Carlo Boncompagni di Mombello - Il ministero Rattazzi e il parlamento

IL MINISTERO RAT'f AZZI ED IL P ARl~AMENTO DEL CAY· BON-COMPAGNI DEPUTATO DI VILLANOVA D' ASTI - O jus eximium nostt·ae civitatis! Crceno. .. MILANO PRESSO GAETANO BRIGOLA EDITORE Corso Vitto•·io Emanuele, N. 26 rosso. 1862.

MAZ 0700 00146 Tip . di Francesco Albert11ri. Vi a S. Vito al Pasquil'olo. N. 7.

Nelle gravi condizioni in cui versa l'Italia, es- ~a abb1sogna più ,:he mai di un Governo forte della fidu cia dei popoli. Il nostro può avere questa fiducia, finchè sta nel?e mani dei presenti ministri? Io credo di no. E questa una proposizione che ai governanti incresce sempre udire, che ?·ncresce egualmente profferire a chi parla non indtato nè da ambi zipni, nè da inimicizie. Senon che su tutti i nguardi privati deve prevedere l'obbligo che incumbe ad ogni cittadino di uno Stato costituzionale : quello di mantenere nel governo lo spirito che informa le libere instituzioni della sua patria. Sta per raccogliersi il Parlam~nto che rappresenta il pensiero della nazione. E suo diritto, è suo dovere vegliare che l'indirizzo del governo proceda , secondo richiedono gl'interessi della patria. Quando trascnrasse que~ lo ufficio suo 1:errebbero menomate alla nazione italiana le libertà costituzionali in cui stanno l' origine e la ragione del suo riscatto. Con la presente scrittura io mi propongo di chiamare la sua attenzione su di una questione che si affaccia alla mente di tutti, e che non potrebbe stare lungamente in forse senza gettare l'Italia in gravi perpless1 tà.

l. l fatti per cui il ministero può invocare la fiducia della nazione non mancano. Egli compì la fusione dei due eserciti, ottenne il riconoscimento di due grandi potentati ; stando egli al governo fu conchiuso il parentado, per cui una delle più antiche dinastie d'Europa si strinse non ha guarì a quella che medesimò le sue sortì ed i suoi diritti con quelli d'Italia : egli finalmente vinse Garibaldi ad Aspromonte. Se tutti gli Italiani si sentirono stringere il cuore alla sventura dell 'eroe, si rallegrarono che fosse cessato un grave pericolo di guerra civile e forse d' intervento straniero. Ma che ? era questo appunto lo scoglio della presente amministrazione. Una fazione vinta non cessa di essere pericolosa , infinchè non sia dala soddisfazione a ciò che avvi di ragionevole nei suoi richiami. Garibaldi aveva grave torto quando usurpava il diritto di guerra : avea torto quando proponeva all' Italia l'impresa Roma omorte, perchè l'obbligo di una nazione è altro da quello di un individuo, ed essa !lon deve morire, ma vivere , e stare all ' agguato del momento. in cui le

6 sia dato rivendicare il proprio diritto. Pure Garibaldi aveva ragione quan.do lamentava la continuazione dell' occupazione fr<mcese. Se, vinta l' insurrezione, questa fosse cessata , la maggiore difficol:à chè infino allora si era frapposta al governo italiano sa rebbe stata superata, e, come Scipione, i minis tri avrebbero potuto dire ai loro avversarii : Ascendiamo insieme al Campidoglio , e ringraziamo li Dei. In questa speranza vivevano non solo gli Italiani , ma anche gli stranieri sinceramente amid della nostra patria. L'Imperatore de'Francesi non la pensò così. Il Governo ita li~no osservava che: ' i fatti occorsi davano testimonian za della maturità politica di questi popoli solo da ieri liberi, del des iderio che prese l'Italia di vedere i suoi destini compiuti nelle vie regolar i, e dei legami indissolubili che uniscono la nazione alla monarchia costi tuzionale, espressione suprema della volontà del paese. Essi sono altresi una nuova prova , aggiungeva egli ~ della fedeltà e della disciplina dell' esercito , costante e sicuro guardiano dell'indipendenza nazionale ( i)» . Lessi non so dove che dopo la cattura di Garibaldi, l'fmperatore dicesse: «La cometa è scomparsa ~ « ma sull' orizzonte ne rimane ancora la coda » , con che sa rebbe venuto a dire che, se fu tron ca ta ne'suoi primi prìncipii la guerra civile, l'Italia non è ancora nelle condizioni di uno stato governato regolarmente. Non cerco quanto il racconto sia vero o fal so, ma esso esprimeva il motivo probabile per cui dopo Aspromonte prevalse nei consigli di Napoleone III il parlito più sfavorevole all'Italia. (l) Circolare W settembre.

7 A questo motivo sarebbe agevole opporre una risposta , più agevole farla accettare per buona in Italia : ma tu l tociò a poco gioverebbe. È più utile assunto studiare con imparzialità il motivo di una ripugnanza che è inutile voler negare; e, conosciutolo, fissarsi sul modo migliore da tenersi per vincerlo. Il. La monarchia costituzionale di Vittorio Emamanuele rappreseota un governo libero, ma ordinato, i cui principii fondamentali stanno scritti nello Statuto.Essa rappresenta altresì una rivoluzione che fece scomparire dall'Italia quattro monarchie: che menomò il territorio del papa, e che rese impossibile la durata della sua sovranità temporale: che aspira a Venezia, corne aspira a Roma, e che così dovrà mutare le basi dell'equilibrio europeo. Questa condizione di cose non è dovuta alle agitazioni popolari, ma al corso naturale degli eventi ed al senno della nazione, che non traseorse ai tumulti di piazza, e che non si lasciò traviare n è dall' impeto delle passioni popolari, nè dalle macchinazioni delle selle. Quanto questa rivoluzione è tem~ perata nei modi, altrettanto è irremovibile nei propositi , e ben disse il Conte di Cavour quando affermò che il periodo rivoluzionario della nostra storia non sarà chiuso, se non quando l'Italia avrà piena signoria di sè. L' imperatore Napoleone III è il migliore amico che noi abbiamo, giacchè nessun sovrano straniero

8 fece mai per l'. It.alia quanto fece egli, mettendoci in grado di vincere gl1 austriaci , e assicurandoci contro gl'interventi stranieri. Quantunque nessuno più che l' Imperatore de' Francesi sia avverso all' agitazione rivoluzionaria, l'aver noi assunto H patrocinio della rivoluzione italiana non raffreddò ·la sua amicizia. Riconobbe egli infatti ufficialmente il regno d' italia dopo che Roma era stata acclamata capitale del Regno, e mentre il barone Bicasoli ministro per gli affari esteri, ricordandogli che il Parlamen to aveva solennemente affermato il diritto della nazione a costituirsi nella sua compiuta unità , esprimeva la fiducia che questo diritto finirebbe per essere riconosciuto mercè la saviezza de' governi d'Europa e l'appoggio dell' opinione pubblica ( 1). Havvi tuttavia un sistema che intende altrimenti la rivoluzione italiana, che non la sottomette alla tutela del governo costituzionale e regolare voluto dalla nazione, ma che ne fa una potenza, la quale vive ed opera da sè. La rivoluzione così intesa non procederebbe con quei temperamenti da cni non si diparte ma,i un governo che voglia essere ammesso nel consorzio degli stati civili, ma sarebbe l'alleata di tutte le grandi rivoluzioni che gli ultrademocratici sognano in Europa. La rivoluzione italiana intesa a questo modo è voluta da quello che tra noi si chiama oggi partito d'azione. L' Imperatore de'Francesi non può a meno di avversarla, e gli amici della monarchia costituzionale non devono volergliene male.Dopo Aspromonte l'im- (l) Depeche di M. Ricasoli au chargè ù'aiTaires d'l talie à Paris. 21 juin 186:1.

