I volontari nel Tirolo

.. • l • . oun ar1 ne 1 ro o l . ' ROMA l ' E () () A R D o p E R IN 01 EDITORE•TIPOGRAFO . Via del Lavatore, 8~ (sTABILE PR0PRlO) z887.

l VOLONTARf NEL TIROLO • ---.......· .. -- l. IL BATTESIMO DEL FTJOCO ~ Una bella mattina, in fretta e· in furia, ci danno ordine di prepararsi' a partire, che bisognava anùatre a Salò ; e da Salò, per non dimenticare la so·lita ripetizione obbligata, a misurarci con le truppe austrjache. :Le trombe suonavano a raccolta, e le co~pagnie del reggimento scendono a cor·sa al piede dei poggi per riunirsi 1 in un corpo solo. Potevamo essere un quattromila. Il colonnello Nicotera ci aspettava a cavallo col sao splendido uniforme, e circondato dagli aiutanti'. Aveva la smania dei discorsi, e in cotesto giorno pure ce ne vo1le imbastire uno de' suoi soliti. Incominciò dal raccoman1 . dare che le gamelle, i cucchiai, i saccapani e le boraccie fossero legate in maniera che no:n facessero rumore, e che marciassimo in· bell'ordine e nel pi·ù profondo si .. 1 lenlio. Era probabilissimo H caso che gli austriaci aves- ~ sero fatto di notte tempo uno sbarco, e che di lì a un ora, a una me~z'ora f.orse, bisognasse inl"pegna:re i1 flloco. Eeco una bella oceasione per il sesto reggimento di .farsi..

'• 6 BiblitJteca Patriottica un onore immortale, d'incominciar noi con un fatto brillante la campagna che dovevamo combat~ere nel TJroLo. Noi si faceva orecchie di mercante, perché a discorsi ci avevano abbastanza nutrjti; però obbedimmo e si marciò in silenzio. Il viaggio fu per un tratto non. breve senza incidenti notevoli. Ogni tanto, quando· si vedeva un villano per i campi, qualche bello spirito gridava: « Dàgli, è una spia! » e allora un caporale si faceva un debito di chia- · mare a sè il mal capitato, lo interr~ogava, e lo costrjngeva tal volta a segu1tare· per un bel pezzo di strada il reggimento. I paesani che incontravamo credo che quasi tutti ci corbellas3ero, perchè interrogati della ::!istanza fino a Salò, cht diceva cinque, chi dleci, chi yenti miglia, e la verità vera non c'era mai da saperla. Si camminava per una strada larga e sempre piaua, incassata fr-a due catene s~Briatissime di poggi, e si v~­ devano in fac cia a noi illuminate dai pr1mi raggi del mattino (potevano essere le sette ore) montagne altissime che poggiavano al .cielo: erano sempre le montagne del Tirolo. , A un tratto, allo svoltare d'un poggio, ci ferisce l'orecchio il rombo del cannone Si leva un mormorio nelle file, proviamo tutti una commozione singolare, e quelli che dimenticarono di caricare il fucile sono Jesti ~ buttar <ient.ro la cartuccia e mettere il fulminante. - « Che cosa è ? - Dove sono ? - Quant i so uQ ? - » Erano le domande che facevamo; ma ignari di tutto, nessuno era in grado di rispondere. Il colonnello stesso dove\l3r sa· perne quanto noi, perc.hè si mostrava preoccu..pato, e ntandava sulle alture vicine i suoi aiutanti a spacular la campagna. Un milite, che aveva fatto la guer1·a del cinquantanove nell'esercito, credeva di potere as2icurare che il cannone era distante un paio di miglia. « Bagattelle! (rispondeva un altro) sicchè fe~ un' oretta siamo tutti in ba lo. · » - « Non può essece (ag-giungeva un tei'Zo, ed era 1uel Tista, se ve ne ricordate, che l} Bari · fece rispettar la consegna ai garibaldini che volevano ~ettere a soqquad-ro la città) non può essere, e 'questo, Cl scommetterei, è il cannone di Peschiera che tira al bersaglio. » - « Che Peschie~ d'Egitto ! Ne siamo 1Qntani dodici miglia. )) ~ « E io vi dico che ti!~ano al bersaglio. Sono pratico di queste faccende io. ))

l volmtari nel Tirolo 7 Insomma chi ne diceva una e chi un'altra. Camminavamo sempre, e a ogni poggio che lasciavamo dietro a noi, il rumore delle cannonate si facea piu vicino. ! .colpi erano troppo frequenti perchè si potessero credere tiri di bersaglio; ma quali reggimenti, a nostra insaputa, avrebbero attaccato H fuoco? Infilammo a passo di carica una lunga e diritta strada, in fondo alla quale, come all'aprirsi di una scena, si vedevano tremolare le tranquille e azzurreggianti acque del lago di Garda. Appiattate fra le siepi che costeggiano qu~lla via, trovammo un centinaio o poco più di guardie di finanza, distese in te. ·ra e coi fucili spianati. Interrogate, risposero che erano state messe là a guardi~ del lago, e che andassimo adagio e riguardosi, perchè i nemici questa volta c'erano per davvero. Avanti dunqqe, e D1o ce Ja mandi buona. Giunti in fondo alta via, voltammo a sinistra in un magnifioo ripiano, ehe ba da un lato una fuga p i acevolissima di colline, dall'altro lato, a vent.i braccia forse dal posto dove noi eravamo, tutta la estensione delle acque. Avemmo appena il tempo di dare un'occhiata al vastissimo orjzzonte, perchè ben altri oggetti ci ferirono lo sguardo, ed erano pi'ecisamente q' ·attro cannoniere austriache, messe in fila di contro a noi e a breve distanza dalla riva. Sputavapo fuoco disperatam~nte, ed erano sicure del fatto loro, perchè fuori dal tiro delle più volte rammentate c·anne da serviziali. Molti dei nostrl reggimenti s'erano messi in moto quella stes 'la matt1na, e bisogna credere che gli austriaci fossero esattamente informati di ciò che i .Garibaldini facev:ano, pe1·chè le cannonate . che a-vevamo sentite, erano dirette con una precisjone invidiabile sulla cresta dei poggi dove si vedevano baluginare camicie rosse. Ora toccava la nostra volta, e noi ci trovavamo a molto peggiore partito degli altri reggimenti, perchè s'era propriamente venuti in bocca al lupo, e si doveva passare in faccia alle cannoniere. Un comandante che avesse saputo H suo mestiere ci avrebbe ricondotti subito indietro; il Nicotera invece preferì di accettare la sfida, quantunque per mancanza. di cannoni non potessimo rispondere al fuoco . « A vanti! a:vanti! » grid:\va costni, e per un centinaio di passi an- . dammo 1n buon ordine; ma a un tratto vedemmo quelle ;

