Carlo Cattaneo - Terre italiane

CARLO CATTANEO TERRE ITALIANE TRENTINO - ISTRIA SAVOIA E NIZZA - CANTONTICINO "IL SOLCO" - CASAEDITRICE CITTÀ DI CASTELLO- MCMXX 81b ,ote~ {,, 70 E,, 1cc

• Bibil1'teca Gino B dn,·o

································: . . germogli del SOLCO : Serie II • N. I . . ································· LE PAGINEVIVE " - Rib 1otecélG o Este1co

La collezione • I Germogli del Solco• sarà costituita da tre serie. La prima serie è dedicata a I PROBLEMI DELL'ORA e alla crisi sociale odierna, con opuscoli di BAUER, EISNER,LENINE, TROTSKY, ecc. e con studi sullo scioperò generale di Torino per i Consigli · di fabbrica, su quello francese per la nazionaliz• zazione delle ferrovie, sul sindacalismo rurale in Francia, sulle leghe di funzionarii pubblici, ecc. La secondaserie conterrà interessanti riesumazioni di scrittori oggi µ,oco letti, benchè il loro pensiero abbia sempre valore di attualità; in questa se.rie uscir'an90 scritti di çAVOUR, MAZZINI, CAT· TANEO, ALBERTOMARIO, GIUSEPPEFERRARI,CARLO PISACANE,PROUDHON,ecc. · La terza serie conterrà studii artistici e letterarii. Ogni opuscolo sarà di 64-80 pagine e verrà posto in vendita da L. 1,25 a L. 1,.so. / L'abbonamento a una serie di dieci opuscoli è fissato in lire dieci, per invio sottofascia semplice, e per invio raccomandato lire tredici. -------------,--------" o Biblioteca G1nQ Bianco

CARLO CATTANEO TERRE ITALIANE TRENTINO - !STRIA SAVOIA E NIZZA - CANTON TICINO "IL SOLCO" - CASA EDITRICE CITTÀ DI CASTELLO - MCMXX f"}ib 1otecaG-,o 1:m:,co I

**** PROPRlE'rÀ LE'l"r.ÉM!UA ClttA di Castello, SecietA Tip. • Leoqardo dJ Vinci• 1!120. 81bli61,,caGino Bianco

~~~~ , ) Gliscrittioccasionalidel grandepensatorelombardo riunitiin questofascicolo, aprima Vi$fa,appaiono superati dagli avvenimenti storici, susseguitisi nei sessanta anni decorsi dallaloroprima pubblicazione. Il Trentino e l'Istria sono di fatto riunitiall'Italia,anchese manchi laformalità estrema dell'annessionee sia ancora conteso il confine con la.Iugoslavia:Nizza e Savoia fannoparte integrale e indissolubile·della Francia, essendosi fuse e confuse nella grande repubblica, senza ombra alcuna di irredentismo:quantoallo smem- . bramento della ConfederazioneElvetica, per riunire il Canton Ticino all'Italia, nessu~~ più in Italia vi pensa o vi·accenna.Ma la prima impressione superficialenon rispondeal vero: per quanto si tratti di ~critti occasionali,dettati dal 1860 al 1862, e benchèeventid{ tanta mole si sie110svolti da • allora ad oggi, la lettura di essi suggerisce osservazionie indicazioniconformialla situazione R,b ,oteca G, o Bianco

6 odierna: e rende attualità al pensiero di Carlo Cattaneo,figura r_appresi;ntativdaella nostra tenace stirpe, per la molteplice varietà della sua cultura e per la genialità acuta delle sue intuizionI.Egli profuse la sua ricchezza intellettualein una s~rie di pubblicazioni quasi giornalistiche - ,monografie, articoli di riviste, lettere - e 11011 affidò a un'opera la sintesi organicadel suo pensiero, come espressione completa del suo valore intellettuale: ma nella sua produzione quasi frammentaria corre una vena di oro fino, che è debito di onore per la giouenhì studiosa italiana ricercaree rimetter!' in valore. Nel periodo storico, in cui la lotta·per le nazionalità ebbe il suo inizio, Carlo Cattaneo seguì una linea direttrice di pensiero e di azione, che è necessario meditare oggi nuovamente,dopo che la guerra imnzane ha servito.solo. ad avviare al loro epilogo i problemi nazionali: da quella direttiva di pensiero si deduce la pilì rigida opposizione alle pretese imperialistiche di ogni genere, e ai tentativi di soluzione basati sui principii dell'autorità e della·forza, anzichè_su quelli della libertà e della giustizia. · Secondo Carlo Cattaneoogni gente deve avere la sua terra, e ogni popolo deve disporre liberamente dei suoi destini. I mali, di cuì i popoli europei si lamentano e· soffrono, dipendono dagli · oppressori interni; e di questi occorre s'i liberino, Biblioteca G,no Bianco

7 con.molo generalee èontémporaneo.Compiutociò, ogni nazione potrà chiamare a parlamento i popoli della sua parola, perchè ognuno con spontaneo voto dica in Qf!.aleparlamento gli piaccia aver voce. Fissati i termini alle nazioni, la perennç guerra dell'equilibroeuropeo avrà fine, e potranno . abolirsi gli eserciti stanziali, facendo cade;e l'arroganza dei lorocondottier(all'interno. Allora, e soltanto allora, lo Stato si identificherà con la Società civile; e si inizierà l'era novella delle perpetue nazioni e della universale società. A risolvereil più spinosoproblemadelle zone a popolazione frammista, Cattaneoprecisa che là dove, per fatto antico della ·naturae dell'uomo, i versanti le lingue e i diqletti formano wz nodo inestricabile, è giuocoforza contemperare il principio di nazionalità con quellodella località,risolven_do il problemadellapacificaconvivenzadi stirpi diversein uno stesso luogocon un regimedi libertà. la libertà dei popoli è sacra e inviolabile, e nessuna oppressioneconculcatricepuò condurrea un sistema di_ eqf.!ilibriostabile, comunque si tenti di giustificarlacon ragioni geografiche o con motivi strategicio con ricorso a plebisciti,fallaci in quanto il sùjjragiouniversaleha valoresolo transitorio, dettato dalla convenienza del momento, e nonpuò vulnerare i diritti dellegenerazioni venture. All'indomanidei trattati di Versaillese di Saint Germain - che aspramentehan deluso quanti atBiblioteca Gino Bianco

tendevano per l'Èuro/1au- n;immediala era et[ pàcifica convivenza delle stirpi, non appena chiusa la parentesi della guerra immane - ricordare le tesi di Carlo Cattaneo non è _ vana · riesumazione di erudito,ma è riaffermazionedella continuità logica del nostro pensiero italiano, caratterizzato da un alto senso di equità e da un profondo culto del diritto, nòstroe altrui. l'accentramento nello stato unitario.impediscela equa so-. luzione dei problemi nazionali; e,_come opprime nel suo seno gli spontaneiaggregatinaturali sottoponendoli a una livellatriceuniformità,così viola nelle regioni di confine, ove le stirpi si frammischiano, il diritto delle genti alla libertà e alla autonomia: solo nella libertàfederale è il mezzo per la pacifica convivenzà delle naz.ionf,.da cui brilleràfulgida « quella luce di sentimenti e di idee, della quale.ogni lingua·e ogni gente possiede solo un raggio ») la tesi federalista di Cattaneoe di Ferrari(dis~epolientram.bdi i Romagnosi) non va riaffermata solo nei riflessi' dei rapporti int~rnazionali, ma ancheper la soluzionedei problemiinterniitaliani, specie per quelli relativi all'ordinamento autonomo de!le nuove provincie. Nelperiododel Risorgimentosi commisel'errore fatale di estenderea tutta l'Italia la legislazione , del Piémonte, che, se aveva saputo conquistarsi /'egemonia_militarefra i diversistati italiani,non 11biloteca Gmo Bianco