!) peratore dovè domandare a sè stesso St nelle condi~ zioni presenti il ministero italiano, che rappresenta il governo, fosse forte abbastanza per stare mallevadore della nazione, e per assic~rare che i pericoli dell'agitazione popolare fossero rimossi, non pure nel presente ma nelle conti ngenze future prevedibili. Ogni volta che occorre a noi di portare quéJiche giud izio su lla politica dell'Imperatore dei Franeesi, la gratitudine di cui gli siamo tenuti non deve farci dimenticare che esso r<lppresenta un sistema diverso déll nostro. Il governo fond:Ho da Napoleone Hl è l' incarnazione di una dittatura democratica: il governo italico con tribuisce più che nessnn a~tro a mantenere vivo nel continente ~ u ropeo il monarcato costituziona le e parlamentare. Il govtrno di Francia possiede da una parte lo Stato onnipotente, dall' altro degli in divi~ dui eguali fra loro e più o meno liberi : il gover~ no italico ammette in massima l' autonomia amministrativa della provincia, del comune, della scuola, cui dovrà tradu rre in atto di mano in mano che progredir3 nell 'ordinamento interno. Il governo di Francia predilesse la confederazione degli stati della penisola, e ce la consigliò: ii governo italico è l'a ttuazione non ancora compiuta del sistema unitario. Il governo di Francia prote:;ge la Chiesa spogliata degli antichi privilegi e dell ' iHllica ricchezza, largheggiando in di· mostrazioni d'ossequio ai prelati , e mantenendo in Roma un presidio che assicura il pontefice, non solo in quanto è capo dell a Chiesa, ma in quanto è principe temporC~le. ll governo d' ILalia offre di proteggere la religione . assi~~rand~le liber· tà : la Ch iesa ri conoscendole 11 d1rrtto dt go·

10 vernare sè stessa : di finire la vertenza romana applicando i principii che sono consentanei alla larghezza delle sue instituzioni. L' ossequio alla réli gione ed al pontificato somministra all ' Imperatore de'Francesi una ragione plausibile al cospetto dei ca ttoli ci zelanl i del suo stato.. e delle monarchie del continente europeo, per tenere il suo presidio in Roma. La continuazione di queSt(l occupazione è di ostacolo alla politica uni ta ria ilnliana, in quanto pone in Italia il protettorato fr'docase, e ci dice col faLLo : voi non avrete quella cht rlve te acclamata vostra metropoli , se non vorrò.. o l'avrete sol o quando vorrò. Un punto ran·icina il sistema dell' Imperatore al nostro. Qu esti ha riconosciuto nell'assetto attua le del regno ilalico un fallo che è posto sotlo la tutela del diritto pubblico europeo come l'esistenza di ogni altro stato. Egli ri{~onosce che l'occupazione di Roma non è un fatto regolare, e che urge farlo cess(l re. Per sua parte, il regno ·d'Italia non vuole andare a Boma per forza : ci vuole andare, perchè sa che il goYerno del papa abbandonato a sè stesso rovinerebbe , e che allora il paese cadrebbe nell'anarchia , se fosse impedito di unirsi alle allre provincie itali ane. Esso non vede che illusioni in tut!e le proposizioni per cn i si propone tentare che il popolo romano si aceonci di buon grado al governo del papa: egli si associa al grido di dolore di Roma. Ma appunto perchè vuol far conoscere al· l' Europa quanto sia alieno da ogn i agita zione rivoluzionaria .. egli è disposto ad assicurare lo sta to attualmente posseduto dal pontefice contro ogni violenza che possa venirgli dal nostro territorio. In questo punto possono combin:)rsì per quanto

H siano divergenti ed il sistema francese , prefisso di non voler nulla imporre ai Romani con la violenza, ed il sistema italiano prefisso di non volere entrare in Roma se non chiamato. Ma l' Irnperatorc non si accorderà mai coll 'Italia, finC'.hè acca nto al governo itnliano si possa temere il pélrtito d'azione. Questo partito è vinto sì : ma il governo è forte abbastanza, perchè nessuno abbia motivo di dire o di pensare è scomparsa la cometa, ma è rima· sta la coda? è forte contro gli :~gita tori di quella potenza, che, non risulta dalle compressioni, ma di quella che risulta dalla pral.ica schietta e lea le dei principii liberali, dalla francJ e volonterosa adesione di t11 tti coloro che amano davvero l'Italia, e le instituzioòi costituzionali ? liI. Il governo av rebbe da :o prova di quella fortezza che doveva concigliargli autorità pr~sso la nazione e presso gli stranieri , se, subito dopo Aspromonte , avesse concednto ciò che concedè un mese dopo: l'amnistia. Nun fe ce così, e venuta troppo tardi, l'amnistia fn indizio di ir resolntezza, più che di forza e di ma - gnanimità. Il min istero cercava qua::;i collumicino di Diogene un tribunale innanzi cui tradurre Garibaldi, e non lo trovava. Ora propendeva pel consiglio di guerra, ma sorgevano dubbii, e fondati sulla competenza. Ora preferiv:1 il giudizio del Seoa-

i2 to, poi indietreggiava innanzi alla granùe solennità di un processo che avrebbe empito l' Italia della fama di G::~riba l di. Poi si vole\'ano i tribunali ordinarii, si interrogava la corte di cassazione di Napoli in modo meno consentaneo alla sua i~tituzione , poi que lla di Milano , e non rispondeva. Dopo tante perplessità l' amnistia comparve : ma comparve, senza destare quel sen timen to di soddisfazione e di gratitudine, che sarebbe .;tato universale se non si fossero fra pposti indugi a second::lre la clemenza del Re, l'opinione universale d'Italia a cui i torti di Garibaldi non f::~cevauo dimenticare l'afletto e la gratitudine che gli aveva professato, J' opinione di tutta 1' Europa civile ripugnante alle inc:1rcerazioni ed ai processi che lldnno causa pol itica. Venuta troppo tardi, l'amnistia non parve più l' ispirazione spontanea di una politica ab ile e generos::t , ma una confessione dell'impotenza del governo. Il ministero apriva la relazione al Re che precede al de· creto con queste parole: - « Le cause per cni « il Vostro governo si vide finor cos tretto a con- « sigliarvi di resistere ai generosi impulsi del Vo- • stro animo verso il genera le Garibaldi ed i suoi « complici souo cessati » quali erano state qneste cause? La relazione volle indicarle, e prot:eguiva dicendo: « L' impero delle leggi si va do- (( vunque assodando ». S'intese affermare ~. be l'autorità costituz ionale del governo italiano fosse dappertutto riconosciuta ? quel fatto non era m3i apparso in modo così splendido, come allorqua ndo le provincie d6ll'antico reame di Napoli erano state irremovib ili nella fede al Re , ed alla cos tituzione in presenza di Garibaldi che Java il se-