8 Biblioteca Patriottica --------------------- --- ·ner.., bocche delle cannoniere mandar tutte insieme un lampo di fuoco, una nuvola di fumo; e succeder subito una denotazione infernale, e poi un sibilo dt granate sulle nostre teste che era uno spavento a sentirle. Ci buttammo coraggiosamente per terra, ma i più animosi si rialzarono e proseguirono a corsa la via. Ma ecco di bott o la seconda scarica. Le granate volavano a ~ · pochi metri sopra di noi, e le vedevamo picchiare nelle pareti delle colline. e schiantare alberi, e portar gìù ammassi di terra. Tista era vicino a me, salutava con la mano le granate, e poi gridava ridendo, volto ai compagni: « Non ve lo dicevo io che tirano al b ersaglio~ >> Vi confesso la verità: qu·el sibilo acuto delle granate mi fece un certo effettaccio che si potrebbe anche chiamare paura; ma volevo mostrarmi indifferente, e proseguivo a passo affrettato la via. Molti ebbero il buon senso d'imitarmi, molti altri poi sbraitavano come dannati, buttavano via coperta, saccapane e fucile, per essel'e più liberi a trovar3i un nascondiglio. Non 1b possibile mantenPre l'ordine nelle file; ognuno cercava d'uscire al più presto da quel ginepraio. Debbo dire a onore del vero che il colonnello rimase a cavallo intrepido, e fumando tranquillamente il suo sjgaro mentre le granate volavano: quello che è giuste è giusto. Ma su lui ricade la responsabilità di cotesto a ssalto improvviso, peroechè essendo facile prevedere che gli austriaci, padroni del lago? ci avrebbero molestato, il Nicotera volle di sua te3ta scegliere la strada che cosfjeggia il lago~ invece tli prendere i sentieri sicuris- ~imi 11.ei quali saremmo stati protetti dal1e colline. For· tunatamente nessuno morì: s1 disse per altro che non pochi erano rimasti leggermente feriti, e io lo credo, quantunque cercassero d'abbuiare la cosa. Il colonnello, tuttochè avesse gusto ai discorsi, non ce ne disse mai nulla. A vederlo fumare a quel modo pure rimanendo a cavallo, molti ~Si rincuoravano, ma un garibaldino pJ•onunziò ad alta voce queste parole, che io garantisco testnaU: « Se ha voglia di fat(si ammazzare lui , io non l'ho un accidente. >> Il colonnello capì, ma fece mostra che non dicessero a lui. U s~iti fina] mente di sotto al tiro, ci rannodammo alla meglio, costeggiammo un po' più distanti il lago, che an- . dava a poco a poco a ristringersi in un piccolo golfo;

1 volontari nel Tirolo vedemmo in sulla riva bei filari di case, e gridammo tutti contenti: Ecco Salò! Ma Salò non era pil). l'obbiettivo della nostra marcia: camminammo ancora un paio di miglia su per de' greppi, perdemmo Ja vista del lago e della bella città che parea si bagnasse nelle sue acque, e stanchi, sudati, mort.1fìcati, dopo dieci o undici ore di oammino, entrammo nel paese di Sa~ Felice. Ci messero in un podere, e benchè fosse mezzogiorno sonato e il sole picchiasse a perpendicolo,-ci sdraiammo sulla nuda ter:ra: non se ne poteva proprio più! Ad ognt modo, avevamo sentito come fosse modulata !'.armonia delle gr-anate, avevamo veduto le bocche dei cannoni che tiravano sopra di noi, ci sentivamo battezzati" al fuoco. Lo sdegao che si provava dj non aver potuto rendere agli austriaci pan per focaccia, taceva desiderare più che mai un incontro in campo aperto coi reggimenti nemici. Non passarono molti giorni, e l'incontro venne anche per noi; ma se avete, o lettori,. la pazienza di seguitarrr-.i, per quel giorno .avrò da raccontarvene delle belle. San B,elice è paese piacente: ba qualcosa del patriarcale: v'è un Sindaco ed un uffizio di posta jn combutta fra loro nella medesima casa, talchè i francobolli si andavano a comprare nella stanza dove il Sindaco amministrava le cose del Comune; v'è un caffè con qualche tavolino a quattro gambe, un parrucchiere che tiene bottega a mezzo con una vecchia che tesse, v'è anche un tabaccaio che vende sigari, pane, burro, e carne cotta, e perchè G\Vea due figliuole belle come due occhi di sole, i garibaldini facevano alle spinte per entrar dentro a comprare qualcosa. Bisognava p.ensare spesso a trovarsi da mangiare da noj, ·ma il guaio è che in San Felice non usano le l'et.. tole. Andavamo dunque ·nelle case della povera gente a farsi imprestare H cammino. ci mettevamo jn fila ognuno • con la roba cruda in mano, e si dava fuoco ~.lle legna. Era un ridere. Andava uno con le mani piene di pescialini e con una porzione di lardo, e buttando ogni cosa nella padella faceva arrosolir la frittura: poi entrava un altro col tegamino ·delle uova, poi un terzo con un pezzttto di carne da fare arrostire, il quarto con belle tar · ghe di polenta da friggere sulla gratella. La corifusi~ne doveva esser molta di per sè, e noi la crescevamo sp1n-

. 10 Biblioteca Patriottica gendoci gli uni sugli altri addosso al cammino, taroc-: cando contro i volontari ctle stavano. troppo al fuoco,. 1 quali poi ci rispondevano bestemmiando, c,~e per .Dto santissimo e come è vero la Madonna non s tmmaginavano di dovere imparare alla guerra il mesttere del cuoco. Gl'inqu1lini delle case ci aiutavano alla meglio soffiando nel fuoco con certd canne di ferro, te rminate con tre tubetti bucati che applicavano alla fiamma. Si ~ contentavano .di pochi centesimi, e noi uscivamo di là per s lraiarci ·nei cortili, dove si mangiava quella po' di gra·· zia di Dio La sera stessa del no 3tro arrivo, il colonnello ci empì la testa con un diluvio di chiacchiere. Innanzi tutto se la prese con quelli che erano scappati, .abbandonando le armi innanzi at fuoco delle cannoniere, poi se la prese con gli austriaci dicendo che er•ano vili e che si sfogavano da lontano, che avevano paura dt noi, perchè le camicie rosse erano sempre camicie rosse. (Di questo fummo tntti persuasi). Aggiungeva poi che dopo ttrate le cannonate erano scesi in una barca due ufficiali au · striaci per verificare la stra~e fatta, ma erano rimagti prigionieri del reggimento. Nessuno per·ò li aveva visti, e qualcheduno metteva in dubbio la verità della cosa ; allora il colonnello ripetea che era vero, e noi c'inchinavamo strizzandoci l'occhio Le nostre prodezza (ripigliava l'infaticabile colonnello) le avremmo fatte in Tirolo : Riva, Trento, Inspruck, Salisburgo e Vienna -si- . curo, anche Vienna - si dovevano fare in due s~lti. Allol·a vedremmo che ces'è il sesto reggimento, e come è organizzato, e il buon esempio che avrebbero dato i To· scani, che egli apprezava moltissimo perchè valorosi e intelligenti. ~ot~s~a conclus~one sol~eticava il mio amor proprio e dei m1et compagni; Ill:t bisognava credere che il colou- • n~ll~ fusse di ;memori~ un po: labi,!e, perchè il giorno d.IP,oi, me~t~e 10 era ·di guardia: all ufficio dellB maggiorita,. sentu 11 colonnello che. gridava come uno spaz-,.acam.Ino, parc?è u.n volontario osava lamentarsi del pane cattivo. <.< G 1a VOI siete un toscano (diceva il colonnello e l'ho sentito io con i miei orecchi, ) e non mi meraviali~ che troviate sempre da rammaricarvi. Questi toscani ~~e· dono d'essere i primi di tutti, e io non ce ne vorrei uno solo nel mio reggimento. »