t) aveva certo raggiunto la egeltlonia civile; così il nuovo stato unitario ebbeuna legislazioneirzfe- . riore a quella che ànteriormlnte esisteva; e,peggio ancora, nell'accentramentastatale si uccise ogni libertà « in quanto i moltepliciconsigli legislativi e i poteri amministrativi.di varia origine sono . necessariacondizione di vera libertà». Oggi quell'errorenon deve ripetersiper Trento e per l'Istria; noi dobbiamo . volere che la unione di quelle terre italianeallapatria non segni per esse un regressonel campo legislativo e nelle pub/Jliche libertà:noi dobbiamovolere,come avviament.o al risorgeredelle autonoinieregionalie comunali, che alle nuove provincie - redente dal sacrificio dei soldati del Carso e del Grappa,e dall'eroica immolazione di Cesare Battisti e di Nazario Sau- · ro - sia risparmiata la oppressione della insipiente burocraziaromanae dellaparassitariaplutocrazia, alla prima collegata da sald_issimivincoli ideologicie materiali. L'accentramentoburocraticol,a unifotmità legislativa, la rigida organizzazione dei partiti, le grandi Banche, le aziende industriali controllate e le Federazioni di mestierecon comitaticentrali, ·che emanano ordini di battagliaall'insaputadelle loro leghe, hanno fatto perdere a noi italiani il senso e l'orgoglio della libertà, dell'autonomia oersonale e locale, assoggettandocia una serie di dittature. A questo indirizzo, che • livellan81b ioteca G,10 Banco

10 do • riduce tutti al mmcmo comune denominatore, e annulla lo stimolo della alacre. iniziativa fonte di ogni umano progresso, occorre reagire, riconsacrando i valori.dello spirito che vivifica, contro la formula che uccide. « la libertà è una pianta di molte radici» e la gioventù italiana deve tornare ad infiammarsi per essa, pe/ l'ideale che animò· i- maestri delle arti e dei mestieri reggitori dei gloriosi Comuni nostri, per il sogno che ad· dusse sulle barricate di Milano nelle epiche Cinque Giornate· Carlo Cattaneo, uomo di studii alieno dalla politica, e innumeri popolani i qqali pure nulla sapevano di pÒlitica. Libertà !, deve essere il motto della gioventù nuova d'Italia, cresciuta tra il fragore 1ella grande guerra: libertà ai popoli di disporre pacificamente dei loro destini; libertà ai Comuni e alle regioni di provvedere ai loro affari secondo l'uso della propria ragione e della propria volontà; libertà \ai cittadini di provvedere ai loro traffici e ai loro mestieri senza soggiacere all'arbitrio della burocrazia e della 'plutocrazia. Spezzati i ferrei vincoli del militarismo dinastico dell'Austria-Ungheria e della Germania - già sacerdotessa della servitù, - sopravvivono negli Stati della Intesa democratica le forze retrive del!'autoritarismo uccentratore e livellatore, e le cupidigie del!' imperialismo.' Era illusione di animi semplici sperare che queste forze si somB1blioteca Gino Bianco

11 mergessero ifl volontariosuicidio, appenaplacato il furore delle armi. Ma il processo rivoluzionario, di cui la guerra fu un episodio culminantee 1101u1naparentesi,attraverso eventi che appaiono· co11tradditorisi,i svUuppaper sue interiorinecessità, e faticosamente procede.per la stradapiena di rovi, cheporta alla agognata libertà. Intendere questo processo, e viverela storiaanzichè esserne vissuti è compito dei giovani; per esserea/l'altezza di esso nullagioveràpiù dellostudio deigrandi pensatori italiani, chedella libertàebberoil culto: fra loro Carlo Cattaneo tiene uno dei primi posti, e a lui tornino i l[iovani, con animo di discepoli pronti a intendere e superare il Maestro. 5 luglio 1920. F. ARIEL/ B1bl1otecaG o Bianco

I '\ B1bl otecaGmoBianco

~ ....... ~ .....,.,~..--........,...i IL TRENTINO L'Italia fu da natura segnata e chiusa v'erso Ì il continente europeo colle Alpi, che in magnifico semicerchio dal Varo al Quarnero la dtvidono dalle nazioni francese, germanica e slava. Dalla pendice meridionale ct·elle Alpi, anzi a molte miglia più in qua, scendono que' numerosi fiumi che si gettano nel Po o nell'Adriatico; tra questi, quasi dal mezzo della catena, scendono l'Oglio, I'Àdige, la Brenta, la_Piave ecc.; però il maggiore è l'Adige, il quale scaturisce non già• dal!'Alpe principale ma dai suoi controforti. li territorio che dai controforti meridionali dell'Alpe, si distende lungo Ìe due· rive dell'Adige verso Verona, e si allarga a ponen'te sulla destra_del ·fiume vers~ le valli bresciane, e dall'altra a levante fino alle vicentine e bellunesi, abbracciando il corso mediano dell'Adige e suoi confluenti e quello del Brenta, e comprendendo una parte del Lago di Garda coi ·porti di Riva "l1blioteca Gino Bianco

14 e· di Torbole, costituisce quel territorio italiano che ai tempi dell'impero romano formava parte della decima regione italiana, sotto i Longobardi il ducato di Trento; e in seguito, lungo il medio evo fino al decorso secolo, il principato treotino, retto dal vescovo siccome signore in· dipendente, alla stessa guisa di molte altre città italiane, che venf!ero governate dai vescovi, prima che si reggessero a comune o venissero sottoposte alla signoria di famiglie prepotenti. Il Trentino adurique, posto come è tra la Lombardia e la Venezia, le separa quasi del tutto, perchè, col lago di Garda continuando si può dire la separazione, non resta per comunicazione tra le due provincie che il tratto del Mincio, the da Peschiera scende nel Po. La lingua, i costumi, le condizioni del Trentino risentono della sua situazione, e si assomigliano a quelle delle vallate vicine lombarde e:venete. Le città, le castella, le valli nella parte inferiore del1'Adige verso Verona, quelle verso il Sarca e sul \. l~gò di Garda, e quelle lungo il Brenta, furono ne' sécoli passati sottoposte alle vicende politiche dei paesi• limitrofi, ·e appartennero talvolta ai Visconti di Milano, ai Veronesi, agli Ezzelini, ai Vene;,;iani; nondimeno il principato ecclesiastico ricuperava quasi sempre i vari luoghi del suo stato, che resse con leggi e ministri propri sino al finire del secolo passato. 81blioteca Gino Stanco

