Acpol notizie - Anno II - n. 9 e 10 - Luglio-Agosto 1970

' LOTTPEOLITICDHIBEASE .Pubblichiamo un intervento nel dibattito sollecitato nel n.6 di ACPOL-Notizie. L'autunno sindacale non ha rappresentato una tappa conclusiva, bensì un momento transitorio suIla via delle rivendicazioni sociali. Dalle lotte passate è scaturito un fatto positivo: la base operaia ha preso coscienza delle propria dignità personale, dei propri problemi, della propria incidenza nell'ambito della società, ed ha imposto proprie vedute ai dirigenti. E queste spinte provenienti dal basso hanno accentuato l'esigenza unitaria in seno al movimento operaio. _I lavoratori non hanno lottato esclusivamente per obiettivi· economici, bensì per la dignità della persona.- In questa prospettiva vanno inquadrati tutti i problemi sociali, da quelli della campagna a quelli della città. L'obiettivo finale è questo: creare spazi alla libera esplicazione di tutte le persone. Di qui la necessità di creare strutture aperte: le lotte sociali d'oggidì hanno senso solo se proiettate di continuo nel futuro; giacchè sarebbe fatica sprecata lottare per una precostituita e definitiva organizzazione della società, quando tale rigido modello potrebbe apparire in futuro, del tutto inadeguato alla libera creatività, alla piena responsabilizzazione della persona umana. Occorre instaurare la strategia della pace, del progresso,1della vita. Tutti devono concorrere responsabilmente a questo scopo. Ma essere responsabili significa avere potere: di qui la necessità sia del decentramento politico e amministrativo portato ai limiti estremi nelle comunità civili sia della direzione comune delle aziende da parte di datori di lavoro e di lavoratori. Una grande città, ad esempio, sarebbe meglio governabile, se fosse divisa in varie zone ciascuna diretta da un consiglio amministrativo sotto la ·guida di un presidente·; mentre il sindaco e la giunta coordinerebbero l'attività complessiva. 'Questo progetto darebbe ai comitati di quartiere la possibilità di controllare più da vicino l'attività politica e amministrativa; anzi le richieste del popolo troverebbero una più rapida e.secuzione.GO.uanto .oi, alla direzione comune delle B1 12 lloteca I o 1anco aziendé da parte di padroni e di operai, questa esigenza scaturisce dal fatto che al giorno d'oggi nessuno può .arrogarsi il diritto di possesso esclusivo della fabbrica: padroni sono anche gli operai che spendono una vita suI posto di lavoro. L'operaio ha il diritto di I partecipare ai rischi che la direzione comporta, ma non esclusivamente, come fino ad ora, la condanna a subire gli improvvisi fallimenti. Ai sindacati, dunque spetta il compito di realizzare tale prospettiva, tramite le assemblee di fabbrica. Al giorno d'oggi è sotto accusa la disuguale distribuzione dei mezzi di sussistenza, della ricchezza. 11 grave problema non va risolto con il livellamento dei salari, neppure abolendo la proprietà privata. Ma occorre ., 40 domandarsi: fino a che punto la proprietà privata non danneggia il progresso sociale? E' giusto non controllare i depositi bancari e le libere professioni? E' ancora valido il principio di eredità? Quest'ultimo principio va riveduto: da esso scaturiscono tutte le sperequazioni, in modo tale che parte degli uomini sudano tutta una vita, parte, invece, godono tutta 1'esistenza. 11 problema si dilata, investe totalmente il potere economico. Questa potenza irrazionale bisogna rigorosamente disciplinarla: lo sviluppo incontrollato di essa esaspera i gravi squilibri tra il settore primario e quello secondario. La agricoltura, questa "cenerentola" dell'economia, esige riforme drastiche, condotte su alcune direttive essenziali: eliminazione della proprietà frazionata a favore di aziende-cooperative; meccanizzazione massiccia, manodopera altamente specializzata, in•dustrie controllate dai sindacati, politica del passaggio diretto del prodotto dalla terra al consumatore, in modo che le ingiustizie e le speculazioni degli intermediari siano eliminate. Tutti questi problemi non possono essere risolti in· una vision~ solamente italiana, ma occorre inquadrarli nello spazio europeo prima, mondiale poi. Livio Menin Vicenza

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