Paolo Costa - Dell'arte poetica

DELL!> ARTE POETICA S., M co ttv~ p o~..~.~ e..... re ~ eeea. P dm~ba:tA.a. tk c ca.~ e'""~a. ~~ S~ ew.u e ~~ 'lfb eCee ~bme INTITOLATI eJb Su-a, tcceeeel!W-LXt .. De GIORDANO DE BIANCHI ~.JC<fVc-&eJe ~~ Jlt,olttf-M~~te1 çJ etd;iu,oWI!o ~~ 8a.t"evC(. ~~S. Jlt,"~t~ ie dR e ~eree ~LtJe S~c~~e, . e~ ~LA~ettt~tlllhe ~~eeCG PvoV~liLC~'l. ~~ '\Jb~. ~ BOJ.OGBA 1836. TIPI DI:LLA voJd.B Al. SASSI. ....

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SERMONE I. T e seguitando , che i felsinei colli , E le renie campagne, e i sacri boschi Del nome di Leuconone (l) beavi , lo giovinetto al vero Giove un inno · L evai , che a te fu caro. Or sul confine Del mio corso· mortai per dir deli' arte , Onde si coglie il glorioso alloro Di che vai coronato , ordisco un carme , E a te lo porgo e sacro. Io non presuJ;Do L'ampio tema abbracciar, chè cento e cento Lingue ne sarian stanche. In vasto mare ~t\.ndrò radendo i lidi , ambizioso Di piccolo tesor. L' ardita impresa Tu , mio diletto Mecenate , aiuta : Tu negli aperti campi , a cui mi credo , Dell' umil navicella alza le vele, Che in su la spiaggia vanamente a bada Non vo' tenerti, e il mio cammino imprendo. La chio~a ornar delle pimplee corone lnvau presume temerario ingegno.

4 SERMONE Chi fiacche ha l' ali , e di . volar s' affanna , Precipita alla valle, augel deriso. Allo stolto desio di tesser rime Non date ascolto voi che appo i futuri Cercate fama. Lungo tempo in pria Esplorate le forze , e se divina Virtù non hanno, alle scienze, all'arti Rivolgete l ' ingegno, e la fatica. V' ha chi di Tirsi e Melibeo cantando Colla zampogna umìl rallegra i boschi ; Chi della lira al suon fervide note Accorda ; chi figura in su la scena Le umane sorti, le virtù e le colpe. Chi l' armi canta , e il no m è degli eroi Manda ai futuri: sì diversamente So n compartiti ali' uom doni celesti ; Ma al fondamento che natura pone L' ti o m di rado tien mente , ond' è che spesso Per vietati sentier cieco si caccia. Gianni, che per le sale e per le piazze D ' . . l ' d' o Improvviso cantane o, a se Intorno Udiva un snon di mani , e un gridar alto Del fa v or delle genti, i fischi e l'ire Udì d'Italia allor che follemente Ghermì l'epica tromba a cantare oso Con rauco verso audaci imprese ecl artni. O pochi eletti spiriti , che amati Foste da Giove , udite : Ecco le leggi /

PRIMO . Che il Tebro trionfale in dotti E a dì più tardi udia la regal In pria dirò che alle favelle D' armoniosi numeri feconde • carmt, Senna. antiche Uopo non Ìu , per allettar col verso l difficili orecchi , usar de' suoni Tronchi , che manda dagli opposti spechi Colei che amor converse in voce ignuda. A noi giova la rima, e sempre apporta All'anima diletto e maraviglia, Se nata col pensier spontaneo loco Prende nel verso ; ingrata cura e folle Se in voci vane è posta o giace a forza Nella sede non sua. Saggio poeta Abbia le rime ubbidienti , e . a quelle Unqua non pieghi e serva. Avvi taluno, II qual duhbiando di strisciare a terra, Se scrive com' altr' uom , concetti e rime Pesca a torbide fonti. II brutto esempio Die' . di tal colpa Italia , e di lei rise L' invida Gallia; ed or l'Italia ride De' gallici po~ti , che sull" Alpe Lasciano il nome dell' eroe , che vinse L' arduo cammin per visitar l' Eterno Nell' antiporto del beato Empiro. (-2) Abbi tu a guida la ragione , e pensa Che mille sono d eli' error le vie , Una quella del vero. _t\ Itri è sì preso· ' •

6 SERMONE D ' amor pel suo subhietto , che non osa D' abbandonarlo : pesta , indi ripesta L'orme calcate , e per minut~ narra Tutto che viengli in fantasia. M' adduce Ad un palagio ? La facciata , i portici E le ca1nere tutte ad una ad una Mi vien mostrando ; le dorate porte , E le travi dipinte , e i ricchi marini , E vuoi che ogni balcone, ogni cornice , '0gn.i specchio, e tappeto , e cento e cento Zacchere io guardi, e non rifina mai D' intronarmi g~i orecchi: finalmente Sull' erbe del giardin stanco mi lascia. Oh vani sforzi ! Oh misera ricchezza! Mandan gran luce pochi segni e veri , Come poca favilla alza gran fiamma. A Dante guarda e a Lodovico : tutto Che ti accennan costor tu vedi e palpi. Fuggi il tro~ ma guardati che mentre Cariddi evìti non oifenda in Scilla. . . Quando breve esser voglio , oscuro , magro , Smilzo son fatto : dilombato e fiacco Fui dianzi ? ora son duro. Andai pedestre ? Or tumido pallon varco le nubi. Vuoi tu degni del cedro i versi tuoi '? Varia le cose e i suoni : chi ritocca Sempre una corda , chiama in su le ciglia Degli ascoltanti il sonno. Aborro il suono

PRIMO Di quella cantilena , che ricorda Del salmeggiar la noiosa cadenza. O fortunato chi il pieghevol verso 7 V aie a dedur dal grave al molle suono , Dal se:vero al giocondo ! i costui carmi Andran per tutto des'iati e cari. Tu che l' umili cose a dire imprendi , Fuggi i modi plebei ; perocchè vanta Anco il parlare umìl sua nobilezza. Qual che tu sia, o comico poeta O pastoral , sarai pulito e terso ; Ma non sì eh' ogni tuo detto ricordi La lucerna del Cesari. Si ammira L'arte industre che i ritmi e i metri adopra Convenienti ai suoi subbietti, e varia Al vari'ar della materia i suoni. Suona · Megera la tartarea tromba ? Le vocali coll' aspre consonanti Tu accoppia sì che tuoni un suon di guerra. Rimugga l'armonia colla tempesta , Fugga via velocissima co' venti, E lenta lenta col ruscel s' avvii. Tanto può l' arte : il suo poter ti valga , Ma sì che ne' tuoi versi la natura Sola si mostri. L' emula di lei Stiasi nascosta, o le incantate selve E i palagi incantati in fumo andranno. Dopo la lunga notte d' ignoranza