15 ✓ Tralasciando la storia del Trentino, perchè in gran parte comune con quella della Marca Trevigiana, degli Scaligeri, di Venezia e di Milano, si osserva soltanto circa alla lingua che il dialetto del Trentino è annoverato tra i migliori dell'Italia superiore, e che, se al tempo di Dante esso era peggiore e tenuto dal gran poeta pari a quello di Torino e di Alessandria e poi migliorò di tanto, ciò avvenne perchè quello di queste due città, come delle altre subalpine, non p6tè fare grandi progressi, attese le relazioni politiche speciali di quelle provincie, continuate pe~ molti secoli; mentre la pròvincia trentina, essendo stata dal secolo Xlll in poi sempre più in contatto ed in permanenti relazioni civili e politiche non solo con la Lombardia ma più, colle Provincie venete, ha migliorato sempre più attraverso i secoli, il dialetto, talmente che, come si disse, nei tempi moderni fu reputato tra i·migliori dell'alta Italia. E qui giova citare il passo di Dante, il quale nel Trattato del Volgare Eloquio, lib. I, cap. XV, così s'esprime: « Ora, perchè noi non crediamo che alcuno q.ubiti di quelle città che sono poste nelle estremità d'Italia ... dico che Trento, e Torino ed Alessandria sono città· tanto propinque ai _terminid'Italia, che non panno avere pura loquela; talchè se così come hanno bruttis-simo volgare, così l'avessero bellissimo, ancora negherei esio essèrc veramente Biblioteca Ginu Bianco

16 italiano per la mescolanza che ha degli altri. E però se cerchiamo il parlare italiano illustre, quello che cerchiamo non si può in esse città ritrovare >. Circa alla'. storia, giova notare come l'ultimo rampollo dei conti del Tirolo, paese tedesco al settentrione del Trentino e la cui capitale è lnnsbruck al di là delle Alpi, cedesse quella con- .tea ali' Austria; e come gli arciduchi, conti del !irolo, si arrogassero continue pretese, in;vadessero ed usurpassero· ora una parte ed ora un' altra del principato di Trento; e come infine il nome del Tirolo italiano, o meridionale, sia de• nominazione venutagli dai pretendenti o conquistatori, i principi tirolesi e gli arciduchi d'Austria. Ma l'Austria al principio del secolo présente. secolarizzò lo stato ecclesiastico del Trentino, lo, aggiunse alla provincia tedesca del Tìrolo; e di qu.esto modo, oltré l'essere politicamentt: territorio austriaco, come lo fu il Lombardo ed è pur anco il Veneto, venne considerato come· distret· to tirolese, perchè dipendente per l'ainministrazione civile ed economica, la corte d'appello, ecc., dal governo della provincia del Tirolo. Giova però osser-vace che se la geografia, la storia, la razza, la lingua ed i costumi fanno del Trentino una provi'bcia eminentemente italiana, come tale venne anche dichiarata dagli atti della 81btoleca G ,:ioStanco

17 stessa diplomazia, dai pubblici trattati conchlusì tra le potenze eurqpee. E senza riandare la storia del pll,SSaton, oi·vogliamo constatare che per· sino nei tempi moderni dalla stessa Austria, Francia e Germania fu ammessa la dis!i_nzione fra il Trentino e la contea del Tirolo, confermata la sua separazione da questa provincia tedesca e per conseguenza dalla Germania; che il Trentino venne considerato siccome provincia · italiana, e finalmente che fu confer'mata la sua, italianità col sanzionarne l'annessione all'Italia. I. Distrutto nei primi anni del . presente secolo l'antico -impero romano-germanico, e pel trattato di Lunéville essendo stati secolarizzati i principati ecclesiastici, e ·trq-'{andosai lcuni principi italiani spodestati dei loÌ"odomini, il primo di· segno che fos~e presentato dai ministri delle po- • tenze ·mediatrici fu quello dì dare il principato di Trento e quel.lo di ~ressanone, parte il primo dell'Italia nazionale, il secondo della geografica, come indennità al granduca di Toscana; e con ciò il Trentino veniva coosiderato qual provincia distinta e separata dal Tirolo. Ma per la convenzione 26 dicembre .1802, la casa d'Austr:a avendo rinunziato al suo possesso d'Ortenau in favore del duca di Modena, al quale era stato ceduto anche il Brisgau, vennero a titolQdi compenso dati ·all'Austria principati di Trento~ di CATTANEO. !,1b11otecCa:•noB1a,co

IS Bressanone. L'Austria fece dipendere per l'amministrazione civile, economica·e giudiziaria il principato di Trento dai dicasteri e dal governatore del Tirolo residenti in lnnsbruck; ma siffatta circoscrizione amministrativa delle due provincie non distrusse la nazionalità del Trentino, perchè venne dichiarato provincia italiana pochi anni dopo e dalle ~tes!ie potenze ·europee. No.tisi che l'Ortenau, feudo nella Svevia, de.I quale l'Austria aveva investita la casa di Ba_den-Baden, e che per estinzione di questa famiglia lo riebbe nel' 1771, non rendeva nulla ali' Austria, la quale acquistava una piccola provincia italiana che rendeva in aliora 550.000 fiorini, e Bressano9e 250.000. · Dopo la terza :g_uerra mossa dalla Frnncia ali' Austria e terminal~ pel trattato di Presburgo 26 d(cem1 bre 1805, l'Austria ced@tte v.ari 'territori a Napoleone e ai. suoi. alleati, e rinunziò parti• · colarmente in favore della Baviera la contea del Tirol.o ed i principati di Trento e di Bressanonr All'articolo VIII .del trattato suddetto ù principato di Trento viene" enunciato in modo distinto e separato da quello del Tirolo; ed anzi quasi subito dopo, a tenore del processo verbale disteso i~ lnnsbruck, I' 11 febòraio 1806 e sotto· . scritto dai commissari ftancesi, il principato di Trento con quello di Bressanone venne riservato per çsserc annésso all'Italia, ~ precisamente Biblioteca Gino Bianco

19 al nuovo Regno Italico che stavasi ordinando. Ciò fu posto ad esecuzione in virtù del-trattato di Parigi del 28 febbraio 1810, perchè all'articolo III di quel trattato si legge: « S. M. le Roi de Bavière cède en toute souveraineté el propriété à S. M. l'Empereur et Roi des parties du Tyrol italien au choix de s: M. I. Ces parties du Tyrol devront etre contigues entre èlles,:·à la proximité et à la convenance du Royaume d'ltalie et des provinces illyriennes, et renfermer une population de deux cent quatre vingt à trois ceni mille ames ». Furono in allora determinati i confini del Trentino e del Tirolo, lo che equivale tra il rel{no d'Italia e la Germania, dai commissari francesi; confini che vennero conco~dati, tracciati e descritti nel ,processo verbale disteso a Bolzano il 7 giugno 1810, e che a questo pro- •posito merit-a di essere consultato. La cessione ed annessione del Trentino, e degli altri distretti italiani contigui al regno italico, vennero annunziate_ con la patente· del 23 giug110 dello stesso anno; ed anche questa va co_nsultata. Di· fatti tra le altre notizie vi si trova che il territorio italiano ceduto e staccato dalla Germania e annesso al regno d'Italia contava in allora 305,000 abitanti, dei quali 278,000 divennero cittadini del regno italico. - dipartimento dell'alto Adige - e 27,000 del regno illirico . .Ciò dur~ fvto àllo smembramento di tanti Biblioteca Gino Bl8"1C0

