N. Corsini; C. Matteucci - Due lettere d'illustri toscani sulle cose presenti

DUE LETTERE l D'ILLUSTRI' ·TOSCANI SULLE COSE PRESENTI J ... · TORINO TIPOGRAFIA MARZORATI 1859 '

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DUE PAROl.E DA POVERI PREMESSE A DUE LETTERE DI SIGNORI. Dev'essere, dicono, rivoluzione civile; deve oprarsi cioè dall'opinione liberamente e legalmente manifestata. E fino ad un certo tempo abbinmo camminato per quella via; ma dal sequestro del Barbera in poi, il governo, a detta perfino di quasi tutti gli avvocali nostri, n'è uscito, e si è messo nella via criminale, o delittuosa cue dir si voglia. E poi, non contento di quella scappata, ci ha impedito ogni pat:ola sull'argomento che più c' interessa: basta dire che perfino il gioroale più innoc~nte di tutti, Le Letture di famiglia, che ogni mese dava a' suoi associati le notizie, anzich'è no stantie, delle cose successe in questo mondo nel corso di trenta giorni, ha dovuto mettersi, non dico la mordacchia, giacchè non è m'ai stato mordace, ma il bavaglio, e tacere. . . Ora dunque come si fa a manifestare legalmente l'opinione? È vero che il 'governo ci ha dalo, come dicevo, l'esempio del mettersi fuori della legge; è .vero che i due documenti cbe qui vedete stampati, sono sc~itti da due persone moderatissime, e di perfetto garbo, ma pure l'atto di pubblicarli è criminoso. Ed io lo commetto, ma quasi m1o malgrado.

-6Vorrei con . lutto il cuor mio che siccome potè il Salvagnoli dir la parola dell'alla teoria, eome i sei della Biblioteca ci vile poterono esporre il linguaggio dei fatti, così fosse stato via vi~ permesse• ad ogni buon toscano di metter voce in capitolo; e neppure il povero Piovano Arlotto si fosse improvvisamente sentita la lingua presa alla tagliola. Dirò di più. Vorrei che anche il gover·no, anche il Granduca, e lo stesso Landucci, avessero un giornale di dottrine al comando Jor0, perchè, almeno si risentissero, e ragionassero quel che fanno. Veramente, non so cosa potrebbero concludere, mf;l almeno si farebbero vivi , e mostrerebbero che hanno qualche fautore e qualche argomento: ora in questo silenzio mulesco, perdono ùn tanto ogni giorno; e a me rincresce amaramente vedere chi dovrebbe essere fra noi l' autorità delle autorHà costituite, rendersi a bello e lungo studio spregevole e abietto. Io ebbi un impiego: or.a sono riposato da qualche anno: debbo in gran parte quello che sono al povero Ciantelli, il quale, fra parentesi, negli ultimi anni .suoi aveva fatto un gran cambiamento, e aveva preveduto quasi a puntino i rivoltoloni che \ noi vediamo; e se certi miei padroni, che pure andavano a prendere il verbo da lui gli avessero dato retta, non saremmo ora a questi ferri. Benchè io sia stato sempre liberale in fondo dell'anima, q'ùel vecchio io l'amavo, e gli son grato molto: e' mi ha preservato da molte inutili imprudeQze. Ora, passata la sessantina, io bo concentrato tutti i miei desideri a salvare dal naufragio comune un

-7solo principio: il principio dell ' autorità. E per questa sento un così grai;lde amore che dopo r abolizione dello Statuto, e lo spergiuramento del Granduca, mi ero ingegnato a forza di non parlare, di obliare, di chiudere un occhio, e d' ingigantirmi quel po' di bene che il Governo faceva, a rialzare nell'animo mio, 'e 'in quello della mia famiglia il gran principio dell'autorità, e con esso il Gover~o che lo rappresenta. Quel tremendo opuscolo: Toscana e Austria mi ha dalo in certo modo uno scossone, e mi ha sgarbatamente svegliato. Nel leggerlo mi venne 'un tremito convulso, e dopo averlo percorso tutto d'un fiato, non potei fare a meno di esclamare, bencbè fossi solo solo in camera mia : È vero, è proprio vero: son tutti fatti, e tutti sono accaduti sqtto i nostri occhi, e tutti (eccetto la lettera di Radetzky) erano a noi toscani pienamente noti : non c' è che dire: QOÌ siamo stati per sette anni sotto un gover~o illegale, rivoluzionario, provvisorio : Leopoldo secondo è fuori della legge, e i suoi ministri con lui . - Che opuscolo! Cbe autorità terribile di fatti, e di nomi! Aveva ben ragione la Granduchessa Maria Antonia ad arrabbiarsi, e far di tutto perchè non vedesse la luce : violò è vero la ,legge, commise un delitto inutile, ma alla fin de' conti, ognuno ha l'istinto della sua conservazione: non le doveva premere l'esistenza della dinastia allé,l quale ella è unita?- Così dicendo presi H cappello e apdai a fare una passeggiata fuor di città . per dare sfogo al - meno alle gambe.