·15 gnale dell'insurrezione. S'intese r~ffermare che l'or~ dine pubblico non era turbato? Pur troppo la proposiziunc intesa così er:l smentita dal fatto. Si soggiungeva ancora cc la 1ìducia nella franca « quanto prudente politica da voi iniziata, ha tem- « pera lo le impazienze cbe spinsero questo generale « per la via della ribellione. » Por troppo la fiducia che la politica seguita dal governo potesse condun~ i presto a Roma , s' andava ogni giorno dileguando, ed un nuovo ~omite veniva così aggiuuto alle impazienze. Quale ostacolo si era dunque frapposto all'amnistia dur(lnte un mese, e poi era subitamente &comparso? L'ostacolo stava nell'opinione che Gariba!di in q'Janlo era riguardato come capo della rivoluzione ita li anCl simboleggiasse una podestà indipendente. A sfiduciarla, non era bastalo che egli fosse prigione. era stato mestieri che la spada dr, lla giustizia pendesse per un mese sul suo capo. Onde avveniva che quest'opinione fosse così difficile a sradicare? Dacchè il governo aveva patteggiato coi suoi seguaci , e dacchè non aveva contrasta to abbastanza vigorosamente ai loro primi tentativi. Per questo rispetto io sono persuaso r.he la presenle amministrazione ha menomato l'autorità morale del governo , in modo da non poterlo rinvigorire tinchè sta in seggio. . Ma su questo argomento ritornerò fra poco. Ora esllminiamo ciò che fu fatto nel mese corso tra Aspromonte e l'amnistia . Il gener<l le sorpreso in flagranza di delitto era stato lega lmente imprigionato. Ma facendo durare così la sua prigion ia, il ministero si mostrava poco tenero dei diritti costituzionali della nazione. ll generale Garibaldi ar re-

H. stato doveva nelle ventiquattr' ore essere interrogato. Se fosse stato fatto, ri tirerei questa parte della mia ossef'vazione . Non lo credo , perchè se ne sarebbe parlato. Se non fu fatto si violarono l'art. 225 del codice di procedura criminale, e l'art. 26 dello statuto, il qnale prescrive che niuno poss::l essere arrestato se non nelle forme che la legge prescrive. Al cospelto della legge il ge~ nerale G~rib~ldi si trova nelle stesse condizioni che tutti i cilt:ldini. Ma quanto più l'uno di questi è illustre , tanto riesce più palese e scandalosa una violazione del diritlo comune commess!l a suo danno. Se non che il generale non era solt:mto cittadino, egli era deputato. La legge che abili ta il governo ad arrestare i deputati in easo di fl agrante reato, dettata dalla nécessità, non vuole estendersi oltre la necessità. Siccome nessuna urgeuza obbliga mai il governo a tenere inca rce;'ato un deputato dorante un mese, nessuna urgenza lo scusa di averlo fatto. Ci fu un altro caso in cui il privilegio dei deputati fu offeso in modo anche più grave, ed èquello degl i onorev(lli Mordini , Fabrizi e Calvino, che diede luogo ai richiami di molti loro colleghi anche tra i più dissenzienti dalle opinioni che essi professano. Fu un delitto fla grante qnello che diede luogo all 'arresto? Anche quì ritirerei il rimprovero, quando mi constasse che fn così. Ma la presun~ zione sta pel no, giacchè ad acquietare i molti richiami che gli erano mossi, sarebbe pure riuscito facile al governo render noto il fatto flagrante che avesse dato luogo aW arresto. Non voglio quì mostrarmi scbitìltoso in punto di l8galità, e dichiaro che appro\'erei anche l' arresto dei

HJ membri del Parlamento, ogni volta che gravissimi ed urgen tissimi motivi di sicurezza pubblica costringessero assolutamente il governo a ordinarlo ; ma disa pproverei il silenzio che si tenesse colle Camere per coonestare l' allo compiuto in fo~ma meno lega le. Mi si dirà : v0lete dunque che il Parlamento sia convocato ogni volta che venga arrestalo un d0putato ? Non ammetto che questo sia da eolloc.a rsi fra i casi ordinarii, dac.chè, dopo qua ttordici ::~no i di vita libera, non ne era mai avvenuto in Piemonte, e non ne avvenne in Italia un solo che avesse somiglianza col presente. Nella fattispecie non erano sole le questioni giudiziarie, ma le questioni politiche che richiedevano la convocazione del Parlamen to. La cattura di Garibaldi metteva lo slato ed il gorer.no in condizioni politiche affatto nuove, innanzi alle quali esso doveva chiedere a sè stesso , e chiedere al P:1rlamento se avesse la lìducia delb-1 nazione. Ci era un grave motivo per sollecitare la convocazione delle Camere : non ce n'era alcuno, per indugiarla e rendere così più malagerole, e prob::~ bilmente impossibile la regolare del iberazione dei bilanci dello stato in tempo opportuno per ridurre la finanza alle condizioni rego lari, e per assicurare al Parlamento l'esercizio di tutte le sue prerogative. IV. Fu detto che Garibaldi amnistialo al domani di Aspromonte avrebbe significato agli occhi di

i6 molti elle egli era superiore èld ogni legge. Questa disposizione degli 3nimi era dovuta alle condizioni in cu i il ministero si era collocato. Nei primi momenti da che questo era stato formato, Garibaldi compariva più come il suo protettore , che come il suo protetto. Il C. d'Hausonville che i liberali italiani sono lieti di noverare fra gli amici, scrive che pochi giorni innanzi che fosse forrrwta la presente amministrazione, un messag · giero era sta to inviato a Caprera, per interrogare il generale Garibaldi, se volesse dare il suo appoggio ai nuovi ministri ( 1). Se questa relazione non fosse verace, dovrebbe aversi come un mito per cui era stata espressa l' opinione comune, che la nuova amministrazione fosse sorta sotto gli auspizii del generale Garibaldi. La sua autorità diveniva così seconda solo a quella del Re , nella mente di coloro che esageravano il culto a quell'uomo illustre. Il suo nome è in oggi reso più sacro d::)J1a sventura , cd io non dimenlicherò cer to il debito che incnmbe a tutti gli Italiani , ma più p<l: rticolarmente a quelli che di ~se n l ono da molte sue opinioni, di onorare in lui i servizi i resi alla patria, il valore eroico, l'abnegazione rara, la devoz1one cavalleresca al Re: ma questi sentimenti non possono trauenere chiunque piglia a giudicare i fatti di quest i tempi dal ricono ~cere e dall'esprimere che in !ui il senno politico non agguaglia le altre virtù , di che sta in prova lo scritto che egli· rivolgeva non ha guarì alla nazione inglese. Nel ! 860 Garibaldi si era \ (1) M. d'~ Cavour· et la crise italienne. Revne Jes Deux Mondes . t5 septemb:·e t~62 , pag. ~29 .

