Neri Corsini - Storia di quattro ore

STORIA DI QUATTRO ORE DALtE 9 ANTIMERIDIANE ALLE i POMERIDIANE DEL ~'J .tl.PRILE 1859. . ·· - • • • • FIRENZE, TIPOGRAFIA BARBÈRA, BIANCHI E C. 1859. Stampato con Approvazione Supel'iore.

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AI LETTORI. ' Dacchè si scrivono storie al mondo, muna ve ne ha per certo che comprenda un periodo piLl breve di questa; e se sotto questo pomposo titolo io mi risolvo a rendere di pubblica ragione il semplice ma esaLto racconto dei fatti avvenuti nell a prima metà di un giorno che sarà sempre memorabile nella Storia della Toscana, io lo facc io perchè ogni onesto cittadino che ha dovuto. in qualche modo figurare in avvenimenti di tanta gravità, deve desiderare che la Patria conosca le circostanze nelle quali si è trovato, e che hanno influito sulla sua condotta. Non aspetti però da me il cortese Lettore stil e forbito, vastità di po1iti che considerazioni, e quan-

-4t' altro forma la natura ed il corredo di un vero e proprio scritto storico. Lo scritto che io P.roduco nudo e disadorno non è che una Lettera che io dirigeva a mio figlio il giorno successivo ai grandi avvenimenti , perchè egli sapesse a puntino qua le era stato il mio contegno. E sicéomft le parole di un padre non corrotto ad un figlio 'diletto sono parole proferite al cospetto di Dio, non vi ha uomo onesto che possa disconoscerne la verità. Gli uomini retti, a qualunque partito essi appartengano, dopo averle lette mi giudicheranno. NERI CoRSINI.

LETTERA DI NERI CORSINI i\IARCIIESE DI LAJATICO AL FIGLIO DON TOMMASO CORSINI . DUCA DI CASIGLIANO A ROMA SUI FATTI DEL 27 ÀPRILE 1859. .. .....

Firenze, li 28 ap rile 1859. Carissimo Figlio. .... Sento il bisogno di farti conoscere con dettaglio qual'e sia stata la ·mia condotta nei fatti dolorosi di j eri, che tu· già saprai al ricevere della presente. Erano già molti giorni che incalzando gli avvenimenti politici e le minacce di guerra, e crescendo la agitazione dei partiti e l'esaltazione del popolo per la causa Nazionale, sebbene ancora questa agitazione non {'i fosse manifestata con pubblici clamori , tutti i buoni di ogni partito si adoperavano a tutt' uomo per persuadere il Governo dei pericoli che minacciavano il Paese e la Dinastia, e per deciderlo a desistere finalmente da una politica che aveva contro di sè r opinione pubblica, ed a procedere a seconda di quello che i tempi imperiosamente richiedevano. E fra questi ero anch'io ; e fino a Lunedì scorso le cose erano ancora in così buona

-8posizione che io, per le informazioni che avevo ricevute da diversi amici, speravo che se il Governo abbandonava la politica della neutralità, se prometteva di unire la sua politica a quella della Francia e del Piemonte, tanto in pace che in guerra, le cose si sarebbero per tal modo acquietate, che probabilmente il Paese avrebbe consentito perfino che gli stessi Ministri rimanessero al loro posto. Questo avviso salutare io lo feci pervenire per mezzo di persona rispettabilissima al Presidente del Consiglio dei Ministri Cavalier Baldasseroni , ma non ottenne alcun resultato, come non- lo avevano ottenuto altri messaggi dello st~sso genere che collo stesso mezzo gli avevo trasmessi nei giomi precedenti, e che furono completamente inutili . Frattanto il termine perentorio assegnato dall' Austria al Piemonte essendo spirato, il principio delle ostilità pareva imminente, e Marted\ mattina corse voce che fossero incominciate. Ciò nonostante, lo stesso silenzio e la stessa inazione nel Governo ; la stessa sicurezza in tutti quelli che contornavano il Principe e che continuavano a dire ed a credere che l'idea della Nazionalità dalla quale tutto un popolo era compreso e commosso, non era che l'effetto degli intrighi di pochi fa·- . . ZIOSI .

-9Ma intanto nel corso del g1orno di Martedì sintomi allarmanti si rnànifestavano nella nostra città. Non vi furono grida, nè moti incomposti, ma sibbene agglomerazione di popolo in diversi punti ; ed il General Ferrari che, vestito della sua uniforme andava secondo il .suo solito visitando le Casenne, fu seguito da numerosa ma silenziosa turba. Egli imperterrito proseguiva il suo cammino, e non fu insultato. Però col movimento materiale degli individui camminava di pari passo il movimento morale delle menti e delle opinioni ; e quello che era possibile il Lunedì era diventato impossibile il Martedì sera : e frattanto la truppa fraternizzando col popolo annunziava altamente le sue tendenze Italiane, ed il prezioso vincolo della disciplina, se non era del tutto infranto, era però grandemente indebolito. Ma nemmeno questi fatti , pur troppo eloquenti, bastavano a scuotere i Ministri dalla ·loro immobilità. · Ieri mattina , Mercoledì 27 apri le. veniva di buon'ora a visitarmi un amico, e deploravamo insieme le miserie e i pericoli del Paese e della Dinastia, quando alle ore 9 mi si annunzia la visita del Colonnello della Gendarmeria . .Qui comincia la storia di sole quattro ore, ma di quattro ore che nè il Paese nè io dimenticheremo giammai.