-8Ma l'agitazione non è ancora passata. Tant'è: non posso sopportare questo spellacolo: che il rappresentante fra noi della legge e dell' autorità, il capo degl' impiegali, e d'un popolo civile si butti da se medesi mo in terra .... mi par di vederlo in mezzo di Via Calzaioli, lungo disteso, e dire a chi p·assa: Eccolo qua, Toscani, il vero re travicelio, venite, e fategli addosso quel che vi piace, non abbiate paurà di nulla: vedete, io mi s.ono da me stesso spogliato di quel po' d' orpel.lo di rispettabilità che ancora mi rimaneva. Che orrore l - Ecco come mi si rappresentò al pensiero it povero uomo letta ch'io ebbi quella pubblic~zione. E d'allora in poi siamo anda ti di· male in peggio. Infatti : non si sa come intenderla: se i liberali hanno ragione, perchè, dico io, non cede il Governo, e non dà retta almeno a Sua Eccellenza Corsini, unendosi col Piemonte, e mandando là a pigliare il battesimo del sangue un pajo di figliuoli?-A questo punto vedo un liberale arrabbiato che mi guarda in cagnesco e digrigna i denti: La stia cheto, e al suo posto, signor mazziniano riverito, io non sono con Lei ; io, al meno per ora, vorrei un granduca; italiano, intendi~moci! galantuomo, e costituzionale, e perciò autorevole, ma un Granduca. - E se, dico seguitando il mio di~ lemma, i liberali hanno torto, perchè non imprigionare o almeno esiliar dalla Toscana il Cavaliere Avvocato Salvagnoli, il Marchese Ridolfi, il 'Barone Ricasoli, il Cavaliere Peruzzi, gli avvocati Corsi, e Cempini, il Bianchi, e di più il professore Matteucci, il Marchese di Lajatico, i Mar-

-9chesi Bartolommei e Farinola, il Marchese Capponi, e bisog,nando tutte quelle centinaja di persone che hanno firmato l'atto di adesione all' opuscolo Toscana e Austria? Perchè sopportare il contegno impertinentissimo del Ministro piemontese, il quale non fa altro da molto tempo che aprir finestre sul tetto al governo presso il quale si trova? Percbè permettere questa partenza scandalosa di volontari, e questo transito senza fine, anche più scandaloso, de' romagnoli per la Toscana? E a Livorno, l' arruolamento d'un intiero battaglione? E la Toscana che si sfalda a pezzelti: si sbocconcella perfino il militare ! Vergogna ! Per carità, Altezza, fatevi pure odiare, se volete, purclìè vi temano, ma non vi fate spregiare - Un curato, amico mio mi diceva jersera: È venuto fra gli altri a .confessarsi da me di sentimenti , ribelli un ~ntico mio penitente, pasqualino ma buono; io gli ho detto : Fratello, rammentatevi che S. Paolo scrisse: Obbedite ai vostri superiori, anche discoli.- E lui pronto ha ripreso: Discoli, pazienza ! Anche Leopoldo I era un po' discolotto colle donne, anche .... ma, Padre, mi trovi un po' un testo che dica: Obbedite ai superiori vostri assurdi e ridicoli. - E io, conchiuse il prete, bo dovuto rislringermi nelle spalle, e alzare la mano. - Or basta : speriamo che caduta senza _riparo questa e altre molte autorità che si reggono an- / cora a suon di sofismi, di trappolerie, di cannoni e di bastonate, ne sorga un'altra più bella, vera incrollabile: L' autorità della rettitudine e della *

10sapienza. Son tanti anni che la sospiro ! - Ma ceco, già sorge : su dunque , fratelli miei , se la qualità di antico impiegato non vi fa ostacolo, prendiamoci a braccetto, e in tanti drappelli procediamo alla rivoluzione civile gridando; non già quelle antiche · voci ipocrite , efimere o stolte di Viva Pio nono, Viva Gioberti, Viva Leopoldo; ma Vivà l'eterna Ragione, l'eterna Verità, l'amore universale, Viva insomma la civiltà, VIVA IL VANGELO. - Qui fermiamoci un momento, e guardiamoci intorno : Credete voi che siamo · in Firenze'· in Toscana, in Italia, in Europa? No, davvero: siamo nel mondo. Nel mondo, io dico, . noi siamo , c sebbene i cannoni tacciano, la guerra è già cominciata, anzi ferve la zulfa : nè i battaglieri son da una parte Leopoldo Il, il Landucci e i gendarmi, e dall'altra il Salvagnoli, i Signori della Biblioteca, il Matteucci e il Corsini ; nè da una parte è l'Austria dall'altra il Piemonte; ·no, la battaglia è fra il disonore del Golgota e la magnificenza del Panteon; fra il professar Galilei e la santa Inquisì!" zion~; fra un Papa che pur jeri passeggiava in tutta prosopopea tentando invano di galvanizzare il cadavere della cieca reverenza, e un Re galantuomo che da un cantuccino del mondo ci vilizzato dice poche parole alla buona; ed ecco scuotersi fino dai fondamenti l' Europa tutta; ecco l'Italia fremere di nuova vita, ecco principiare, continuare e compiersi in dignitoso silenzio una grande rivoluzione, ecco una schiera di eletti in~ gegni entrare in lizza colle parole, e una schiera

