Luigi Cortesi ... [et al.] - Il Psi e la Grande guerra

RIVISTA- STORICA DEL SOCIALISMO Periodico quadrimestrale diretto da Luigi Cortesi Fascicolo 32 (anno X) Redattore Fabio Fabbri Amministrazione La Nuova Italia, piazza Indipendenza 29, Firenze tel. 489.607 Per i fascicoli arretrati rivolgersi all'Amministrazione della rivista Copertina di Albe Steiner Sommario Luigi Cortesi Introduzione. Pag. 1 Renato Monteleone Iniziative e convegni socialisti italo-austriaci per la pace nel decennio prebellico 43 Orietta Lupo I sindacalisti rivoluzionari nel 1914 83 Fabio Fabbri L'azione politica di Giacinto Menotti Serrati nel periodo della neutralità 155 Giuseppe Calciano Appunti e dooumenti sull'attività internazionale di Oddino Morgari 191 Natalia De Stefano Moti popolari in Emilia-Romagna e Toscana (19151917) 217 Piero Melograni Documenti sul « morale delle truppe» dopo Caporetto e considerazioni sulla propaganda socialista BibliotecaGino Bianco

INTRODUZIONE Il PSI dalla '' settimana rossa'' al Congresso nazionale del 1918* Proprio alla vigilia di _quelleelezioni amministrative che -i riformisti consideravano come il tornante necessario e benefico del_« massimalismo », la sua riduzione alla realtà, il movimento popolare della « settimana rossa» (7-14 giugno 1914) venne a sconvolgtre la vita del partito. Benché evidentemente fuoriuscisse dallo schema, tuttavia - alimentando e precisando divergenze e convergenze interne - esso doveva a piu lunga scadenza risultare importante proprio. ai fini del- * Lo scritto seguente è parte del volume Il socialismo italiano tra riforme e rivoluzione. 1892-1921, di prossima pubblicazione presso gli Editori Laterza. L'autore ha utilizzato, oltre alle fonti via via citate e agli atti del congresso di Roma (Partito Socialista Italiano, Resoconto stenografico del XV Congresso Nazionale del Partito Socialista Italiano [Roma 1-2-3-4-5 Settembre 1919]. Roma, Edizione della Direzione del Partito Socialista Italiano, 1919), i volumi e i saggi storici esistenti sull'argomento. In particolare: L. VALIANI, Il Partito Socialista Ita.liano dal 1900 al 1918, in Il movimento operaio e socialista. Bilancio storiografico e problemi storici. Atti del Convegno promosso da Mondo operaio -per il 7(1' del Partito· Socialista Italiano, Firenze, 18-20 gennaio 1963. Milano, Edizioni del Gallo, 1965; G. ARFÉ, Storia del socialismo italiano (1892-1926). (Torino), (Giulio Einaudi editore), (19662 ); E. SANTARELLI, Il socialismo anarchico in Italia. Milano, Feltrinelli Editore, (1959); L. LOTTI, La settimana rossa. Con documenti inediti. Firenze, Felice Le Monnier, 1965; L. VALIANI, Il Partito Socialista Italiano .nel periodo della neutralità. 1914-1915. Milano, Feltrinelli Editore, (1963); R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario. 1883-1920. (Torino), Giulio Einaudi editore, (1965); A. MALATESTA, I socialisti italiani durante la guerra. Milano,. A. Mondadori, (1926); L. AMBROSOLI, Né aderire né sabotare. 1915-1918. Milano, Edizioni Avanti!, 1961; Storia della sinistra comunista. I. (Milano), Edizioni « Il Programma comunista » del Partito Comunista Internazionalista, 1964; P. SPRIANO, Torino operaia nellà grande guerra (1914-1918). (Torino}, Giulio Einaudi editore, 1960; P. MELOGRANI, riformisti italiani e la guerra in alcuni documenti inediti del giugno 1915, in Rivista storica del socialismo, maggio-agosto 1966; G. DE RosA, Giolitti e il fascismo in alcune sue lettere inedite. In appendice: Venti anni di politica nelle carte di Camilla Corradini. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1957; R. DE FELICE, Ordine pubblico e orientamenti delle masse popolari italiane nella prima metà del 1917, in Rivista storica del socialismo, settembre-dicembre 1963; L. CORTESI, Note sulle correnti del PSI nel 1917 di fronte alla rivoluzione russa, in Movimento iperaio e socialista, luglio-dicembre 1968.. I BibliotecaGino Bianco

l'avvicinamento delle due ali del PSI e dell'isolamento del Mussolini. · La speranza dei riformisti che il vecchio rivoluzionarismo dei compagni di partito si stemperasse via via nel comune lavoro +ocal~ ~ organizzativo ebbe quindi il suo primo riscontro su un terreno politicamente molto piu qualificante. , Il PSI era stato estraneo, in verità, sia alle origini che agli sviluppi estremi del moto, iniziato ad Ancona e propagatosi nei giorni seguenti in tutto il paese. Esso si era limitato a proclamare il 9 giugno lo sciopero generale previsto in caso di eccidio (tre furono i manifestanti uccisi ad Ancona; altri tredici caddero in località diverse, mentre un commissario di pubblica sicurezza fu ammazzato a Ravenn~·con un colpo di bottiglia), e del resto già spontaneamente .in atto in molti centri. L'ordine di cessazione dello sciopero alla mezzanotte del giorno 11 era stato poi diramato dalla CGdL, e la Direzione del PSI aveva cercato di farlo revocare: ma alla fine tutti, compreso il Mussolini, dovettero rinunciare ad ogni idea di continuazione organizzata del movimento. A parte il linguaggio del direttore dell'Avanti!, rivelatore come sempre di una ideologia volontaristica, e gl1 sbocchi successivi della sua. ricerca politica, considerando cioè per se stessa la condotta politica del Mussolini in quei giorni, essa appare sostanzialmente corretta, e non trapassante - in ultima analisi - la linea della Direzione qel partito, che consistette nell'associarsi ad una agitazione già in corso senza tuttavia assegnarle una immediata capacità rivoluzionaria, e non trapassante, soprattutto, l'indirizzo generale che lo stesso Mussolini aveva contribuito a dare alla Frazione rivoluzionaria. Rispetto a quell'indirizzo, anzi, l'azione di tutti gli organi centrali del PSI fu caratterizzata da un netto ridimensionamento. Da questo punto di vista il comportamento del leader romagnolo nel giugno 1914 rientra nella parabola discendente delle illusioni che egli aveva coltivato nei primi mesi del 1913. In effetti, alla fine di giugno, riunendosi mentre .infuriava l'offensiva polemica dei riformisti contro il Mussolini (polemica alla quaie si era associato anche il GPS, riunitosi il 20 giugno), la Direzione del PSI gli riconfermò formalmente la fiducia: l'ostilità dei compagni non aveva trovato in errori pratici da lui compiuti tanto conforto da arrivare fino ad una improvvisa convergenza con i turatiani e con i dirigenti della CGdL, e ad una sconfessione. In definitiva erano due i capi d'accusa contro il direttore deIl' Avanti!. In primo luogo la considerazione del movimento di giugno come preparazione a anticipazione di uno scatto rivoluzionario vero e II BibliotecaGino Bianco

