Alfabeta - anno I - n. 1 - maggio 1979

stesso come depositario e produttore di senso». Si noti che lo dice Agosti. non sospetto di simpatie avanguardistiche. e che il nostro antologista sembra riportarlo con pieno assenso: non si tratta insomma di una luciferina asserzione di qualche «novissimo». anche per la buona ragione che. malgrado certi luoghi comuni circolanti. la neoavanguardia non è stata formalista. è venuta prima della scoperta dei Formalisti russi. e non ha mai pontificato sulla necessità di trascurare i cosiddetti contenuti. o diciamo in modo più tecnico i significati. Viceversa Mengaldo non se ne dà per inteso. e sente di dover distinguere la «libera attività del significante» di Zanzotto dall' «aggressione alla lingua perpetrata programmaticamente dal di fuori dai seguaci della neoavanguardia» (p. 874). Nasce insomma un obiettivo di comodo. di uno sperimentalismo neoavanguardistico che condurrebbe «il sabotaggio dei meccanismi linguistici normali( ...] a livello di significante». Ma questo. caso mai. rha detto Agosti. è cioè la metodologia formalista che consiglia di mettere tra parentesi i significati. non rientra invece nella poetica dei Novissimi. in cui l'aggressività dei significati incide almeno quanto la cacofonia dei suoni e lo stravolgimento sintattico. L'ultima frase virgolettata (p. 973 ). a dire il vero. la si è estratta dal medaglione. ben fatto e positivo. dedicato a Porta. e della cosa conviene pur rallegrarsi. ribadendone la giustezza critica; infatti i significati. vale a dire certe scelte semantiche dure e provocanti. hanno un ruolo centrale nella poesia di Porta. Ma ciò non vale forse. seppur in altri modi. anche per il «ludico» Baiestrini e il «gradevole» Giuliani (riportiamo gli aggettivi con cui Mengaldo risarcisce i due del fatto di averli esclusi dall'antologia)? O in altre parole. libero il curatore di seguire fino in fondo il metro qualitativo-crociano. e quindi di vedere la «poesia» nell'uno. la «non poesia» negli altri. senza però pretendere di ritornare. quando gli fa comodo. a delineare. seppur in negativo. una «pattuglia poetica della neoavanguardia». oltretutto sulla base completamente errata che si tratterebbe dei cultori dei significanti a scapito dei significati. Tipico comunque. ancora una volta. di un modo di procedere riduzionistico il tentativo di sottrarre Porta. cioè l'individuo valido. dal gruppo costituito come idolo polemico. Un inciso infatti ci notifica che Porta non sarebbe «completamente assimilabile» alla pattuglia di cui sopra: il solito intervento del bisturi nominalistico. Espressioni limitative distribuite sottovoce en passant anche per il caso Sanguineti. relativamente al quale si noterebbero «curiose coincidenze con l'ultimo Montale» (p. 952). Come se bastasse tenere l'osservazione nei limiti dell'inciso. e non si trattasse invece di uno dei più clamorosi. o se si vuole anche misteriosi. incontri e scontri. tramandi e scambi incrociati degli ultimi tempi. fino a costituire una discendenza montaliana assai più consistente e degna di attenzione di quella dirottata su Zanzotto. Succede infatti che Montale. a contatto con Sanguineti. lascia cadere gli ultimi arricciamenti post-simbolisti (ne sopravvivevano ancora numerosi. e in certa misura Mengaldo aveva ragione in questo. ma non solo negli Ossi. bensì anche nelle Occasioni). divenendo ancora più prosaico e «occasionale». mentre l'altro modera l'estremismo collagistico e diviene più conversevole. Infine. l'intento restaurativo dell'antologia trova pezze d'appoggio anche nell'attenzione eccessiva prestata ai dialettali. e soprattutto nella solita pretesa di non tracciare linee. di non distinguere. L'uso del dialetto in poesia. infatti. può portare a esiti tra loro assai diversi. alcuni dei quali di segno positivo. altri decisamente regressivi. Ricorrere al dialetto può corrispondere a un alibi per evitare un impegno verso forme e contenuti all'altezza delle esigenze del nostro tempo. e per continuare a tessere giochi affabili. flebili esercitazioni liriche. che. se svolte in lingua. mostrerebbero allo scoperto i loro limiti e quindi la loro insostenibilità. Diciamo insomma che la poesia dialettale può costituire una specie di trionfo o di conferma sistematica della linea Saba. e infalli da Gioiti a Marin a Noventa. vi appartengono molti dei casi più noti. ma appunto più tranquilli: quasi altrettanti Saba voltati in diale110e di conseguenza. se possibile. ancor più dimessi e piani. O invece. può essere un modo per continuare la sperimentazione sia sul fronte dei significanti che su quello dei significati (del lessico). e allora siamo all'area espressionista. cui è giusto recuperare con molto rilievo il caso Tessa. o iscrivervi altri casi attuali. in linea con la ricerca che si conduce in lingua. come per esempio. quello di Guerra. Lalinguadellagiovanepoesia Domenico Ferla La casa di Arimane Milano. L'erba voglio. 