\ ' l volontari nel Tirolo 11 II. SCONFORTI E SPERANZE. Come tutti sanno, la leggenda dice che i garibaldini sono famosi per la l·aionetta. O_bene, il sesto reggimento che era il mio, e che fu quello che si trovò più degli altri nelle péste, non ebbe mai in tutta la campagna, e neppur~ nella guarigio.ne di Bari e d'Acquaviva, quello che si chiama scuola d t baionetta. so·' aru.ente un giorno, in Han Felice, c'insegnarono per un'o'retta scarSoa i primi rudimenti di cotesta scuola impo t·tantissima. Però allora si credeva che l'entusiasmo avrebbe abbondantemente .- supplito alla mancanza d'istruzione. Ma con tntta la nostra buona volontà. mancavano le occasioni in cui potessimo, per allora, dar prove del D;Ostro entusiasmo. Quel sole che ci arrostiva mezzi, quel dover passare Je lunghe giornate sulle zolle cocenti di un podere (chè in paese non c'era posto), la mancanza di occupazioni che riuscissero gradite, c'infiacchivano le membra, ci empivano l'anima d'un 1. malinconia tetra, ci facevano quasi pentire d'e5sere andati fin là. La giovialità rumorosa dei primi giorni se n'era ita; sentivamo gl'inconvenienti dell'aspettare quando si è gente che non può r1manersene inoperosa, ci sde g-nava!,llo più vivamente del solito pe-l· il perfido rancio che ci ventva somministrato. Le naturali bellezze del p~ese non ci parevano phì quelle; le svariate catene dei poggi, oggetto di iilettosa meraviglia nei primi giorni, ci <.:rano venute a noia, non pensavamo p1ù a mettere insiem~ carovane di amici per far de ile gitare1le nei paesi vic1ni. Tacevano a nche le giulive e patriottiche canzoni, e se talvolta, al· l'alitare del vent ·celJ o della sera, intanto cbe il cielo si andava popolando di stelle, i due poeti della 24a compagnia erano solleticati ad improvvisare, le loro ottave non celebravano i miracoli della leggendaria camicia rossa,

12 Biblioteca Patriottica non profetavano le vicine e splendide vittoriè; bensì ricorda vano la t r eccia bionda della dama abbandonata nel pianto, le care consuetudini della vita paesana, lo di che han detto ai ·dolci amici add1o. E oggi giorno ne passava uno, e correvano nel campo voci di pace prossima e di ~lleaoze mostruose per combattere la Pruss ra che vinceva. Ventimila francesi, -si • dava perfino il num~ro - erano arrivati a Brescia per collegarsi con i soldati dell'esercito; sarebbero i ti tutti in Germanj a, ma Napoleone, prima d'ogni altra cosa, voleva si rimandassero a. casa i volontari, perchè non gli è riuscito ma] d1gerirli. Alcuni rlmauevano increduli, altri se la pigliavano rol Bonaparte, alcuni altri poi, zitti e cheti, se L, svignavano Sf·nza domandare il congeJo, il quale era anche, senza troppe difficoltà, accordato a chi lo chiedeva. Ma a un tratt<> una sera, dopo fatto l'appello, il foriere lesse un ordine del giorno, nel quale era 'detto che i volontari s' erano battuti accanitamente, che ne erano anche morti., e che Garibaldi era rimasto leggermeJ;lte ferito. Parve che una scintilla elettrica percorresse le file. 'rutti ci ci affollammo addosso al foriere, tutti volevamo leggere quelle .parole, e scoppiarono in tutto il campo applausi ft·agorosi, quautnnque amaramente ci dolesse della ferita del Generale. Le prime· notiEle erano un po' confuse, ma la mattina dipoi giunsero alcune guide, e raccontarono la battaglia . corobattutasi a Monte Suello e Bagolino. I nostri avevano occupato alcune bnone posizioni coll'intendimento di avan· zare nella notte, e sorprendere all'alba i tirolesi cbe erano a breve distanza. Ma il nemico prevenne la mossa, e profittando della confusione sorta nel campo garibaldino ~er un temporale che era scoppiato, presero essi - l'offensiva. Le guide raccontavano che i volontari ~'erano portati bene, in rspecie tre compagnie del primo reggimento. Alla testa delle colonne, montato sul suo cavallo, stava il generale Gar ibaldi, e la presenza sua pareva a tatti un'arra di vittoria. Ma gli austriaci tirav&oo da lontano con le loro famose carabine, e quando Garibaldi comandò alle colonne di spinprsi innanzi a baionetta, spianata, una palla lo arrivò e lo colpì nella coscia. Cadde in terra ma si rialzò all'istante, ripetè il comando, e (~ prime colonne che già piegavano, riuscirono a l'annodarsi, si avanzarono, e 11 nemico non osò più molestarle: talchè le posizioni rimasero ai nostri.

1 volontari nel ~tirolo 13 Discutemmo a lungo per decidere s'ella era una vittoria e la maggioranza la giudicò per tale. Ad ogni modo mutava impeovvisamente l'aspetto delle cos~, e la speranza di battersi tornava a brillare anche per noi. Ricomjnciarono i canti e le v an t erìe Hnl futuro quelli che si dispo· nevano a tornare a casa ~rano i più jnfocati a gridare cb~ bisognava vendicar Garibaldi, che b;sognava muoversi, entrare finalmente in Tirolo, e far tonnina di tutti i tedeschi. E siccome le spie venivano a dirci cha gli austria~i meditavano uno sbarco, ognuno di noi faceva a gara per essere mandato agli avamposti, per esser chia· ma t o alle pattuglie della notte. Oh le pattuglie ! He non accadde troppe voJte che ci fracassassimo le cervella fra di noi, bisogna dire che s'aveva dalla D(;•Stra una buona stella, pereliè punto pratici dei luoghi, c mandati alJa ~en.-. tura per quel 1aberinto di colline, spe>sso aecadev~ c-hs noi sentissi-mo di lontano il pas-so misurato dei soldati, e allora l'ufficiale coman(lava alto ! faceva mettere a punto i fucili, era lì lì per dare. ordine di far fuoco, qualche vel'ta si tirava davvero, poi ci accorgevamo che a po~hi passi da noi c'era un'altr~ pattuglia d t garibaldini, la quale, ingannatasi a~ medesimo modo, si disponeva anch'essa a scaricare le armi. A onore del vero io debbo dire, che più d'una volta gli ufficiali che comandavano l<1 pattuglie, per difendersi dal freddo della notte, munivano lo stomaco di una corazza di v-ino. · .. ... •-+- ·-' •