-11non meno animosa di eletti giovani lasciare la famiglia. il luogo nativo, .e perfino gli agi e le dolc-ezze d'un vivere signorile, e correre .ad offrir danaro, opera, e sangue io pro della patria. Oh cari l Pensando a voi, mi sento ringiovanire, io vi saluto con tutto il mio cuore. Ah l se l'età mia me lo avesse cons-entito, io già sarei con voi; a menar vita disagiata, a patire, a combattere insieme con voi; ma, se tanto non mi è concesso, io pregherò; io metterò in uso il piccolo ingegno e il non piccolo mio cuore a conforto vostro. Iddio benedica i vostri pensieri: voi mostrate che non ogni voce è fioca, non ogni colore è sbiadito, e che fra le macerie può metter radice, e sorger~, e crescere, e spandere larghi e rigogliosi rami una pianta novella: Iddio vi benedica: per imperversar di fortune, per dileggio di avversari non vi perdete di animo, e . siate certi che, comunque si compiano le sorti nostre, l' esempio di questa manifestazione unanime, dignitosa, severa a pro di un santo princi pio, l'esempio di tante migliaia accorrenti da ogni parte d'Italia, in così solenne momento, lascerà una traccia profonda nel costume pubblico nostro, e passerà ai posteri edificante e . maraviglioso. Ma già mi avveggo che, senza pure uscir dai confi ni del mio argomento bo spaziato assai, dando un po' di pascolo all'immaginazione ed al cuore: e come si fa chi nacque e vive in Italia a esser freddi? - Intanto, frat elli toscani, abbiatevi e legcrete con rispetto e con attenzione prima le nobi- ~ssime ed assennate parole dell ' uomo che il pri-

10sapienza. Son tanti anni che la sospiro l - Ma ceco, già sorge : su dunque , fratelli miei , se la qualità di antico impiegato non vi fa ostacolo, prendiamoci a braccetto, e in tanti drappelli procediamo alla rivoluzione civile gridando; non già quelle antiche voci ipocrite, efimere o stolte di Viva Pio nono, Viva Gioberti, Viva Leopoldo; ma Vivà l'eterna Ragione, l'eterna ·Verità, l'amore universale, Viva insomma la civiltà, VIVA IL VANGELO. - Qui fermiamoci un momento, e guardiamoci intorno: Credete voi che siamo · in Firenze'· in Toscana , in Italia, in Europa? No, davvero : siamo nel mondo. Nel mondo, io dico, . noi siamo , c sebbene i cannoni tacciano, la guerra è già cominciata, anzi ferve la zulfa : nè i battaglieri son da una parte Leopoldo II, il Landucci e i gendarmi, e dall'altra il Salvagnoli, i Signori della Biblioteca, il Matteucci e il Corsini ; nè da una parte è l'Austria dall'altra il Piemonte; ·no, la battaglia è fra il disonore del Golgota e la magnificenza del Panteon ; fra il professar Galilei e la santa Inquisizion~; fra un Papa che pur jeri passeggiava in tutta prosopopea tentando invano di galvanizzare il cadavere della cieca reverenza, e un Re galantuomo che da un cantuccino del mondo ci vilizzato dice poche parole alla buona ; ed ecco scuotersi fino dai fondamenti l' Europa tutta; eceo l'Italia fremere di nuova vita, ecco principiare, continuare e compiersi in dignitoso silenzio una grande rivoluzione, ecco una schiera di eletti in· gegni entrare in lizza colle parole, e una schiera

l ' -11non meno animosa di eletti giovani lasciare la famigjia, il luogo nativo, e perfino gli agi e le dolcezze d'un vivere signorile, e correre ad offrir danaro, opera, e sangue in pro della patria . Oh cari l Pensando a voi, mi sento r ingiovanire, io vi saluto con tutto il mio cuore. Ah l se l'età mia me lo avesse conS'entito, io già sarei con voi; · a menar vita disagiata, a patire, a combattere insieme con voi; ma, se tanto non mi è concesso, io pregherò; io metterò in uso il piccolo ingegno e il non piccolo mio cuore a conforto vostro. Iddio benedica i vostri pensieri: voi mostrate che non ogni voce è fioca, non ogni colore è sbiadito, e che fra le macerie può metter radice, e sorgere, e crescere, e spandere larghi e rigogliosi rami una pianta novella: Iddio vi benedica: per imperversar di fortune, per dileggio di avversari non vi perdete di animo, e . siate certi che, comunque . si compiano le sorti nostre, l'esempio di questa manifestazione unanime, dignitosa, severa a pro di un santo principio, l'esempio di tante migliaia accorrenti da ogni parte d'Italia, in così solenne momento, lascerà una traccia profonda nel costume pubblico nostro, e passerà ai posteri edificante e maraviglioso. Ma già mi avveggo che, senza pure uscir dai confini del mio argomento ho spaziato assai, dando un po' di pascolo all' immaginazione ed al cuore: e come si fa chi nacque e Yive in Italia a esser freddi? - Intanto, fratelli toscani, abbiatevi e legaete con rispello e con attenzione prima le nobi- ~ . 1issime ed assennate parole dell' uomo che il pri- ..