20 stati e nazioni avvenuto per la restauraziono del 1815; ma p~rfino nelle convenzioni che precedettero immediatamente i trattati del 1815, ed anche nello stesso atto finale del congresso di Vienna, viene continuamente fatta distinzlone tra la contea del Tirolo ed il Trentino, e le due provincie sono _sp~cificate_nomfnativamente; q~n- ' tunque "l'Austria tn seguito ne facesse una sola provincia, cioè riunisse in una sola circoscrizione amministrativa due provincie, una tedesca ed una italiana, e ne facesse capoluogo Innsbruck nella tedesca, piuttostochè riunire · o far dipendere il Trentino dai capiluogh·i del Lombardo o meglio del Veneto, siccome chiedevano i trentini, e come esigevano i loro interessi civili e commerciali, la lingua, i cost_umi,le comunicazioni, ecc. Già_per un articolo segreto del trattato di Toeplitz del 9 settembre 1813 erasi convenut.i tra .le potenze di ricostituire la monarchia austriaca com~ presso a poco esisteva prima della guerra del 1805; ed erasi deciso, oltre le <}!tre provincie, di farle restituire il Tirolo dato alla Bavier~. ed il Trentino annesso al regno d'Italia. Ma la distinzione fra queste due provincie riscontrasi più precisa nella ·convenzione del 3 giugno 1814 conchiusa tra l'Austria e la Baviera; . e negli articoli segreti del trattato di Ried (II, III e IV) dell' 8 ottobre 1813 firmato al tempo dell'ultima coalizione europea contro la Francia. Bibltoteca Gmo Bianco

21 Le disposizioni di quegli articoli segreti venne· ro poi determinate più chiaramente tra Metternich ed il feldmaresciallo Wrede, e segnate .1a Parigi il 3 giugno 1814; dove per l'articolo I è stipulato che la Baviera renderebbe ali' Austria la contea del Tirolo. Finalmente per gli articoli 53 e 93 dell'atto finale del congresso di Vienna sono enunziate distintamente tutte !e provincie date all'Austria, che leggonsi nell'ordine seguente: Istria, Dalmazia, la Venezia, i dm:ati di Milano e di Mantova, i principati' di Bressanone e di Trento, la contea del Tirolo, il Friuli, ecc. Il. Essendo stato distrutto l'impero romanogermanico, e al tempo della restaurazione del 1815 volendosi pur trovare una forma. che rappresen- / tasse in qualche modo almeno la unità nazionale germanlca, 1 si venne a quella della Confederazione, che doveva essere composta di Stati esclusivamente tedeschi.· Tale è la lettera e lo spirito del trattato. di Parigi (30 maggio 1814) e della stessa costituzione della Confederazione gei manica, che trovasi unita all'atto finale del congresso di Vienna del 9 giugno 1815. Gli St1 tedeschi non potevano entrare nella Confedera- . ( zione con le provincie a loro suddite e apparte- . nenti ad altre nazionalità; e il Trentino era già stato ·riconosciuto e dichiarato italiano e annesso R1blioteqG o Bianco

0.ll'ltalia dai trattati pubblici tra Austria, Germani::i. e Francia. Gli atti che costituirono la nuova Confederazione germanica nel 1815 fanno parte di quelli del congresso di Vienna, e sono basati sull'articolo VI del trattato di Parigi 30 maggio , 1814: « Les Etats d'Allernagne seront indépenda,nts et unis par un lien fédératif ». La Prussia non doveva entrare nella Confederazione che con una parte molto limitata, cioè col solo territorio ch'ella 1possiede sulla sinistra dell'Elba, e l'Austria con le sue provincie tedesche, e tra queste anche col Tirolo, e non col principato di Trento, da essa già riconosciuto italiano, e come .tale anche dalle altre potenze. Ma con l'atto finale del 9 giuEno 1815 la Prussia e l'Austria entrarono con altri territori, e l'Aùstria più tardi (6 aprHe 1818) anche con la provincia italiana del Trentino, cioè il dipartimento dell'alto Adige del regno d'Italia. Ma fu errore o meglio perfidia dell'Austria nel farlo entrare nella Confederazione, errore della Confederazione germanica nell'accettarlo, ed errore o svista delle potenze europee- nell'approvare l'annessione del Trentino alla Confederazicme. Erano le potenze nei primi -anni della restaurazione troppo preoccupate_dei loro grandi interessi e della ricomposizione dell'Europa, per avvertire un errore a carico d'una piccola provincia italian~ di circa .300,000 anime; ma aprirono gli occhi e impedì8ibliote.ca Gina E3ranco

23 ,-orto che in seguitò I'Àustria facesse entrare nella Confederazione germanica il Lombardo-Veneto. Nè ha più. akun valore il fatto storico, che il principato di Trento, come del resto altri stati e città dell'alta · ed anche della media Italia, avesse appartenuto all'.antico impero romano-germanico; sciolto l'impero, mancato il dominio diretto, restarono li_berie svincolati non solo tuttigli stati tedeschi, ma ben anche gli stati e ci!là di altre nazion: che furono per l'addietro_più o meno vassalli e dipendenti dall'imperatore germanico. Nel 1815 non si ricostituì l'impero germanico, ma solo gli stati tedeschi si legarono in una confede· razione che valesse a rappresentare l'unità germanica. L'articolo 53 dell'atto del congresso di Vienna dichiara, che « Les princes souverains et !es villes libres del' Allemagne, en comprenant dans celte transaction LL. MM. l'empereur d' Autriche, !es rois de Prusse, de Danemarck, et des Pays-Bas ; et nommément: l'empereur d'Aulriche, et le roi de Prusse pour toutes celles de leurs possessions ,qui ont anciennement appartenu à !'empire germanique etc.~, entrano nella Confederazio._neD. al tenore di questo articolo e cli quello piÌl espii· cito del trattato di Parigi, .cioè del precitato articolo VI, che racchiude il principio dal quale è informata la Confederazione germanica, rilevasi che le potenze rappresentate al congresso non ' . ..iibli.otecaG. no Bianco

