Tommaso Zauli Sajani - Il trionfo della grazia

IL TRIONFO DELLA GRAZI "'" ~ ossu. f' ultiuul begli ~rabi iu ~alta LEGGENDA EPICA DI . . . . ' .. ITALIA 1847.

L'autore, suddito pontificio, pone qu~st' opuscolo da pubblicarsi negli Stati della Chiesa, sotto la tutela della legge del 20 Novembre 1840 intorno alle proprietà letterarie, non che sotto quella della legge del 15 .Marzo del corrente anno, relativa l/a censura della stampa. MAZ 0700 00099 MAZ ~740

3 LA bellezza deJ1a poesia orientale che nelle dovizie della fantasia, nelle dipinture dei costumi e uei pensieri sempre esaltati consiste, mi ha soventi volte rapito, ma non sì che non sentissi Jover essa rimaner vinta dalle bellezze tlella cristiana poesia. Però mi prese talento di metter l'una a fronte dell'altra, in un argomento intrecciandole ricavato dalla tradizione; onde si vegga quanto le belle immagini dalla luce del vero ispirate, siano ad ogni altra supenon. Il povero ingegno non 1ni permise forse di toccare l' altezza del concetto, ma feci del mio meglio ; e ad ogni modo mi persuado che l' argomento non debba anda~ privo di quello

4 interesse che risulta dai bisogni dell' epoca: perocchè alle religiose immagini guarda oggi , con sollecitudine ogni anima ben nata, e d'altra parte evvi in questo secolo una crociata contro gli Arabi-dalle antiche assai per ispirito diversa, ma pure una crociata. E se qualcuno cercar volesse nei personaggi della leggenda qualche aJiegorica figura, non d'altro io il priego se non che di trovare nell' italiano Ulrico il pio desideM derio di ogni cortese.

5 :MONUMENTI STORICI A CUI SI ATTIENE LA LEGGENDA. Nella costa meridionale di Malta che scoscesa elevasi e quasi perpendicolare, è una ampia grotta naturale che nella viva rocca in varii scompartimenti molto si addentra, e come oggetto di curiosità riceve le prime visite dello straniero. Il popolo la chiama Ghar· Hassan {la grotta di Assano ), e questo nome le viene pcrchè vive una tradizione che per mollo tempo fosse da un capo Arabo abitata dopo che i suoi furono tutti dall'isola espulsi. Conservasi in Valletta nella casa della Baronessa Parisio posta in islrada .slrclla .. una pietra sepolcrale dell'ultima epoca degli Apibi, sopr~ la .quale "è un'iscrizione in carattere cufico che .ha richiamato le 'cure dei dotti antiquari, ed è stata in moit;maniere illustrata. Eccone la traduzione. Nel mezzo, sotto un semicircolo moresco a ferro di cavallo. , In nome del pietosissimo Iddio- Possa Dio esser propizio c cornpartir favore a Maometto e alla sua famiglia . A Dio la maes tà c l'immortalità : alla sua creazione il mostrarsi c scomparire: di ciò voi aYelc un esempio nello stesse> Apostolo di Dio. - Qucsto è il sepolcro di Maimcna figliuol a di Assano, figlio di Alì-El-Hud, figlio di Mayaz is-Susi. }>ossa Dio essere propizio a lui cd illuminarlo . Ella morì il 26 del mese di Sha llbnn Il Grande, nell'anno ' dell 'Egira 5G9 [ 1 ] professando che vi è un so lo Hio, e che Dio non ha nessun egua le, " (l ) Dt Gmlo 1173.

r ' 6 A dritta sopra il circolo. , Odi tu, la cui eredità è la tomba : qui io giaccio come una sposa : l e mie palpebre c gli angoli dc' miei occhi sono coperti di poi vere in q ?es lo luogo di tenebre [ 2 ] . " A sinistra sopra il circolo. , Ma ques to stato di prova non è che tran sitorio : impcrocchè rwll ' ora della mia ri surrez ione, quando il Crea tore ristorerà la mia \' ila, io rivedrò i miei parenti, c sarò piena di gioja c lieta di ricever e una ricompensa." Ai lati. , TI genio della tua anima si mos tra qui sull a terra nell a più discordante maniera; qualche volta respinge ndo la morte, c poi con ansietà procacciando di r cndcrsela vantaggiosa. La morte ci trasporta ad uno stato di beata rimunerazione, nei fortunali soggiorni, all'ombra di perpe· lui boschelli c di sempre mormoranti ruscelli. Ma i ca ltivi c.he non hanno lnsciato nel mondo alcuna buona azione, sa ranno condannali a soll'rire le più crudeli torture, dopo essere stati immersi nelle acque dell' obblio." Dalle tradizioni che corrono intorno ali~ grolla, c da CJIICsla la pide scpolcrale si è tratto argomento alla 5cgueutc storia. (2) A ll u~wnc ~l cus tumc orieuttll t.: lldle spuu tla dlptu; rt·c o ltu puh·cro\rc coll' , 111 .. hmunw le l"' ll•dn·c.

7 .. . PARTE PRIMA.

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9 IL TRIONFO DEI-4LA GRAZIA . J. ~~~~ianca rosa dell' italo ori"ente - !M ~ ' :>J . B ~,~ Mclita, che li specchi in mezzo al mare, o~~ . ..;~ Es r. e da tuo candor pallido un lume Cui della mia terra natal ricorda Il sorriso che muor sotto il profano Prevotente desio deJlo straniero Che la bacia e tormenta. Assiso ancora Su queste rupi a cui favella un onda Che pria lambì le des·iate rivr, La mia lira ho fra man , qu ella che a noi Sola rimane intemerata e pegno Di più lieto avvenir. Fremon le corde Di santissimo amor : mescono il suono Al gemito dei flutti , e di te canto Un'antica vicenda, Isola sacra, Che sotto l' Anglo i tuoi fati maturi. :2.