17 desistito di mal animo dal proposito di proseguire l'impresa incominciata 1n Sicilia ed in Napoli, infinchè, liherala Roma e Venezia. Vittorio Emmanuele fosse acclamato sotto i suoi auspicii re d'Italia in Campiùoglio. Egli non si mostrò mai persuaso che il diritto di guerra attribuito al Re solo, implichi che tìnch'egli non l'abbia dichiarata secondo le con::;uetudini del diritto costituzionale interno, e del diritto delle genti europeo , non è lecito a chicchessia fare nè spedizioni, nè apparecchi di guerra. Con presiedere all'adunanza della società emancipatrice di Genova si era egli accostato al partito d'azione, le cui adulazioni dovevano essere sua sventura , come altre adulazioni furono sventura d' .altri uomini grandi, o per potenza, o pér valore, o per ingegno. Il ministero dichiarava voler conciliare tutte le parti , adoperare tutte le ca pacità. Aggiungeva bensì, e non dubito fosse con animo sincero, di non potere e di non voler cedere a chicchess ia la direzione o la iniziativa dell'armamento. Ma la parte che stava dietro. Garibaldi sentitasi più forte e più audace dell' alleanza che questi aveva stretto col governo, non si teneva legata da questi scrupoli costituzionali. Pare che Garibaldi meditasse portarsi nel Montenegro, suscit<He una insurrezione cristiana in Oriente, ed aprtrsi la via a scuotere la dominaz!one austriaca nella Venezia. Ignoro quali appoggi, quali fondamenti di speranza potesse avere l'audace condottiero in un tentativo così gigantesco. Il fatto mi fu attestalo da uomini di autorHà : lo annunciarono giornali meglio infor2

i~ ma li (t), vi (}Ccenna la leLLcra del gen. Klapka, scrilta nell'agosto ultimo, vi aceennarono discorsi profferili nellfl ùiscussione della camera dei deputaLi . Due mesi dopo la formazione del ministero succedevano i fatti di Sarnico. Accennavano ad un tentativo èontro l'Austria : in qual modo fosse combinato, e sn quali istromenti si facesse assegnamento, nessuno seppe. I giornali di sinistra sostennero il diritto deHa riYolnzione di iniziare nn'impresa d'indipEndenza ad insaputa del Governo. 11 geo. Garibaldi dichiarò di assumere la responsabilità di quanto era stato fatto. L'Austria si commosse, ma il governo aveva represso il tentativo al primo manifes tarsi. Certo egli non poteva avere fomentato ciò che represse, ma pare indubitato che fra -.;oloro che favorivano l' impresa molti si fossero lusingati di averlo o favorevole o tollerante. Fra i consapevoli e partecipi era, come dichiarò P-gli stesso, il sig. Guerzoni segretario del gabinello del ministro pei lavori pubblici. In quei giorni si stava egli col generele Garibaldi (2). Le parole , con cui dichiarò pubblicamente che l ~ condotta del Governo lo faceva accorto che non gli si addiceva fi gurare un'ora di più nel posto affidatogli presso di sè dal ministro Depretis, e ch'egli , copriva (3), palesano quanto amaramente fossero state deluse le speranze che: come avviene sempre in coteste imprese, dovevano essere comuni a molti. I discorsi proferiti in Parlamento dagli onorevoli Cri- (t) Vedi la nota in fine. (2) Diritto 50 maggio. (5) Lettera 28 maggio nel Diritto.

i9 spi e Bixio i quali fra i deputati si mostrarono i meglio informati dei fatti, diedero qualche luce in mezzo alle tenebre che pure non si diradarono mai del tutto. L'onorevole Crispi proferì queste parole: « Lo scopo era tutt'altro che il p<lssaggio della frontiera austriaca, lo scopo era al di là dei mariJ salvo poi ad andare dove si avrebbe voluto ..... Questi uomini a Sarnico vi sono anda li senza saperlo. Presso noi altri , Garibaldi non dice mai quello che vuoi fare, e quando noi and:-1mmo in Sicilia, alcune vitiime forono getL:lte a Talamone per entrare nel territorio romano , che non era lo scopo della nostra sped izione. » ' E questo perchè? Per deviare naturalmente l'attenzione dei Governi, i quali non dovevano sospettare quello che noi intendevamo fare (:l). Non creda di aver convinto la Camera L'onorevole ministro dell'interno allorchè vuoi qnasi trovare unét contraddizione tra il concetto ultimo di un' impresa, alla quale io accennai, e che la prudenza mi proibisce di completamente spiega re: non travasi dico in contraddizione al fallo d·~g li infelici inermi che il ministro trovò in Sarnico (2). , li deputato Bi xio disse cosi:'' Trov;mdomi presente quando innanzi al presidente del Consiglio fu agitata la questione di una spedizione marittima, il presidente del consiglio vi si rifiulò recisamente. , « Disse, che se egli non poteva opporsi a che pochi o molti individui andassero se il volevano, (1.) Tornala 5 ~iugno 1862 (2) Tornata 9 giugno.

20 fuori sl.rtlo, il Governo non avrebbe però dato m~­ no a spedizione di sorta. l) e: Ho detto che era vero che il presidente del consiglio aveva risposto a chi gli aveva parlato di una spedizione marittima che non. voleva acconsentire; io dko spedizione marittima, naturalmente non dico il dove per cagioni che si comprenderanno facilmente; ebbene ho detto di uno che ne aveva parlato col sig. comm. Rattazzi , e quell'uno ero io stesso, che avevo persino accettato l' incarico di far parte della spedizione, ed attendevo ordini per muovermi, sv incolato ch' io fossi da~ Governo. » <i L'ultima volta che vidi il geo. Garibaldi il presidente del consiglio era già a Napoli, ebbi la s•rn parola formale che doveva ricevere una somma, non importa quale, ma che per riceverla aveva dovuto lìrmare una dichiarazione, per cui si obbligava a non fare se non quello che il Governo voleva. Ebbene che cosa voleva dire questo? Ci è st<-"llo il pensiero in alcuni che si dovesse movore uella direzione del Tirolo; parole se ne dissero molte, ma il generale non elice mai quello che intende di fare, se non al momento di muoversi ..... Le voci che correvano facevano accorrere molta gioventù in quei luoghi, d'onde il generale Garibaldi non poteva ancora ::lllontanarsi... Le autorità s'allarmarono (t). » Il Bixio era fa vorevole al ministero , il Crispi contrar io ; si debbono presumer vere le cose che risultano dai loro detti , e che non trovarono con- (1) Tornat a 6 giugno.