24 intesero che di costituire politicamente una nazionalità gennaniéa; che la Prussia ~ l'Austria non potevano far parte della Confederazione che coi .loro stati tedeschi; e le potenze non germaniche, come la Danimarca e l'Olanda, soltanto coi loro stati tedeschi. Ora it principato di Trento d~rò per molti secoli siccome stato sovrano e indipendente sino al principio del secolo presente; ed erasi bensì posto, come del resto altri signori e città italiane, sotto la protezione dell'imperatore romano, ma per difendersi dalle continue aggressioni ed usurpazioni dei conti del Tirolo, arciduchi di Austria. La contea del Tirolo da parecchi secoli, e il Trentino nel corrente secolo, passarono sotto il dominio della casa d'Austrìa. Nè la nuova circoscrizione amministrativa degli stati che com· pongono la monarchia austriaca può distruggere le varie nazionalità: chè se tutte politicamente sono austriache, sono però tedesche, slave, magiare, italfane, eçc., e tra queste il principato,,di Trento venne dall'Austria stessa considerato e riconosciuto italiano, e, perchè tale, ceduto al re· gno italico. Per cui, a tenorè anche dello stesso trattato di Parigi, non poteva l'Austria far entrare. il Tr,entinò nella Contederazioòe germanica, nè questa ?CCett~rlo, nè ì potentati europei sanzionare l'ann.essione. BibliotecaG. 10 Bianco

III. esaminando attentamente i trattati del 1815 per ciò che riguarda alla Germania, ne risultano due illazioni: '; a) che; se è vero che alle sole potenze germaniche spetta l'ordinamento intorno della Confederazione, b) egli è vero altresì che, siccome tutti gli articoli reJativi alla costituzione esterna della Confederazione germanica sono inseriti e _fanno parte integrante dell'atto finale di V,ienna e ne formano una delle basi principali concordate dal comitato degli Otto e firmate dai potentati europei, così. questi si sono riservato il diritto di deliberare in ogni conferenza o congresso europeo quanto concerne alle modificazioni e correzioni da farsi a que' tratta.ti; ed a più forte ragione tutte e ciascuna delle potenze hanno autoriti di prendere l'iniziativa rispetto ad una prov;ncia italiana, il Trentino. Da quanto fu esposto si deducono necessariamente le seguenti conclusioni: 1. Il Trentino venne riconosciuto provincia italiana, e come tale annesso all'Italia da· Francia, Austria e Germania; mentre invèce non c'è alcun atto diplomatico da cui risulti che le potenze abbiano sanzionato la posteriore sua aggregazione alla co·nfederazione germanica, anzi · nemmeno che sia stata loro partecipata. 2. Le potenze europee, a tenore dei trattati d1bliotecaG .~ B1ane,o ,

26 e della stessa costituziorte della Confederazione germanica, -nonpotevano acconsentire che il Trentino venisse aggregato a quest'ultima .. 3. La questione del Trentino non è di esclusiva competenza délla Confedera7.ionegermanica e delf'Austria, ma di tutte le potenze che firmarono i trattati del 1815. 4. Fu sempre fondata in fatto ed in diritto la domanda,' presentata dai trentini in•·vari tempi, di èssere stacc;iti dalla Confederazione germanica e dal .Tirolo, e di far parte delle contigue provincie italiane, ed ultimamente (luglio ed agosto 1859) della Venezia.- Si sa bene che il diritto· supremo del Trentino. sta in questo; che è italiano e che vuole l'Italia, col)le l'Italia vuole il Trentino. Ma è pùr degno di nota anche quanto siamo andati esponendo: perchè. vi si ,vede elle, quando una caus;i è giusta, anche tra gli avv9lgimenti e i torbidumi diplomatici, pèi quali è stata trascinata / e falsificata, si trova la traccia della sua giusti· zia; e che, come le catene e le oppressioni non trattengono il grido di un popolo che vuol ricuperare la· patria, così nemmeno i documenti de' suoi oppressori possono tar via l'impronta di verità alle. s.ue ragioni. (POLITECNICO, Voi. IX, anno 1860, recensione).

\ . TRIESTE E L'ISTRIA Nqi abbiamo fatto buon viso, or son pochi rnesi,,ad un altro opuscolo della natura di questo, in cui si •trattava con copia di dottrina la questione del Trèntino. Ora qui ci si parla della questione di Trieste e dell'Istria, di una quistio-. ne cioé non meno viva e seria, perocchè riassume ed esprime i dolori, le speranze. i propositi di una nobile provincia d'Italia. No1che vogliamo l'indipendenza dì tutta q·uanta !a patria, noi che in materia di.patria resp.ingiarno con orrore le reticenze o i mercati, perchè sappiamo che un popolo non pµò, non- deve, non vuole acquetarsi quando un sol lembo della propria terra rimane sotto il giogo straniero, perchè ad un popolo non si confende e non si sottrae lo spazio di cielo che gli spetta; noi siamo· lietissimi di questa nuova pubblicazione, che proclama l'italianità della penisola istriana e i suoi diritti a formar parte della patria comune. Noi ~1t-•1oteca Gho 81aneo

ne siamo lieti, non solo .perchè ogni alta e solenne dichiarazione di un diritto giova al medesimo, ma perchè in questi momenti una simile dichiarazione ha quasi il carattere cy una protesta contro tutti coloro, e son mol!t, che, prepotenti o pusilli, continuano a parlare d'una mez· za Italia, stroncata da i.tn lato; priva de' suoi controforti, delle sue. piaggie, de' suoi confini na· turali; ed ·è assai se le concedono due. fiumicelli per dividerla da due imperi, il Varo, e l'Isonzo, e le Prealpi non le vere Alpi, le Alpi grandiose datele da natura a schermo, per contenere la Germania; appena è se le consentono tanto di monte e tanto di mare da potervisi distendere e sgranchire le membra assiderate dal lungo gelo della Sefvitù. Questo scritto consacrato a dimostrare non a noi - chè la fratellanza si sente e non si ragiona - ma all'Europa la comunanza delle origini, de' costumi, 'degli affetti degli istriani e delle altre popolazioni italiane, venne dettato e pubblicato appunto per incarico dell'emigrazione triestina ed istriana, la quale parla in nome de' congiunti e degli amici lontani. Non è dunque una voce isolata e individuale codesta: è una voce collettiva: è quella voce medesima che, non è molto, nella dieta di' Parenzo, alla rich:esta dt mandare deputati a Vienna, rispose per trenta volte: NESSUNO: la è sempre quella voce forte e pietosa che inviò a' prodi com· 81bliot-ecaG '"IO Bianco

