisi: «il riferimento all'esperienza vissuta» e «l'ascolto implicitamente analitico». Li ricava da Lacan di un testo non pubblicato del '69-'70, L'enw~rs de la psyclumalyse. Ovviamente tali strumenti gli servono come complementari per un sondaggio storico-critico e teorico-politico abbastanza dettagliato e penetrante, allo scopo di evidenziare i nodi fondamentali del marxismo in Francia e gli «anticorpi» messi in atto dalla ideologia francese per assorbire e svuotare più volte, continuamente, i tentativi generazionali di trasformazione. Il suo libro è del '75 e reca il sottotitolo: «Filosofia e ideologia inFrancia dal 1880 ad oggi». L'introvabilità ctel marxismo, che non è una battuta, definisce secondo lui la mancanza del marxismo in Francia e insieme la sua costante falsificazione. Si può dire che il modo di pamphlet, con la sua violenza, risponEleonora horani Leoneui de proprio ad una esasperata constatazione d'impossibilità realizzativa e allo sbalordimento difronte a tutto ciò: e non pochi giovani e meno giovani condividono questo stato. Per Lindenberg il concetto di «introvabilità» si rende tutt'uno col fatto che il marxismo in Francia risulta manifestato sempre a livello di «intenzione». Elenchiamo le emergenze storiche principali di siffatta intenzione: essa è organizzatrice nel guesdismo (Guesde è l'iniziatore del socialismo scientifico francese nel1'80), antipositivistica con Sorel, di ripresa internazionalistica nei fondatori del PCF, antifascista nella generazione del '36 e della Resistenza, antistaliniana o «anti-revisionistica» nella generazione del '68. Attraverso tale esemplificazione Lindenberg sostiene che «in Francia il marxismo è nato morto, e questa nascita-morte si ripete a ogni generazione come uno psicodramma rituale» (p. 10) e che <tCOmiel mondo per Descartes, il marxismo viene creato ogni secondo» (p. 189). Mentre avviene dì seguire con una certa diffidenza il travaglio scintillante di Lindenberg, raccogliamo e critichiamo sul piano teorico-critico i suoi apporti. Egli interpreta il guesdismo come giacobinismo operaio. Tuttavia Jules Guesde insieme al piccolo gruppo intorno a «L'Egalité» costruì una voce autenticamente marxista nel predominante mutualismo e cooperativismo francese di derivazione proudhoniana (anche se è linguisticamente a tratti scolastica). Lmàenberg tenta un ricupero di Sorel citando «il riconosciuto influsso su Labriola e Gramsci» e ancora «su Lukàcs, Korsch e Benjamin» (p. 86). A noi pare in parte giusto Ilpastodell'avvoltoio Paolo Yalesio Morire è facile. • per mostrare la strada. E candele - 11suo intento di colpire l'errore mistificatorio corrente di un rapporto fra sorelismo e fascismo (che sentiamo riprodotto anche oggi); in parte però la rivalutazione risponde alla sensibilità per l'azione - e al cattivo rapporto colla teoria - del movimento sessantottesco. Ciò è ben comprensibile anzitutto perché Sorel, come è noto, si fa teorizzatore del mito come stimolatore delle masse alla «violenza proletaria• e compie una rottura fra il partito e il sindacato: ci sono dunque motivi immediatamente utili e riconoscibili come anticipazioni. Sta il fatto insieme che la successiva tradizione lunga dei partiti comunisti col suo verbalismo e storicismo ha annebbiato i fattori soggettivi: ed è a rottura di ciò che si muove con gusto eretico e aforistico Lindenberg, caratteristico anche in ciòdel nuovo periodo di militanza e di riflessione. Sono notevoli infine le osservazioni sulla predominanza di Bergson nell'ideologia francese novecentesca. Un problema è anche la fragilità teorica (non di strumenti) che l'autore rivela, e che è generale nella nuova sinistra. Per esempio, con una concezione del marxismo come lacunoso (assai diffusa nella problematica attuale e in ogni caso discutibile) Lindenberg fraintende che cosa è la teoria, nel rapporto colla pratica, ed aggira facilmente l'ostacolo della critica necessaria al coinvolgimento dei partiti operai nella società borghese in Europa occidentale. Non si salva l'attualità del marxismo con la pur bella battuta finale: che «non si cambia un cavallo privo di un occhio con un ronzino cieco» (quest'ultimo è l'antimarxismo crescente in questi anni nell'intelligenza francese). Prendiamo dall'inizio del libro un altro appunto utile: «ritengo che il crimine degli intellettuali non sia quello di consacrarsi esageratamente al lavoro teorico, ma di consacrarsi a questo lavoro troppo poco e male• (p. 17). Dunque insieme all'incisiva indicazione di una difficile realizzazione del marxismo, estesa per un secolo, Lindenberg mostra però che la via o l'attenzione autocritica della militanza recente è spesso- o ancora - oscillante o approssimativa. I garantisti i,,tnnsigenti Ferra joli e Zolo sono studiosi e teorici rappresentativi delle componenti oltranziste del democraticismo e basismo italiano, che ha la convinzione del carattere rivoluzionario del costituzionalismo oggi. In ciò consiste il «neo-garantismo>, con la sua proposta, analisi e lotta per un controllo limitativo e distributivo dei poteri dello stato; da alcuni anni, provvista di ogni esperienza e avvertenza