2i tr(ldittori. Hannovi due enunciative che non si sanno come conciliare da chi non abbia altri ragguagli più precisi. Ad ogni modo si possono da quei discorsi affermare i fatti seguenti. Il ministero fu conscio di una spedizione marittima che si preparava da Garibaldi. Non volle parteciparvi, ma dichiarò elle non poteva impedirl a. Mentre il presidente del consiglio era a Napoli, il geo. Garibaldi dowwa ricevere una somma . Questi si era obbligato ad agire, secondo lél direzione del Governo. La sped izione di s~lrni co, qualunque si fosse il suo carattere, ebbe occasione d !l. Ila spedizione ma · fittima divisata cl.al geo. Garibaldi. Il presidente del consiglio afferm(lva avere dichiarato che non aveva difficoltà di dare anche un milione, quando si trattasse di fornire ai giovan i dell'emigrazione il modo di ()_ndlaré fuori stato senza armi e che non vi fosse verona spedizione (t). Questa dichiarazione suscitava molli pensieri negli animi di parecchi a cui non pareva gran fatto verosimil0 che la parte più giovane, la quale suol essere la più fervida dell'emigrazione italiana,fosse per esulare in terra straniera con non altra speranza che di esercit3rvi un' industria. La Camera chiudeva la discussione con un voto che approvava l'operato dei ministri, ed esprimeva la fiducia che fossero mantenute illese le prerogative della corona e del parl(lmento. L'approvazione si riferiva alla repressione, non cer to c.llle pratiche segret0 : la fiducia accennava ad un desiderio e ad una speranza. (i) Dise. nella torna ta 5 giugno.

v. La speranza fu giustificata dall'esito? il governo aveva tre mezzi per mantenere illese le prerog::l ti ve della corona, e del parlamento : i giudizii, la proposizione delle leggi, i provvedimenti €he app:ulengooo al potere esecutivo : come gli adoperò? Dopo i fatti di Sarnico il ministro per gli affari esteri scriveva agli inviati del Re. « Il procedimeuto giudiziario svelerà chi abbia spinti giovani avventati a un tentativo temerario, quale fosse il fine ultimo a cui si mirasse, se obbedissero ad un cieco impulso di patriottismo o se servissero agli occulti disegni di una fazione ostinata, disdetta dall'opinione pubblica, e isolata dall' azione feconda, dall' iniziativa potente del principio monarchico e costituzionale , . Qu::1le fu l'esito di quel procedimento? Da ragguagli autorevoli seppi che, appena raccolte le prime informazioni , si indetlava il ministero pubblico affinchè il processo fO$§e troncato. Non può certo avere alcuna autorità sull' opinione pubblica la persuasione che io traggo da questa informazione. Ma dopo avere annunciato all' Europa, che la luce si sarebbe fatta. dopo avere ricusato l' inchiesto parlamentare, affinchè si aspettasse l'esito dell' inchiesta giudiziaria, perchè lasciare tutto nel buio anzichè sollecitare il ministero pubblico che met-

~5 tesse in chiaro ogni cosa, perchè non dire se l'accusa si ammetteva per difetto di prova, o per di· fetLo di dispo::; izione abbastanza precisa della legge? Il ministro proponev.a alla Camera dei depu ta ti una nuova legge contro gli assoldamenti d:uomini, e coutro le associaz ioni politiche che diffondessero principii cont.ra rii allo statuto. Impedire i tenta tivi di arruo lamenti per cui si mettesse a repentaglio la pdce dello Stato, e le associa1.ioni per cui si provocasse a disobbedire alle leggi, era un concetto gioslo, quan tunque desse luogo a molti lamenti dei giornali di sinistra, e quantunque la forma in ct ti la legge era proposta non rispondesse abbastanza al concetto. Portata in di seu·ssione quella legge avrebbe dato occasione opportuna di associare il parlamento ad una politica conservatrice quanto liberale, ad opporre le più sane dottrine di libertà costituzionale agli errori ehe il partito d'azione adoperava a diffondere. Ma non bastava avere proposta questa grave materia alla Carnera, occorreva ins ta re che essa ne deliberasse. Proponendo la questione, e facendo poi come se non si curasse la risposta, si tepeva in poco conto l' autorità del parlamento. 11 eorso di questa proposizione dimostrò quanto poco in Limi fossero i legami che univano la Camera al ministero. Pa recchi fra coloro che, per opinioni e per abitudini sarebbero stati più propensi a rincalzare il principio di autorità, si erano mostrati poco volonterosi di secondare le proposte del governo, mentre vedevano che questo non si curava gran fatto di iovigila re affìne di prevenire

24 i fatti che la legge avrebbe dovuto reprimere. Altri non si curavano ùi rinvigorire, ~oncedendole poteri straordinarii, una amministrazione in cui non riponevano fiùuc ia. Il ministero non curava la propost:1 gravissima che aveva introdotto più che se si trallasse della · circoscrizione di un mand;unento. Al cospetto dci fatti che si preparavano lasc1ava sussistere la lacuna del Codice penélle . sugli arruolamenti. Più tardi seiogl ieva la società emancipatrice. Provvedimento savio c necessa rio, ma a cui :wrebbe dovuto precedere una deliberazione del Parlamento. Non curando di ot.tcnerla, i ministri mostravano come nelle più gravi emergenze facessero assegnamento su l potere del governo anzi che sul concorso di quella grande autorilà a coi la loro deve sempre ~ppoggia rsi. In qual guisa il governo usò l'autorità del potere esecutivo per mantenere le prerogative coslituzionali del Re e del Parlamento ~ Al governo di alcune provincie dello stato preponeva degli uomini noti per la loro devozione al generale Garibaldi. Era uno fra questi il marchese Giorgio Pallavic1no destinato prefetto nella provincia importantissima di Palermo. Pubblicò egli un opuscolo il quale, accennando come procedésse colà la pubblica amminislrazione; giova assai a conoscere il modo in cui si provvede\'a al governo della cosa pubblic::1. Il carattere di qoell'onoratissimo gentiluomo, ed il n~m essersi opposta alcuna negativa alle sue asseverazioni conciliano piena fede alle sue parole.Accennando alla sua