-12mo ardì pronunziare all'orecchio dell' aècigliato Sovrano la parola Costituzione , e non ba guari gli diede colla seguente lettera quel consiglio, che seguìto a tempo avrebbe potuto salvare la dinastia operando il bene vero, e riguadagnanùo l'amore del paese; leggete quindi le parole dell'uomo quanto illustre per la scienza, altrettanto rispettabile per la condotta, che sebbene pagato dal Governo, e del Governo amico, pubblica la parola che al Governo non può piacere: documenti ambedue tanto più notabili ed efficaci, quanto più son moderati. e di autorevole provenienza. Vi darò in seguito qualche altra coserella, molto più che frequentando ad intimità quei codini che lutto sanno, e molto fanno, potrei dirvene delle belle, se non temessi di compromettere me stesso ed altrui. Ove però alcuno qui mi dicesse : Perchè non parli alla bella libera, sta·mpando if tuo nome e cognome ? Ecco la mia risposta : Colla pensione vivo, e colla pensione campo onoratamente la famiglia; cessa a un tratto il sedici, e la pentola non bolle più.- Ora, volete il confessore? eccolo ; volete il martire? venga il bisogno, son qui ; ma nè mi crederò mai permesso di star cheto quando mi senta bollire nel cuore qualche utile, e opportuna verità; nè mi andrò mai ad esporre ove non sia necessario, nè mai reciterò la parte del martire io guanti gialli. - L'Editore.

LETTERA DI S. E. DON NERI DE' PRINCIPI CORSINI ~IARCBESE DI LAJATICO AL MINISTRO B~LQASSERONI

Signor Consigliere pregiatissimo, Sebbene sia mio costume di astenermi dal formulare la mia opinione, senza esserne richiesto, mi permetta oggi di deviare da qu~sla abitudine, e di obbedire a11a voce prepo- , tente della, mia coscienza, che mi farebbe eterno rimprovero del silenzio dopo le poche parole che scambiammo jeri mallina, e che mi empierono l'anima di profonda amarezza. ' Io son ben lontano dal voler discutere la questione italiana, la quale riceverà quella soluzione che sarà scritta nei decreti della Provvidenza che abbia per ora, qualunque sia l'attitudine che prenderanno la Toscana ed il suo governo; io intendo anzi di circoscrivere il breve mio ragionamento nel campo degl'interessi toscani. Secondo il modo con che si presenta a' miei occhi la situazione, questi interessi che esclusivamente riguardano il nostro paese sono due, cioè : La conservazione dell'ordine. La conservazione e la consolidazione della dinastia che ci governa da ben 119 anni a questa parte ed anco piti. Io credo che il parteggiare apertamente per l'Austria unendo ad essa le poche nostre forze, sia cosa la di cui impossibilità è tanto riconosciuta, che nessuno possa avere

-16nemmeno iJ pensiero di tentarla ; perciò parmi che due sole vie sieno attualmente aperte pel governo toscano , cioe : ta neutralità e L' accostarsi alla politica franco-piemontese. lA\ inazione nella quale fin qui è rimas to il governo, e nella quale sembra, almeno per ora, deciso a persisterer accenna senza dubbio alla neutralità ; ma questa neutralità dà ella speranza di potersi sostenere1 e farci conseguire i due oggetti importantissimi, che da noi debbono prendersi di mira, e che ho designali di sopra? Io credo di no. Non • bisogna illudersi sopra un punto essenziale: la ques tione italiana sollevata dalla Francia ha profondamente commosso ed agitato il paese, perché I' idea della nazionalità è mollo piu diffusa e piò forte oggi, di quello che lo fosse tra noi nel 1848 ; e sebbene vi sieno ancora alcuni che credono che questa idea non sia che nelle torbide menti di pochi , a me pare che, ammettendo anche per un momento che sieno pochi quelli che apertamente la propugnano, quando alla voce di quesli pochi tutlo un paese risponde e si muove, sia forza il concludere che il principio propugnato da essi esiste, ed ha radici nel cuore di molli. In questo stato degli animi io credo impossibile che la politica della nen· tral .ità possa riuscire. Dubito anzi che ella sia presa dalla pubblica opinione come un succedaneo alla manifesta unione all'A ustria, riconosciuta impraticabile; quindi mi pare che vi sia purtroppo da temere che, continuando le cose a que· sto modo , verrà presto il momento in cui i clamori della piazza chiederanno al governo di dichiararsi nel senso della politica italiana ; ed allora cosa avverrà? O il governo tenta di resistere con la forza, ed ammettendo che la truppa gli corrisponda (del che però non so se sia certo) incominciano gli orrori della guerra civile in Toscana , mentre a poche mi glia da noi si combatte forse un'altra guerra piò nobile; cd oltre allo spettacolo misertndo di sitfatti avvenimenti, il paese andrebbe incontro a mali incalcolabili , e la dina· stia che esso vorrebbe conservare perché l' ha sempre amata e l'ama, perderebbe per questo solo gravissimo fatto quella popolarità di che ha sempre goduto ; oppure il go-