14 Biblioteca Patriottica l Il[. f PREPAR,ATIVI. Si diceva 1mminente la partenza nostra per ' il Tirolo, la terra promessa dei Volontari, dacchè i poetici sbarchi nella Dalmazia e nell' !stria se n'erano iti in fumo come tant'altre illusionì. Gli ufficiali non rifinivano dal racco · mandarci che in quei pochissimi giorni 'Che rimanevano, si procurasse di a"er pulite le ar1mi e pronteJa far· fuoco~ dì esercitarsi anche da per noi . al bersaglio. Ma a dire il vero, in que' nostri fucilt nessuno aveva fiducia. e credevamo jn perfettisslma buona fede che le promes~e f~tteci da varii giorni, che sarebbero arrivate ~asse e cas~e di carabine di precisione, ci verrebbero mantenute. Le ca1·abine non le avemmo mai , .e que' nost1•i arnesaèci che chiamavano fucili, non furono, io credo, l'ultima cagione dei meschini successi. Era destinato che tutto congiurasse ai nostri danni: la supina incapacità dei colonnelli, la nessuna pratica militare negli ufficiali (salvo alcune onorevoli eccezioni)) l'armamPnto pessimo, la mancanza d'istruzione nelle compagnie, la proditoria amministraz,one delle società incaricate di provvedere 1 viveri, e sopratutto quella stella per versa. phe dal 24 d1 giugno fino al a conc-lusJone della pace accumu ò sulla. pover<-\ Italia tanta sequela di guai do!oros1. ~ Pochi g-iorni innanzi di partire da San Felice, viene l'ordine a bruciapelo di prepararsi ad una grande rivista che il colon1•ello avrebbe passata dopo un'ora, e guai ai garibal<flni che non potessero mostrare tutti gli oggetti avu '" i, guai se delle cose che nen avevano più," non sapessero ·rendere esatto· conto! A far più agevole la inve· · stigazione, ci fu detto che le compagnie si schierassero sopra due grandi file, distanti l'una dall'altra, e ogni milite i! dossasse il completo armamento, e distendesse in terra tutta la biancheria avuta. .. ;

l volontari ?~el Tirolo 15 Fu per moltissimi un vero colpo di fulmine~ giacchè interpretando in Renso larghissimo la mass .ma. ehe il volontario deve essere armato e fornito alla Jeggera, avevano pen~ato bt·ne di vendere a que' paesaJJj, per p( chi so di, Je mutande e le camicie di munizione. Come fare adunque pee cansare una solenne p31 t a ccia? -Un' 1dea lum-inosa mi traversò per la mente, chiamai atto' no a me gli amici, e la comun ,cai loro .' La mia idea, come tntte le idf e grandi, Pra semplicisHima. Pr-oponevo cioè che la biancheria non venduta. si disti ihuisse tutta a!la prima. tila, perchè man m~no che il colonn~llo pas- ~ava. fos~e buttata dietro a11a seconda filt~, e .figurasse due volte come le comparse del palcoscenicr). La proposta fu accolta ('OD entu~iasmo, si passò par·ola aJJ~ compa- ~n : e, e 1.utte l'accettarono, contentissime di poter vende r·e lncciole per lanterne all'·ineomodo visitatore. Ven ne di li a poco 11 colonnello, e ,.ruardava minutamente a ogni cosa. Approvava col capo se gli pareva che i l mHite fosse provvisto di tutto ; ~e poi trovava che una del1e camicie fosse bucherellata, che ad una ghet.ta mancosse un bottone, che un fu cd e avesse qualche macchia di rng-g1ne, facea Junghi sproloqui sopra i doveri deJ soldato. Intanto ognuno dei visitati, ·non parendo suo fatto, pigliava destramente mutande e c·amicie e le gettava al compaguo che stava dietro. Dovevamo fare g andi sforzi per· non ride1~e. tanto ci divertiva la ingenuità del colonnello. Quando egli fu in faccia a n1e aggrottò tanto di sopracdglia, perchè invece della borraccia di munizione dov~ si conserva l'acqua, io m'era procacciato una bella fias ~ ~hetta di vetro. 1': R voi (disse il colonnello) che cosa a vflte fat,to de! l <t vostra borr·accia? » Quel voi troppo soldatesco m i ft>ce R3ltaJ·e la mosca al naio, e risposi: « Oh bella! l'ho ~ett.:1ta n~i campi, peretJè l'acqua 1entro ci dì ventava catr.i va. O st.i a a vedere che... » Ma il colon· nello m' int .- rrnppe, e dando uu passo addi.etro e incroclando le braccia al petto come Napoleone pr1mo (scusatemi il paragoce), replicò in tuono grave e s.evero: «E che cosa dir·ò 10 al Go-verno, quando mt domanderà conto della vostra bor·r·accia 1 » - « Eh via! (volli rispondere) il Governo avt·à altre cose a cui pensare, e poi l~i gli ba ti a dire quello che vuole. >> A vevo pensato di aggiunge~·e: il Governo non ti domanderà conto dell~ mia borraccia, ma di t~nte minchionerie fatte ! Egli era però sempre il

r l • 16 Bibliateca Patriottica ~Io colonnello, e mi t enni la ri spost a per una migliot .. OCCf.-t SlOn€L ·Fu in quell a notte, s ' io non erro, che m i t occò ìi servizio degJi a,vamposti ad alcuni poggt lont~ni-, dove St a rriva" a passa ndo da certi burroni scoscesi, in vicinanza di cascate d'acqua magnifi che , che t1pumegg tando anda - vano ad infcanger si sopra gli scogli giù bassi. Veduti .. quelli incant,evoli orizzonti nel primo imbruuir della, sera , coni nn cielo tutto r oss o pel Sttteno tramonto , eun qu-ella placida quiete che sue-cede nell r:t · .ca.rnpagna a i r ri.mori del giorno, e con. le squille dell e c'hi ,~ sette 1on1~ane che suonano l'Avemaria, è nn t ale sp F.~ ttacoJo cl' e non s i dims nt ica più. Volgevan1o l'oc :Jh 'o da una p arte, e si vedt:.va elevarsi c n al tissimo po~gio, ìnco r· c- nato di a lberi fitti e m,essi in fi Ja, con, i rami intr ecciati per n1odo, da somigti'are a un gj gantf~ sco òe,.gd, pl'epar&to da'Il a industri osa mano d'un fl iardiniere. 0 1\ nn'a lt1·a p t1r te si ve- .devano grandi praterie di gradanti in dolcissimo pendio a l basso, poi la più alta colli nR dove stavamo noi, e d'pnd~ scorgevamo ccn un nostro cannocchia let t o De· senzano e. Peschiera·, e i colli famo si di Solferino e di San Martino. , . . Passammo la notte senza incidenti. Il m.attino di poi fui chiamato dal mio tenente, il quale disse che faceva. assegnamento sopra di me , stn dio~lo delle matematiche e dell'architettura , per u:na spedizione p~rigliosa sullà r 1va del lago, dove bisognava misurare alcune distanze e .riconoscer e certe posizioni. Aggiunse che lln altro mio compagno era g.ià pronto · per venire con me. Quel tenente era un bravissimo uomo, e al fuoco, come , mi ac_.·orsi pifl tardi, ci sape.va ·stare. Ma · non sapeva stare al fìascQ, e ogni poco che bevesse diventava subito mezzo brHlo. Alcun1 jndiscipllnati della ·compagnia gli av~vano messo nome Be?~~ebe. All' invit.o fattomi, dissi. dentro di me: Dio ce ·la mandi buona! . for·tunatamento andiamo vicini all'acqua. .. Per ingan·11are la vigilanza austrjaca, ci .. spogliammo dell'abito rosso, deponemmo i berre tti, e c' jneam·minammo tutt' e trJ con la camicia bianca · ,fuort deJ pant{lJoni ed in zuùca, come tre bifolehi montanini. Ad ogni buon rlne avevo preso con me una certa pi titola com.prata a Bt~escia. Saltammo rigagnoli, siepi e macchioni, entrammo