8 SERMONE I hei tempi delP or l'itala musa Rivede. La dolcissima favella Canta prima i tre regni , e Laura poi Fa glori'osa : allor l'arte 1naestra Cela sè stessa : senza fasto il verso Corre modesto e schietto , e solo intento .. A risvegliar nell' alme utili affetti , E al vivo colorar quant' è di bello In terra , in mare e in cielo.... 1\.Il' oro il rame Succede , e al dolce suon dell' auree corde , Che Sorga udiva , un servo gregge intende L' orecchio , e d' Appennin l' eco giocosa Ripete il dolce suon vuoto d'amore. La terza età poi sorge , e le latine Muse spiran nei petti, e si ravviva Il libero pensier : l' epica tromba Manda quel tuon, che nell'età future Rimbomberà finchè abbia vita e no1ne L' italico idioma: odi un concento Di lire , che destar dal pigro sonno Vorrebbe Italia; ma fugaci ahi troppo Sono i dì della gloria ! ecco di nuovo L'arti nostre cadute ! il nerbo manca Dell'antica virtù; lussuria e gola Ed avarizia son fatte regine Di più petti , e le fiacche alme non banno Vigore all'arti JJelle. l fuochi sudano P el re de' PÌ"anchi a liquejètr nzetalli;

PRIMO 9 Della volta dél ciel chiodi lucenti Sono le stel~e. - Sempre ugual sonando, Quasi martello in sull' incude , il verso Rumoreggia nell'ode: acuta punta 1-Ianno i sonetti ambiziosi e freddi; E se poeta surge al qual benigni Spirino i cieli ., mesce all' oro il fango. Ardon col Galileo di sdegno i saggi Poi delle fredde arguzie e delle ampolle Si ride Italia tutta , e quelle risa Traggon del cammin folle il secol novo. Decim' ottavo secolo sorgesti , E del saver dell'altre etadi erede N e accrescesti i tesori ! Oh te beato Se la casta favella , che al bel tempo Fioriva ., anco serbavi ! il socco umile Andrebbe glorioso, ed il coturno, Che pel grande Astigian sen va superbo, · Risplenderia più bello ! .l\. queste etadi, Ch' io t' accenno , o poeta , il pensier tieni; L ' . h' arte VI cerca, perocc e natura Senza l'arte non vale. Ambo congiunte V o lano all' alta des!ata cima. Pon rnente che i confusi oscuri modi So n delle menti indotte : · ov' è dottrina Splende chiaro il pensiero , ed al pensiero V an dietro non restie parole e rin1e. Del poetar la sapienza è fonte --d

10 SERl\fONE Quindi non avvisa•· che quella vena , Che natura ci diè , sola ne hast.i ; Se ne bastasse , fra le selve ircane , Fra i Cafri ignudi , nell' età di ferro ( Chè a tutte genti è liberai natura ) Vedresti Omeri , Anacreonti , e Fiacchi. Tienti d~que a Sofia , che terra e mare ·E cielo t' ~rirà; ti farà esperto Di ciò che nuoce o giova , e de' costumi Ai laudati poemi alta materia ; Le vie ti additerà che alla felice Meta d eli' arte tua guidan sicure. Non ti esorto però che alle lautezze Di Plato o di Aristotile cotanto Ti abbandoni , che ingrato indi ti sia Della favella il dolce studio: pensa Che le parole senza egregie cose Son vano suon ; che senza le parole .Non appar delle cose il vero aspetto. - Molto può l'arte che aU' ingegno è aggiunta, Ma se durar non sai nelle fatiche,. L'una e l'altro s'accascia. Il sacro verso, » Al quale han posto mano e cielo e terra, Per più anni fè macro il suo poeta. Detta pensatamente , e iungo te1npo F,a che l' opra si giaccia , indi la togli Dallo scaff~:tle, e a mente riposata Rileggila, correggi, aggiungi e taglia \ '

PRIMO Froncle e fiori soverchi , chè nessuno Ti chiederà del tempo speso , e tutti Vorran diletto averne e maraviglia. Immagini leggiadre , e bei colori , Pellegrini pensieri , eletti versi Qua e là disseminati a far lodato Il poema non valgono ; è mestiero Che ogni parte di quell9 al loco suo Volontaria riposi: che il principio E la fin si concordino col mezzo, 11 Che tutto il corpo sia semplice ed uno. Se cinger vuoi la fronda, che si coglie Per ingegno , per arte e per fatica, · Sii di te stesso giudice severo , E pensa in pria che l' an1oroso padre Chiama bello il figliuol comecchè lippo , O brutto di bernoccoli e di schianze. Scelto un amico , pigliane gli avvisi : Amico dissi , e tal , cui l' onor tuo Come il suo proprio caglia. Adulatori Son molti , e più saran se nobil sangue Hai nelle vene , o se ricchezza ·e grado Ti largì la fortuna. Des!oso · A te verrà più d ' un con volto amico, E udendo i versi tuoi , bello , di,~ ino , Esclamerà : gongolando di gioia Balzerà dalla seggiola ' · ed il ciglio Umido avrà di pianto. Del tuo fianco ,

1~ SERMONE Dopo i dolci iterati abbracciamenti Si partirà , correndo a' suoi consorti E dirà lor: Testè fui dal poeta, Che a tracannar mi die' tale un sci.loppo Che il gozzo mi ribocca. Che demonio Lui sospinse a dispetto di natura A scriver versi, e a straz'iar gli orecchi ? lVIa il saggio amico ti dirà : Correggi Questo verso negletto : in altro loco Colloca questa vo.ce : togli via Questo enfatico detto , e questo motto O ricercato o freddo : qui rischiara Il tuo concetto: manca nerbo e forza A cotal luogo: qui taglia , ed aggiungi Colà. Così consiglia il vero amico, Ma spesso indarno , chè irritahil razza Sono il più de' poeti~ Tu dirai ~ A Clito , che ti chiese di consiglio : Questo tuo verso è duro === lo così il feci Ad arte === Qui prosaico è il tuo dettato =: Semplice vorrai dir, chè qui di pompa Uopo non era =:: Non ti par che il ritmo Qui non si accordi a 'tuoi concetti? =: li o letto - Più volte a molti il mio poema e parve Maraviglioso a tutti === In cotal modo L' uom , che chiedea consiglio , ti ribecca Ogni parola, e vanta mansueta Docil natura, e sol del yero amica.

PRIMO 13 Il suo vantarsi è immoderata ' 'oglia Di andar qua e là cantando e ricantando Odi e soneLti. In sè stesso beato Ei si gonfia e rigonfia, perchè vede La plebe intorno fargli plauso e festa. Povera intanto va la Poesia Confusa tra la ciurma gracidante Di quei che vendon parolette al volgo : Poichè al morbido secolo civile Di civiltà non più veduta al mondo » Infinita è la schiera degli sciocchi,

NOTE AL SERMONE PHIMO. ( ~) Il Marchese di Montrone, sotto il nom e di Leuconone , lodava la Contessa Anna Pepoli Sanl· .. pieri , donna , per rato ingegno e per ispecchiate virtù, pregia tissima . (2) Così cantò uno dei più lodati poeli moderni della Francia . -~ ---····---- \

SERMONE Ile~ - ct>Jfa. ~ou;,a, Pa:.bbo-r-a.fe, ~eCCa. {Và~.x e . ~ eeea- s rotw~. Esce del casolar la villanella Il dì festivo , acconcia il crine e inonda Come colei , che des1ata e cara . Esser vuole al garzon che l' innamora. Non sinuosi drappi , non corone Aspre di gemme e d' or lei fanno altera ; Ma una semplice vesta , un bianco velo Copron le belle membra , e la vermiglia · Rosa il seno le ingemma. Similmente Candido e terso il pastoral poema Si mostri senza fasto di parole · E di sonanti orgogl1osi versi. Umile e casto con soaye accento Proceda, e immagin sia dell ' innocenza. Il p3storal concento a sdegno muove ·Se .al tenue suon delle zampogne accoppia Il clangor d,elle trombe , e il rauco suono Di guerreschi oricalchi : aperto studio , Sottilizzare arguto in ogni labbro M' infastidisce , in quello de' pastori