proprio sul piano nazionale: « Due elementi essenziali - egli aveva scritto - distinguono il recente sciopero generale da tutti i precedenti: · · l' astens~one e la intensità. Lo sciopero è stato effettuato da un capo .all'altro dell'Italia: nelle grandi città e nelle singole borgate; nei centri industriali e nelle plaghe agricole dove contadini e braccianti si sono stretti nei loro baluardi di classe; vi· hanno partecipato tutte le categorie di operai, servizi pubblici non esclusi. Ma ciò che conferisce • una peculiare significazione al movimento è la sua intensità. Non è stato uno sciopero di difesa, ma d'offesa. [ ... ] Da ieri sera è cominciato un altro periodo di tregua sociale. Breve o lungo non sappiamo. Ne profitteremo per consolidare i nostri organismi politici, per reclutare nuovi operai nelle organizzazioni economiche, per raggiungere altre posizioni nei Comuni e nelle Provincie, per preparare insomma un numero sempre maggiore di condizioni morali e materiali favorevoli al nostro movimento; cosicché quando batterà nuovamente la diana rossa, il proletariato si trovi sveglio, pronto e deciso al piu grande sacrificio e alla piu grande e decisiva battaglia ». (edit. Tregua d'armi, in Avanti!, 12 giugno). In sècondo luogo, come motivo strettamente legato alla concezione sopra esposta, c'era nel Mussolini una visione unitaria di -base della preparazione alla « giornata storica » nella quale poteva trovare posto un Partito socialista, ma che oltrepassava la CGdL, e di quest'ultima anzi faceva un ostacolo allo sviluppo del movimento rivoluzionario. Disposto a rispettare gli strateghi politici del riformismo (neppure egli sfuggi infatti alla regola della massima stima e soggezione ~pirituale nei confronti del Turati), il Mussolini aveva come bestia nera il Rigola, che rappresentava la traduzione della grande utopia turatiana in opaco burocratismo e aveva trasformato la maggiore ·organizzazione operaia in un ufficio di contabilità. L'accusa di « vera fellonia» che il Mussolini aveva rivolto l'l l giugno al Consiglio direttivo della CGdL parlando ai lavoratori milanesi, e il suo riaccostamento all'USI colpirono però tutto lo schieramento riformista, che aveva il suo principale appoggio nell'asse partito-confederazione. La prontezza. con la quale il Mussolini aveva accolto la cessazione dello sciopero gli consenti tuttavia di non rimanere tagliato fuori da un allineamento tattico con i compagni della Direzione, alcuni dei quali si erano comportati_ nella « settimana rossa» in modo non dissimile da quello dei riformisti. (Il Serrati, nella sua qualità di segretario della Camera del Lavoro di Venezia, era stato addirittura il III 8ihli">tecaGino Bianco

primo a far cessare lo sciopero.) Il Mu~solini ritrattò quindi l'accusa di « fellonia », i malintesi nella maggioranza furono chiariti e la pesante polemica dei riformisti si spuntò. Ciò consenti al dirigente romagnolo di contrattaccare piu decisamente, con una intervista al Giornale d'Italia ( 6 luglio; una prima intervista era stata pubblicat~ dal quotidiano romano il 23 giugno) e con un articolo su Utopia (15-31 luglio). · .È anche probabile che a ristabilire l'unità formale della maggioranza e a far riconsiderare la situazione giovassero in modo decisivo i successi elettorali socialisti nelle amministrative di giugno-luglio. Le liste del PSI ottennero infatti, a partire dal 14 giugno la maggioranza a Bologna, Milano, Cremona, Mantova (provincia), Novara, Verona, Busto Arsizio, Piombino, Torre Annunziata e in altri importanti centri (complessivamente piu di trecento comuni, oltre a quattro provincie), costituendo per la prima volta una rete di amministrazioni socialiste su buona parte del tetri torio nazionale. Tuttavia la discussione sulla « settimana rossa » non cessò: su Critica sociale, dove nei numeri del 16-30 giugno e del mese di luglio avevano preso la parola il Treves, Alessandro Levi, Angelo Crespi e Giovanni Zibordi, quest'ultimo scrisse ancora due violenti articoli (nn. del 1°-15 agosto e del 1°-15 settembre), nei quali denunciava la « dittatura» mussoliniana e poneva ancora una volta il problema delle corresponsabilità della Direzione del partito. Privilegiamento delle folle disorganizzate, revisione dei principi engelsiani e dell'evoluzionismo della Seconda Internazionale, predicazione sistematica della_ rivolta: erano queste le imputazioni del settore riformista al Mussolini. Ma era appunto la pressione diretta sulla Direzione la nota che via via · si accentuava. Certe ultime manifestazioni di dissenso tra il Mussolini e il Serrati, la Balabanoff, lo stesso Lazzari, avevano messo in chiaro che alla realizzazione del progetto coltivato dal Turati fin dall'indomani di Modena - cioè la saldatura di un fronte centrista costituito dal riformismo strategico dei turatiani e dalla intransigenza formale dei lazzariani - il solo grosso ostacolo si chiamava proprio Mussolini. Per un paradosso che derivava dalla mancanza di fondamenti teorici dell'azione di partito, dalla lunga crisi del marxismo, l'unica bandiera conseguentemente antiriformista era rimasta - tra i capi piu noti - nelle mani dell'uomo « delle barricate », del « follaiuolo » che dirigeva l'Avanti!, mentre si accep.tuava la parabola involontaria dell'ex Frazione rivoluzionaria. IV . BibliotecaGino Bianco