29 battenti per l'unità d'Italia auguri e voti. Quando un grido d'ira o di pietà, quando uno scongiuro od un'\ invocazione escono dal petto di un popolo schiavo, dal petto rotto dalle battiture, o·ppresso dalle angoscie, · indebolito dagli stenti, quando questa voce e questo grido, invano soffocati da manigoldi, giungono alle orecchie de' fratelli liberi, sarebbe delitto di non porgervi l'attenzio· ne di tutta quanta l'anima. Ma' ecço co~ quanta schietta e co_raggiosa energia gli emigrati triestini ed istriani si dicono italiani:' è ben italiano codesto linguaggio:. « Non si può pretendere che noi rinunciamo alla nostra parte di patimenti e ·di sacrificii per la causa nazionale. Non si può pretendere che noi piit del Veneto, più del Lombardo, più del Toscano, più del Romano, o di qualunque altro italiano, rinunciamo alla nostra individualità nazionale. Anzi, ·senza un suicidio morale, noi non potremmo a meno di affermare ad ogni costo la . nostra essenza e natura di italiani. Non potremmo a meno di affermare il nostro diritto e la nostra volontà di appartenere all'Italia. Lo dob- _biamoa noi stessi, lo dobbiamò ai figli nostri, i quali avrèbbero tutta la ragione di rimprove· rarci, _se trascurassimo questo nostro" dovere a loro riguardo. Cessare per essi dalla testimonianza paterna del nome e dell'origine, sarebbe . lo ste~so che un padre trascurasse la legittimaBiblioteca G,no Bianco

30 zione ·dé' suoi figliuoli. Lo dobbiamo all'Italia, dalla quare ebblmo lingua ed origine, ebbimo iJ beneficio della civiltà comune ed il te!;oro dellt1 , , antiche tradizioni, che devesi tramandare indiminuito ai posteri ". Ma non son parole codeste, non è un patriottismo d'i facili Vé!nti o di declamazioni: è un patriottismo di fatti. « Noi - continuano gli emigrati - noi abbiamo affermato più. volte 12 natura nostra di Italiani, il diritto e· la volontt di appartenere anche politicamente all'Italia, protestando in molte guise contro i ten~ativi dell' Austria di germaniz~arci, parlando. e scrivendo la lingua nazionale, inviando danari e soldati e· marinai per la· guerra nazionale. Lo abbiamo affermato con dimostrazioni ostili all'Austria anche sotto la minaccia: del carcere e del Consiglio di \ guerra. Lo abbiamo affermato con una numero- / sa emigrazione e col manifestare ·i nostri . voti nella stampa di parecchie nazioni ». Anche questo è un linguaggio altamente italianQ. Le respinte transazioni e le tenaci resistenze e le animose proteste sono. altrettante espressioni di quella · sacra favella con cui gli Italiani hanno significato il loro odio invincibile verso lo straniero. · Le.·dimostrazioni dell'oggi trovano una ra gione e una forza nelle condizioni geografiche, etnografiche e storiche.' Così il presente si collega e si stringe al pass<1to.Sepza questa gran~ Biblioteqi, G no B,anéo.

de e inconcussa conferma quelle dimostrazioni sono fittizie e impotenti, perocchè non esprimono i gagliardi e longanimi propositi di più epoche e più generazioni; ma quando la generazione pre · sente soffre e combatte per una fede che succhiò col latte materno, quella fede non muore, come non muore nel figlio la reverenza e l~1ffetto verso la madre sua. Così si crede, così si spera e si. aspetta nell'Istria; nell'Istria che divise con Venezia la storia de' secoli andati ed oggi ne di- . yide tutti gli affetti e tuttl i dolori. Parie fino a ieri derisione che l'Italia avessè confini sì chiaramente e formidabilmente tracciati dalla mano della natura. Il nucleo alpino dell'Istria, spingendo al sud i nionti della Caldera, manda al nord'..ovest i monti della Vena fino a Duino, sul golfo di. Trieste, e costituisce la Porta orientale della nostra penisola. Di là la Slavia, di là Fiume: di qua l'Italia, di qua Trieste. Questo nucleo, quasi temendo le interessate confusioni de' confini, tuÙo quanto abbraccia e recinge il golfo adriatico rimpetto Ve· nezia, e munisce il Friuli e il Veneto di un·nuovo. baluarpo, e completa e rafforza quello eh.esovra. Trieste e Udine leva le sue punte di q1.1arzoe di ghiaccio. Un marè italico l:}agnaquel n"t1cleog, iacèhè f' Adriatico fu lungamente e sarà lago italiano. « Chi lo naviga - osserva l'opuscolo - e muove verso l'estrema punta dell'Istria, e guarda alle due Biblioteca G1 9 81a cç> ;

sponde, bassa ed'lrnportuosa l'una, l'altra per così dire coronata d'isole, di scogli, di canali, e ricca di- porti, facilmente si accorge che nei tempi della prima-civiltà, conquistatrice e colonizzatrice ad un tempo, la sponda orientale doveva appartenere alla grande µazione italica, come la storia lo prova, e come le magnifiche rovine di Salqna, dove il palazzo di Diocleziano forma per così dire la città. di Spalato, lo indicano tuttora. Si spiega fa. cilmente altresì, che ·nella seconda fase della ci· viltà, in quella della colonizzazione commerciale, la penisola italica dovesse lasciare sulla sponda orientale le traccie della sua azione:- e qÙindi l'acconsentito'e rimpianto dominio di Venezia sopra le coste e le isole dalmatiche, la spontanea italianizzazione degli abitanti di q_uelpaese, operata piuttosto dal commercio che non dal governo, e la permanenza della lingua italiana co· me lingua.Ai coltura su tutte le coste, a malgrado della repubblica slava di Ragusa, e degli stranieri dominii di poi, e soprattutto della ten· tata germanizzazione per parte dell'Austria ». La germanizzazione era impossibile. Ogni terra possiede un orizzonte. È il cielo della patria, e quando la patria è quasi coperta e cancellata dal nume· ro dei nemici, allora noi la veggiamo splendida e raggiante lassù, e; affissandola, le giuriamo e le serbiamo la fedeltà de' nostri cuori. . • La geografia naturale non eotrebbe duraBiblioteca Gmo 81°,co

re a lungo in contradizione colla storia di un paese, o meglio questa non potrebbe mettersi in contradizione con quella». Contradizioni di tale natura ve ne hanno non poche in Europa, e forse è tuttà o quasi tutta una contradizione l'ordinamento polit:cò degli stati, e questa contradizione dura, ministre la violenza e l'ingiustizia, ma l'avvenire sa{à ra·gione d'ogni viltà ~ trionfante, d'ogni prepotenza impunita, e sarà ragione suprema, ultima ratio. Anche ,la storia somiglia un torrente che prima "diaccomodarsi in un let· to piano ed eguale preci.pita da burroni e rompe contro i macigni che gli sbarrano ia via,. ma il tor-· rente rumoreggia assai da lontano, e guai a chi si lascia cogliere! Terribile, implacabile è la giustizia della storia, piccolo conforto alle vittime dell'oggi, ma sicuro pegno pe' figli delle vittime ed i figli de' vendicatori. Intanto· la tirannide perde il senno; e l'opuscolo non se ne meraviglia ·ma se ne ral· legra, e scrive: « Che cosa vi parrebbe, se avendo due versanti alpini di taie forma e collocazione relativa, che ·uno di essi avesse i caratteri del clima meridionale e l'altro quelli del clima settentrionale, che sull'uno fruttificassero spontanee le viti e gli olivi e sull'altro gli abeti ed i larici imboscassero il freddo suolo, che cosa vi parrebbe, diciamo, se con arte stolta si volesse invertire quello che ha fatto la natura, se si spian- · !assero dal1'11naparte i larici e gli abeti per imCATTANP,O BibliotecaG,.,QBanco