16 SERMONE ~lovemi a riso~ Mi rido di Silvia , Che in su le scene lezi'osa e fredda Esclama : « S' e i moria per la mia morte , Dee per la vita mia. restare in vita (l). Havvi all'incontro alcun che scrupolos<> Seguace di natura a' suoi pastori Pon sulle labbra un favellar villano Tal che se Clori, o Fillide ragiona , La Ciutazza ricordi. lnfra due scogli Sta la difficil via che tiene il casto Pastor di Siracusa e quel eli 1\fanto : T ' insegnano costor come dei campi Senza viltà si canti e senza fasto ; Come si pianga in pastoral lamento Adone e Daini, e come la silvestre . ' Canna , maggior di sè , senza rigoglio , Dell ' orecchio dei Consoli sia degna • Più dignitosa dell' idilio incede Ma "·non superba la mesta elegia. Sparsa le lunghe chiome in veste negra Or plora appo le tombe : or degli amanti I lunghi lutti esprime e il gioir breve: Or coronata di virginee rose Canta un labbro vermiglio, un aureo crine. Piangi tu stesso in pria , se vuoi eh ' io pianga.. Se vero duol , se amor non senti in petto Di seguir l' elegia t' atianni indarno. Noioso è il rima.tor che d'altrui detti - . --

SECO~DO 17 ~resse il suo · freddo carme, ed arde ed a1ge , E vede in due begli occhi un chiaro fuoco Rimaner dopo lui pien di faville. Queste parole fur soavi e care Nella voce di lui che veramente Ardendo impietosì le valli e i monti ; \Oggi sui · labbri tuoi ghiaccio son fatte , Cantor serviie d' elegia bugiarda. Splendida più che l' elegia s' innalza L' ode , che al par deli' altra gli amorosi Sdegni canta , e le paci, e i vini allegri; Ma più spesso le palme e le corone Colte nella palestra ; degli eroi Le gravi imprese , e dei -scettrati regi Le leggi e l' armi : o con robuste penne Arditamente al ciel volando esalta La gloria degli eterni. Un volto solo L'ode non ha : volubile e bizzarra Par che cammini senza legge: finge 1Vlirar talvolta a un segno, e a un altro intende. Biasmo eterno a colui che a misurati Passi nell'ode sua timidamente Procede , o magro istorico , o sottile Loico, o loquace tumido oratore. Del Filica ja le canzoni io lascio ., E leggo Tullio. L'ardimento ancora In chi manca di nervi emmi a dispetto : Il Savonese , che la ~re ja lira

18 SERMONE Fe' risonar di numeri soavi lnfra ]e tazze, d'emular poi crede Pindaro immenso : le incerate penne Spiega ed imita il volo di colui Che died~ ruinahdo il nome all'acque. Di corde ai Toschi ignote arma la cetra L'audace Guidi, e immenso corso imprende; Ma i suoi cento destrier con penne eterne ( 2) A mezzo del cammin perclon la foga. Fulvio , che bebbe di Blandusia al fonte , Manda nubi di fu1no e poca luce. Pindaro è regal fiume , che sul dorso Sostien le ricche ·navi , e che correndo Per ampio letto va superbo al mare. Nell' alto '!,empio della fama appeso Sta il costui serto ancora. ltali ingegni Ergete i vanni al glorioso acquisto. Qui Nebulon , che alle straniere mense Nudrì }"> ingegno, bieco mi sogguarda E vuoi che d" ogni fren libero corra rindarico poeta. La bellezza E tal , costui mi grida , che ai giudizi Della fredda ragion non va soggettaChi fia giudice dunque ? - II sentimentoMa di che gente ? - Di c1uanti hanno sensi Non viz!ati - Se dinanzi agli occhi ' Del Toschi o del Giordani (3) una figura Dipinta io pongo ; avrò dunque da loro ,.

- SF.CONDO Quel giudicio che sa dar ·Menicone Bifolco ? - O Nebulon , questa sentenza Scénde dal fonte delle tue dottrine. 19 D' ogni bell' opra di natura e d' arte _ f?iudice è un sentimento , ma di quello E madre la ragion. Senza decoro Senza proporzi'on ·non vi ha bellezza ; E se a conoscer tanto occhio ed orecchio Fosser possenti , come tu li fai , Sarìa delia beltà giudice il bue - Fosse quel che tu di.' : non veggo quindi Necessità de' tuoi· precetti - Dimmi .Lt\llorquando il Palagi ~ il Bartolini D an mano ali' opre , si consiglian seco Di ciò che irnprendon ? Certo sì - le leggi Seguono dunque che han raccolto in mente Per lunga esperienza - Ei le trovaro - E se apprese le avessero da altrui , Del ricco acquisto lor forse dolenti Anclrehher ? Nebulone , al molto fumo Della dottrina esotica perdesti Il lume della mente. Quelle leggi, Che tu chiami pastoie , son gli avvisi Che diè l'esperienza a cento e cento , Che nell' arti sudar, che la natura Cercaro infaticabili ; son luce A chi cieco non brama alzarsi a 'Volo Per fiaccar poi su duri sassi il · colloo

~o SEHMONE Così pensano i saggi : a tuo talento Pensa beato: ai miei precetti io torno. .. .- Tempo già fu che il Genio , a cui fur date L ' arti leggiadre in cura , a noi rivolto Vide che il facil verso del novello Idi:oma fea baldo e ardimentoso Al poetare ogni palustre ingegno , E pensò modo che fì·enata fosse L' innata foga al tesser rime , e leggi Dettò di un breve ma difficil carme. Sia in due parti diviso : abbia la prima Due membra in otto versi : a· quattro a quattro Vi si alternin le rime : in due terzetti Si chiuda il rimanente : ogni licenza Sia ne~ata al poeta : alcun negletto Verso non detti : non parola alcuna O ripetuta od aspra : in ogni parte Guardi proporzi:on: faccia che il tutto F aci]e , chiaro , armon"ioso e grave Splenda di tal beltà che maraviglia Desti, e di sè l' altrui memoria invogli. Pochi sapranno alla difficil prova ..L. \Jzar le forze. Il Genio invan provvide : Chè a mille a mille nacquero i sonetti Per vestir le colonne , e le pareti Mal sofferenti! Va zitella a nozze? ' Si chiude in celi~ ? E chi la toga indossi ? Sana un infermo? Canta Frine? balla

SECONDO 21 Narciso ? 'r ~nce palliò un corridore ? Ecco sonelti, ecco sonetti a jesa. o maladetta rabbia delle vuote Rime ! quando fia mai che ti riceva Fra le favelle orribili P Inferno ! O dotto Navager , ( 4) che inesorabile Alle fiamme dannavi i versi acuti Di Marz'iale , non sdegnar se lodo 0r gli epigrammi. Un pellegrin concetto, Ùn motto acuto il vizio morde e taglia Meglio , ed eccita il riso , e fa sovente Lampeggiar la virtude , e la bellezza. o tu che ad opra tal volgi r ingegno _..\.bbiti eletto stil ; rime -leggiadre ~ciegli, e pensa che un punto in picciol corpo E · larga macchia. Cautamente evita Lo scherzai· sulJe voci , e Laura al lauro Non somigliar. Delle acutezze vaga Fu pazzamente Italia un tempo, e fece Risonarne il teatro , il foro , il tempio ; Di queste oggi si ride , e cieca segue Altre del par risibili follìe , Poichè, lasciati il 1,ebro e r J.t\.rno, attinge All' acque del Tan1igi e della Senna. D'appresso all'epigramma in veste lieta Semplice e monda , e senza fasto , cinti Di freschi fiori , e d' affrodisio mirto Veniano i madrigali , e le ballate