Ma ormai le polemiche sulla « settimana rossa» si intrecciavano con i primi commenti al grande, imprevisto e sconvolgente fatto nuo- . vo: la guerra europea. Definire la relazione tra l'esperi.enza delle giornate di giugno e la scelta interventistica del Mussolini non è facile. La speranza e la intuizione di ·una bufera distruggitrice erano presenti già nel Mus·solini del 1911: il mussolinismo era nato, in effetti, con la guerra di Libia. Il collegamento tra l'attesa della violenza e l'accettazione del conflitto internazionale ha però delle manifestazioni intermedie. L'analisi dei riformisti parve trionfante dopo la defezione, del Mussolini: ma essa mistificava violenza rivoluzionaria e guerra imperialistica in un modo che non aiuta la conoscenza storica del mussolinismo dei giovani rivoluzionari, in gran parte rimasti nel PSI. Restano però i legami del Mussolini con le correnti idealistiche borghesi, i suoi cenni alla intercambiabilità di rivoluzione politica e rivoluzione sociale (Utopia, 15-31 luglio, art. cit.), e specialmente la percezione, che egli dovette aver sempre piu netta dal giugno 1913 in poi, della essenza antirivoluzionaria di tutto il PSI e delle organizzazioni fiancheggiatrici che lo tenevano sotto rigoroso controllo. Dati questi presupposti, l'esperienza della « settimana rossa » - con le riserve, da - parte di una Direzione sempre piu recuperata all'unità con i riformisti rimasti nel partito, su una linea di condotta che in sostanza non aveva violato l'indirizzo generale della corrente rivoluzionaria, e con il senso d'un isòlamento che segnava la fine delle sue possibilità di leader nel PSI -- dovette essere determinante per il Mussolini. Nel fondo torbido della sua ideologia politica era sempre rimasta una alternativa puramente attivistica: compressa e sacrificata nell'ultimo anno, dopo gli scatti di Roccagarga e del primo sciopero generale milanese, nei limiti impostigli dalle regole disciplinari del partito, essa trovò alfi.nela sua esaltazione nel mito della « guerra rivoluzionaria ». Un'altra considerazione è da fare sull'esperienza del"giugno 1914. Al di là dei contrasti nella dirigenza socialista, sia la « settimana rossa » che i risultati elettorali erano stati i sintomi, diversi ma concomitanit, di una pressione popolare che aveva intensità e caratteri nuovi rispetto a tutti 'i precedenti momenti di acutizzazione della lotta di classe,. soprattutto per i riscontri internazionali e per il suo manifestarsi in un quadro economico-sociale e politico ampiamente sprovincializzato. Lo sviluppo industriale del periodo giolittiano aveva dato insomma alla borghesia capitalistica e alla classe operaia una fisionomia e soprattutto una prospettiva che erano già europee. La insiV BibliotecaGino Bianco

stenza del Turati e dei suoi amici sulla natura « anarcoide » di ogni movimento che non rientrasse nel figurino riformista li escludeva dal poter essere in qualche modo gli interpreti del movimento piu ampio e piu profondo che già nell'anteguerra andava manifestandosi e che rifiutava di riconoscersi nelle istituzioni borghesi. Da questo punto di vista la « settimana rossa » - cosi come· 10 svilupparsi corrispondente della reazione nazionalistica, politica e di piazza - fu il preannunzio di grandi scontri frontali, che sarebbero avvenuti non piu intorno a richieste e concessioni parziali, ma a ridosso del potere statale. In conclusione, la sconfitta del movimento di giugno e la divergenza da esso, comunque palliata, dei dirigenti del PSI proprio alla vigilia della guerra vanno tenuti presenti come fattori fondamentali nel giudizio sul periodo 1_914-15. Proprio del Mussolini fu il primo commento socialista alla guerra. Avvenuta la rottura austro-serba egli proclamò il dovere del governo italiano di non scendere a fianco degli alleati della Triplice e il compito del proletariato di mobilitarsi per imporre « con tutti i mezzi » la « neutralità assoluta »: « È venuto il giorno per il proletariato italiano - concludeva l'editoriale - di tenere fede alla vecchia parola d'ordine: Non un uomo) Né un soldo! A qualunque costo! » (Abbasso la guerra!, in Avanti!, 26 luglio 1914). Lo stesso\giorno il Morgari, il Turati e il Treves presero l'iniziativa di convocare il GPS: la riunione si svolse il 27 pomeriggio a Milano nei locali dell'Avanti!. Anche in quella sede fu richiesta la neutralità assoluta, cui si aggiunsero l'avvertimento ai lavoratori « tenersi pronti per quelle piu energiche misure che il Partito intendesse adottare » e la proposta al Bureau Socialiste International di una sollecita conferenza internazionale. Lo stesso giorno il Mussolini ammoni che se il governo avesse intrapreso la strada dell'intervento « la " tregua d'armi " da noi annunciata dopo la settimana rossa sarà finita e ricominceremo con audacia maggiore la " nostra " guerra» (edit. Monito, ibidem, 27 luglio). A contrasto con la immediata iniziativa dell'Avanti! e dei deputati riformisti, la Direzione del partito, rappresentata a Milano solo dal Mussolini e dal Ratti, si limitò a far sapere il 29 luglio attraverso l'Avanti! che il Segretariato politico seguiva gli avvenimenti « con vivissima preoccupazione », che proprio quel giorno la Balabanoff e il Morgari partecipavano ad una riunione a Bruxelles e che la Direzione stessa si sarebbe riunita in caso di aggravamento della situazione. Fu lanciato intanto un manifesto, nel quale pure era affermata la VI BibliotecaGino Bianco

ç . posizione neutralistica, si ricordava la prova di forza della « settimana - rossa » e si confidava nell'azione internazionale del proletariato {ibidem, 30 luglio); il manifesto era stato sollecitato dal Mussolini, che il 28 luglio si era lagnato col Lazzari e il Vela per l'assenteismo della Direzione. Il 3 agosto finalmente questa si riuni a Milano per ribadire i giudizi e i moniti già espressi (ibidem, 4 agosto). Furono presi· anche contatti con la CGdL, la Federazione Nazionale dei Lavoratori del Mare, la Federterra, il Sindacato dei ferrovieri e, in seguito, con l'USI (il che rompeva un lungo periodo di polemiche con l'USI stessa e con lo SFI): ma una serie di agitazioni spontanee e di riunioni locali aveva preceduto anche questa i;niziativa. Nel comunicato finale colpisce l'attribuzione di ogni responsabilità alle « cupidigie balcaniche» dell'imperialismo austro-ungarico, spalleggiato dal militarismo germanico »; ma il giorno prima il Mussolini era andato piu in là, assicurando che in caso •di spedizione punitiva contro l'Italia da parte di un'Austria vittoriosa « è probabile che molti di quelli che oggi sono occupati di. .. .anti-patriottismo saprebbero compiere il loro dovere » ( « De Profundis », ibidem, 3 agosto). Questi atteggiamenti- ridimensionano· qualitativamente la tradizionale leggenda di un PSI su posizioni coerentemente e originalmente internazionalistiche. Il PS_I - al di là del rigorismo formale di facciata - agi invece sul governo per evitare un possibile intervento a fianco degli Imperi centrali e fin dall'inizio - esplicitamente o implicitamente - lasciò aperta la possibilità di un orientamento filointesista, differenziando in ogni caso subito le due parti ·belligeranti. Parallelamente, voci che provenivano sia dal Mussolini che - come vedremo - da altri, e piu regolarmente dai turatiani, assicuravano atnpiamente circa la disponibilità dei socialisti per una difesa del suolo nazionale contro l'Austria. Su queste posizioni si stabilisce una confluenza attiva tra i riformisti di sinistra, la CGdL e i bissolatiani. La proposta, fatta dal Bissolati al Rigola il 2 agosto, che pon si ostacolasse una preparazione militare a salvaguardia della neutralità contro possibili minacce austriache, diventa parte della linea del PSI. Anche l'altra leggenda, del severo astensionismo del PSI rotto improvvisamente dalle enunciazioni difensiste del Turati e del Treves nell'ottobre 1917 e nel giugno 1918, risulta cosi vanificata. Alla data della seconda riunione del GPS e della Direzione (Roma, 20-21 settembre), disertata ancora una volta da quasi tutti i membri di quest'ultima, _l'orientamento generale del PSI eta- già defi-_ VII BibliotecaGino Bianco