I volontari nel Tirolo 17 fin " a rnr:;zza gambJ.. nell'acqua dei torren t.acci non i ntier amente seccati, c'inerpicammo ~orne le cap re, scendemmo g tù col sedere per ter1·a. Per qua.lch0 po' di tempo an·!ò bt.1ne, ma a un cet·to punto io ed il mio ·compagno vedemmo il tenente, che camminava a dieci passi innanzi a noi, dare un traballùne e ruzzolare rlisteso S<'pra una roccia. Accorremmo in Huo a1uto, e sospettammo di qualche mezzo fiasco traditore. « S' è ella fatto male? » dissj ijUbit.o io . . Ma egli r1alzandosi con la faccia soellata in due o tre punti, eon mal piglii) rispose: « Che cosa ve n' importa? tacete e segui temi, p~rdio! » Il dubbio d1 v en1 ò atlora cer·tezza. Giunti alla T·iva, vedemmo le eannoniere nemiche cosi vicine a noi quanto un tiro di NChioppo, e suUe cannonier·e vedevarno benissimo quello che gli austriaci facessero. Indovinando chi fossimo noi, ci avrebbero potuto laneiare addosso una bordata, e servirei come va. Il tenente Berebe ffii ordinò di misu1·ard ('er-te distanze, ma non ho capito mai a ·che scopo. A un tratto si vede giungere un pa.1sano, iì. quale racconta che pochi m.oJncnti prima s'et·a distaccata dalle -cannoniere una barca, 1 " e a vvicinatasi nJ la. riva ne era sceso nn incognito, che paeeva aspettaLo da un altro incognito. Parlarono un poco ins:eme, qusllo deUa barca rimase in terra, l'altro prese H posto del primo, e la barca tornò alle cannon iere. Ci metternmo in trac ~.~ia dell'uomo ehe era àppro- - datf>, ma ogni ricerca tu v:tna. IL mestiere gli austriaci lo sapevano fare meglio di noi, e cr\jdo che in tutta la campagna non riuscimmo mai ad agguantare una ..vera spja del nemico. Tornammo dunque ai nostri avamposti senza un· cost.rntto di nnlla. I compagni erano stati inquieti per la nvstra assenra e quando videro il tenente con la faccia sanguinosa grlidarono: « .Vi siete battut.i coi tedeschi 1 - (( No (risposi ioammiccando con gli occhi): ma il povero tenente è -- dr·ucciolato e s' è faito un po' male,» -«Non è nuUa! non è nulla! >> risposero quei tìgul"i che avevano capita l'antifona E quando 1l tenente si fu ritirato, tutti a gridargli dietro : « Viva Berebe che non beve vino! Arìnàcqualo ! v ~ va la macchina del Buggiani ! Per chi non - lo ~apess e, questa è la parola. {d'oJ·dine con la quale il popoli 110 di Merca.to a Fil·euze saluta un' p9ver'uomo ·che abbia alzato ·'il gomito. 2 - I ?Jolontari .nel Tirolo.

18 Bihlioteca Patriottica lV. IN VIAGGIO. (l nostro sogM,·iorn0 in San Felice fu chiuso ,da un episodio non tr·oppo ptacevole. che voglio raccontare pt--~1'­ chè si ·abbia un'idea d t=- l come veniva intesa lassù la d1soip 'ina. Tutti i ~ : orni raccoglievamo frasche e grandi rami d'alberi per costi uir-e capanne, e gli ufficiali un po' più simpat1ci ar· ~hitettavamo certi st8nzoni di f•·a· sche, ehe ~i potev:ano paragonare alle gabbit, deg-li an tma'e feroci. Uno dei miei compagni, un 'giovanotto sammarinest--, ebbe o1·dine dal capitano di costruirglt un~ capanna, e il milite obbediente si dette a sperperare le p l'ode vicine. Passò v1cino a lui un magg1ore, e in ·tuono brusco lo apostrofò press'a poco in questa maniera: « Percbè straziate a quel modò cote~te frasche 1 » Il sammaJ·ines•~, Sf'nza cessare del suo la v oro, rispos~' J•i · sentito auch'egli: , Che cosa c'entra lei? io faccio così, perché ho avuto ordine di far così. » E con una grande strappata tirò giù un ramo dell'albero p1ù viçino Ma lo irritato maggior·e gli andò incontro. Jo prese per il pett •, grtdantio : « Cf(Sdate subito, brigante che siete! » Nou lo aves ~e mai detto ! Il fiero r .:,pubb!icano di San Marino, che era un giovanottone sui trent sei anni, gro iSO tre volte quanto il maggiore, afferra alla. sua volt-" per la gola il malcapitato, gli fa fare una giravolta, ·e con uno titrattoue lo scaraventa pér terra. Il maggior6 infuriato ten ;a di rialzar·si, e già metteva 'la mano al:a guardia della sciabola; ma 11 so~dato gli è sopra, e digrJgnando i denti ed u·rlando. g1i monta sul petto con le ginocch·a, gli st'odera la sciabola, e la fa volar vja in un fosso. Tuttd questo accadde 1a meno tempo che non ce ne volle, perchè i garibaldini lì pros · simi corres.sero a dtvidere i due combattenti.

• l l volontari Nel Tir·olo 19 ----------~-----~------ Fu chiamato il sammarinese a rapporto, gli ft cero una di queile lavate di capo che levano il pelo, ma il repub · blicano ripeteva ad ogni r1mprovero ch'egli non era un b1·igante. Non osarono punirlò, bensì gli dettero subito in quel giorno ilcongedo,mandandolovia dal campo senza c~micia rosssa, senza berretto e senza mutande. Tornò dunque scamiciato al suo paese, e licenziando~i da noi diceva plaf!aS del colonnello elle lo costringeva ad andarsene, poi mordendosi l'indice della mano soggiun· geva: .( Il mio colonnello sta in Toscana, e in Toscana ci bazz,co tante volte anch'io : potrebbe darsi che c'in· contrassimo, se le palle dei tedeschi lo risparmiano. » Non agginase altr·o, e fu accompagnato fino a Salò. Somiglianti scene accadevano spesso, e contristavano profondamente l'animo a chi s'era imm · gi1..ato che si potes~ e andare a far la guerra all'Austria, senza bisogno d1 farsela anche tra di noi. . Finlilmente si parte; finalmente si dice addio per davvero a quei campi, do·ve l'ozio e la impazienza ci divoravano !"anima; si parte col p1~ogramma bell'e fissato di -violare i confini, e invadere il territorio nemico. « Se _ non sono marmotte (noi dicevamo) ci contr·asteranno il passo, e come è vero la Madonna ci batteremo. Guai ai primi che capitano sotto ! Partimmo la sera, verso le ventitrè, ma il viaggio insino a.i confini era lungo. Non importa! Ogni passo che noi facf'vamo rendea più vive le nostre ~peranze, ogni paese che ei lasciamo dietr<;>, e in cui gli abit~nti venivano in sugli usci e alle finestre per ammirare tutto quel rosso, è una stazione di meno in que!la dolorosa Via Crucis :!el Volontario che non ha scaricato il suo fucile. Avanti dunque, nel nome d'Italia e di Garibaldi. Arrivammo dopo un'ora e mezzo a Salò . ed era già notte. EJla è una cittadella grazio~a, con bei negozi e strade decenti e pulite, le case linde ·e ben costrutte. Il golfo del lago .è heHissimo e oltre ogni dire pi1itoresco ; in cotesta sara le acque tremolavano vagamente illumi- , nate da una bianchissima luna. e nel golfo si vedevano caracollare alcune delle cannoniere · italiane, eh~ procacciai~ ono poi tanto onore a quel brav'uomo del generale Avezzana La popolaziane ci aecolse benissimo. Nei dintorni della città v'era un brulichio di garibal·