SERMONE Già cari ai padri nostri : oggi si stanno Fra l ' ombra densa del Parnaso ignoti. Molto a doler non è di ciò , ma grave J attura è che la satira si taccia Or che non di saelta, ma di spiedo Uopo sarebbe contro al borioso Secolo ! Ahi c1uanto pesami che fioca Sia, la mia voce a ragionar di lei ! E fama che per monti e per foreste La prima gente muto gregge e turpe Errasse ignuda: che per far sue voglie L'un combattesse l'altro, in pria coll' ugne , Poi con mazze nodose , indi con ferri Che l' arte fabbricò. Venne poi tempo Che .del pensier_o , e degli interni affetti La parola fu segno: allor le zuffe Cessaron: le ciuà surser munite Di fosso e di muraglia , e patti , e leggi Fur poste , .e le rapine , e gli omicidii Frenò timor d' esigi io , di ca tena , E di mannaia: Qual timore ai vizii, Che in ispessezza vincono le gravi Colpe ? Forse dirai : dell" Acheronte Il minacciar, l' anguicrinito, e truce ...t\spetto delle Eumenidi : codesto Giovò; ma ·venne tempo che rnaligno L' uom fra sè disse : alla tarda vecchiezza Altro sarò da quel eh' io son : mi giova

SECONDO Ora così. Qual pena havvi a costui? Il verso che d' infamia e di .vergogna Carco il mandi e deriso appo le genti. Lucilio infra i Latini arma primiero La verità d' .A.rchilQchee saette; Gli umili esalta ed i superbi inchina Coli' aspro verso. Fiacco a quell' asprezza Mescendo il dolce degli urbani m'odi Percuote errori , e vizi....\. lui vien dietro Perseo robusto ~ Giovenal ; c4e il dente D" insanguinar si piace lacerando La fastosa progenie , innanzi a cui Imbianca e trema il volgo. La moderna Italia di satirici poeti Ila glor!oso stuol , ma l'Ariosto Il campo tiene: il Gozzi, almo custode Del bel parlar gentile , appresso l' orme Di Fiacco move , e di un .serto novello Cinge la chioma dell' Italia ingrata ; Dove lascio il Parini, che sull ' _t\dda Alzò il difficil verso che risplende Scevro da rime ? -Nel Parini io veggo , Forse· qui mi dirai, colori e forme Or di lirico , or d' epico poeta , E locato il vorrei fuor della schiera Di qne' , cui duce è il Venosino. Ei segga Solo , e per sempre , poichè seppe ei solo Condurre a lungo l., ironìa; che morse

SERMONE SECOND6--. Il profuntato cavalier ventoso. Alla satira ei diè splendida forma D'alto poema. A temeraria impresa Seguendo lui t'arrischieresti. Il Bondi Seguillo , e gli ardir suoi l' edace tarlo Vendica. Il verso tuo facil , ma terso Corra , e vicino al favellar comune , Or serio , ·ora giocoso , or piano , e molle , E negli sdegni amaro , acre , o superbo. N~ di muover .ti basti al riso , o all' ira L' uditor co' tuoi ' rersi : abbi ti a cura La brevità ; chè le molte parole Ingombran le sentenze , aflaticando Gli orecchi indarno : chiedi al V enosino Delle sentenze il nerbo; al Ferrarese Le schiette gra zie facili , la copia Delle voci e de' modi , e ardito vibra Il pungolo severo incontro a quanti V an folleggiando per la via d' errore , E se più eh' altri guarderai la gonfia Turba loquace, che tenendo a bocca L' attortigliata foglia americana Sputa fumi e sentenze, ampio subbielto Avrai , poeta. La vittoria certa Tienti , chè più risihile materia Di questa , che t' addito , il sol non vide , E non vedrà finchè d'intorno a lui Si roteranno i sudditi pianeti.

25 NOTE AL SERMONE SECONDO. ( 1) L' Aminta è Dramma pastorale che per lo stile elegantissitno vince le altre poesie di Torquato. Non per dispregio di tale opera pongo qui il detto di Silvia, n1a perchè se avessi preso esempio da alcun Dramma vulgare i lettori avrebbero potuto dirmi : perchè ridi di cotesto? Ridi di tutto il Drarnma. (2) Il Guidi nelle sue canzoni dice che a lui pascono in Arcadia cento destrieri atti a correre . . Immenso cammino. (3) Al nome d" un celebre artista congiùngo quello d' un celebre letterato, i cui giudizi intorno le opere di scultura e di pittura noti sono a tutta Italia. (4) Il Navagero ogni anno ardeva gli Epi· grammi di Marziale in odio di sì fatta poesia . ..

SERMONE III. - Corre al rumor. de' sanguinosi fatti , Ed alle piazze affollasi la plebe Bramosa di veder se l' uman volto Ne' perigliosi casi, e in faccia a morte Tingasi d' ar~imento, o di paura , E come l'uomo il mal sostenga, e come D'evitarlo si studi. Ugual clesire Punge ogn' alma bennata, che,. fuggendo L'atroce orrido vero, ama nel finto L ' immagin contemplarne. l :fieri casi Su le tele dipinti o in marmo sculti , O dalla voce espressi allettar quindi Le menti curiose , e la dolente Tragedia apparve sulle scene , e piacque. Scacciate le carrette e i sozzi ' 'olti Di T espi, alla tragedia Eschilo diede Conveniente coperchiato palco , La n1aschera , la toga decorosa , Il nitido coturno , il parlar grave ; Poi Sofock ed Euripide guidaro La nuov' arte Yeloci ali' alto segno ,

TERZO Che sarà di bellezza esempio eterno. · Con minor gloria il sofocleo coturno Roma cinse , ma i tragici latini Il tempo trasse nella sua rapina Salvo Seneca sol , che di sentenze Ribocca , e turge : del valor di lui Spesso ti maravigli e mai non piangi. Cercò la forma tragica alle greche 27 Carte la nuova Italia , e pianse al pianto Di Sofonisha ; ma di gravi affanni Punta non fu, nè d'alta maraviglia. L' arte che ali' arte sola il guardo tiene , Dal primo esempio si dilunga, e lascia Freddo chi vuoi della natura il vivo Mirar nell' opre._ Alfin libera surse Stanca di grecizzar l'itala musa, E Merope drizzò l' irata spada Al cor del figlio ignoto , e il popol pianse . E palpitò ; ma le menti sevet~e Desi:ar più serrato e più rohusto Il favellar de' regi , ed ecco in ..l. \.sti Vittorio , che terribile disserra . Aspro un sentier che dietro a lui si chiudea Coglier per altre vie lauri non tocchi Si ponno. Il Franco , l'Alemanno e l'Anglo Ne colser più d'un ramo, e n' ebber lode; E a voi pur anche a cui diede natura Divino ingegno e fantasia divina ,