nito; e piu della ufficiale dichiarazione di « opposizione recisa e implacabile alla guerra », prescindente da ogni artificiosa attribuzione della maggior responsabilità ad una delle parti (Avanti!, 22 settembre) era sintomatico l'atteggiamento della stampa di partito. Alla ventata filobelga e, soprattutto, anti-tedesca e anti-austriaca, propagandisti socialisti danno un contributo non indifferente, se si pensa al pubblico cui essi si rivolgevano. L'Avanti! parla il 4 agosto di « orda teutonica scatenata su tutta l'Europa »; il 6 di « sfida germanica contro latini, slavi ed anglosassoni »; la simpatia verso l'Intesa traspare chiaramente. Su Critica sociale i riformisti fanno eco, schierandosi fin dall'inizio per una neutralità non dogmatizzante e imperativa, ma disposta a modificarsi secondo le leggi della« relatività utilitaria »·(Il VICE, La nostra neutralità, n. del 16-31 agosto). La stessa Critica sociale comincia a raccogliere le voci di quanti problematizzano e discutono la parola d'ordine neutralistica.: al coro partecipano vecchi avversari di tendenza, come il Leone e il Longobardi. Il primo invoca una« tregua accorta » della lotta contro il governo, che in caso di difesa· contro l'invasore « impersona le obbiettive necessità dell'etnia italiana » ( Ciò che il socialismopuò dire..., n. del 1°-15 setten1bre); il secondo comincia una parabola che lo porterà all'interventismo schietto. Il Treves e il Turati - il quale ultimo riprende l'attività politica dopo la lunga malattia - si riservano anzi la parte della prudenza, pur continuando ad incoraggiar~ un certo sviluppo del dibattito. Tregua nelle .agitazioni di classe dopo la « settimana rossa »; tregua fra le correnti del PSI; tregua fra socialisti ufficiali e socialisti irregolari; tregua col governo, una volta assodato che l'intervento a fianco degli Imperi centrali non ci sarà: tutto predispone al governo. stesso l'ambiente ideale per ricostituire una unità nazionale a livello di personale politico e gli assicura i .piu ampi margini di preparazione e di decisione: tutto predispone le condizioni perché le prime pattuglie di interventisti repubblicani, radicali, massoni, socialriformisti, si dichiarino aperta.mente e si organizzino. Seguono a costoro alcuni gruppi anarchici e i sindacalisti deambrisiani e corridoniani. In tutto questo movimento di opinione - nel quale è estremamente difficile seguire i singoli processi personali, che si intrecciano, si sovrappongono, si invertono - due erano i fili che legavano l'ampio arco delle posizioni, andando dai socialisti ufficiali ai fautori dell'intervento: l'antigermanesimo e la impressionante insorgenza di ideologia nazionale. La generalità del fenomeno, con la rivelazione di una VIII BibliotecaGino Bianco

profonda unità culturale e psicologica della intelligencija italiana~ della forza della classe.di potere al di là d'ogni interna divisione, della .compattezza dello Stato, si impone a chi voglia capire i fatti del 1914-'15 e liquida molti facili giudizi, rinviando alle radici lontane, e quindi ad un ripensamento piu rigoroso çlei contrasti di classe nel periodo prebellico e del rapporto stesso PSI-classi popolari; suggerisce, infine, una valutazione adeguata dei contraccolpi dello sfacelo dell'Internazionale e particolarmente del pronunciamento nazionale del partito tedesco. Su questo piano il fenomeno cui ci riferiamo si configura come il risultato tipico di una grande sconfitta internazionale del socialismo, con il rifugiarsi dei gruppi dirigenti nell'ambito nazionale e patriottico. Nel suo complesso e considerando che l'Italia non fu travolta subito dalla guerra, il PSI non fa eccezione al quadro; solo dopo la. defezione del Mussolini, e piu particolarmente nel corso del 1917, la intransigenza pur velleitaria e superficiale del Serrati e poi il rafforzamento della tendenza ,intel'.nazionalistica rivoluzionaria rappresentata soprattutto dal Bordiga introdurranno elementi nuovi a livello dell'orientamento generale del partito. Ha pesato, nel determinare la formazione delle leggende cui sopra abbiamo accennato, la sopravvalutazione delle espulsioni del 1912 come espulsioni del riformismo tout court dal partito, come liberazione dall'opportunismo: lo stesso Lenin non sfuggi a questo errore ottico e solo nel dopoguerra avrebbe riconosciuto la presenza e la forza del riformismo nel PSI, quel riformismo turatiano che era stato capace di reggere· e di trasformarsi proprio nelle condizioni piu sfavorevoli. Importanti avvenimenti sopraggiunsero a dimostrare l'oscillazione del PSI fra i due poli, tra loro in quel momento non contraddittori, della neutralità assoluta e del filo-intesismo. Se la freddezza con la qualè i dirigenti del PSI trattarono le missioni Ellenbogen e Sudekum (28 agosto-1° settembre 1914 ), inviate per colloqui e per pressioni sui compagni italiani delle direzioni dei partiti socialisti austriaco e tedesco, testjmonia dell'orientamento avverso agli Imperi centrali, la conferenza socialista italo-svizzera di Lugano, riunitasi il 27 settembre, si chiuse su posizioni di pacifismo difensista. Le posizioni di Lenin erano probabilmente note anche ai delegati italiani (tra i quali il Lazzari, la Balabanoff, il Serrati, il Turati, il Modigliani, il Morgari), ma non vi sono segni che siano state tenute in considerazione; l'assenza del Mussolini, il silenzio del Serrati e la scarsa parteIX BibliotecaGino Bianco