20 Biblioteca Patriottica din.i, giacchè appunto in quel giorno vi s 'erano raccolti var i réggimenti. ·Accampavamo nei poderJ, e non potrò mai dimenticare ona scooa singolarjssima che m'occorse di vedere. PI--esso a uno di cotesti poderi v'era un campo destinato per cimitero; ma in que' paesi là non si sep· pellisce come da noi. Io ~corsi infatti dei lnnghi mur~, nei quali era. oo simmet ricamente tagliate, e assoprelJate l'una all 'altra, buche tant o grandi qu'anto bastassero :t contenere un uomo disteso. J\Ii davano l'idea in grande degli gcaffali, che si veggono alle finestre dei di '1tributori delle lettere alla Posta. Or bene, siccome coteste buche erano per la massima par·te vuote e scopèrte, i gariba.ldini industr1osi se n·erano. fatto un letto corhodissimo. Alcuni, quando vi giunsi io, accoccolati là dentro dormivano già, e parevano cadaveri tutti insanguinati; a ltri vJ s'erano appoEaiati alla meglio e fu~avano tranquillan1et1te, canterellando rispetti e canzoni; altri poi, con un candelotto acceso, ci avevano portato un litro di viho, del pane ~ del salame~ e gridavano che erano morti ma che Fappetito li aveva ' risuscitat.i, e intanto raccontavano ·mille cose bizzarre del mondo di là, a cui rispondév0no · bestemmiando i dormien t ~i del piano superiore o del pìano di sotto. Qua~cheduno poi, messosi bocconi è ·rtschiarato da un lumicino, scriveva ur1a lettera, forse alla mamma, fors'anche ai t'innamoròta ; nè avrà dimenticato di dire . che la seiiveva di dentro a una fos~a mortuarja. Se fosse capitato là. un redivivo Meyerbeer, ci avrebbe senza alcun dubbio trov~to l'ispirazione ad una sinfonia, per bt evocazione delle anime dei trapassati. · . Ci rimettemmo Ja stessa notte in cammino.. Noi della 24.ma compagnia ~arciava.mo alla retroguardia con i carri dell 'Intendenza, ma i carrettieri avévano un bel picchiare le povere bestie : non a q endo mangiato in tutto il giorno per i mancati foraggi, non volevano camm.i nare una saetta. Bisognò, giunti ad un paese, me.ttersi a requisii·e cavalli. Ma dalle case a cui andavamo a picchiare coi ca lcl del fucile, ci rispondevano bestemmiando in gergo che cavall: non ne tenevano ; e noi, per slnce~ rarSi, andavamo agli usci dE Ile rimesse e li aprivamo senza bisogno di chiave. Le rimesse erano vuote. Il nostro tenente pensò ehe <X doveva essere un prete, e · che lui ci avrebbe fatto la spia dove erano i eavalli. Piel l

l volontari nel T1~rolo 21 chiammo dunque anehe alla porta della Canonica, e venne fuo1•i un pretonzolo tutto sor'rident.e, tutto còmplimentoso e but irro '3o, che si dava l'aria d'e8sere un amicone dei garibaldini. C'insegnò egli alcune rimesse dove forse cavalli ce ne doveva.no essere ; ma o· ehe egli si ingannasse, o che avesse voluto corbellar~.~i fine fine, ci trovammo un bel niente. Bisognò dunque la~ciar lì i carri, che ci raggiunsero il giorno di poi. A ogni piè sospinto, per quella strada che saliva e saliva sempre, trovavamo garibaldini per le ter.re, che russavano come sotto le tavole di un'osteria. Erano seminati dappertutto : a traverso della vie, fruì ciglioni laterali, nelle fosse, pe.rtino sulle spallette dei ponttcelli che allacciav~no le due rive di torrentacci alti e pericolosi . Li destavamo con l'argomento persuasivo degli stivali, e a furia dì spi.ntoni li mandavamo innanzi, eccetto quelli che non si regg11vano in piedi perchè briachi come monne. V1a via che si avanzava, e che gli albori della mattina ci permettevano di vedere qualcosa all,ntorno, ci accorgevamo che s'era vicini nel Tirolo, da certi monti orridi che incutevano paura, scogJi immensi e nudati di ogni tr·acèia di coltivazione, che ai lati della strada si ergevano a perpendieolo fino a nascondere le loro ·... ette nelle nuvole più basse del cielo. Ora si allargavano attorno di noi, ora si ristringt.:vano fino al punto che parea di cammina.ce in un pozzo profondo ed immàne, ora con deviazioni ardite e inaspettate ci spalancavano iflnanzi agli occhi orizzonti vastissimi. Traversammo fiumi e paesi, e io domandavo il no1ne di tutto ai pochi villani che s'incontravano. Camminammo l'intera giornata. Di quando in qua.ndo vedevamo giungere incontro a noi qualche carro delle ambul*nze, che conducev,ano agli Ospedali più vicini i v(i)lr,niari .del primo e del terzo r l'ggimento, fer1ti nei fatti d'arfue dei giorni preeedenti ; e allora ci affoll.avamo a jnterrogare quei prodì con milìe e mille domande. « Cot·aggìb, giovanotto >> mi disse uno di quei feriti. per nome Borani, che avevo conosciuto qu~che giorno innanzi a Lonato : « coraggjo, ma stavolta 1 tedeschi non hanno più paura dei garibaldini. » « Questo è il bello (risposi io) e se non scapperan~t o, ci divertiremo a infilarne di più. »

' l l 22 Biblioteca Patriottica Io parlavo d'infila .·e, ma non sapevo neppure mettermi in gua,·dia. Che anzi la mia baionetta m'era stata rubata, e me n'avevano appioppata Yna mezza intarlata, che nen entrava neppure nella can a . « Ero sicuro anch'io che avevan paura» J·iprese il vo· lontario - « ma state a sent~re. Nel parapig}\a avevo visto un tedesco un po' dfscosto dagli a.ltrt che faceva lo gnorri. Lo squadrai beri bene, .mi 11arve un marmtttone da Ji'igliarmelo di sotto gamba~ A a baionetta spia.. nata gli corsi d!etro. Mi vide appena che si dette a scap- · ~ pare, e io dietro con tutta la lena. Gli ero vicino un sei o sette passi, già me lo immag-inavo infilato .come un quarto di capretto, quando j l ribaldo si volta improvvisamente, e senza darlJ,li tempo, ;l vi gliaccone, di cor- · rergli sopra, mi scarica quasi a bruciapelo il suo fucil~. Pil) che il dolore della palla, sentii il calore della botta che m'infiammò 11 viso. Stramazzai in terra, mi rialzai cercando il tetiesco, ma non c'era più nessuno. Il sangue mi colava giù a catinelle da una spalla, guardai, e vtdi , la pamicia bucata, e qui .sotto una larga ferita » Ascoltai con vivo jnteresse quel racconto, e avrei voluto raccogliere maggiori informazion1: ma il carro già s'era mosso. Quel valor'oso rui strinse la mano, e volle !asciarmi quest'ultimo ricordo: (( A me non è riuHcito ' vendicare il sangue del Generale che ho visto cadere f~­ rito: ora tocca a vo1, e do v~sse costarvi anche 1a vita:, ~ ven ticatelo. « Oh sì!( ·eplicai tutto commosso ed esaltato) vègliamu meritarci una parola di lode, e se fa bisogno anche una lacrjma di compianto da Garibaldi. » Lo salutai e ci lasciammo. . Ebbi parte alle due battaglie più sanguinose della no· stra ~uerr~, tp-a se non :vendica~ Garibaldi, credo' di essermi meritato la ricompensa che egli ha detto spettar·e· ai suoi VoJontftri: la coscienza di aver fatto il proprio dovere! . ... ~· - .• /

