Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

B LA. COSTITUENTE 21 esagerate fino al ridicolo : ma neppure vi scorgevamo quella declinazione morale e civile che i nostl'i piagnoni politici creavano colle menzogne per poscia rimpiangerla colle lagrime della impostura. L'Italia non è il popolo privilesiato, e nato esso solo a dominare tutte le nazioni civili: l'impostore che ispirolle codesta matta pretensione, le ha chiamalo sul capo quel dispregio che seguita la povertà orgogliosa. I tiloli della dominazione romana sono impossibili a riprodursi: l' esser centro della caltolica unità fu un dono grazioso di Provvidenza, che le impose il debito d'incedere alla testa dei popoli redenti, ma che serve !'Olo a farla più rea quando per viltà e nequizia si sta cacciando alla coda. Lasciando stare adunque codesti estremi falsi ugualmente ed opposti, è indubitato che il non avere gli Stati italiani a]tt'O leg·arne di unità che i naturali del suolo e della favella, è origine di non pochi incomodi, soprattutto nelle nostre relazioni esterne in un tempo, nel quale la influenza internazionale si misura unicamente dalla forza materiale delle varie Potenze. Una confederazione ci avrebbe acquistata dignità nazionale, ci avrebbe emancipati almeno in parte dalle esigenze pedagogiche e daiJe prepotenze straniere; e quanto al di dentro, ritenendo lo splendore di vari Stati indipendenti, ci saremmo sciolti da molti lacci nei commerci, nei cambi, nelle industrie, nelle comunicazioni , nelle dogane , nella difformità delle

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