cipazione della Balabanoff al dibattito ne diminuiscono fortemente l'interesse, mentre il Lazzari si fa sostenitore di una sorta di wilsonismo ante litteram. L'analisi della guerra come conflitto imperialistico finisce cosf con una proposta ai governi dei paesi neutrali di rendersi promotori di consultazioni per la pace. L'irrealismo di questa · posizione è evidente, cosf come la mancanza di vie d'uscita dalla crisi dell'Internazionale. Il disorientamento dell'ala del PSI che ·stava a sinistra del Lazzari si riflette anche nell'atteggiamento del Mussolini, esitante una via piu sensibile al « foruncolo sentimentale » filo-francese e alla necessità di scegliere « fra i due mali [ ... ] il minore » e cioè la vittoria dell'Intesa (Avanti!, 10 settembre). Ben presto il direttore dell'Avanti! - che ancora ai primi di settembre aveva dichiarato di dissentire dal realismo intesista del Graziadei (ibidem, 2 settembre; l'articolo del Graziadei era stato pubblicato il giorno precedente in forma di lettera aperta sotto il titoJo 1n tema di « neutralità italiana ») - fu al centro dell'attenzione degli interventisti per le sue ammissioni della inevitabilità d'una guerra antiaustriaca. Dopo una ripresa di neutralismo - da mettersi in relazione anche con i risultati d'un referendum indetto tra i lettori dell'Avanti! - egli s·i decise a rendere noto _il suo pensiero in un articolo che suscitò grande scalpore. Il titolo dello scritto, Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante (ibidem, l 8 ottobre) e una parte delle argomentazioni che vi sono portate, rispecéhiano bene tutto il movimento d'opinione al quale abbiamo accennato. Il Mussolini, insomma, raccoglieva varie suggestioni, interne ed esterne al PSI e di diversa ispirazione ideale - dal Graziadei al Corridoni, dal Battisti al Panunzio, da Salvemini al De Ambris; e non vanno ovviamente trascurate le voci dell'Hervé, del Cipriani, del Kropotkin, e la débacle dell'internazionalismo - compiep.do però il tentativo di metterle alla bas_edi un mutamento di linea del partito (la cui Direzione era convocata quel giorno stesso a Bologna), o meglio di stabilire una linea che il partito, adagiato nell'attesismo e nel nullismo, non aveva. Era possibile, si chiedeva in sostanza il Mùssolini, continuare a conciliare la proclamazione della neutralità assoluta con la distinzione fatta fin dall'inizio tra guerra e guerra, tra alleanza e alleanza? Non sarebbe stato questo un « imbottigliare » il partito, togliergli ogni possibilità di manovra? Le vie d'uscita dall'immobilismo erano due: o quella dell'herveismo « vecchio stile », fino all'abbattimento rivoluX BibliotecaGino Bianco

zionario dello Stato, o quella dell'adesione ai problemi nazionali, riaffacciatisi in modo tanto potente da sopravvivere per certo anche ad una vittoria della rivoluzione. L'indicazione del Mussolini era chiara, e condotta fino all'accettazione, in via di « eventualità » necessaria e benefica, dell'intervento italiano: prospettare diversamente le cose, insistere nel dogma neutralistico voleva dire anteporre le « formule » alla realtà, sacrificare lo « ~pirito » del socialismo alla lettera, ridursi, in ogni caso, ad essere « gli spettatori inerti di questo dramma gran-. dioso » rifiutando il « privilegio » di parteciparvi attivamente. Alla riunionè della Direzione (18-21 ottobre) il Mussolini ·si trovò praticamente isolato: con la sola eccezione del suo voto personale, l'o.d.g. da lui presentato fu respinto, e approvato invece un manifesto· ai lavoratori che ribadiva l'avversione alla guerra al di sopra di ogni « incertezza » o « simpatia » (Avanti!, 21 ottobre). Il Mussolini rassegnò verbalmente le dimissioni dal giornale, dove fu· sostituito da un comitato di tre membri, Lazzari, Bacci e Serrati; il ·giorno appresso, le rese pubbliche sull'Avanti!, di spalla al manifesto Contro la guerrà firmato da tutti gli altri membri della Direzione. A distanza di pochi giorni il Mussolini impostò un· proprio -giornale: ottenuti i primi finanziamenti e appoggi organizzativi dagli ambienti interventisti, e poste le basi per piu cospicui aiuti di provenienza francese, egli poté a brevissima scadenza, il 15 novembre, far uscire il primo numero de Il Popolo d'Italia. Il 24 novembre, dopo una drammatica discussione cui presenziò il Lazzari, 1a Sezione milanese del PSI propose la sua espulsione dal partito, che la Direzione ratificò il 29, con la motivazione di « indegnità politica e morale » che il Lazzari aveva formulato a Milano. L'atto formale contro il Mussolini veniva del resto a sancire un dato di fatto acquisito e che i socialisti milanesi rivendicavano come proprio: secondo una dichiarazione del Repossi al Còngresso di Roma del 1918, i militanti di qase, « avrebbero voluto cacciarlo a pedate, senza discutere », e solo per deferenza al segretario del partito si attese che la proposta di espulsione partisse da lui: « [ ... ].quella -sera costringemmo a piangere Mussolini, e migliaia di _compagnigli sputarono in faccia e gli gridarono: traditore! » In effetti la defezione del Mussolini non soltanto non incise nella base del partito, ma provocò al contrario un'ondata di rivolta e di sdegno che restò nella memoria dei militanti e che squalificò moralmente la figura dell'ex-direttore dell'Avanti! di fronte alla coscienza socialista. Gli episodi piu famosi di filo~interventismo mus·soliniano, XI BibliotecaGino Bianco

come quelli riguardanti i giovani Gramsci e Togliatti, vanno inquadrati _piu in un ambito biografico, nel profilo di una crisi spirituale la cui matrice era idealistica, che non nella storia del PSI e delle masse socialiste. La lunga ricerca del Gramsci ha comunque nello choc degli ultimi mesi del '14 e nel successivo ripensamento uno dei suoi nodi principali, che il giovane sardo non avrebbe sciolto se non con gli anni e che avrebbe a lungo pesato nella sua vita politica. I casi di giovani socialisti che seguirono il « traditore » fuori dal PSI (il piu cla1noroso fu quello di Lido Caiani) non furono in definitiva numerosi, specie se si tengono presenti gli stretti rapporti tra il Mussolini e la FIGS, manifestatisi ancora pochi mesi prima al congresso d'Ancona. I. giovani avevano individuato nel direttore dell'Avanti! l'ùnico leader capace di rotture violente con il moderatismo esterno e interno al partito, e senza dubbi lo scossone fu da loro avvertito. Un articolo di Italo Toscani sull'Avanti! del 29 novembre è molto indicativo. al riguardo. Esaminare l'insuccesso del Mussolini presso i giovani nel suo disegno di attrarli sulle nuove posizioni comporterebbe un'analisi minuta del suo articolo del 18 ottobre. Egli aveva senza dubbi messo il dito sulla piaga nell'accusare di immobilismo e di irrealismo la linea della Direzione e nell'indicare l'impossibilità della neutralità proletaria; ma la liquidazione sommaria dell'internazionalismo rivoluzionario e la riabilitazione del nazionale venivano a collidere con le acquisizioni fondamentali della FIGS e con tutta l'impostazione politica dell'ultimo biennio: non è piu possibile, in effetti', parlare di un socialismo del Mussolini, di un Mussolini rivoluzionario, dopo la svolta dell'ottobre 1914, in termini teoricamente corretti. Si può fare forse, in termini di biografia psicologica a posteriori del personaggio. Ma, su questo piano, furono allora deleterie l'impressione prodotta dall'individualismo del Mussolini, l'ingiustificabile rapidità del suo spostamento e degli inizi della nuova carriera di interventista, la subordinazione delle preoccupazioni teoriche e della morale collettiva del partito all'occasione. Cosf, la strada dei giovani socialisti diverge subito da quella dell'ex leader che era stato il loro uomo-simbolo (Toscani) e prosegue una linea ~i ricerca opposta, cioè appunto quella dell'internazionalismo rivoluzionario. I punti di orientamento nel PSI e nel socialismo internazionale in piena crisi, non erano numerosi né fermi: alcune posizioni della Balabanoff restavano isolate e parziali, e il rigore formale della linea ufficialepoteva sembrare già un limite massimo, quanXII ,, BibliotecaGino Bianco