-17verno cede ai clamori di piazza, e non è bisogno di dimo· strare quali sieno le fatali conseguenze di siffalto modo di agire, poichè ce lo mostrano abbastanza i fatti del 1847 e del 1848, i qualì provano che il governo che cede ai clamori popolari si spoglia di ogni morale autorità , e perde ogni merito delle misure che adotta, perchè le adotta a malincuore e per forza. Io non voglio poi nemmeno supporre che possa ·pensarsi ad un altro spediente, cioè all'abbandono del paese per parte del principe , giacchè questa misura sarebbe fatale alla Toscana che precipiterebbe nella anarchia, fatatissima alla dinastia granducale. Infalli, sebbene questo speòiente riescisse nel 1848 al duca di Modena, non so come potrebbe riescire adesso. Nel 1848 la disuguaglianza di una lotta disperata, e prov.ocata da circostanze imprevidihili, faceva purtroppo antivedere qual ne sarebbe stata la fine; allora il' ritorno del duca di Modena aveva molte probabilità; oggi credo che il ritorno sarebbe più problematico, e quando avvenisse , sarebbe accompagnato da tali circostanze che grandemente nuocerebbero alla dinastia grandu· cale, e la minerebbero nelle sue più salde e più profonde radici. Io credo adunque la neutralità impossibile a mantenersi , e cagione di mali gravissimi per la Toscana e per i suoi principi. Resta ora da esaminarsi l' altra via, queila cioè che conduce ad accostarsi alla politica fr·anco-piemontese. Quali ne sarebbero i vantaggi, quali i pericoli? Ciò mi par facile a vedersi, e perciò in poche parole lo avrò dello. Se il governo s'inoltrerà spontaneo in questa via, cam· minerà col paese e secondo le sue tendenze , impedirà i tumulti e potrà sempre dirigerlo. Di più la dinastia si concilierà sempre più l'affezione della Toscana, e questo resultato tanto desiderabile sarà anche maggiore, se, dichiarandosi una guerra che fino da oggi sembra ben difficile lo evitare , si metterà alla testa delle truppe toscane che dovrebbero unirsi alle piemontesi ed alle francesi , uno dei due principi reali se non ambidue. Questi sono i vantaggi

-18principali, e direi quasi Immensi, che essi otterrebbero, senza tener conto di altri minori, come sarebbe per esempio la eventualità di un aumento di territorio in un nuovo assello che potesse darsi alle cose d' Italia, della quale eventualità non può nemmeno parlarsi quando si hanno in vista interessi tanto maggiori. Vediamo ora quali sarebbero i pericoli. Forse la perdita degli Stati per la dinastia granducale in seguito di una guerra disgraziata? Io credo che questo pericolo non esista nemmeno Jontanamente. Quello che non avvenne nel 1849 • in cui il disastro fu completo, non potrebbe mai avvenire nel 18f>9 in cui le forze sono altramente bila·nciale, e le potenze che non permessero allora l' assorbimento della Toscana dalla Potenza austriaca, moUomeno lo tollererebbero oggi. D'altronde questa è una di quelle cose sulle quali il governo potrebbe ottenere piena sicurezza fino da oggi , dalla Francia non solo, ma dalle potenze neutrali. Cosa altro dunque resta a temersi anco nel caso di una disfatta ? Forse la perdita dell'amicizia del gabinetto di Vienna 1 Crede forse il governo toscanQ di averlo mai avuto benevolo dal 1848 in poi? Crede egli che a Vienna si siano dirne nticati i fatti di quell'epoca; oppure il governo toscano ha egli dimenticato tutte le umiliazioni che ad esso ed al paese, c perfino alla persona augusta del Principe furono inflitte durante l'occupazione austriaca, e delle quali citerò i due punti estremi, cioè: la giustizi~ punitiva e il diritto di grazia esercitali in Livorno dai generali austriaci, e l' arroganza colla quale in certe occasioni si arrivò perfino a volere imporre al Principe l' uniforme che doveva vestire? Se dunque l'Austria non è fino da oggi per il governo granducale che una dominatrice irritata dalla Storia passata, poco imporla al governo di averla anche in seguito qual'è oggi, quando la sua indipendenza sarà garantita dalle altre · potenze, e la dinastia avrà le sue salde radici nell' affezione dei suoi sudditi. Mi pare adunque che la scelta non possa essere dubbia, subitochè mi sembra evidente che la neutralità non solo è impossibile ad osservarsi, ma conduce inevitabilmente il

-19paese al disordine, la dinastia granducale alla impopolarità, e forse anche (Dio non lo voglia!) a mali maggiori, e che l'accostarsi alla politica franco-piemontese conduce all' opposto alla conservazione dell'ordine ed alla consolidazione della dinastia, che sono i due soli punti che mi sono prefisso fino da principio di considerare. Chiuderò con una sentenza che qualche pedante potrà disapprovare, ma che io sento profondamente. Io non ho mai impugnato che i principi regnino per la grazia di Dio, perché tutto ciò che in questo mondo avviene ba da Lui la sua origine, ma credo allresì che Iddio, nell' affidare ai principi il governo dei popoli, abbia imposto loro il dovere di governarli a seconda dei loro bisogni, della loro indole , delle loro oneste tendenze e della geografica posizione, e non già secondo l' interesse di una potenza straniera. Accolga queste poche riflessioni da un uomo, che suo collega un giorno, si è da lei separato senza mescolare alla diversità delle opinioni alcuna personale ostilità, da un uomo la di cui condotta è sempre stata informata da un principio, cioè da quello di tenersi più che fosse possibile in disparte, ma (venuto il momento dell' azione ) di agire leal· mente a viso scoperto , senza codazzo di partigiani , ma presentandosi solo a chi ha in mano il potere per dirgli con franchezza il suo parere anco a costo di dispiacergli. Nel vergare queste poche carte io, lo ripeto, cedo ad un impulso prepotente della mia coscienza , alla quale sono pago di avere soddisfatto rilasciando alla sua mente illumi · nata il valutare qual peso possono meritare le mie idee. Permetta fratta n lo all' antico collega di ripelersi sinceramente. Firenze, 18 Mar~o 1859. Suo obbligatissimo servitore ed amico N. CORSINI. (Dalla Gazzetta Piemontese.) '