recente, questa posizione non ha niente a che fare con le correnti partecipazionistiche, ma ha anzi una sua durezza. Risulta infatti particolarmente efficace la denuncia del compromesso storico come «dissoluzione autoritaria dello stato di diritto e della democrazia rappresentativa> (p. 11): tale processo trasformativo. infatti. secondo gli autori. comporta una «integrazione inter-corporativa» e uno svuotamento della coscienza di classe. E produce inoltre fenomeni di emarginazione. i quali vengono criminalizzati. L'analisi di Zolo e Ferrajoli vuole rispondere (come già molti contributi italiani degli anni recenti) al dibattito dunque non può essere intorbidida da carcasse; il fuoco è sacro - Ma essere sepolti: è un'arte filosofica. bprima di tuuo: i calzoni non debbono avere la chiusura «lampo» tuu' altro che lampeggiante in verità meglio: ceri grossi come un pugno, e dipinti - ma almeno candele. dunque non può dissacrarsi bruciando il corpo; l'aria è sacra - è lenta facile ad incepparsi impigliandosi nelle falde della camicia o maglietta o al/'orlo delle mutande . e ingroppa inzeppa tutto. Per essere sicuri d'esser sepolti con calzoni abbottonati con la patta che chiude la fessura («la fessa») senza l'oscena dentatura vaginale della lampo, bisogna farsi seppellire col vestito del dì delle nozze. (Anche perché così vedranno - Narciso dietro il vetro della bara - che non eri poi così ispessito e impresciuttito, se potevi indossarlo ancora). Ma sopra tutto: tu riaffermi la linea semplice di tu/la una vita con un solo vestito buono (è per questo che negli Stati lo chiamano sincere suit?) dallo sposalizio alla terra. Con la speranza che cosi morendo ritroverai - al discrimine decisivo sull'ultima lama di luce della coscienza - i padri dei padri dei tuoi padri. Ma, proprio quel vestito blu? «Ehi, ma che bel complèto da barbiere alla domenica!» esclamò allegramente la sposa in quel giorno nuziale. Sarà, ma che importa? Sia una morte di provincia, una cerimonia provinciale, ma sia. E insieme con la cerimonia sia la querimonia e la santimonia. Vi sono ancora le donne che pregano a pagamento? Speriamo: è il più onesto modo di pregare. Prefiche dunque, come madri. Le madri dovrebbero sopravvivere ai figli, per poterli (figure di Maria lamentante) compiangerli degnamente: solo esse esperte della corruzione delicata delle cure morbide del vizio dolce dei figli solo esse le beneficamente corrotte sanno fare il corrouo sul cadavere. I padri invece debbono premorire ai figli: Anche il candelotto fra le gambe? No: non per questo, il rituale de/l'abbottonatura; non allusivo a quegli arrazzamenti che (trovandoselo rizzato fin souo il mento) si dice patiscano gl'impiccati negli ultimi spasimi e sgambate. Il vestito all'amica è l'argine di stoffa contro la volgarità. Ma, allora? La vita che così muore non è semplice le radici contadine sono menzogna, e comunque: troppe radici terrose s'intralciano a fior di terra; caccia alle nicchie libere nelle tombe dei Faraoni devastate, gare d'appalti ed affitti per i cadaveri ammonticchiati che attendono i turni. Tutta la terra dunque è sconsacrata dalla avidità delle palizzate e picchetti che vengono • imposti. Territorio - troppo presto s'era dimenticato - viene da terrore: territorio esiste solo quando qualcheduno con il gladio «È te"a mia!» terrifica altri uomini. La spada scava terra poi subito scava il collo di chi osa sorridere, irridere al gesto confinatorio. Morire diviene allora - come vivere - scelta violentante dei limiti. Idea, fino alla sepoltura ricorrente: e-liminare stroncare chi trasgredisce il limite abbauere anche colui che soltanto, che semplicemente, non trova luogo dentro il limite. Allora, Pàlin Odìa: la sepoltura terrestre è impossibile. Dicono i Parsi: la terra è sacra - dunque non può esserepolluta dal cadavere; l'acqua è sacra - dunque non può essere offuscata da ceneri. Quale luogo, al cadavere? La tomba semovente che forclude tutti gli elementi tagliandoli fuori dalla sua angusta volta buia: l'avvoltoio. Oggi io debbo dire il contrario: te"a ed acqua, fuoco ed aria - tutti polluti, ruui bruttati, nessun degno, più, d'ospitare l'unico elemento che avrebbe potuto riportare un simulacro di purezza: il corpo umano. Mamentre cammino lungo il viale grande (Bombay ai piedi souo la collina) osservando le Torri del Silenzio - comprendo che (pur se opposto il punto di partenza) debbo tomare alla chiara visione dei Parsi: l'avvoltoio. Le To"i del Silenzio: angusti molto profondi poui tolli rovesciate dentro il ventre dentro la terra. Lì vengono gettati i cadaveri. E su tutte le palme intorno gli avvoltoi (solo un occhio abituato n, finalmeme scorge) aspeltano. Ristanno come gimnosofisti: grandi, cuprei, calvi colli incassati tra spalle ingobbile. Gli avvoltoi sono filosofi nudi (lasciano dunque dietro e souo di sé - jlu11uantenel ridicolo - questa figura assurda: il filosofo vestito). Gli avvoltoi sono critici, trasceglitori: prima di ogni altro membro, sempre, ingoiano gli occhi. Nel loro stomaco la morte si purifica, la ruota si riavvia.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==