r l volontari nel Tirolo 23 v. ROCCA· D'ANFO. - IL TIROLO. Il nostro viaggio, tuttochè faticoso, riuscì lieto per tutti. I due mesi trascorsi nella inazione non li rjcorda · vamo più, se non per ridere di tutte quelle lotte coi paesani, di quel!e baruffe nelle osterie e nei paesi meridional :, che erano il primo srogo ai nostri umori belligeri. Oramai avevamo bruciato anche noi i nostri vascelli, s'era ari·i v ati ad un punto dove nPanche Garj baldi avrebbe potuto persuaderei a tornarsene addietro tnogi mogi senza fa.r nulla. Trovarsi faccia a faccia con i tedeschi, avere una bella battaglia da ra contar·e, ·fors'anche una VJttoria per la quale saremmo stati celebrati, metteva in noi una smania, un'ansia, una febbre di correre, eh(; ci fac·eva dimenticare la stanchezza delle marcie, le D· tti fr·edde e piovigginose, la m~ serja de~. mangi~re. la scelleratezza del vino che i ladr-i forn 1tor-i ci somministravano e che il governo pagava per buono, la sudi· ~ ~ria di darci quattro soldi di paga al giorno. In quei momenti lì, perfino il colonnello çi diventava un po' meno antipat)co, percbè ce lo dipingevano per un fegataccio cb~ al fuoco 'Ci avrebbe cond0tti bene. · Non eravamo giunti a:r:1cora al · c~onfine; ma tutto ce l'annunziava vicino: e a. Sabbio, paesuculo inc.as ;ato là fra quei monti, com:nciammo a trovare le donne col ~tozzo, un gozzo co~iffatto che parevano altrettanti tacchini. Ve n'erano però delle bellocc~ie, e a una di queste domandai perchè avesserò sotto la gola qnel borzaccbiòlo mencio che pareva ripieno di ceci crudi. Mi rispose che non lo sapeva mica di sicu1 o, ma. che una volta ne domandò al curato, e qubsti gli disse che dipendeva dal- ' acqua, e che il gozzo era. la bellezza delle donne. Io per

24 Biblioteca Patriottica dargli nel genio replicai che il curato a veva ragi~ne e che già ne H' I tal t a, il pa: se di dove si veniva noi, le doJ ne più belle avevano tutte quel cil"indello 1nsac\·ato sott la gola. ' Cotesto complimento mi procurò per pochi soldi una colaziòne ~Ha casalinga, gustosa e sapor1ta, che la ella ragazza dal ciondolo acquoso mi volle imbandire, int nto • che H reggimento si riposava. \ Eravamo già al Chiese, fiume :rapido e profondo 6he scaturisce dai monti del Tirolol e che serpeggiando ra le gole, ora più largo ora piu angusto, a volte diri to per qua :che miglio, tal'altra volta ra sghimbescio a zig-zag come fossero le lucide spire d'un gigantesco s rpente, veniva giù per un lunghissimo t ratt: o di campag a. Più in là di Vestone trovammo il lago d'Idro, gr~zi so baciao d'acqua lungo forBe una dozzina di miglia, a così poco largo (appena appena un chilometro) che molti garibaldini fecero scommessa d1 t'~· aversarlo a nuol)o e . . . Cl riuscirono. Pjantata a brAve distanza dalla riva, come a guardia gelosa di tante beHezzé incantevoF~ che la natura avea profuso jn quel deiiziòso angolo di terra lombar da, vedemmo sorgere la Rocca d'An ro. :Pare un grande castPIlo fabbricato di fresco, con bei finest roni che prospettano il )ag~; un castello di q~alche ricco feudatario ehe se ne stia h a fumare e ad ingr assare lontano dal mondo:· tant o è a llettatr•ice Ja vista,- tanto vivo ci sj sente H desio di riposarsi in una beata e tv ~anquHla contemplazione. La Rocca è situata sur un colle non. tanto alt(> ma ripidissimo, che precipjta giù tino al lago. NeHa stra fa ha due ·porte, e nell'intervallo di mezzo due sentinelle ed un cannone .di grosso calibro puntato v:erso l'acqua. Alla Rocca ci si va per tante straducole strette, d1fese da una bassa muraglia tutta bucherellat~ di for·j, dove si appoggiano in caso. d'assàlro le canne dei fucili. GuaJdando p'i'.J i in su ai bastioni del forte , ~o vedevamo munito di n.ere bocche di cannon·e I più di noi non avevano visto mai un forte ne 1l'aperta campagna, sicchè non ci parve fatica visitarlo ùa tutti i lati, o chiedere le più minute. informazioni ai soldati cho -v'erano dentro d~ . t~ uarn]gion e . Sternmo a~ c·campati sull.'fdro qualche ora, i battaglioni si sparpagliarono iu tutte le parti, spinti dalla~ .curlosjtà d _ cose belle e nuove, molti anche (e io pure fui della

I volontari nel Tirolo 25 compagnia) si bagnarono nel lago, cantammo, ci bisticeiammo, facemmo il d.ia volo a quattro. Quel sorriso delle acque, della terra e del cielo pareva ci ringagliardis.Se, e r1temprasse la nostra fibra già stanca deUe lunghissime e di rado interrotte camminate. Le trombet~e suonano: è il momento di partire. Diciamo addio con rammarico a quel caro paese, oltrepassiamo Anfo, traversiamo A venone, lasciamo indietro tante altre piccole borgat~, di cui segnavo i nomi in un taccuino ehe andò più tarii involto nelle acque del Chiese, finalmente ci si annunzia. distante un miglio il Tirolo, e arriviamo al Caffaro ch-e segna da quella parte l'antico confine italiano. Come i Crociati della Gerusalemme, salutammo la terra delle nostre battaglie future con gl·ida di giubbilo e con fragorosi evviva. Qualcheduno intuonò l'Inno di Garibaldi, quell'Inno Che tanti petti ha scossi e ìnebriati, e a tutta corsa valicammo il confine. Era già stato conquistato a prezzo dt s·angue alcuni giorni prima, sicchè ci era dato continuare por un buon pezzo di strada senza incontrare il nemico. Ma eravamo già sopra la sua terra; quei monti, quei fiumi, quei paesi per dove passavamo non erano più in potere dell'Austria, e noi, per la massima parte giovani inesperti delle cose di guerra, ci but. tavamo là alla ventura, andavamo a sfidate l'agguerrito nemico neHe sue stesse tane, noi a. malapena ~trmati? senza artiglierie, col solo coraggio che infonde la santità della causa che ci aveva portati a combattere. Ci avevano detto che qu6sta volta i tedeschi non hanno paura della camicja rossa? Tanto meglio! ci troveremo in facaia un avversario degno di , noi. Erano press'a poco questi i pensieri che si affollavano alla nost1~ mente., in quel f>l'*imo e facile ingresso del sesto regg~ento sul territorio tirolese. , Tornammu a vedere montagne altissime, d'una bellezza e insieme d'una terribilità .meravigliosa. Tutto era mu"" tato attorno a noi. I campj, coltivati e messi in man1era diversa dalla nostra; le case non più di materiale come nella provincia bresciana che allora allora lasciavamo,