.28 SF.RMONE A cui dier sapi'enza i sudor sparsi Nei campi di Accademo , faran plauso Gl' italici rfeatri, se agli avvisi Dell' arte de' trag-edi orecchio attento Darete. A voi li porgo == Oh che presumi ? Se' tu forse poeta? == lo non mi arrogo Divini onori : accolgo in brevi carte Ciò che i Sofi dettàr : la cote imito , La qual non taglia e fà. tagliente il ferro. Un miserando fatto, che sia pieno Di timor, scegli , ma pon mente in pria Che pietade e timor son vano gioco Se non valgono a far più hel1a e cara La virtude , e più sozzi ed ahhorriti I vizi ed i delitti. In scena io vidi L' adultero talvolta e l ' assassino Farsi ammirandi, e mettere ne' petti Di sè amore e pietà. Vide Lamagna (l) Baldi garzoni allo splendor sedotti Oncle vestito sui teatri apparve Il delitto , fi·a i boschi a cercar lode Con le rapine e i sanguinosi assalti. Di virtù invidlahili risplenda Quegli , della cui sorte avversa o lieta l-Io a dolermi o a gioir ; ma poi non sia Forte così che passi:on non soffra. Socrate , che di sè pietà non sente , L ' altrui pietà non muove. Il cor mi preme

TERZO .29 Di Edipo il tt~isto caso. Il re pietoso Stassi dinanzi all' are e al popol gramo Prega salute. A ·te sia pace, o padre, Esclamo , e lieto ahhiti regno ! ed ecco Che veggo , o veder parmi che dal fato A lui grave infortunio si minacci : Per lui m'affanno: di speranza un raggio Splende, e respiro: ma timor novello Sorge tosto , si accresce , e il miser corre Alla ruina sua per quella via ' · Onde sperò salute. lo tremo e piango : Esempio questa favola ti sia , T~agedo accorto ; mille forme e m~ Potrai dare ai subbietti, ma a quest'una Tieni la mente , e fa che i varii casi Guidati dalle varie passioni . Non da ventura mostrino or da lungi Ora d'appresso il fin che spera o teme Lo spettatore incerto e palpitante. Annoderai del tuo lavor le fila -, Non sì però che '" scuro ed intricato Il tessuto si mostri ed affatichi Mente ed orecchio che al diletto intendono ; Nè violento caso indi recida Il nodo , o Nume alcun , se fra' mo-rtali Lui non guida cagione alta e suprema. _... V' .ha chi racchiude tanti casi e · tanti In un giro di sol , che in dieci lune -

30 SERMONE Fur visti appena , e classico poeta V noi esser salutato. Uno , egli grida , Dell' azlon sia il tempo, ed uno il loco : Biasmo a colui che a molti dì produsse Le sventure di Giulia e di Romeo : All'aure ei grida , chè al Tamigi , all ' Istro, Al Po , alla Senna il popolo richiama Giulia sul palco , e batte palma a palma. Non metter piè sull'orme alLrui: ricorda Che Giove toglie la metà dell' alma A.ll' uom eh~ si fa servo : ardisci , e laudi Avrai , purchè la favola non sia Di più· az.ioni ordita. lo non ti mostro (3) Quale del tempo fia quella misura Che varcar non si può; prendi consiglio DaJia discrezlon della tua mente , E lascia che il Romantico si vanti Di sue follie , che mostri in sulla scena All'alzar della tenda imberbe Anchise E all'atto quinto lui canuto e macro Sugli omeri d'Enea. Se alcune leggi L'uso alle genti impon , l'uso le rompe ; Ma quelle ·di natura eterne stanno , E chi le sprezza ottener può talvolta Breve favor dal1a ventosa plebe , lVIa in Lete affonda. Alla natura inchina ])unque l' ingegno , e pensa che ribelle A lei si fa chi gli uomini dipinge

TERZO 31 Con mentito color , chi ad una stampa Tutti li forma, .sì che Oreste , Achille·, Agamennone , Elettra , e ·Bruto , e Cato :, _Han del poeta i sensi e le parole. Sia romano il romano , e non adori La donna sua languendo come suole ~ Lo sdolcinato cicisbeo moderno. Sia servo ·il servo , e non maestro arguto Di severi precetti. E v vi chi pen$a Che ?Ha tragedia stil serrato e· grave Sempre si addica , e in suo folle pensiero Dà alle nutrici il favellar ·superbo. . · ' Delle matrone , e ai giovinetti imberbi De' vecclii il senno , e il parlar grave e rado ; Ma spesso del sermon facile e :piano Melpomene si piace deslòsa Che vero sempre ti rassemhi il finto. Mal abbiasi colui, che alla Tragedià Diede il parlar contorto, oscutro e .goniio · Che oggi i teatri · ahi troppo spesso introna! Mal abbia l' istrion che co·n orrendo Artificio sonar fa la parola ; Che il latrato dei cani , il rugghio , il fremito De' rabidi leoni , e delle strigi Le querimonie imita : al costui core Sien gioia gli ~chiamazzi della stolta ., Plebaglia , al valor suo debito premio. ~ Colpa sol di costor, lo spettatore ·

SERMONE Oggi l' arte che gli occhi alla natnra Tiene fedeli , ha per scipita e fredda. La gloria del co'turno i petti accese D' altra non minor gloria , onde in Atene Con simulati volti uscì la prisca Commedia , che con dente atro e maligno I cittadini morse , e fra le nubi Socrate a gioco della plebe espose. Gridar le leggi: alla licenza il freno }.,u posto , e tacque vergognando il coro., Allor rise la Grecia alle innocenti Favole di Menandro , e come vede Nel chiaro fonte il suo volto colui, Che naso e bocca ha sconci ed occ'hio tort,o , Così gli astuti servi , i folleggianti Giovani , i vecchi avari i vizi loro Videro e ne arrossir. Di Grecia a Roma Venne poi l' arte , e ai secoli più tardi All' Italia novella, che l' esempio Antico seguitando uscir non seppe Dalla segnata via, finchè da' cieli N'on le fu dato il veneto poeta , Che i costumi ritrasse , e diede bando Alle lascivie , onde Jnen bello è l ' oro Dell' età medieèa. Lui fortunato Se dalla povertà fatto loquace Ben cento versi e cento in poco d ' ora , Non eruttava o lotolenti o vani

TERZO ' . 33 Ch' oggi la Gallia non porrebbe in cima Dell' onor de' commedi il suo poeta. Se desii di calzar con laude il socco .Coll' industria de' tragici poeti Annoda la tua favola giocosa Sì che pie n di desio lo spettatore L' incerto fin ne attenda. Le oziose E vuote scene fuggi , e i freddi motti. Sia giocondo il tuo stil , facile , e sempre .... ~ccomodato ali' indoli diverse Di color che favellano. S' innalzi Il sermon se Cremete irato sgrida Il figlio , e torni al dileguar dell' ira Piano e pedestre. Non ti sia gran lode Mostrar la gioventù balda e leggera , Vaga d' amori, di cavalli e d' armi; O la vecchiezza querula , che lauda Gli andati tempi , e invidiosa punge Chi nel fervor degli anni agogna e coglie l fiori a lei negati. Di ciascuno Nota i detti e i costumi, usa soyente I ridotti loquaci , ove a diporto Convengono le genti , e troverai Mille sventati capi , onde materia ...4. vrai di risa. Troverai più d' uno , Che dalla sorte balestrato in cielo , Un Dio si tien, ma invano i calli asconde Che alla mano lasciò martello o streggia. 3