- 10Il Colonnello di Gendarmeria mi chiamava per ordin~ del Granduca al Palazzd Pitli, e con voce comrr.ossa mi scongiurava di atfrettarmi, perchè i pericoli erano incalzanti. Ho saputo solo oggi che tutta l' imponenza del pericolo si era ad un tratto rivelata agli ·occhi del Principe e. dei suoi Ministri per le dichiarazioni unanimi di tutti i Capi di Corpo che protestavano non potersi più contenere la Truppa senza il vessillo tricolore e la promessa di prender parte alla Guerra dell ' Indipendenza. Io mi affrettava di fatt-o, e mentre precipitosamente mi disponevo ad uscire, pregai l' amico a precedermi alla Legazione Sarda, dove in pochi momenti lo raggiunsi per avere le notizie della Mattina, e sapere se nella difficile impresa cui mi vedevo ·chiamato avevo almeno qualche speranza di buon successo e quella dell' appoggio del Governo Piemontese. Vi trovai riunite molle persone, fra le quali alcuni miei amici. Poche parole scambiai col rispettabile ed egregio Ministro Comm~ndatore Buoncompagni, poichè nello inconlrarci ambedue ad una voce ci dicemmo l'un 1' altro che bisognava almeno tentare. Ciò concordato, partii subito pel Palazzo Pilti, pregando che si chiamassero Immediatamente alla Legazione ·.quelle persone che io designai, e che · mi sembravano ' le più atte ad en-

·- 1'1 - trare nel nuovo Ministero che preveòevo esser chiamato a ~orma re, o · che pot.evano aiutarmi a comporlo . Arrivato ai Pitti, non fui ammesso alla presenza del Granduca .: ma parlai col CavaliP.r Baldasseroni e con gli altri Ministri, i quali mi dissero che il Principe era disposto a secondare le attuali tendenze del Paese facendo piena adesione al Piemonte ed alla Francia-; che prometteva, composte le cose, la riattivazione della Costituzione ; che di ciò andava a conferire col Corpo Diplomatico che aveva convocato presso di sè, e che a me sarebbe ·stato dato l'incarico di formare un nuovo Ministero ; mi si pregava frattanto di adoperarmi perchè non avvenissero tumulti, cercando di calmare gli animi con questi annunzii. Incaricato di queste comunicazioni io tornai alla Legazione Sarda dove trovai riuniti quelli che avevo indicati, e molti altri più: esposi il mio messaggio, aggiungendo che, poich~ vedevo intorno a me molte delle persone che avrebbero potuto coadiuvarmi, domandavo loro se erano disposte ad accordarmi la loro cooperazione. Terminato il mio breve discorso, uno degli asqo1tatori prese la parola dichiarandomi che le proposte delle quali ero latore non bastavano, e che ci voleva una garanzia di pitl, c10è l'abdicazione del Granduca Leopoldo II

.. - 12 e l'esaltazione al Trono del Granduca Ferdinando IV ' suo figlio. Ho saputo più tardi che era opinione di molti fra i Capi del movimento che la conservazione della Dinastia fosse inconciliabile colla politica nazionale ; e che il ridurli alla sola esigenza di un cambiamento di persona nella Dinastia stessa era la più mite transazione che avesse potuto ottenersi, dopo un'animata discussione avvenuta in mia assenza, dalla energia del Ministro Commendatore Buoncompagni, il quale in queste difficili circostanze dette prova sempre più luminosa della elevatezza della sua mente, della reLLitudine del suo cuore, della moderazione dei suoi principii e di quelli del suo Governo. Io però in quel' momento queste co_se ignorava ; e per,ciò, sentita _l'esigenza che mi si metteva innanzi, mi rivolsi a tutti i circostanti per avere la loro opinione, e tutti unanimemente risposero che nelle attuali contingenze n'on poteva ristabi lirsi l' ordine che a quella condizione, quantunque dura ella fosse; e quindi rivolgendo a me la domanda che io avevo fatta a loro, mi chiesero se io ne conveniva. La più lieve esitazione per parte mia sarebbe .stato un perder tutto, un rendere impossibile la formazione del nuovo Ministero, un pr.ecipitare · la caduta della Dinastia, un aprire la porta alla Rivoluzione che io cercavo