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LETTERA DEL PROFESSORE CARLO MATTEUCCI Al1 PARl1AMENTO INGLESE

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Nonostante lo strepito dei cavalli e dei carri dell'artiglieria, noi persistiamo a credere che siavi una voce ancora più forte, la quale alla fine deve farsi intendere: la voce della ragione e della giustizia, la voce de1Ia opinione pubblica. Gl'Italiani fanno appello a questo Tribunale Supre- · mo, e ad esso confidano la loro causa. Da qualche mese la questione Italiana ha occupato sift'altamente l' attenzione degli uomini di Stato e dei pubblicisti, che sembra impossibile. che Io stato vero delle cose non sia universalmente conosciuto. Ma ohimè t le passioni hanno si gran parte nella politica, e i pregiudizi inveterati 'prendono talmente l'apparenza di teorie, che forse l'argomento il quale ci sta tanto a cuore n'è già oscurato e quasi nJ ha cambialo natura. Noi cerchiamo con tolle le forze nostre ciò che è vero, perché siamo profondamente convinti che non v'è speranza alcuna di buon successo ove non venga da ciò che è vero, e come tale dalla massima parte riconosciuto. Poco v' ha da aggiungere alle verità espresse nelle Camere Inglesi , nella celebre seduta del 3 febbraio. Tutli sono stati d'accordo sopra i cattivi governi dell'Italia cenlf'ale, sulla condizione anormale di quest~ parte d' Italia; e

-24se un silenzio meditato fu osservato da lutti gli oratori sol governo napolitano, ognuno ha ben compreso che un sentimento di dignità e di rispetto di se medesimi (self respect) impedì ai rappresentanti dell'Inghilterra di aggiungere in una sedola cosi solenn_e il quadro ributtante e quasi incredibile ai nostri giorni, di un assolutismo tanto assordo e crudele. Poerio e i suoi sventurati compagni respi rano adesso l'aria libera dell'Inghilterra, e quel popolo generoso giudicherà coi suoi pt·opri occhi se uomini di una moderazione e di una modestia sì rare poterono giammai meritare dieci anni di catene. L'Austria coi suoi giornali e coi suoi preparativi militari spinti con ardore, che si estendono da Ancona a Ferrara fino a Piacenza e Pavia sulle sponde del Po e del Ticino, non esita a provare all'Europa che lei sola è incaricata di sostenere i cattivi governi dell' Italia, e che il possesso delle province Lombardo-Venele non potrà essere giammai che nna compressione militare. È dunque dimostralo all'Europa e riconosciuto a Vienna come in tutta Italia, che l'Austria non può conservare i suoi possedimenti italiani senza distruggere l'indipendenza di tutti gli stati d' Italia senza cuoprire ad ogni momento con le sue truppe ora l' una ora l' altra delle nostre provincie. Come, dopo lotto ciò, maravigliarsi dell' attitudine attuale del Piemonte? Come disconoscere e calunniare ciò che non è se non la conseguenza necessaria delle sue libere istituzioni? Il Piemonte solo dopo le guerre del1848 e del1849, è t'imasto fedele al suo giuramento politico e alla sua han- · diera nazionale, intanto che gli étltri governi d'Italia : per un accecamento che sembrerà incredibile nell' isloria, hanno dislruUo, non solo tutto ciò che vi era di buono e di vero nelle concessioni fatte nel 1848, ma sempre più subordinati alla politica austriaca, non fecero che offendere il sentimeno nazionale, seminare la discordia tra i principi e i popoli, e cancellare tutto quanto rimaneva delle più antiche istituzioni di liber tà po.polare e di gloria italiana. Noi non stentiamo a comprendere tutta la repugnanza che gli uomini di stato dell' Inghillerra debbono provare al-

-25l'idea di una guerra accesa nel centro dell' Europa, e ammettiamo tutti gli sforzi che fanno per evitare un ,sì grande pericolo. Noi èomprendiamo ancora la gelosia contro la preponderanza francese e le esitanze dei ministri inglesi in vedere un' antica allealCt, una potenza, considerata da lungo tempo come necessaria alla conservazione dell'equilibrio europeo, umiliata e minacciata dal nepole di Napoleone. Ma d' altra parte, mi sia permesso di domandare, non. già se è generoso e giusto, ma se è ragionevole e prudente di sacrificare tutta Italia, di rovesciare il governo costituzionale di Sardegna, e di conservare il focolare rivoluzionario il più ardente che si sia giammai avuto in Europa, al solo scopo di mantenere la sommissione dell'Italia alla politica austriaca, e di conservare all'Austria il possesso della I.ombardia e della Venezia solto un giogQ militare. Ma lasciamo questa sorte di argomenti e fermiamoci ai falli. 11 parlamento inglese ha altamente proclamato che la occupazione militare dell'Italia centrale colle truppe stra - n'iere è insieme la causa e l'effetto inevitabile dei calli v i governi di questa parte dell'Italia. Qualunque possa essere la repugnanza, .che non è poi tanto grande, della Francia per l~ guerra, l'Imperatore dei Francesi, fedele alla politica nazionale e ai suoi propri istinti, ha già dichiarato che non abbandonerà giammai il Piemonte all'odio dell'Austria. Qualunque sia l'agitazione sentimentale di alcuni piccoli Stati di Alemagna, non è men vero che la Prussia costituzionale non giungerà fino ad aiutare l'Austria in una guerra contro il Piemonte, e non presterà le suP. forze per confermare ed estendere la dominazione della sua rivale in Italia. ta Russia infine, sebbene esitante in mezzo ai suoi imbarazzi interni, presta volentieri il suo concorso per un accomodamento pacifico; ma se una guerra scoppiasse in Italia, certamente essa non è chiamala a divenire l'alleata dell'Austria. Noi non abbiamo esagerale in questo quadro i vantaggi ~eU' Italia nella lotta che si prepara. La situazione è certamente piena di pericoli per la pace europea, e prolungandosi ancora per qualche mese non mancherebbe di produrre degli effetti disastrosi niente meno che quei della guerra. r