1979 pp. 95. lire 3.000 Rubina Giorgi Esercizi I Milano. Feltrinelli. 1979 pp. 109. lire 3.500 Cesare Viviani Piumana Milano. Guanda. 1977 pp. 91. lire 2.500 Cesare Ruffato Minusgrafie Milano. Feltrinelli. 1978 pp. 136. lire 3.500 I poeti nuovi 1976-1978 La parola innamorata a cura di Giancarlo Pontiggia e Enzo Di Mauro Milano. Feltrinelli. 1978 pp. 162. lire 4.000 I «cacciatori di poesia» dovrebbero diffidare delle antologie: almeno come luoghi nei quali la poesia stia tassonomicamente allogata e generi i suoi effetti. In realtà resta ancora da stabilire esattamente quali effetti produca un testo detto poetico. e ancora prima se produca effetti. La significanza come «lavoro di stratificazione. differenziazione. confronto» che si pratica nel linguaggio poetico. è un effetto? o piuttosto un sintomo? La piccola polemica cominciata appunto da un'antologia del Novecento (Pier Vincenzo Mengaldo. Poeti italiani del Novecento. Milano. •Mondadori. • 1979) consiglia qualche prudenza; insieme invoglia a vedere non dove sta. ma dove appare con una certa casualità e in forma che sembra erratica. qualche modo di attività poetica. entro una serie di rimandi e richiami molto liberi. Quanto più le indicazioni risultano avventurose. tanto più sono invitanti. Aveva ragione Renato Barilli. in un recente articolo sull'Avanti!. a sostenere che mentre il quadro della narrativa italiana contemporanea è nell'insieme sordo. altrettanto non può dirsi delle prospettive offerte dalla «nuova» o «giovane» poesia. Si tratta. beninteso. di predicati (nuova. giovane) piuttosto mistificatori. in quanto appartenenti ancora a classificazioni che nemmeno la neovanguardia ha saputo liquidare. Converrà confinarsi al generico. parlare di autori che agiscono nella natura sperimentale del linguaggio. I testi esemplabili verranno somministrati da riviste (Niebo. Aperti in squarici. Tam tam. Altri termini. eccetera). da volumi di collane e collanine. da raccolte di gruppo. Il rifiuto (programmatico) di luoghi privilegiati rende tanto più legittimo partire da due testi precisi. due raccolte di poesie appena uscite o quasi: La casadi A rimane di Domenico Ferla ed Esercizi I di Rubina Giorgi. che oltretutto hanno il vantaggio di presentarsi notevolmente divaricati quanto ad intenzioni. Ferla esperisce un tentativo non tanto consueto oggi. quello del J11a11Hidalgo Gran Discorso Escatologico. con modi verbali che a momenti ricorderebbero il primo Edoardo Cacciatore. Il Gran Discorso investe una tematica storicamente situabile. l'eresia manichea. estruzione e distruzione del «mondo infame»; e il suo patente anacronismo. tanto più scandaloso quanto più autenticamente vissuto. introduce nel libro ',•,•.,- ,, ,, I ~ ,, I 1 •.., t Giuliano Gramigna un primo dato di distorsione di efficacia indubbia. Ma nell'atto stesso di prodursi. il Gran Discorso frana (o si innalza? a scelta) a Scatologico. si mette dirò cosl a quattro zampe. carnevalizza la propria terribilità e «infamia>. Se nei coetanei o piuttosto coscriventi di Ferla (che non è poi neanche giovanissimo. 1939) ci si induce volentieri ad ascoltare strido o bugia o lapsus di inconscio. il parlante della Casa di Arimane sarà nonché un Es neppure un Io ma un Super-io. quantunque deliberatamente ingaglioffito. dedito a raccattare linguaggi spuri. corporali. da bassa corte e stallatico («el bus del culo. el pisso / el cancaro che te magna»). dove aferesi. sostituzioni consonantiche. assonanze. deformità lessicali. neologismi o paraneologismi ,alfabeta n. I, maggio I 979, pagina I2 sono caricati del peso di una simbologia ben definita: la mise en scène della mala infinità speculare. ossia moltiplicata in un gioco di specchi. del Male. Proprio perché coronato della maiuscola. il Male dichiara di non distinguere piu nemmeno la propria natura grammaticale di sostantivo o di avverbio; e la materia. neanche troppo paradossalmente. è un gran buco, un non trovarsi lì: « Il Sito non ha sede. / la Sede non ha Sedia./ la Sedia non risiede I nella Sede della Sedia (...]