2o nomina. egli spiega quale significazione essa importasse. « Voi tulli conoscevate i principii in- ' crollabili dai quali mi sarei gqidato, <lccettando « l'amministrazione di questa provincia .... Per- « chè mandare in Sicilia un vecchio rivoluziona- • rio, un amico di Garìb<-lldi ? , ( 1) Se dubbio avesse potuto esserci, egli l'avrebbe dileguato col proclama in cui presentandosi ai suoi amminislrati fa ceva valere come titolo alla loro fiducia la sua amicizia per Garibaldi non meno che la sua devozione al Re. Gli antecedenti rapporti del ministro Rat tazzi col geo. Garibaldi , l'arrivo e la dimora di questo in Palermo senza un avviso, e senza un' istruzione del governo centrale ; le non impedite partenze d~i volontarii per 1a Sicili a alimentavano e avvaloravano i dubbii del prefetto (2). In principio dì giugno, pochi giorni dopo · le di scussioni sui fa tti di Sarnico , questi dichiarava a1 ministero che governava col partito d'azione il qual e lo spalleggi ava lealmente ed eftìcacemente. Dai brani di carteggio pubblica ti apparisce che v' era disaccordo tra il ministro ed il Prefetto nel giudicare il partito d'azione (5). ll disaccordo non essendo palese al pubblico si doveva e poteva pn~snmere che anche il governo si appoggiasse su quel partito. In Palermo Garibaldi pronunciava un di scorso in cui l' imperatore de'Francesi era ingiuriato. Il prefetto stava a fianco del generale , e cinquan tamila persone applaudivano freneticamente. Il governo faceva sequestrare i giornali che rife- (i ) Due lettet·e t..li Giorgio Pallavicino, pag. 21. (2) Due lettore, pag. 22. (5) Due lettere, pag. 20.

26 rivano il discorso (t). In che si palesava il pen· siero vero del governo ? NeiJa autorità attribuita al preretto che con la sua presenza cresceva importauza allo parole di Garibaldi, o nel sequestro? A tali questioni dava luogo il suo contegno. In molte parti dell'isola si facevano inscrizioni divolontarii non pagati e non acquartiera ti al fine di tenerli pronti per una spedizione misteriosa in Oriente od a Roma. Addi 9 luglio il prefeLto inlerrogava il ministro su l da farsi in proposito. Questi gli dava per direzione fa cesse rispettare la legge. Egli :pubblicava un proclama in cui diceva che se si trattasse di veri arrotament i si terrebbe obbligato rammentare la legge che non li permette (2). Così andava crescendo ogni giorno l'equi voco a cu i pur troppo si ridusse la nostra storia interna di quest'anno, e, questo equ ivoco non doveva oossare che con un principio di ribellione e di guerra civile. Il governo ha egli fatto conoscere in tempo ai popoli ingannati che l'arruolamento era contrario alle inlenzioni del Re? ha egli inslato presso la Camera per renderla ragguagliata de 'fatti, ed ottenere che si supplisse all 'insufficienza delle leggi ? ha egli adopera to tutti i mezzi che erano possibili per indurre Garibaldi a desistere dalla spedizione? Lascio che il lettore giudichi dai fatti che gli furono esposti, e da quelli che sono a notizia di tu l ti. (i) Due lettere, 25 26. (2) Due lette re, pag. 25.

'27 VI. Con decreto del 20 3gosto la città di Napoli, e tutte le provincie napoletane erano messe in istato d'assedio. Il gen. La Marmora nominato commissario straordinario coi più ampi i poteri, pubblicasa un bando in cui esponendo le condizioni slraordinarie del paese, dopo che Garibaldi si era gettato sul continente, e dich iarando che Hgoverno ha il diritto di valersi di mezzi eccezionali, assumeva i poteri conferi tigli. Anche la Sicilia era messa io istato d'assedio per tutto il tempo in cui vi durasse la ribellione, e fino a che le eondizioni dell'ordine non vi fossero stabilite. Indi a pochi giorni, era dovuto all'esercito, era dorulo a ltre~ì al senno dei popoli non lascialisi trav iare dal prestigio del nome di Garibaldi,che la ribellione fosse doma La. Attendendo ai motivi Ghe avevano dato luogo a quei decreti lo stato d'assedio avrebbe dovuto cessare : esso dura ancora oggi. Non ha gran tempo che l'Italia udiva, quasi evocata dall'amor filiale di una donna, la gran voce del conte di Cavour che presso a morire protestava contro lo stalo d' assedio delle provincie meridianali (t). Col pro- (t) Le roi parti , le comte reprit la serie de ses dìscours . . .. . « Pas ù'état de siège (à Naples) pas ue ces moyens des gouvernements absolus . Tout le monde sait goun~rner avec l-'état de ~ iège. Je les govemerai avec la li ber té et je montrerai ee que peuvent faire de ces belles contrées ùix aonées de liberté.Dans vingt ans d' ici ce seront le~ provinces les plus riches de i'Italie. Non: pas d'état·de siège, je vous le recommande l). Lettre de la C.sse Alfieri .Le Com te ùe Cavour. Souven irs et récits par W. ùe la Rive XV.

~8 trarre questa condizione di cose senza conferirne col Parlamento, il Governo del re si diparte dal sistema che era stato tennto sino allora. Non intendo muovere alcnna censura all'atto per cui si introdusse lo stato d' assedio, e ne muoverei tanto meno che lessi delle lettere di napolerani liberali che vi applaudivano. Lo stato d'assedio incominciato per resistere alla ribetlione di Garibaldi fu mantenuto con la speranza di assodare l'ordine pubblico non ancora ristabilito. L'incarcerazione di alcuni uomini di \'lta e di fama perduta, che l' azione della giustizia ordinaria non aveva mai potuto raggiungere , fu bene accetto dagli onesti. Ma gli effetti dello stato d'assedio corrisposero alle speranze di coloro che ve lo mantennero , e di coloro che se ne rallegrarono? L'imperversare del brigantaggio nelle provincie napoletane , la stampa clandestina, e la società di pugnalatori in Sicilia, fé,nno pur troppo dubitare che la cosa non sia così. Se pur fosse, converrebbe ancora pensare al giorno in cui una condizione che non può durare sempre cesserà. Gli incareerati per provvedimento straordinario saranno liberati , ogni cosa ritornerà nell'ordine consueto , ed allora si potrà fare assegnamento che le condizioni del paese si !rovino veramente e durevolmente migliorate ? Il conte Cavour aveva l' idea preconcetta di provare all'Italia ed all' Europa che i danni fatti nelle provincie meridionali dal dispotismo si rimediano a~licando tutte le larghezze della libertà. L' idea era degna della vana sua mente, e in definitiva finirà per essere la sola possibile ad attuarsi. Ma conviene confess:He che