-26Gli uomm1 di stato dell'Inghilterra, di èui la prudenza e la saviezza debbono elevarsi al disopra dei pregiudizi e delle gelosie volgari, non hanno che una politica da consigliare al loro paese con tutta la energia necessaria, affinchè questa politica sia efficace. Se l' Austria ostinata impaziente ha ricorso alle armi, se essa respinge i consigli di tutta Europa, essa aggiungerà, non ne dubitiamo, a tutte le sue imperfezioni, l' effetto inconsiderato d' un orgoglio, di cui la Provvidenza e' gli uomini non avranno riguardo di punirla severamente. Noi sappiamo bene che in questo caso non vi è un rappresentante inglese che oserebbe proporre al Parlamento di andare in soccorso dell'Austria, e quand' anche ciò fosse possibile, Lulle le forze dell' Inghillena non basterebbero per rialzare l' Austria, che per la sua ambizione avrebbe offeso il sentimento universale e gli interessi di tutti, e sopratutto quelli principalmente dei suoi più fedeli sudditi. No, tale non è la parte che dee rappresentare il popolo inglese, il popolo il più saggio, il più libero del mondo, in un momento tanto solenne. L' Inghilterra, d' accordo con la Francia, appoggiata dalla Prussia e dalla Russia, deve esercitare tutta la sua influenza nei differenti Stali d'Italia per far cessare la preponderanza dell'Austria, e per stabilire, solto la salvaguardia dell 'Europa, l'indipendenza di quelli Stati. L'Inghilterra e la Francia devono coronare quest' opera facendo che gli Stati italiani possano assicurarsi i benefizi di quelle libere istituzioni, le quali sono conformi alle tradizioni nazionali , e c be sole possono garantire la felicità e la tranquiJiità della Penisola. Non già a me appartiene di tracciare i dettagli della politica anglo-francese in Italia: ma poiché non può contendersi ad alcuno di conoscere lo stato della sua patria, io domando il permesso di esporre su questo proposito alcune particolarità, imponendomi nei miei desideri la più grande moderazione compatibile con lo scopo che bisogna raggiungere. Appena osiamo noi fermare il pensiero sopra i dicci

-27 .- milioni che abitano la più bella e la più ricca contrada della Penisola; l' immaginazione rifugge dall' entrare in quel sepolcro, ove tanti 'mali creali dall'uomo contro i s'uoi simili sono seppeJJiti. Dappoi'-chè la Provvidenza ha voluto aggravare Ja sua mano sull' autore di queJie miserie, non è duopo un grande sforzo all' Europa per far cambiare la faccia di quel bello ma disgraziato paese. Niente fu guadagnato nell' interesse deJia umanità ad abbandonare totalmente il regno deHe Due-Sicilie ai nemici deJia patria comune, e il più grande servizio che l' Jnghillerra e la Francia potrebbero rendere all' Italia, quello sarebbe di aprire questa terra tanto arricchita dalla natura, ai benefizi della giustizia e {li una libertà saggia e moderata. Le occupazioni militari nella Italia centrale debbono intieramente cessare; ma nel frattempo, bisogna che una forza indigena assicuri l'ordine e la fiducia pubblica, distrutta dai cattivi governi, e dia tempo alle nuove istituzioni di radicarsi e produrre i loro benefizi. Perciò dei contingenti militari napolitaui e piemontesi dovrebbero subentrare alle truppe francesi e austriache negli Stati della Italia centrale. I trattati particolari e segreti che danno diritlo all' Austria di occupare mililarmente l'Italia centrale sono un manifesto allentato contro la indipendenza di quelli Stati. Le grandi potenze europee debbono proteggere collettivamente questa indipendenza, essendo una minaccia continua per la pace, !asciarla in balia dell'Austria. L' occupazione austriaca delle fortezze di Ferrara e di Piacenza è pure una sfida e un assalto permanente contro la indipendenza di quelli Stati; dalle loro mura appunto, ha sempre veduto l' Italia uscire le prime armi per comprimere i voli più legillimì e più ragionevoli delle sue popolazioni. L'Austria, per la quale i trattati del 1815 fanno le veci di tutto quanto è scritto nella coscienza del genere umano, e che non domanda che alla forza militare la ragione dei cattivi governi e il diritto d'intervento, possiede una delle più belle provincie dell' Italia, ma il popolo lombardo e ve-