- 13impedire, un risolvere di proprio arbitrio, e senza averne l'autorità, una questione che il Granduca solamente poteva risolvere, un mancare infine a me medesimo, al Paese, ed al Principe. Io dunque, sebbene colla desolazione nel cuore, accettai di riferire la dura condizione, e vorrei eh e gli uomini politici di tutto il mondo potessero giudicare di questo mio atto, perchè spero che tutti ad una voce direbbero che non pot~va e non doveva farsi diversamente. Se insisto su questo punto cun tanto calore, insisto perchè ho l'anima ancora lacerata dalle aspre parole che su questo soggetto mi ha dirette stamane una persona che speravo non volesse spingere l' esaltazione delle passioni fino al ·· punto di credermi un cospiratore. M:a di ciò non più. Al momento che mi disponeva a partire, si presentava un Ufliciale superiore che mostrava la bandiera tricolore accordata dal Principe alle Truppe ; e quando egli esciva dalla Legazione col vessillo spiegato per portarlo in Fortezza, era salutato per via dagli applausi i più fragorosi. Io frattanto tornai col doloroso incarico ai Pitti, dove ebbi un breve colloquio col Cavalier Baldasseroni al quale resi ostensibi le il foglio che mi era stato dato, e che conteneva in iscritto le condizioni alle quali il partito dominante subordi-

--· ~14· - nava per ultima transazione la pacifìcazione del Paese, che i miei amiCI avevano riconosciute inevitabili, e che io aveva creduto di dovere accettare. Questo foglio che ·io serbo come un Documento prezioso, contiene t le seguenti parole : « Abdicazione di S. A. il Granduca, e procla- >> mazione di Ferdinando IV. » Destituzione del Ministero, del Generale, e » degli Ufiziali che si sono maggiormente pro- » nunziati contro il sentimento nazionale. >> Alleanza offensiva e difensiva col Piemonte. » Pronta cooperazione alla Guerra con tutte » le forze dello Stato, c comando .supremo delle ,> truppe al Generale Ulloa. » L' ordinamento delle Libertà Costituzionali » del Paese dovrà essere regolato secondo l'ordì- » namento Generale d'Italia. » Dopo di ciò fui introdotto dal Principe : lo trovai grave e dignitosamente calmo; ma i suoi Ministri avevano voluto lasciare a me il duro incari co di fargli conoscere a quali estrElmità erano ornai giunte le cose ; poichè quando io gli dissi che alle offerte da lui fatt e si aggiungeva da un partito, col quale oramai bisognava trattare, una

- ~5 grav1ssnna condizione sine qua non, che supponevo chè egli già conoscesse, egli se ne mostrò ignaro, e m' ingiunse di pa lesargliela ; e fui io che protestando del mio profondo dolore dovetti dirgli che questa .condizione era, che la Toscana perdesse Lui per acqu istare in suo luogo il Gra nduca Ferdinando IV. Mi r ispose che così grave pretesa esigeva che egli vi r iflettesse: ma che vi era impegnato il suo onore ; che se gli stava a cuore il bene della Toscana, gli stava pure a cuore l' onor suo, e che vedeva oramai tracciata ·la via che doveva seguire. Questo e nul\' altro mi disse. Io mi · permisi di fargli rifl ettere. per atlenuare la dolorosa impressione che pur troppo aveva ricevu ta~ che di simili determinazioni moltissimi esempj forniva la Storia; e che non per questo i Principi abd icatarii si erano disonorati: ma che anzi il più delle volte l'abdicazione era stata riguardata come un sacrifizio generoso fatto al bene dei · Popoli e agli interess i delle Dinastie. E dopo di ciò dichiarai che avevo compiuto il doloroso dovere di rendergli conto del resultalo della missione che mi aveva affidata, e che avrei aspettato i suoi ordin i ulteriori. Mi congedò con benevolenza, e si ristrinse di nuovo a consiglio coi Ministri e col Corpo Dip1omatico, e dopo tre quarti d'ora si seppe che egli ricusava ài

-16abdicare, e partiva . Io tornai sconfortato alla Legazione Sarda, e dopo avere annunziato la inutilità della mia missione, aggiunsi che avendo il Granduca determinato di partire di giorno, bisognava che fosse provveduto efficacemente a che fosse rispettato, perchè io ero pronto al bisogno a fare scudo del mio petto al ~uo. Ma queste calde parole furono più sfogo di dolore che vera necessità ; perchè da tutti unanimemente ebbi le più larghe e · più sincere assicurazioni. Tranquillizzato su questo punto, dichiarai che la mia missione e la mia azione erano finite, e che mi ritiravo. Suonavano le ore Una pomeridiane, e si compivano le Quattro ore, nel breve corso delle quali tutto poteva esser salvato, e tutto fu perduto. Abbraccia per me la tua cara e buona Moglie, e ama il tuo affezionatissimo Padre e Amico 3 {. (. l u c~ ~ .. N. CORSlNI.

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