f· do se ne fossero superate le incertezze. Eppure è proprio in questo periodo che troviamo le· prime manifestazioni di una nuova elaborazione che - allo stesso modo di quella condotta da Lenin e dai bolscevichi russi - proprio di fronte alla guerra o nella guerra pone le premesse teoriche e storiche di un rinnovamento del socialismo. È soprattutto il Bordiga che, partendo da un'analisi del carattere capitalistico e imperialistico della guerra di tutti gli Stati e condannando come « formale e scolastica la tesi che la guerra sia· stata preparata e voluta dal militarismo austro-tedesco », recupera una visione universale di classe del conflitto, che colpisce « l'assurdo concetto della legittimità socialista della guerra di· difesa » (Al nostro posto, in Avanti!, 16 agosto 1914) e giunge a prospettare la trasformazione della guerra in lotta civile aperta: « Il Partito Socialista si trova [ ... ] ad un bivio: o sacrificare sull'altare della patria la propria fisionomia e in gran parte il proprio avvenire, o indebolire, seguitando senza scrupoli la sua azione specifica, la nazione a cui appartiene. Di fronte ·a questa responsabilità, la gravità della quale non dipende affatto dal famoso concetto della difesa e dell'offesa, il socialismo non dovrebbe mai esitare, per non rinnegare tutto se stesso [ ... ] In nessun caso, senza rinnegare tutto se stesso, il socialismo può rassegnarsi alla concordia nazionale [ ... ] [ la quale] non può e non deve essere comune a noi quand'anche le cause _dell'orribile fenomeno della guerra fossero nella volontà dei governi nemici, magari con la illusa complicità dei loro popoli. È ben diverso il sacrificio che compiono gli altri partiti da quello che si richiederebbe al nostro. Gli altri hanno nella concordia e nella pace sociale la finalità delle proprie ipocrite ideologie, che mascherano le inconfessabili tendenze delle minoranze dominanti a conservare il privilegio dell'oppressione. Noi siamo invece il partito dell'aperta discordia civile, della proclamata lotta tra le classi [ ... ] » (Socialismo e'« difesa nazionale », ibidem, 21 dicembre 1914 ). Non si fqrmò tuttavia, nelle condizioni del 1914-'15 una vera e propria corrente bordighiana. La elaborazione stessa personale del giovane rivoluzionario napoletano doveva passare attraverso altre prove, oscillazioni, conferme, nel corso della guerra e ·del primo dopoguerra, prima di trovare una propria tattica di azione politica. Del resto la situazione che si era determinata nel partito dopo la defezione del Mussolini non era favorevole a differenziazioni nette nella sinistra. In un primo tempo tutto il PSI fu mobilitato per tamponare ia falla: e qui fu ·determinante la forza morale di Giacinto Menotti Serrati, XIII BibliotecaGino Bianco

rimasto ben presto solo (dalla fine del novembre) alla direzione del1' Avanti!. La sua lotta per il salvataggio della sinistra e per l'unità del partito contro la deviazione mussoliniana è la improvvisa rivelazione di una capacità polemica perfettamente all'altezza di reggere ai furibondi attacchi del Mussolini, e di una personalità politica tra le maggiori della storia del socialismo italiano. I limiti del suo classismo intransigente e i tormentati pencolamenti tra il centrismo e le suggestioni rivoluzionarie sono una chiave importante per intendere sia le possibilità sia le remore che via via si costituirono alla formazione della nuova corrente rivoluzionaria, cioè gli intricati rapporti tra massimalismo e tendenza comunista. Liquidato all'interno il pericolo mussoliniano, rimaneva vivo quel clima filo-intesista dal quale era uscito lo stesso revirement del Mussolini. I riformisti continuavano infatti nei loro atteggiamenti precedenti, fino a giungere ad un perfezionamento della tesi della « neutralità relativa », che presupponeva l'esistenza di interessi nazionali interclassisti e preparava oggettivamente l'accettazione della guerra (F. TURATI, « Indecisi? », in Critica sociale, 16-31 gennaio 1915). In questa politica di « neutralità relativa » e di unità nazionale essi si trovavano a rimorchio delle iniziative giolittiane e delle loro carenze, e praticamente (e talvolta anche dichiaratamente) contro la linea della Direzione del PSI, peraltro sostanzialmente rinunciataria. La polemica tra il Serrati e il Turati (potentemente affiancato dal Consiglio direttivo della CGdL) si sviluppa in modo confuso tra il dicembre 1914 e il gennaio 1915, senza tuttavia che si giunga ad un chiarimento. Nelle riunioni di gennaio della Direzione socialista e del ·Consiglio confederale spicca sopra ogni altro risultato la non considerazione - d'accordo il Serrati - di uno sciopero generale in caso d'intervento italiano in guerra: nel che era evidente il mutamento di"rotta rispetto al periodo in cui si paventava l'intervento a· fianco degli Imperi centrali. Piu esplicitamente il Turati, parlando alla Sezione socialista di Milano, pone il problema della difesa e dell'unità nazionale in contrapposizione a iniziative di sciopero anti-interventista; la polemica successiva del Serrati (Avanti!, 30 gennaio e 6 febbraio) vuole confu..: samente salvare la neutralità e l'unità del partito, la linea di opposizione legale e la possibilità in caso estremo di una lotta di piazza, ma non si vincola ad alcuna corrente prospettiva di mobilitazione contro l'intervento. E ciò mentre procede a grandi passi la mobilitazione del fronte opposto, che si manifesta negli episodi di violenza contro i XIV BibliotecaGino Bianco