-28 ncziano non ha giammai cessato d'essere un popolo italiano, nè mai potè rinunziare a conseguire un buon governo conforme alle sue tradizioni, ai suoi veri .interessi e alle sue simpatie nazionali. L'Austria, ci dicono i suoi pubblicisti, non è mai sicura dei suoi possedimenti italiani se la sua influenza non domina in tutti i gabinetti d' Ilalia; bisogna che per assicurare questo possesso s' opponga ad ogni riforma politica, soffochi dappertullo la libertà della stampa, s'appoggi sui- ·J' autorità ecclesiastica per riuscire a comprimere gli spiriti: bisogna che l'Austria sia libera di portare le sue armale in Italia ovunque il minimo segno di vita nazionale si risveglia; e difaUi, con tinuano gli stessi pubblicisti, la causa dell'agitazione il<tliana risiede a Torino: noi non abbiamo nulla a temere dai governi di Roma, di Napoli e di 'Firenze. Francamente, senza esaltazione alcuna e senza troppo indignarsi contro tale prostituzione della più bella facoltà dello spiri to umano, io me ne rimellerei tanto alla coscienza di un selvaggio quanto a quella di Lord I.ansdowne per sapere cosa rimarrebbe di questo preteso ragionamento contro l'Italia, allorché si togliesse all'Austria l'appoggio di 400 cannoni e di 1tlO,OOO baionelle. Ma a parte questo genere di argomenti. Se il sentimento nazionale degl'Italiani non si lascia comprimere, se tutta Europa riconosce che è gius to e necessario per l'equilibrio politico che gli Stati italiani siano indipendenti, se è dell' interesse di una grande potenza d'accordo eol sentimento del suo Sovrano, di .far cessare la preponderanza austriaca in Ilalia, se l'Europa non permette all'Austria di soggiogare 'il Piemonte, se infine per conservare la Lombardia e la Venezia deve l'Austria spendere tutto il suo danaro e tutte le sue forze militari non raccogliendone che- odio e fallimento, è più che permesso dubitare della tenace vitalità delle sue forze. L' isloria fra le sue terribili lezioni ci ha conservalo memoria di un gran concerto europeo per distruggere la n~zionalilà polacca. Perchè non potrebbe essa insegnare

-29- ' 111lle generazioni future che le grandi potenze st rmnirono a metà de~ secolo decimonono, per assicurare con un atto di prudenza e di giuslizia, la liberazione e la felicilà di un popolo che per il suo genio ha ben qualche diritto alla considerazione dell' Europa? L'Inghilterra e la Francia, noi lo ripetiamo ancora una volla , debbono impiegare tutta la loro potenza e far concorrere l'Europa intiera, per rimettere in pace l'Italia, ciò che non potrebbe aver efi'ello senza assicurare la indipendenza delli Stati italiani, e senza porre questi Stati in grado di dare a se medesimi delle istituzioni conformi al grado loro di civiltà, e alla gloria della patria . . Nel 1848, allorquando le armate di Carlo-Alberto e dell' Austria si disputavano il suolo lombardo, le popolazioni Lombardo-Venele e quelle dei due Ducali votarono l'atto di unione alla Sardegna; noi ci rammentiamo con gioia una lettera entusiasta del primo ministro d'·lnghilterra in quel tempo, il celebre rappresentante di Tiverlon, contenente dei voti ardenti per la formazione e per l'avvenire del regno dell'alta l talia. Oggi che un governo libero e nazionale è stabilito in Italia, che le armale della Francia . sono pronte a difendere il regno di Vittorio-Emanuele c la sua bandiera, che il sentimento nazionale è piti che mai sveglio e pronto a grandi sagrifizj, e che tutta Europa riconosce che i cattivi governi dell'Italia centrale, sostenuti dalle bajonelte austriache sono una causa permanente d'agitazione, e una minaccia di guerra, non è permesso all'Jnghilterra ·di non cooperare attivamente con la Francia a raggiungere un risultato ch'Ella avrebbe voluto ottenere dieci anni sono. . Una parola finalmente sul governo delli st.ati romani. Quali che possano essere i pregiudizj dell'Inghilterra contro il potere di Uoma, non può esservi uomo di stato che non riconosca lutto il pericolo di cui quel potere è minacciato per la sua associazione ad un cattivo governo civile. Non è mollo tempo che cuori generosi e intelligenze somme avevano immaginato che il segnale deHa liberazione d'Jtalia dovesse esser dato dal Capo del callolidsruo. Gli avve-

-30nimenti provarono il contrario, o almeno posero in evidenza la grande difficoHà ·che esiste di accomunare quel governo con la libertà. Dovrebbe ognuno rnellersi d' accordo per. riconoscere che la tranquillità della Penisola e un buon governo a Roma interessano la conservazione e la gloria del potere ponti.ficio, e che questi risultati non dipendono necessariamente dall' estensione più o meno grande del territol'io sul quale l' autorità romana si esercita. Riassumendo: ciò che agita gl'Italiani da quasi un meuo secolo, ciò che forma per essi il fine degli sforzi c dei sacrifizj che raddoppiano ogni giorno, è una esistenza politica indipendente, la speranza di pervenire pet· essa a godere di quelle istituzioni, le quali assicurano la stabilità dei governi e la felicità dei popoli, per il concorso delle classi intelligenti ·al potere. Tale è il voto degl'Italiani, tale è la politica del governo francese in Italia; dipende dal concorso attivo del· l'Inghilterra di ottenere paci{icar.nente un risultato che ormai non può essere impedito, senza perpetuare la rivoluzione nel centro dell' Europa, e fare della situazione dell'Italia una minaccia continua contro la pace. Pisa, Marzo 1859. De\'otissimo C. MATTEUCCI. (Dal Nord. )

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