> La poesia di Ferla sembra proporsi come «esopolarizzata», in confronto con la poesia prevalentemente «endopolarizzata» dei contemporanei. Chiamo esopolarizzata una poesia che si costituisca dirigendosi verso il proprio esterno. che presupponga una specie di forma globale. di fantasma di discorso da riconoscere e rendere visibile via via. Anziché calarsi nel tessuto stesso della parola per scioglierne i valori logici e fonici interni e liberarne una nuova combinatoria (sono in fondo quelle esperienze che Barilli ha chiamato intraverbali). il movimento s'inverte. va a rilevare le grandi strutture transfrastiche avvertite come già esistenti e costituite in sistema. quasi un paradossale scheletro esterno al corpo. La teologia manichea che Ferla impugna non è altro che il suo atto di fiducia preliminare. e dunque in certo senso mostruoso. che già esista il discorso che egli deve parlare. La forte. addirittura enfatizzata irruzione di senso che queste poesie propongono quasi in opposizione polemica. io credo debba essere letta in ~aie prospettiva. Non a caso ho adoperato più su il termine di «fantasma» e l'intendevo proprio nel suo valore psicoanalitico. dunque connesso al desiderio. Così la soluzione di Ferla si mostra più originale di quanto non sembri a una lettura frettolosa. 11caso esibito dagli Esercizi di Rubina Giorgi si colloca molto distante. se non proprio all'opposto. Il principio che li regge è un principio di equivalenza degli elementi: a parola equivale silenzio. a spazio (tipograficamente) pieno. spazio bianco. a percussione fonica afonia. Ognuno di questi elementi ha. nell'economia generale della scrittura. lo stesso peso e valore. Entro la tessitura si possono isolare momentaneamente dei significanti. delle parole-tema o parolechiave: passo. mare. rete. senza. lingua. cerchio. ecc.. ma questa posizione privilegiata è più apparente che reale: essa non designa uno scatto o un 'acme. ma un passaggio ripetuto. Il processo poetico passa più e più volte attraverso tali nodi ed è proprio la ricorrenza che. mentre li integra come necessari al testo. ne spegne il valore di crivelazione>. Ecco che la circolarità tipica di questo piccolo poema (?) si sposta dalle singole metafore (la figura dell'oceano è una figura anulare. non meno di quella del linguaggio ...) alla struttura generale: la successione dei punti della scrittura di Esercizi riproduce la successione dei punti di una circonferenza che sono tutti uguali fra loro; allo stesso modo non si dà luogo d'inizio o di fine. La circolarità equivale a ripetizione e la ripetizione insieme istituisce e cancella: eReti di parole i forate sui due lati. Senza presa / / per cogliere. lasciare, traversare, lasciare. dire. lasciare.// dimenticare, lasciare. desiderare. dimenticare il desiderato [...]>. Per coincidenza finale degli opposti. la poesia della Giorgi allende di produrre. proprio attraverso il ripetuto (ma non coatto). l'Improvviso (la maiuscola è mutuata dal testo). Le pure contiguità sul cerchio hanno l'effetto di «accordare le disidentità>. Se ci si chiede che tempo regoli il movimento dei versi della Giorgi, si può rispondere che è quello di una voce. di un respiro. Si tratta tuttavia di una voce dirò così mentale e di un respiro che non ha niente a che fare con i polmoni. Il corpo (certamente è un corpo) che respira, che regola qui le ripetizioni. è un corpo artificiale, o si dica meglio astrailo, nel senso in cui lo è un organismo linguistico. Né l'atto polemico di riconoscimento di un altro discorso. di un discorso come Altro. che si delinea nella Casa di Arimane. né la circolarità instancabile degli Esercizi. rappresentano forse soluzioni davvero nuove che diano una svolta alle ricerche poetiche di questi anni. ai quali lo stesso lavoro, storicamente assai importante e in molti aspelli eccellente. della Neoavanguardia appare ormai così lontano e fioco da essere inutilizzabile qui ed ora. D'altra parte non si trattava tanto di catalogare gradi di realizzazione quanto di disegnare per esempi una sintomatologia: nella quale sono riconducibili sia i due libri citati che i citandi. Se si muova dalle due «modalité de la signifiance> poste dalla Kristeva. iscrivibili rispettivamente sotto la rubrica del simbolico e del semiotico. ci si può domandare in quale dei due modi rientri in maniera preminente ciascuno dei testi prima indicati. Sarebbe però ancora un modo grossolano di riduzione. giacché nel linguaggio poetico. come in ogni altro linguaggio. i due modi esercitano una pressione vicendevoie. È invece legittimo notare che ciò che distingue il lavoro poetico più recente e interessante è la funzione affidata al semiotico. in quanto «trasversale al segno». alla sintassi. all'ordine strutturato. come pulsione del ritmo. del gioco di

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