SERMONE Vedrai più d' un col mele in sulle labbra Ragionar di virtù , che un quattrinello Non torrebbe di tasca , e ai sonni un' ora Per aiuto di chi sotto le branche D' empia sorte si duol; più d' un che incensa Chi gli è in cospetto, e lo martella assente. Troverai molti , alla gazzetta istrutti , Che sputan tondo , e dan leggi novelle ... \Il' arti e alle scienze ; altri vedrai Dar menda a scrittor sommi, e, inabissanJo Virgilio e Fiacco , il cimice Pantilio Locare in ciel : vedrai nelle taverne , Per mirabil decreto di natura, Diluviar filosofi e poeti. N6tali tutti , e li dipingi in scena --- Al vivo sì che n' abbia onta e vergogna Chi nel miraglio tuo sè raffigura.. Per gradire alla plebe i motti osceni E i lazzi dei buffoni e delle F,rini Non imitar , ma la sentenza audace D' Arbustola ( ~) ricorda: ,, Io tutti sprezzo Purchè il romano cavalier m' applauda. ·,, V ' ha chi pensa che al comico poeta Non si convenga il bel parlar gentile Degli aurei tempi. -- Fuor d ' ogni costume Parlerebbero i servi, e le fantesche Coi modi di Certaldo. -· Oh , vii pretesto Di chi ignorante del natio linguaggio

TERZO Brama calzar senza sudori il socco ! Sappia costui che l' arte nostra imita Il ver, noi copia. Forse che l' un1ìle Siciliana zampogna, o la latina Suonò col rude favellar villano? Sono forse plebei Terenzio e Plauto? Col marmo imita lo scultor ; col puro Parlar che splende neJle dotte carte Imitino i poeti, ed alla gente 35 Insegnino il sermon , che , non posando In nessuna città , coi~re il paese ))Che appennin parte, e il mar circonda e P alpe. ---]IID(j~~--o.·

36 NOTE AL SERMONE TERZO. ( 1) Quest' effetto produsse una Tr~gedia dello Schiller. {2) Orazio, Satire. (3) Molti sono oggi, i quali pensano che il tempo delle azioni nelle Tragedie e nelle Commedie possa essere di piu giorni senza che le favole perdano di verisimiglìanza e di bellezza. Altri alLJ> incontro hanno questa sentenza per temeraria, con1e queJla che si oppone all'uso di molti secoli e ad un cannoe d' Aristotile. Dall'una e (lall'altra parte stanno uomini di grande autorità, ondechè, rimanendo indecisa la controversia, sarà dato biasinlo a me perchè mi sono opposto aUa regola che restringe 1· azione alle ve n ti quattro ore o a poco più; per lo che veggo essern1i necessario l'accennare in questa nota le ragioni sulle quali 1a mia opinione è fondata. Comincierò dal compilare le t:ose, che nell'esposizione della Poetica d' Aristotile dice il Metastasio, e con queste mi farò la strada a stahili re che se non si può prescrivere un determinato limite al ten1po delle azioni teatrali, si puo almeno dare una regola che a~cenni un terrrline, comechè indeterminato, oltrepassando il quale, la fa\'ola diventerebbe viziosa e deforme. - La Tragedia si sforza, quant' è possibile, di restringere il tempo della sua azione in un giro di sole o variarlo di poco. - Così Aristotile. Il Metastasio osserva che Aristotile non ha n1ai parlato così chiaro come in questo luogo. E pure

97 . . u on1ini dottissimi, egli dice , l'hanno contrad· detto . Vi ha chi pensa che per un giro di\ sole s'intenda quel tetnpo che il sole è visibile. ' Lo Scaligero determina il giro del sole a sei ore, o ad otto al più; e il Castelvetro, più rigido di tutti, non vuole che il tempo dell' azion teatrale supposto dal poeta ecceda d'un istante quello della t·appresentazione. A queste rigorose sentenze sono guidati costoro dal timore che hanno di Lngliere J' iJlusione. ·vanissimo timore egli è questo, perocchè nasce da un falso supposto. Il poeta nòn intende ad illudere, cioè a fare che il finto siconfonda col vero, ma ad imitare, cioè a compor favolt! simili al vero. Se il verisimile .avesse tutte · le qualità e le circostanze del vero , cambierebbe· natura e diverrebbe il vero medesimo, e lo spet· latore non avrebbe il diletto della imitazione,. anzi spesso avrebbe il dolore che apportano i tristi casi veduti nel vero. Chi imita finge co5tumi, affetti e casi vari i , e con queste cose finge aneh e' il ternpo in che i detti casi si succedono. Se fosse· costretto a fingere un tempo eguale a quello, che· realmente passa pe~ lo spettatore, non potrebbe ordire nè Commedia, nè Tragedia, perchè non è verisimile che in tre ore accadano quelle co'se che sooo qecessaric ad annodare o a sciogliere una favol3. E dunque di necessi[à ch'egli finga il tempo dell'azione molto maggiore del tempo reale, e l'esperienza mostra che 1' arte è V3levole a produrre maravigliosamente una sì fatta finzione. Come il dipintore in una tela di pochi palmi, colorando montagne o altro, apre all'occhio del riguardante uno spazio grandissimo, così lo scenico poeta nel breve tempo che lo spettatore sta in teatro gli figura il lungo durare di un'azione, e questa fin .. zione è volentieri ricevuta da tutti.

38 Fin qui è dimostrato evidentemente che il tempo :finto deve essere di necessità maggiore del tempo reale. Ma di quanto? Si potrà estendere, dicono gli odierni s~guaci di .Aristotile, a ventiquattr~ ore o poco p1ù. Ma ch1 fece questa ltgge? Aristotile, ripigliano. AristotiJe non istabi lì una legge, ma espose un fatto dicendo: La tragedia si sforza quanto è possibi.le di restringere il ten1po delJa sua azione in un solo giro di sole , o variarlo di poco. Dice che la tragedia si sforza e non dice ch'ella sia obbligata a questa legge. Ma, dato pure ch' ei dicesse che ne è obbligata, dovrcn1o noi anteporre J' autorità di quel Filosofo ai consigli della ragione? Io non trovo argomento che mi ()i mostri che il fingere i l tempo dell'azione maggiore delle 24 delle 28 òeJie 30 ore faccia ntoslruosa la favolct , ma ne trovo per concludere che mostruosa Ja può fare i l tempo o troppo ristretto, o allungato al di là di alcuni ljmiti. A fine di c h i ari re questa rn i a op i n i o n e l a d i scorro c o sì : Supponiamo che Sofocle a \' esse "·oluto far creÒ ere che i casi, pei quali Ed ·ipo viene dalla prosperità alla miseria, fossero accaduti in tre ore: Chi non direbbe essere inveri:iin1i le il procedere eli tante cose i n sì corto spazio di ternpo? Supponiamo all'incontro che il poela avesse voluto far credere che que ll e cose medesime fossero avvenute· in più mesi ·: chi non direbbe essere inverisimiJe che in tempo sì Jungo non si fossero operate altre cose oltre a quelle che si veggono nella Tragedia? E perchè fingtre tanto tetnpo per sì poca materia? Da queste due supposizioni ~i ricava che il poeta teatrale di mente discreta si studierà di ragguagliare il tempo finto alla quan-