29 non fu attuata finora . O sia dipeso dalle condizioui del paese, <• dall ' insuffi ciente abilità dei governanti e degli amministratori , il fatto sta che quelle provincie non hanno per anco nè goduto i beneficii dello stato nuovo , nè recato forza all'Italia e che l'azione del governo vi rimase per lo più incagli élta. Occorre oggi dare dei provvedimenti speciali per vincere le resistenze che 1:1 legge in - contra colà , e per proteggere i buoni e pacifici cittadini contro l'audaci(! degli scellerati? Quali sono quest i provvedimenti'? È qnestione grave, che non si può risolvere per considerazioni astratte. L'Inghilterra, anche dopo avere smesso in Irlanda J' <1ntica intolleranza protestante, ed avervi introdotto uno spirito .veracernente liberale, non ammise di applicarvi provvedimenti rigorosissimi ogni volta che furono necessari i ad assicurare le persone e le proprietà. lnstare per la rigida applicazione dei principii liberali nei casi eccezionali in cui essa gioverebbe agli scellerati , e nuocerebbe agli onesti, non sarebbe la religione, sarebbe la superstizione della libertà ·: sarebbe quel cu lto che rende meno venerate le cose divine. Avrebbe dunque n~eritato approvazione il governo quando avesse studiato se in ragione delle contingenze straordinarie, le provincie meridionali non richiedessero qualche provvedimento straordinario e temporaneo. Ma lo biasimo di non avere portato la questione al parlamento, appena cessati i pericoli elle si temevano dalla spedizione di Garibaldi (1). (i) La cos tituzione promul gata da Luigi Napoleone dopo il colpo di Stato prescri ve (articolo XII) che il presidente della Repubblica oggi Imperatore, dichiara lojstato tl'assedio, ma ne riferisce tosto al Senato. Nel regno d'Italia lo Statuto non assicurerà ai Popoli nemmeno la libertà del 2 dicembre ?

50 Essél si troYò risoluta eli fatto dal momento in cui lo stato d' (lSsedio introdotto pt'r resistere a quel1'<1ggressione fu mantenuto quélle rimedio a ma li che si crél no 01anifes tali, dacchè quelle provincie vennero a costituire con noi l' unità italica. Per la sola r~utorità del potere esecutivo vi fu stabilito un si stcm~ di governo che deroga al diritto comune e che oggi diviene télnto diflìeile a mantenersi, come ad abolirsi od a modifìcarsi. Ho percorso tntta una serie di fatti: quelli per cui si preparava la spedizione di Gar ibaldi : la prigionia di lui, e dei depntati: i provvedimenti dati contro 1<1 società emancipatrice, lo sta to d'assedio mantenuto ne lle provincie meridionali. In tutle queste contingrnze, le più gravi che possano afl'acciarsi ad un governo e éld una nazione, il ministero non curò di rinvigorirsi con la forza che rassenso del Pa rlamento gli avrebbe dato. In ciò si svela il difetto della presente amministrazione. Perciò essa non ha nè in llalia nè all 'estero la grande autorità morale che sarebbe richiesta d(l!la gravità delle presenti condizioni , e dalla grandezza dell 'oprra che l' Italia deve condurre a tet·- mi ne col concorso di tutti i voleri e di tutte le forze. V li. IJ difetto che ho apposto alla presente ammi· nistrazione sorge dal modo in cui venne formata,

5l è come un peccato originale le cui traccie si palesarono in tutti gli errori che le venni apponendo sin qui. Nel rt;ggimen to costituzionale i ministri che stanno al Governo si reggono perchè hanno consenziente la maggioranza del Parlamento. Se non che cotesto consenso può avere luogo in due modi. O que'rninistri furono chiamati al loro seggio in quanto ve li designava la tìducia della maggio· ranza : o essi ne ottengono l'appoggio perchè sono ministri. Ciascuno vede che non è questa una sottigliezza dottrinaria. Nel primo caso i ministri servono a far prevalere gli intendime11ti dell<l maggioranza : nel secondo è questa un istromento che giova a far prevalere gli intendiment i del ministero. Nel primo caso la nazione, per organo del Parlamento che si presume r::~ ppresentarne il pensiero , dà l'indiri zzo alla politica : nella seconda, il parlamento vione a suffragare col suo voto la politi ca segnìla d~l min istero. Le maggioranze sono infallibili ? hanno la prerogativa di rappresentare sempre la parte migliore ? No, ma hanno la prerogati va di rappresentare l' au torità del Parlamento , come questo rappresenta il diritto della nazione. Si vantaggiano su tutti i poteri che comandano in nome di uno o di pochi in qnanto si accostano maggiorment e all'unanimit à, e non durano se non in mezzo ad una libera discussione, la quale rammenta loro di continuo che possono divenire minoranza , e che non si reggeranno se non in quanto assicureranno agli avversarii, parimente che agli amici, i beneficii della libertà e del diritto comune. Esistera nel Parlamento italiano una grande

52 maggioranz~ che voleva l'unilà della nazione con la monarchia costituzionale informata ai principii che stanno inscritli nello statuto: cotesta maggioranza aveva aderito risolutamente alla politica del conte di Cavour, aderiva al barone Ricasoli meno risolutamente , perchè dubitava che la sua amministrazione quale si trovava composta non fosse in grado di far prevalere la politica che era stata iuiztata dal suo predcce$SOre, ma pure vi aderiva. 11 bar. Ricasoli dal canto suo deponeva la carica~ per la causa addotta da esso, certo, vera, forse non unic(l, di non sentirsi abbastanza appoggiato dal Parlamento. Fu nominata la nnova amministrazione, ebbe il suo nucleo negli on. Rattazzi e Depretis. Il primo rappresentava quel terzo partito poco numeroso che non si associava nè alla maggiorC~nza la quale appoggiava il ministero, nè ai suoi oppositori. Il secondo rappresentava l'opposizione che aveva sempre contrastato alla politica del conte di Cavour e che si accostava al partito <l 'azione. Fu così un ministero di coalizione , la cui formazione simboleggiava l' appoggio che il governo cercava dal generdle Garibaldi. Non era quello che la ·lì Jggioranza avrebbe designalo. Non era quello che sarebbe stato proposto alla corona, se i per.,onaggi chiamati a consigliarla avessero tenuto conto più che d'altro delle opinioni prevalenti nel Parlamento. La maggioranza che lo appoggiò non fn più quella che infino allora aveva sostenuto i ministri del re, ma si compose di una parte di questa, la quale " aspettando gli atti del ministero deli-