comizi convocati sul piano nazionale dal PSI il 21 febbraio in segno di protesta per il rincaro del pane e per le conseguenze della guerra. Una mobilitazione popolare su questi temi era già in corso dal mese precedente: ma il ritardo e le prudenti restrizioni con cui il PSI si inseri nel movimento spontaneo preclusero ogni sbocco positivo, e incoraggiarono anzi il Salandra ad un primo tentativo di stroncare le manifestazioni pubbliche (26 febbraio). Il 31 marzo, nel centro di Milano, il Serrati è arrestato con oltre duecento compagni mentre si oppone ad una dimostrazione interventista capeggiata da Mussolini. Fatti analoghi e piu gravi, si ripetono nella stessa Milano e a Roma l' 11 aprile. Il 14 aprile nella capitale ·lombarda si svolge uno sciopero generale di protesta per l'uccisione d'un operaio da parte della polizia: la manifestazione di forza è imponente, ma non viene diretta e caratterizzata nel senso della lotta contro la guerra. Il 21 aprile il governo Salandra vieta, in vista del 1 ~ maggio, cortei e comizi. Il provvedimento non stronca le manifestazioni operaie che la Direzione del PSI aveva egualmente incoraggiato, pur riconoscendo, nel manifesto concordato in questa occasione, che « lo sconvolgimento prodotto dalla terribile guerra [ ... ] toglierà alla nostra voce la ripercussione e l'imponenza » che erano nella tradizione inter- .nazÌonale di quella giornata. Le contraddizioni del partito si manifestano ancora piu evidenti nella tenace fiducia del Turati e della maggioranza del GPS in un ricambio di governo che riporti al potere il Giolitti e stabilisca una situazione di neutralità negoziata. Ma la rapida soluzione della crisi di governo con il ·reincarico a Salandra stronca a metà maggio ogni residua speranza: il patto segreto di Londra sarà rigorosamente _rispettato. I giorni che precedono la dichiarazione di guerra vedono intrecciarsi le ulti!J)e.manifestazioni proletarie e popolari e le contraddittorie deliberazioni della Direzione socialista. Il 13 maggio in piena offensiva interventista, .l'Avanti! pubblica una comunicazione del Lazzari, che inèita la sezione del partito affinché « ai comizi si contrappongano i comizi, all_edimostrazioni dimostrazioni » e non si attenda « in una musulmana remissività la risoluzione dell'aggrovigliata situazione»; il 14 maggio il Serrati (Minacce a ciarle e minacce reali, ibitedm) parla di « rivoluzione delle folle operaie e contadine alle quali la patria nulla ha dato fuorché miseria e dolore » e di aut-aut alla classe dominante, ma proietta questa possibilità nel futuro, in · relazione agli errori della monarchia. Il 16 maggio la Direzione del xv BibliotecaGino Bianco·

partito si riunisce a Bologna con i rappresentanti del GPS, della CGdL e delle· maggiori Sezioni per ribadire le posizioni neutralistiche e per dividere le responsabilità dei socialisti da quelle delle classi al potere, ma ancora una volta evita l'appello alle masse per una lotta aperta, e constata anzi la impossibilità di una resistenza: nasce la parola d' ordine lazzariana « né aderire né sabotare », che « media » la tendenza social-patriottica dei rappresentanti del GPS e della CGdL e le pressioni dei membri rivoluzionari della Direzione, dei rappresentanti delle Sezioni locali piu imp'ortanti, della FIGS, che il 9-11 maggio aveva tenuto a Reggio Emilia il proprio congresso nazionale sotto il segno dell'intransigenza rivoluzionaria. In luogo dello sciopero generale viene programmata per il 19 maggio una serie di comizi. Le 1nasse sono disorientate e prive di ogni direzione centralizzata. Tuttavia a Torino la decisione di lotta delle organizzazioni operaie sbocca il 17-18 maggio in un grandioso sciopero, con episodi sanguinosi di lotta di strada. Sulla ferita della sconfitta popolare, della sconfitta di una classe operaia senza direzione politica, si scatenerà la reazione interventista; ma le due giornate della resistenza resteranno per i socialisti rivoluzionari torinesi come il primo atto di una battaglia che riprenderà nel 191 7 e nel dopoguerra e che li spingerà ad un ripensamento dei problemi della classe e del partito. Anche a Milano la situazione, mentre si tiene la riunione bolognese del PSI, è tesa; ma la base socialista e operaia attende invano il segnale della lotta. « Noi pensiamo - disse il milanese Repossi nel suo intervento già citato al Congresso di Roma - che la Direzione del partito, nel periodo pre-guerra, ,abbia errato. [ ... ] Noi pensiamo che in quel periodo la Direzione non si adoperò come avrebbe dovuto. Tutti noi che siamo qui eravamo contrari alla guerra, ma quando a Milano da qualcuno si diceva: sciopero nel caso di mobilitazione, la Direzione .avrebbe dovuto, a nome del Partito [ ... ] imporre a tutti questo sciopero. Questo doveva farsi: fino dai primi giorni opporre alle dimostrazioni degli interventisti le nostre, ai loro bastoni i nostri, alle loro armi le nostre armi! Anche non vincendo dovevamo fare il nostro dovere fino all'ultimo. Sarebbe stata la disperata difesa delle nostre idealità. Invece nulla! Le sezioni furono disarmate, gli uomini nostri piu rappresentativi si opponevano, quando c'erano dei comizi in piazza si ritiravano, quando si faceva alle bastonate e si cacciavano gli inter- · ventisti· dalla piazza si diceva che eravamo teppisti, e quando centinaia e centinaia di nostri compagni venivano arrestati nessuna voce XVI Biblioteca Gino Bianco