.. 39 tità degli eventi , trapassando le 24 ore e più ancora; ma conoscerà che fingendo un tempo di più mesi fingerebbe cosa inverisintile, perciocchè nella rappresentazione, che dura tre ore al più, non si possono introdurre tanti casi quanti naturalmente accadrebbero nel lungo tempo supposto. Sono duu- (jUe inverisimi1i tanto le favole che in 24 ore racchiudono casi , che appena accad-rebbero in più giorni , quanto quelle che nello spazio cii più mesi diffondono un numero di casi che potrebbero natur·almente capire nello spazio di pochi giorni. Sia dunque biasimo ai severi Critici, che tengono siccome legge inviolabile il detto d' AristotiJe, e hiasimo similmente ai Ronlantici, che, un lungo spa· zio <li tempo fingendo, ci pongono dinanzi ( non potendo fare altrimenti pel _corto durare della rap· presentazione ) un numero di fatti scarsissimo, rispetto alla lun{Shezza del tempo, in che Ji fingono accaduti. Ma qui forse un qualche Romantico rni dirà: L'azione della favola è composta di molte piG· cole azioni, parte delle quali si pongono sotto gli occhi dello spettatore, e parte (che si suppongono accadute in altro luogo ) o si accennano o si narrano. Post-o ciò è manifesto che quante volt~ in una Trag·~dia, che protragga il tempo finto a più mesi, i f@tti rappresentati paiano pochi, se si porrà mente ai molti altri casi accennati o narrati, la (}Uantità de' casi si vedrà essere proporzionata al tempo, e l' inverisimiglianza sarà tolta. A chi in simile rpodo ragionasse, risponderei: Che Trage· flia sarà mai quest:-~ tua, nella quale la quanti là delle scene invisibili è snlisuratamente maggiore di quella delle vjsibili? nella quale è maggiore l' istoria che la rappresentazione? Che diresti se '

40 un piUore ti ponesse innanzi agli occhi una fa .. vol3, che, avendo per titolo la battaglia d'Arcole , fosse figurata nel rnodo che dirò : vi si vedesse mezza la persona di un Capitano sopra di un ponte con una bandiera in pugno, indi qua e là ai cune groppe di cavalli, alcune teste di soldati, e il rimanente, coperto dal fun1o nel dipinto, fosse narrato per iscrittura appiedi della tavola? Al vedere una sì fatta stravaganza potresti trattenere le risa? Simile a questa dipintura è Ja favola, che fingendo un ternpo assai lungo ci rappresenta pochi fatti, e moltissimi ce ne accenna o racconta. Da queste considerazioni der·iva il seguente con- · siglio: Fingi nella fa\'ola un tempo, nel quale si possa credere che verisimilmente accadesse quella quantità di casi, che si possono rappresentare nelle favole sceniche, le quali dall'uso sono prescritte fra il limite di 3 ore circa. ---

SERM.ONE IV. Se mi hasti l' ingegno pr dirò cose D' a]ta e forte materia. Alma Sofia 41 Tu mi sii musa , acciocchè degnamente Canti del carme , . che le. eroiche imprese Manda all' età lontane. ~ dura prova Dare ai concetti tuoi corpo e colore ; Ma sì caldo desìo tn' infiamma il petto D' abbellire il tuo ver; che audacemente ., Se mi aiuti , per l' acc1ua perigliosa Che rpi resta a solcar spingo la ·prora. (l) ~' opin.ion che indocile superba " E del mondo regina , e non si piega Al voler dei monarchi , ubbid1ente ' E spesso allo scrittor . che i senni umani Regge e governa. Questo vero in mente Abbi, e pria d' impugnar l' epica tromba Fa di sp·iar quai sian de' tempi tuoi L' opre o laudate o rie; e qual fortuna Prospera o avversa si prepari ai regni ~ E sciegli indi materia , onde derivi 3~

42 SERMONE La forza che le genti aiuti e guidi A più civil costume. Il cieco antico ( 2) Notò dei regi le discordie , e voce Mosse possente a risvegliar ne' petti Desio di pace. Il gran Pastor di Manto Vide d' Enea la tralignata stirpe Bramosa invan di libertà ( che ha vita Sol dove alligna la virtude ) e volse Gli animi ai riti sacri, alle circensi Pompe, all' arti di pace , onde abhorrita Fosse l' ira crude l che di fraterno Sangue i campi bruttò d' Emazia e d' Emo. Segui il felice esempio , e dall ' istoria Prendi ]' evento ai tuoi disegni acconcio: Non lo fingere intero , chè ne avresti La taccia di bugiardo. Esser non puote Che un fatto illustre , o grave ai regni o lieto Sia alle genti nascosto, e a te sol noto. L' aspetto abbia del ver tutto che fingi; Chè dal falso non sorgono gli affanni , Non sorgono i timori e ]e speranze , Le allegrezze , e i desir d' opre onorate. Il fingere ti è forza , chè la gente Non si diletta al nudo ver , ma corre Là dove è maraviglia. Opra divina Sarà la tua se alF uom porrai dinanzi Evento che le forze di natura Ecceda , e nullamen vero ne paia :

/ QUARTO 43 E vero ci parrà se ne farai Autrici le invisibili potenze, Che arbitre d'ogni cosa il mondo crede. Fende coll'asta il re dei venti il monte , E fuor dall'antro sbucano fremendo E Noto , ed Euro , ed Affrico possente Di nembi e di procelle ; il mar che rugge lnn~lza al cielo i flutti , abbatte è sperde L' iliache navi ; ma dell'imo fondo Alza il capo Nettuno e i venti sgrida: D.ileguansi le nubi, appare il sole, E' dolcemente il Dio pei campi azzurri Sul cocchio velocissimo volando Appiana i flutti. Udì maravigliando Questi racconti Roma , che i suoi Dei Credeva onnipossenti : la noYella Italia pur maravigliò veggendo Sorger boschi incantati , aurei palagi ; Pugnar mostri e giganti , andar per l ' aria Destrieri alati , e parlar mirti , e lauri : Tanta possanza agi' infernali spirti Diedero i padri nostri : i lor nipoti , Vinto per la ragion l' antico errore , Credon nel solo Iddio l' onnipotenza. Guardati dunque di cantar portenti Dalla moderna opin!on lontani. -- L'alto ingegno, che a noi l'ira d'Achille Cantava in aureo verso, alzò sdegnosa (3)

44 SERMONE Voce contra color che ai numi antichi Indissero la guerra , e li cacciaro Dai poetici regni. Immenso campo Di maraviglie variate e nove Aprono a Poesia gli Dei di Varro, Egli dicea: Tu vedi , i prati e i colli , l boschi , gli antri , i laghi , i fiumi , il mare Rallegrati dai numi e dalle ninfe ; Ovunque l' occhio intorno ' rolgi , è vita ; Vien 1' Aurora di rose incoronata Dinanzi al Sol : ritira il fosco velo L'umida notte : al solar carro intorno Danzano l'ore in armonia soave. Dalla marina tremula ed azzurra Sorge Venere bella , il crin premendo Colle candide mani : ai fianchi suoi RiJon le grazie , e i pargoletti amori ; Il Ciel s'allegra , e .si raddoppia il giorno ; Suda il ·Ciclòpe affaticante in Lenno Pei folgori di Giove : entro il profondo Sen della terra spaziasi l' oscura Regione de' morti: ivi ben cento '"Tremende Deità ; ben cento e cento Gorgoni , e Gerloni , e serpentose Eumenidi e Centauri , e ( orrendo a dirsi ) Multiformi chimere. Ove più ricca -Variata materia ai canti eterni? Così sdegnoso a noi dicea colui