34 piantarvi· l'olivo e la vite a morirvi fisici, e suls l'altro pendio, arso dai raggi infocati del· sole, si pretendesse di portare le piante, che sono l'onore e la ricchezza dei climi settentrionali ? Ad opera non dissimile si dedicherebbe chi volesse fare violenza alla geografia naturale». A tal'opera si dedica l'Austria nella penisola istriana e dovunque. Or qual' è la storia dell'Istria? È storia nostra. Anch'essa fu romana, e poi de' barbari; e poi si resse da'.sé, e poi cadde in potere di conti e marche'si e dei patriarchi Q' Aquileja; italiana sempre, oppressa quasi sempre, anche nel lungo patire italiana; sinch_è Venezia mandò il suo leone a proteggerla, e quel sacro v·essillo sventolò più secoli sulle torri, delle istriane città, e, come in Dalmazia e più che_in Dalmazia, fu sul catlere ·del secolo scorso seppellito con funebre ponipa e con l:igrime, e parve che l'Istria, quando Venezia non era più nulla, non trovasse più la forza di essere qual- . cosa è di voler qualcosa, non avesse più èuore da pensare a sè, e volesse grandemente soffrire per porgere un supremo tributo di amore e di gratitudine alla infelice tradita. L'-Istria è la patria dei Gavardo, dei Venie~, .del Vergerio, del Carpaccio, del Sartorio, del Carli, del Tartini, del Facchinetti; nomi ,in cui si illu- ·strano le armi, la scienza· e )e lettere italiane. Gli Istriani diedero a Roma i vincìtori della 8iblioteca G·'lo Bianco

35 battaglia d' Azio;" gli Istriani in uno a' Veneti sgominarono presso la punta di Salvore la flotta imperiale capitanata da un figlio del Bar• barossa. Fu un istriano, il Gavardo, quegli che nel 1336, sulla galea di Capodistria, scalò primo le mura di Candia; e quegli, Giovanni de-Castro, che si coperse .di gloria nella battaglia di Lepanto; e quegli, Biaggio Giuliani, che nel 1644, nel forte di san Teod!)rO; appiccò il fuoco alla polveriera, seppellendo - novello Micca - sè e i suoi compagni sotto le rovine. Una gente che annovera di tali uomini ha diritto, hà debito di mo!· to sperare e di fortemente volere le proprie speranze. Poco dissimile sul principio, benchè alquanto diversa poi, è la storia di Trieste. Da municipio romano surse a comune italico e quindi àd importantissima città commerciale. « Nel Medio Evo - scrive l'opuscolo - Trieste aveva una vita simile a quella delle altre città autonome dell'Italia; cioè una libertà quasi assoluta, sotto però ad una sovranità nominale del sacro romano Impero. Essa poi si trova in una perpetua lotta coi vicini, come tutte le piccole repubbliche e communità di allora. Trieste si trovava in una con- ' dizione tanto più difficile, che essendo situata in capo al golfo, essa era per così dire l'ultima città del Friuli e la prima dell'Istria, e nella lotta fra i patriarchi sovr,ani di Aquileja e la repubblica

veneta per il possesso dell'Istria, a malgrado di una certa sua lnd,pendenza, soffriva più degli altri.' Trieste allora, troppo debole per sostenersi da sè, e tanto più molestata, che i patriarchi del Friuli, essendo sovente di varia origine, vuoi italiani, vuoi francesi, vuoi tedeschi, parteggiavano ora da una parte, ora. dall'altra, e quindi portavano sui confinanti lo scompiglio che creavano in casa propria, n'!!l poteva godere nemmeno del più modesto dei beni, ch'è quello della stabilità. Tale stabHità Trieste la cercò con una certa, più apparente che reale,, dipendenza dalla casa d'Austria, mettendosi sotto il di lei protettorat~. Ma per un tale protettorato Trieste non perdeva la s~a autonomia, più di quello che la perdesse Ragusa mettendosi sotto il protettorato clella ·Porta Ottomana. Ragusa s'isolò dalla rep11bblica veneta confinante, cedendo aila Turchia due liste del suo teri-'itorio, da iei ancora posseduto ,sull'Adriatico, che sono Klek e Suttorina. Trieste invece accettò l'alto dominio del!' Austria. Il carattere d'un tale protettorato l'Austria non venne mutandolo che a poco a poco, colle solite sue arti, cogl'inganni a lei proprii, in dominio diretto. A poco a poco i privilegi ed i diritti di Trieste scomparvero: questa piccola repubblica, non solo vide scambiato i1 suo protettorato in domini? diretto, ma si trovò sottoposta ad una nazione stran1era, cioè alla C_onfederazione germanica, senza 81bjioteca G. 'lO Bianco

37 essere consultata, e senza l'intervento e la guarentigia dell'Europa•. Di un protettorato che comincia colle larghezze e finisce col tradimento è fac:le pensare qual conto faccia la Trieste d'oggidl. Potrebbe un tradimento aver forza di distruggere l'impronta nazionale de' triestini o di alienare l'ani• mo loro da que' fratelli che non li hanno mai traditi e li hanno sempre amati ? È ciò possibile? Trieste può acconciarsi •a lieta sudditanza collo straniero della sua patria.? Pensare ciò, è farle crudele oltraggio! Eppure havvi ancora chi, ignaro od insensato, dubita dell'italianità di Trieste, della città che al pari dell'Istria in tanti e sl re· plicati modi espresse la propria devozione alla patria .comune. Codesto è ben più che un insulto all'Italia, e deve una buona volta cessare. Se lo straniero ci crebbe a reciprQche diffidenze e a calunniosi sospètti, e noi vendic):liamoci,' riabilitiamoci, col molto e operoso amarci. Gli istriani solo ci chieggono affettò, chieggono di combattere per noi e .con noi, e di av·ere una propria e non i;>iccola parte ne' sacrificii nazionali. « Fra i nostri più sacri diritti - scrivonò essi con modestia commovenfé di parole e d'aspirazioni - mettiamo primo fra tutti quello di fare la nostra parte di sacrificii p·~r la patria. La questione italiana non può sciogliersi colla pace. La guerra continuerà, e questa volta dovrà farsi nelle nostre contrade. Ora, in questa Biblioteca G :io Bianco