26 Biblioteca Patriottica ma tutte d( legno, costruite in strana e pittoresca foggia, con un tetto fatto a cocuzzolo, come le case della Bvizzera che vediamo in teatro quando si cantano la SoNNAMBULJt.. ~ H GuGLIELMo TELL. Gli stessi villani hanno la :tisonomia diversa da quella dei contadini lombardi: si direbbe che su que' loro visi di .montanari il tipo italiano rimane nascosto sotto una vernice di forestiero, che spenga ogni barlume di svegliatezza e d'intelligenza. Ci guardavano di traverso, ci rispondevano mal~, si capiva da lontano che eravamo ospiti mal graditi. Temevano per le lo1."'o robe~ O si senttvano in cuore più devoti dell' Austria che dell'Italia? Io non lo so: egli è vero bensì che ai villani ignoranti non somigliavano punto le altre classi di cittadini, i quaJi tutti ci davano prove non dubbie della 1oro italianità, e facevano augurii sinceri per le nostre vittorie. . L'Austria ebbe buon gioco p1ù tardi, quando pretese dimostr-are che le pr0vincie trentine s'e· rano conservate durante la guerra fedeli alla monarchia; e in ciò fu d'aiuto all'Austria la perfidia del cle...·o, che sobbillava i contadini predicando dal pergttmo contro i seminatori dell'eresia, contro i nem;cl della chiesa .che eravamo noi. Ma verrà giorno in cui la verità saprà farsi strada, e i trentini stessi sapranno vendicare splendidamente l'insulto che s'è voluto gettar loro in faccia da una codarda diplomazia, lieta sempre dl poter men · tire quando nella menzo_gna trova il suo tornaconto. Storo si può dire che sia la capitale di un infinito numero di paesetti, che rompono a <!Uando a quando la ~el vaggia asper1ta di que' luoghi. Storo è un pa~se ab~ bastanza g1 osso, ma privo d'ogni grazia di Dio. Ci stemmo quanto occorreva per riposarsi, finalmente ci avviam.mo verso Condino. E ora, davvero, Qnivi incominei~:n le dolenti note.

. I volontari nel Tirolo 27 ' > VI. CONDINO. . .. l Il ·paese di Condino e le circostanti GampagQe, di cui Ja storia ricorderà i l nome come di tutti i luoghi inaftìati d~l sangue d. ~i volontari, meriterebbero una descrizione in ghingher;, non tanto per cotesta ragione storica, quanto perchè sono veramente degni di particolare menzione. Ma l'animo nostr·o era poco o punto iDchinevole allora ad entusiasmarsi .nelle scene della - natura, giacchè si sapeva che a poche miglia di là avevamo ad i ' Lcontrarci con i tedeschi, e che sarebbe stata una battaglia .çoi fiocchi. Andavamo dunque con la massima cautela, e i più ciarloni~de' nostrJ s'erano chetati dall' interminabile cicaleccio col quale assordavano continuamente 1a compagnia. Avevamo _alla destra il Chiese, fiume non largo · ma di nn' acqu.a precipitosa e chiaries:ma; a sinistra poi, a due passi dalla strada maestra, quella solita catena di mon- ·~ agne alte ed inaccessib1ll, cbe avc-ebbero sfidato 1 caprioli più svelti, non che Je gambe di que' diavoli incarnati de' t irolesi: Al di là del fiume daccapo montagne, e a un migiio di salita una casetta bianca hianca, che ~i capiva essere ur;~a chiesa c.la un campanilino che sovra-· stava al cocuzzolo, come fosse il :pehnacchi<;> bianco dì un colonnello· di fa.nter1a . Ci s'arl~ivava per un~ stradncola da serpent_i, e sp* rse per la c.tli.na vedevamo solitarie tre o quattro casette di legno. Con la mia poca esperienza capii c.he bisognava gu~dare coteste posizioni, . giacchè dal monte di sopra gli austriaci non si sarebbero fatti aopet,tare~ Presso a Condino, grosso paese formatD di tre paesetti distanti un t-iro di schioppo fra Loro~ c' è un ponte d.i

28 ' 'Biblioteca Patriottica legno coperto , che forse il giorno innanzi era occup o dal nemico. Alla mia compagnia vien dato l'ordine i . -passare il ponte, e d'occupare la chiesa e le cas te sparse sulla montagna di contro. Mentre io mi lod·va della mia preveggen~a strategica, una brutttl paro! si sente circolar nelle file: « Il ponte è minato! » - Chi l'ha detto 1 » ·-« Come si sa ~ » - « E' un discors d.a vili d t quelli che vogliono andare » - ' Avanti tu~·! « - « No, si mandi qualcuno a verificare. » - « Av . tL ., avanti perdi o ! » E con uua corsa in avanti salimmo oraggiosamente sul ponte. Risonava e gemeva sotto i nostri passì, e dico la erità: l'ubbia fu tanta, che, lo scricchiolìo delle tavol ci pareva il principio d'una grande rovina. Passammo se za incidenti e c' inerpicammo su quellA scogliere, costr tti a camminar coi ginocchi, con l'unghje, e infilando n !le screpolature la baionetta per non andar giu capitom oli nel fiume. Fummo distribuiti in una lunga catena dì . azioni, coll'ordine di star fermi ~ zitti, sdraiati per te ra, attenti al m1nimo rumore. Ma dal fondo della valle era salita su una notte nera e tempestosa con mille st ani rumori, a cui si aggiunse presto il fr·agor della pioggia. Come era possibile segnalare in tempo i nemici~ hriperversava il vento, e dalle più alte cime cad~va · 'o di quando in quando 'in quando sas~i e pietroni che · nòi cansavamo pe1· miracolo. Copiosi torrenti, che scaturiscono dal seno delle roccie, venivano in breve ingrossati dalla pioggia, e schiamazzando e spumando rimbalzavano sui macigni, e precipitavano giù in forma di cascate a rigonfiare le acque del Chiese. Veduti di giorno in distanza, col Juccichìo del sole, paio·no cai1ali Q.i vetro , sfavillanti di mille colori. Nella l'aurosa oscurjtà della notte più che vederli li sent1vamo, e le nostre fantasie commosse scambiavano quel frastuono con un p~olungato urrà delle barbare ugole tedesche. Tal volta l' 1mprovviso stacc1;t.rsi d'un gran sasso ci dava l' idea d'una pattuglia so_spetta che ·Scendesse contro di noi, e ce ne st~vamo all'('rta, coll'animo tutto jnvolto in un misterioso terrore, ··molto più che le informazioni nostre portavano 'come dietro Ja vetta del monte stessero appiattati alcuni reggimenti di tirolesi. Il lugubre grido del chi va là l echeggiava ogni tanto intorno a noi, e quantunque nessuna risposta desse ragione

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