4'5 Che dalle greche muse ebbe l" alloro; Ma ne portar le sue parole i venti ; Ch' ·oggi de' p rischi Dei falsi e bugiardi R.idesi il mondo , ·ond' è che minuita La materia al 1nirahile, men belle Si mostran l' arti. La ragion s' afforzà Di tempo in tempo , e ali' afforzar di questa La fantasia vien meno. Cosi volle · Natura, e l' uom non ha contrasto a lei. - Ma non dolerten tu, che per far vago Il regno dei Pittori e de~ Poeti 1 Bramar non dei che nel suo cieco errore· Ricada il mondo , e sacri ~ altari e templi -~ll' adultero · Giove , all' impudica V enere , ali' ebbro · Dio dell' orgie oscene. E che ? dirà talun , mcivi tu ·pure Sull' ·orme de' romantici ? Su quelle Del gran Torquato io :movo. Il suo poema Guardò l ' opin!on de" padri nostri E fu maraviglioso ; ornar le carte · . ' Brami di fole antiche ? a te noi ·vieta La ragion, pur che tu l'uso ne faccia Che si fa delle fole. Allegorìe D'alti pensier sien elle: adornamenti ...-\i lirici concetti , ma non mai Degli .eroici poemi il fondamento. · Usane parcamente , e non ti gra'\ri Che al mancar degli errori minuisca •

46 SERMONE Il campo de' poeti: il guardo tieni Alla natura , e la -vedrai feconda Di mille fior non tocchi , e se tu scegli Il ver, che sparso in lei si trova, un finto Figurerai maraviglioso , e novo , Pur che a quel ver non guardi che si mostra ..1. \.ll' intelletto , e si nasconde al senso. Non dirai che del mar gli azzurri can1pi V olgansi al sole immoto , ma che sorge Dal mare il sole , e che nel mar si tuffa. Quale agli occhi si mostra la natura Tal sia dipinta : poeti , e pittori Una legge governa. Il tuo subbietto Da istoria non remota , e non vicina Assumerai , perocchè la remota Costumi ed usi ne dimostra , e riti Troppo dai nostri discordanti , e quindi Oggi al lettor noiosi ; la recente , Che da materia accomodata agli usi Del tempo in che viviam, poca licenza Di fingere ci lascia. Se la guerra , Onde cotanto piansero le madri Al secol nostro , narrerai diversa Troppo da quella che sta fissa in mente Di chi la vide, e ad altri la ricorda , Dormirà il tuo poema audace e falso , Degli scaffali polveroso ingombro. Ma se istoria torrai remota alquanto ,

QlJARTO 47 D., episodi , e di belle finzioni Splendida potrai farla , e fuggirai Il hiasmo che oscurò Silvio e Lucano Magri storici ignudi , che , abbracciando Troppo vasta materia , dieder bando A quei fregi che avrian fatta la mole Del lor volume smisurata e grave. Il poema sia tal che gl' intelletti Scorgan le parti sue senza fatica , Come l' occhio le scorge in ogni tela Dal èlivin Raffaello istor1ata. Sienvi guidati i casi o finti o veri Come li guida la natura_, ed onta Non facciano a quel ver , che dalla tromba Della fama si spande. Non dirai ~froia vittrice , e vinte Argo e Micene , E in Campidoglio Marco Tullio ucciso; (1) Percl1è, tolta l ' i storia , a ,~ il cadrebbe La fa vola , la qual piglia dal vero L ' aspetto illustre ~ onde alle genti è carao Dal pensier dell'Eterno il mondo. uscia E in un col mondo la bellezza , imag9 Divina, e forma vari.ata ed una. In lei maravigliando il guardo affisse L' arte , e il vero imitò. Nel suo proposto Salda ella resti , e in tutte le favelle Andrà cara e lodata infin che luca La ragione alle menti, agli occhi il sole. '

48 SERMONE Eterna è la bellezza , e indarno a lei Gli usi malnati , e i fuggitivi errori Muovono guerra ; e tu , se immortal fama Brami , non farti servo agli usi rei , E del poema non ordir la tela Di più azioni, chè le belle membra Discordi , non fan bello il corpo intero. Fa che ogni parte all'altre si colleghi Per cotal modo che al mancar dell' una L' opra ne paia quasi monca , e guasta: Chè variar la favola potrai Senza che nasca di più capi un mostro. Pingi schierati eserciti , battaglie Sulla terra e sul mare , e zuffe e giostre E giuochi e feste ; amori , opere audaci O lacrimose , o liete , o atroci , od empie , E pesti e fami, incendi , errori e frodi : Ma in varietà cotanta una la forma E la favola sia. Sopra ogni cosa Pingi colui , del qual canti le imprese , Di gran cor , di gran mente , e non somigli Polinice o Nerone; anco nell ' ira E nell'amor, sia grande. I suoi ministri E quanti a suo favore , o contro lui Usan l'armi, o l'ingegno ahbian diverse Passioni e pensieri: non ti fugga Di mente che il poema è chiaro speglio Ove il mondo risplende. I casi umani ,

l QUARTO 49 Le latèhre dei cor , le passioni I vi cercan le genti desiose ~ Di saper ciò che nuoca , o ciò che giovi Nella vita mortai : diletta quindi Anco il veder Tersite , il rio Sinone , Gabrina scellerata. - Hai dato forma Alla illustre materia ? or le darai Col chiaro eletto stil vita e colore. Grave il verso proceda; non rimbombi , Quasi martello alle sicane incudi; l\fa del subbietto il v ar1ar secondi , Or veloce , ora tardo , or dolce , or aspro. Lo scenico poeta che ti pone Dinanzi agli occhi Andromaca, o Cremete, })i celar sè medesmo ogni arte adopra , Sdegnando gli ornamenti , onde si svela L ' arte, che a studio vuoi parer natura. Quegli poi , che alla cetra il verso accorda Per l'alta maraviglia, o per l'amore Di che tutt'arde, audacemente vola Quasi rapito da furor divino ; Dà corpo a' suoi concetti, li colora , E adorna in modi varii. Il mezzo tieni Infra queste due vie , tu che gli Eroi _E l'armi .a cantar prendi, e andrai securo. Quegli ch'ebbro d'amor canta la donna, Che mortai cosa non gli par , ma diva , Vede la terra , e ·il ciel ride1·le intorno;

50 SERMONE Vede l'erbette, e i fior di color mille Pregar che il vago piè li prema e tocchi ; L'aure accese d'amore, e il Sol bramoso D'esser fatto seren da due begli occhi. Così beltà di donna era dipinta Dal Cantor di V alchiusa : altro colore Il medesmo subbietto ebbe dall'arte Di quel Signor dell' altissimo canto » Che le Niuse allattar più che altri mai Per la gloria di Roma. In mezzo a folta Giovani! schiera la regina incede Bellissima , qual suole appo le rive Dell' Eurota , o nei gioghi aspri di Cinto Le Cacciatrici esercitar Diana. == Così dicea quel grande....t\.rdito movi Dietro cotanto lume , dal qual tolse Lo bello stile che gli ha fatto · onore Il Cantor de' tre regni. l fior soverchi , Le lascivie dei lirici poeti Cauto fuggi, o le beffe avrai che un te1npo S'ebbe colui che in lcz.iosi versi Disse l'ira d'Achille. - lo vidi in carle Effig.iato un vecchio cieco e c al vo , A cui sul petto discorrea la barba In doppia lista. di canuti peli. Degno di tanta reverenza in vista Quanta si dehbe a Giove ; ma le gravi Maestose sue membra ricopria

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