38 guerra voi non ci vedrete nè indifferenti, ne muti spettatori, ma caldi partecipanti. Qualunque sia pe·r essere il nostro destino, qu<J.lunque peggior sorte siate costretti a toilerare di noi e l'Europa ci assegni, noi non vi ameremmo meno, noi non partecipererhmo meno con tutto l'animo nostro, con tutte te nostre forze a quella gran l~tta fina_le,a cui dÒvrete .di costituirvi, per merito vostro, 'in nazione vera. Sulle nostre spiag-gie, frammezzo ai nostri monti, troverete sempre ajutatori e soldati. Vengano i navigli della marina italiana, venga Garibaldi a far sorgere dalla terra le schiere col prestigio del suo nome, venga il re d'Italia ail'estremo confine della penisola; ed avranno tutti motivo di accorgersi che noi siamo Italiani da fatti, al pari di tutti gli· altri». Niuno credo potrà leggere queste parole senza provare ùn vivissimo senso di pietà e di gratitudine. Nulla si' può immaginare di più delicato •di questo voto di sacrificarsi· e patire per la restante Italia senza spe• ranze per •sè, e rini)ttendo le speranze a più , lontano tempo, e giurando di benedirle e consacrarle intanto colle .proprie lagrime e col proprio · sangue. « Quando vedrete, - continuano - che anche noi Istriani e Triestini avremo fatti molti sacrifici, che avremo partecipato ana gaerra nazionale con tutte le nostre forze, e senza una piena certezza di vedere coronati i nostri sacrifidi di quel premio che vi aspetta, allora nè voi Biblioteca Gino Bianco

Jg ci rigetterete-._dal vostro seno nè l'Europa ere• derà possibil~ di farlo. Sappiamo, che la diplo• mazia non suole terminare le questioni, ed anzi si- compiace di restare sempre un poco ·addietro del fatto nelle sue decisioni ; ma noi faremo sì, che il fatto sia al di là del nostro diritto, perchè questo venga assentite». Lo ripetiamo. L'Istria ha diritto di sperare, mà insieme di vole• re le proprie. speranze. Noi le vogliamo con lei. (POLITECNICO,Voi. X, anno 1861, recensione). ) Biblioteca G no Bianco

\ \ Biblioteca Gino Bianco

SAVOIA E NIZZA ln tanta dovizia di pblitica quotidiana, io.mi era proposto di riservare queste pagine alle scienze, alle arti, ad ogni ramo di pu!Jblica coltura. E per quanto concerne gl'interessi nazionali, intendeva attenermi a quei soli argomenti nei quali ogni buon cittadino, di qualsiasi politica opinione, potesse nondimeno consentir meco. Con questo animo, diedi, insieme agli amici, un pensiero all'insegnamento delle. scienze mili· tari, all'armamento generale, all'abolizione della pena di morte, alle terre incolte della Sardegna, · a varie ferrovie, a varie istituzioni popolari. Io sperava per questa via conciliarmi anche la benevolenza ·dei legislatori che dovevano trovarsi improvvisamente chiamati all'erculea impresa di riformare di volo in un'unicà assemblea sei o sette legislazioni e amministrazioni e maniere d'eredità e di possidenza e di vita privata e pubblica e disparate nel n:iale .e nel bene, e da Stato 81bliotec;a G,no Bianco

42 a Stato quasi ignote e male apprezzate. E perciò poteva forse non aver discaro 'che il drappello d'amici venuto meco a questi lavori risparmiasse o agevolasse loro lo studio d'una particolare questione. Ma l'importuno zelo di malveduti avversatori, avendo provocato a favor mio uno spontaneo e generoso giudizio di popolo, mi trasse non volente sopra una strada che non era nè doveva essere la mia. Io sono nato e lungamente vissuto agli studi; e non alla politica. Inviato al Parlament?, avrei dovuto il 13·aprile \fOtare per l'annessione dell'Emilia e della Toscana. Votare per l'annessione; o rimanere solo in faccia al Parlamento e al popolo e ai più cari amici. Il trattato di Villafranca aveva aggiunéo all'antico un nuovo regno; e nulla gli aveva tolto. Senonchè, posta in disparte la questione suprema e unica dell'armamento nazionale (suprema e unica, perchè da essa tutte le altre dipendono, e senz'essa cadono tutte), le menti, non ancora . ' agguerrite a discernere nelle cose ciò eh~ vera- ' mente decisivo, si sono tosto abbandonate sull'allettevole pendìo delle combinazioni politiche. L'ultima risultanza delle quali si fu che al riaprirsi del corpo legislativo francese si udirono quelle imperiose parole: « En présence de cette trasformation de l'Italie du Nord qui donne à 8iblioteca Gino Bianco -

43 un Etat puissant -tous les passages des Alpes, il éfait de mon devolr pour la sureté de nos - frontières de réclamer les vèrsants français des montagnes. Cette révendicatiÒn d'un terrain de peu d'étendue n'a rien qui doive _alarmer l'Europe >. Se traduciamo queste forme solenni in lingua semplice e piana, esse vengono a dire: " Siccome il nost~o alleato oltre la Lombardia 'prende l'Emilia e la Toscana, così noi prenderemo almeno la Savoia e Nizza.» La Francia lo ha detto. Se 'la Francia lo vuole, la Francia lo può. Adunque il voto che ha dato la Toscana e l'Emilia al Piemonte, involge inevitabilmente il voto che dà Savoia e Nizza alla Francia. E Garibaldi e gli ainici suoi, votando fraternamente per la trionfale annessione della Toscana e dell'Emilia, hanno già votato per l'alienazione della Savoia e di Nizza ! Ma intanto quel voto legittima sull'an'tica terra d'Italia un principio di conquista. Noi non possiamo più dimandare in nome del diritto delle genti che l'Europa sciolga i trattati coi quali assegnò una parte della nostra patria ali' Austria. Se la Francia ha diritto di tenere un piede al di qua del Varo, ogni -altra potenza· può avere altro simile diritto. Pertanto chi diede l'Emilia e la Toscana al

44 • Piemonte ha già dato Savoia e Nizza alla Pran• eia; ha dato Venezia all'Austria; avrà dato la Sicilia all'Inghilterra o alla Spagna o alla Russia o a chiunque voglia o possa occupar l'isola e patrocinarla. Chiunque vuole può giocare d'ora inna,nzi ai dadi un pezzo d'Italia. li diritto, dei giuocatori è implicitamente legittimato dal primo Parlamento italiano. Di questo modo, l'istoria d'Italia si farà sempre da capo. Vico avrà ragione; v'è .un circolo nelle cose umane, non un progresso. Chi v.u:~!\'fare l'Italia una, si pone in cammino cominciando a dividerla con un'altra nazione. Chi vuol fare l'Italia, cominc.ia a disfarla. Traviato da una vaga astra1io?e d'unità,, s'accinge a mutilare la patria: Egli oblìa che prima condizione d'unità è l'integrità. Un.a cosa incompleta non è un'unità, ma una frazione. Sar:icito una volta il principio giuridico che il Parlamento ,per date convenienze può da un giorno all'altro alienare una parte d'Italia, vorrei sapere ove l'applicazione di questo principio ha termine. Il sovrano della Francia accampa un diritto di rivendicazion~; e ~i loda di averlo applicato a poco terreno. Non- si rivendica se non ciò che si è già posseduto. Se l'imperio. francese può rivendicare tutto éiò che ha già posseduto in hali~, per verità dimandando le Alpi Marittime qimandò poco terreno. Avrebbe potuto, e quando Biblioteca G,no Branco

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