si è alzata. Si è creato cosi quell'ambiente favorevole per la guerra, per cui quando si propose lo sciopero dovemmo dire: è impossibile ormai' ogni mòvimento; perché la sconfitta nostra era già avvenuta da .. un pezzo. Errore, secondo noi, della Direzione del Partito, errore che a quel tempo facevamo rilevare alla Direzione stessa a nome delle Sezioni di Milano e Torino. » .L'entrata in guérra sanzionò una grande sconfitta del proletariato italiano e il modo come essa avvenne fu .una dimostrazione del distacco tra la Direzione del PSI, ed in particolare il suo Segretariato politico, e le masse popolari. L'enorme potenziale di opposizione rivoluzionaria all'intervento fu ridotto ad una sorta di resistenza passiva (sporadiche e quasi solo personali furono le manifestazioni di dissenso dei richiàmati; nelle città la censura e le leggi di guerra calarono su un movimento ormai spento; perché si determinasse una nuova dinamica delle, forze popolari avverse al conflitto imperialistico si doveva giungere alla fine del 1916 e, soprattutto, alla primavera-estate 1917) che attribnf ai dirigenti una patina di nobiltà morale ma frantumò e disperse le forze che erano disposte ad un urto diretto con lo Stato. Il discorso non va peraltro ristretto alle giornate di maggio: in tutti i socialisti dell'ala sinistra, anche in quelli che pensano che proprio durante la guerra la lotta di classe doveva essere intensificata « al parossismo » (A.. BoRDIGA, Il « fatto compiuto », in Avanti!, 23 maggio), è maturata dall'agosto 1914 al maggio 1915 il senso dell'inevitabile; prevale l'impressione di aver assolto al proprio dovere politico nella massima misura consentita dalle circostanze, evitando .l'ubriacatura nazionalistica e conservando le forze per il « dopo », per quella piu forte ripresa della lotta sulle rovine materiali e morali del conflitto che era prospettato nell'ultimo drammatico manifesto della Direzione socialista (Avanti!, 23 maggio), chiudendo vittoriosamente il « caso Mussolini » e bloccando le propensioni nazionali dei riformisti. Quest'ultimo è un motivo che si riaffaccia lungo tutta la durata della guerra, e che avrà nel Se!rati il suo alfiere. In verità quelle propensioni .nazionali sono piu che mai vive, e la formula del Lazzari dà loro ampie possibilità di ulteriore esplicazione. Il confronto tra le posizioni di forza della sinistra e della destra del PSI è sotto tutti gli aspetti impari. La ·vecchia Frazione rivoluzionaria degli anni 1910-'12 e la sua continuazione come blocco di direzione politica del partito, cioè il filone antiriformista, eterogeneo ed eclettico dall'origine, è profondamente scisso in varie componenti XVII B . teca Gino Bianco

e gruppi locali (tra i quali ultimi risaltano quello ·napoletano guidato dal Bordiga per la sua elaborazione politica, e quelli di Milano e di Torino per gli stretti rapporti con le masse operaie di fabbrica): ma mantiene una formale ed illusoria unità che solo tra il 1920 e il '21, in ritardo sulla spinta della b~se, sarebbe stata rotta. La sempre robusta presenza della « pianta » riformista del partito, teorizzata come necessaria, lega il Segretariato politico ad una posizione mediana che sarà la matrice del centrismo filoriformista e sopravviverà anche al periodo Lazzari. Ma la linea del Turati e della maggioranza del GPS non è favorita solo dalla sconfitta dell' antinterventismo popolare, e dall'unitarismo ideologico dei compagni-avversari di partito. Essa ha trovato e più ancora troverà negli anni seguenti nuova forza nella riconciliazione piena con il mondo nazionale, nella quale è giunta a compimento una lnuga parabola cominciata negli anni della revisione del marxismo: essa procede ormai ~ella stessa direzione della corrente storica borghese che va ritrovando la propria unità e la coerenza col suo passato nella guerra e ne traveste l'essenza imperialistica con un ritorno alle origini risorgimentali. È da questo punto di vista di riconciliazione con la storia nazionale borghese, nella quale i riformisti vogliono convogliare, come elemento non piu eversivo ma interno e positivo, il movimento operaio, che vanno considerati i due aspetti dell'attività del Turati, del Treves, del Prampolini e di altri leaders riformisti nel 1915-'18: da un lato le concessioni formali al pacifismo popolare, all'avversione delle classi subalterne alla guerra,_dall'altro la· collaborazione dapprima segreta e poi palese con i govèrni nazionali per la vittoria. Già a guerra incipiente si sviluppano i due aspetti dell'attività dei riformisti. Il 20 maggio il Turati, in nome del GPS, si pronunciò alla Camera contro i crediti militari; subito dopo la dichiarazione di guerra egli si recò dal Salandra a proporgli un « piano » di « dignitosa collaborazione » per il successo italiano: i riformisti avrebbero lavorato per la« nuova ~ecessaria orientazione » delle masse socialiste, per , « disasprire » la classe operaia e il PSI, ma chiedevano una certa tolleranza della censura per poter svolgere in libertà il loro compito. L'offerta di « rallier lè masse alla -causa nazionale » e di trasformare il conflitto in guerra popolate fu verbalmente accettata dal Salandra, il quale però lasciò cadere in seguito l'accordo per il timore di valorizzare ai propri danni forze democratiche filo-giolittiane. Ma il « piaXVIII BibliotecaGino Bianco

no » fu perseguito coerentemente tra il 1916 e il 1917 attraverso contatti del Turati con Camillo Corradini, capo del gabinetto di Or- . lando: e i pronunciamenti collaborazionistici dei leaders riformisti, particolarmente clamorosi nell'ultimo anno del conflitto sia sulla stampa che alla Camera, ne furono le manifestazioni palesi. Un motivo che i riformisti agitarono nelle prime settimane di guerra fu quello dell'assoluta inazione degli organi direttivi e dello sfacelo del partito: essi proponevano invece un « blocco » che si formasse attorno a :un « Comitato •di azione socialista » con compiti pratici articolati sul piano locale (C. TREVES, Il blocco del partito, _ in Critica sociale, 1-15 giugno 1915)_. Era, in effetti, un invito alla organizzazione della collaborazione civile, alla quale già aveva fatto preciso -e impegnativo riferimento il Turati nella sua dichiarazione del 20 maggio alla Camera («Nell'opera di Croce Rossa civile, nel senso il piu vasto del vocabolo, sul fronte e in tutto il Paese, gruppi, amministrazioni ed. individui socialisti ·si troveranno, he ho fede, nelle prime linee. Qui veramente la collaborazione di quanti si sentono italiani si eserciterà, anche dal canto nostro, piena e sincera »). Il discorso del Turati fu edito alla stregua di un documento ufficiale del partito; la Direzione, riunitasi il 17-18 giugno, espresse il suo pieno consenso con quanto v'era espresso e invitò i socialisti a formare essi stessi, nei Comuni dove erano maggioranza, Comitati di assistenza, e a partecipare a quelli costituiti da altre forze politche senza •rinunciare però alle « ragioni del Partitò >>. Quest' « opera di solidarietà umana» doveva insomma essere affrontata senza che venisse meno quella disciplina « che consentirà domani al Partito, chiusa la sanguinosa e tragica parentesi, di affrontare con forza e saldezza le nuove situazioni che la guerra avrà creato ». La forza dei riformisti 1 _nelleGiunte e nei Consigli locali fece s-fche l'opera di collaborazione non solo umanitaria e assistenziale promessa al governo si esplicasse in piena autonomia rispetto al controllo degli intransigenti· del partito. La parola d'ordine « né aderire né sabota;e » veniva cos-f ad essere violata nella pratica, o per meglio dire rivelava la sua ins-ensatezza, consistente nell'escludere a pari titolo sia ciò che poteva unicamente farsi in base ad un programma di lotta civile sia ciò che era inevitabile fare una volta posta la prima esclusione. Al Serrati, rigido custode dell'intransigenza neutralista, non rimase in questo primo periodo della guerra che condurre una polemica piu che altro implicita , contro le punte collaborazionistiche e gli allontanamenti dalla linea XIX BibliotecaGino Bianco

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