53 berava di délrgli intanto l' ::tppoggio )) . En1 cotesta la risoluzione in cui consenliva. A ques ta parte si aggiungevano parecchi dei fauto ri poli tici del generale Garibaldi che credevano con la presente ammiuistraziooo, più facili e più prossimi ad attua rsi i loro proposi ti. Solo in quanto erano mini stri, gli on . Rattazzi e Depretis avevano l' appoggio di questa nuov<~ maggioranza. Se non lo fossero stati, l' accolta di deputati in cui si accostavano l'on. Mellana, e l'on. l\1. se Gustavo di Cavour non si sarebbe certo combinata per pregarli di prendere le redini dello stato. Un'altra parte dell'antica maggioranza aveva dimostrato, di non avere fiducia nella presente amministrazione ; non che ne impugnasse il programma, ma perchè temeva che il modo in cui r,ra stata composta , non desse sicurta della sua attuazione. Essa ricusò di associ:Jrsi ad un voto che il ministero accettava come espressione di fiducia. Non fece atto di opposizione, per non allarga re la scissura fra costituzionali, per non far sorgere pericolo di collisione fra i poteri dello stato, per dar tempo ::~gli eventi di chiarire la siturlzione di tutti. La più grave questione polHica che, agitala dappoi, diede luogo .a discutere dell 'appoggio che si dovesse dare al governo. ebbe luogo in occasione dei due tentativi garib:1ldini. Non ora il caso in cui occorresse esaminare se il governo fa. cesse bene, era il caso eli soccorrere alla min <:~e ­ ciata autori tà costituzionale del Re edel Parlamento. Un' allr[l volta venne io campo la questione di fiducia, cioè quando si trattò di prorogare l'esercizio del hilancio provvisorio. La parle che si mostrava più ri solutamente avversa al ministero, di3

M chianwa non muovere una questiono di gabinetto, ma una ques tione amntinistrativa. Intendeva ottenere che 8ffioe di prepa rare la regolare attuazioue del bilancio del 1863 si discutessero quelli del 1862 prima di ottobre. Molli <.~nche fra coloro che non erano entrati a far parte della nuova maggior:-Jnza, in ques ta oec(l sione di ssentivano, in quanto credevano che la discussione dei bilanci del 1862 non potesse maturarsi nel breve tempo che era ancora possibile dedicare a quell' opera. La ques tione non fu posta nei termini in CIJi si suole agitare fra due parti politiche, una delle quali sia favorevole, l'altra contraria ad un ministero : non fu risoluta in tali condizioni che i governanti potessero fare assegnamento sulla adesione volonterosa della Camera. Il voto Leone dietro alla dichi arazione soltmne dei ministri che il Parlamonto sarebbe riconvocato in tempo per procedere ad una seria discussione del bilancio. M<lllterrà a sufficienza questa promessa la convocazione al 18 di novembre, con tan te discussioni politiche a cui la C::1mcra non potrà a meno di attendere? Se non le manterrà, si auà un fatto nuovo che verrà a chiarire come la presente amministrazione si formi un cancello inferiore al vero della parte allribuita. al Parlamento nell' andamento delle cose pubbliche. Intanto si deve osscn'are come il .nostro reggimento cos tituzionale desse indizio di tutti i mali a cui questa forma di governo apre l'adito, allorquando per non essere più abbastanza uniti i due poteri legislativo ed 0secu tivo~ manchi nel governo l' autorità morale che dia fiducia al Parlamento ed al paese. Le deliberazioni più necessarie all 'ordinamento

5 ,, . .) dello stato, come quelle dei bilanci, del riordinamento provinciaie e comunale, e della sislcmazic•ne dei contributi indugiate per modo che non è ora· mai più prevedibile il tempo in cui sarà pronunciato un volo definitivo. L'iniziativa parlamentare romorosa in parole , inefficace negli effelli. L'iniziativa del governo poco efficace aneh' e sa. Progetti di legge che avrebbero dovulo provvedere a materie urgentissime smarriti nei limbi degli nfficii o delle giunte. l progetli proposti dai ministri alterali nelle loro parti più essenziali: se ne lagnò una volta il presidente del consiglio : i deputali, maggioranza e minoranza ~i lngnavano che i progetti non fossero preparati bene. Un tempo prezioso sprecato in di scussioni inu.Lili ~ che concHarono le passioni,e che fecero scapitare l'autorità morale del Parlamento, prima che i fatti governativi succeduti al tentativo garibaldino venissero a menomarla ancora. Questa condizione er(l nn effetto naturale delle relazioni che passavano fra le Camere, ed il ministero. Onde questo era poco e mal secondato dalla Camera, che non aveva influito per nulla snlla sua formazione, che non Yi riconosceva nessuno che fosse stato fra gli antesignani (leaders ) della sua maggioranza. Una tale condizione durerà infinchè non ci siano ministri i quali stiano in seggio, non solo perchè ci siano ch iamati dalla corona, ma perché ve li sorregga l' aulor!tà morale del Parlamento. Gli ordini rappreseutativi abbandonati o minacciati nel 1849 sul continente europeo là clove erano sta li messi, oggi si sono allargati a tutti gli Stati cri- ~tiani, se ne eccettui due, la Rus:sia , elle forse ne s~rà anch'essa in rasa, e lo Sia lo del Papa, il quale •

35 col mantenersi piil irremovibile che mai ne ll':-~ s ­ solutismo dà un nuovo argomento a r,hi afferma che esso è un anaaonismo. Non così preva le la massima che rivendicò alla maggioranza del Parlamento il diritto di dare l'indirizzo al potere osocntivo, e che mantiene alla nazione la signoria di sè. Fn gloria del Piemonte e della sua dinastia averr nJanlonuto l'o rdinamento parlamentare in mozzo al- ] ::l grande riazione europea che incomi nciò nel i 849. Fu gloria d;Italia !~ssersi rél ccolta intorno alla dina - stia, ed alla costituzione di C.Alberto,senza lascièlr::;ì trav·iare da all.re teoriche o vecchie o nuove. Al - lorquando ponessimo in non cale ilprincipio parlamentare, non ce ne sarebbe più (l !cun al!ro in cui potesse r:1ccogliersi la recente aggregazione di tutte le genti italiche. È questo un bene od un male ? Non potrà ~ meno di giudicarlo un bene ogni itJii:-~ n o avveduto. Forse giudicherà altrimenti ta1uno dci politici appa rtenenti agli stati cht ci riconobbero recentemente, ma anche costoro c.onsiùerando le condizioni nostre vedranno che quel principio è il solo per cui possiamo preservarci dalle perturbazioni, e dai tumul ti che accompagnano per lo più le mutazioni degli St.ali.Fra noi non esiste nè on3 monarchia l<l quale possa pretendere cbe tutta la nazione s'inchini al suo diritto divino, nè una diltatura Yenula in isla lo domando le fazioni che , la Dio mercè, in Italia non interruppero mai l'andamento dell 'ordine sociale. Esiste una dina~tia il cui titolo presso coloro che non le erano mai stati soggetti consiste t.ol.lo nella l e~ll.à con cui mantenne le instituzioui libere, e nella fiducia universal e sicu ra della loro conservazione.

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