10 Dell' ospite cantar l' ultima accogli Voce che ti saluta e ti desia Una ventura che la sua somigli. Delle terre il destin non va diverso Da quel dei figli della terra. Un giorno Ricongiunta alla tua Madre sarai, La più misera sempre e la più bella Fra le figlie del Sole, i cui grand' occhi Or conversi al magnanimo P ASTORE, Brillan fra il pianto d' un sorriso, e il raggio Di sua pietà riflettono sul mondo. Come fra i ghiacci di squallido verno Le sne forze ristora , e nuovi germi Nelle profonde visc.ere prepara La natura; così sotto la veste Grave di ferro e il denso tenehrore Ond' era cioto, il nudo sen d'Europa Nel palpito di vita inturgidia. Sovra la cuna di novelli Eroi ~ Reli~ùon vegliava : enormi eolpe E severe virlù vi fean la danza De' Coribanti , perchè il vecchio audace Che vola e vola, e divorar la prole Si gode, nati appena non li sfaccia, ·E lor non vieti ingiovenir la terra. Cent' e cent' anni del deserto i figli Questa signoreggiaro Isola a cui

11 Prima il naufrago Aposto!o insegnava L' alta legge d'amor. Non fu il moresco Regno di sangue e tirannia dipinto: Liete ne andar le fecondate terre, Liete le natìe genti, e a lor non tocca Fu de' padri la fede. Ma l'Europa Dal suo grembo scuotea d'Asia la prole, E sovra l'Asia riversarsi intera Giurò vestendo della Croce il petto. Dal gran Sepolcro il pellegrin normanno Reduce. pria la sacra guerra indisse, E nell'ultima Italia e in questa estrema Sua pietra, al lampo del normanno acciaro Cesser la scimitarra ed il Corano. Stridendo a guisa di montani augelli Riedeano a torme nel natìo petrone Gli Arabi. Sola nel remoto lido Che da lor prende ancora indole e nome Qui rimaneva una tribù. D' alteri E d' indomiti spirti unqua non volle Piegar la fronte al vincitor superbo. In se ristretta e disdegnosa avea F'ermo d'interrogar novellamente L'araba stella, ed attendea fremendo Il dì delle vendette. In lei cotanta Virtù piovea solo da un cor-dai core Del suo Principe; Assano, il forte A.ssano, Libero figlio del deserto, a cui Come il nativo sole ardea la mente.

12 Quanto aver può di grande umano petto, Valor guerresco, e generosi, ed alti Pensier, saggio consiglio, e la più bella Virtù dei Hegi, la cos tanza, tutto L'Emiro avea; ma coutro il fur"ùlllle Turbine indarno lorreggiò l' altera · Fronte, che ai raggi di nemico sole Fea del turbante balenar la luua. Spettacolo sublime, un· alma nata A guerreggiar contro i dèstini! Tulli Della fortuna i formidati strali Nel pello audace eJJa raccoglie, e quando Cede a' suoi fati , sovra · Jei l' immensa Onda del tempo non si chiude intera. - :Misero Assan! Non più d'arabi arom1 I talami olezzanti, non più gli alti Pinacoli d'argento, e i traforati Are hi, e i composti fonti del Castello Che uel trifauce porto i padri tuoi Costrussero (t ). Non più l'ardente fiamma J)' amor, nel bacio delle Urì viventi . Contenterai: nè le fatate notti, Dal cespo della rosa a cui sospira, Udrai la voce del bulbul (2) che mista Al dolce canto rlelle schiave il sonno Più lene ti renùea. Sogni or di guerra ( 1 ) H forte Sant' Angelo fu opera degli Arabi, ed è da credere che fosse prima di squisita morescha architettura. ( 2) L' usignuolo.

13 E di vendetta, e suono d' orica1chi E di tirnbaJJi; e assalti, e fughe, e morti ; E se un i~tante il tuo capo si posi Su dura zolla, un subito svegliarti, E un trasvolar sovra il destrier diletto, Figlio del vento, fra dirupi e balze Primo di tutti, ove d' uàir ti sembri Grido nemico che del tuo Profeta La legge e la fortuna ultima sfidi. Prematuri così gli sconsolati Anni gli giunser di vecchiezza. Sempre Gli ajuti d'Asia sospirando, mille Perigli, e mille pugne, e mille avea • Sofferto inenarrabili dolori: Il popolo disperso, i suoi vessilli Oltraggiati, diserti, e cinque prodi Figli, cogli occhi suoi veduti avea Cader pugnando; nè gli uscia dal labbro Un fugace sospiro. Eppur sì acerbo Gli giunse un infortunio a cui non resse L' anima forte ed indomata ! Sola Al fianco gli vivea di tanta prole Una figlia c:he a lui spose la bella Zelìma, sua delizia e primo amore : E però tutto l' infelice in questa Fanciulla collocò l' ardente affello Che r.el vuoto del cor gli era rimaso, E le sciagure in lui facean più grande.

Fior d' innocenza e di beltà; leggera Forma di piuma ; grandi occhi amorosi, E neri più d' un Etiòpe ; chioma Come di liscia ala corvioa, e un ri so Che al corallo e alle perle d' OrJ"ente Rapia la vista. ·Si spargea sul molle Aer del volto tra soavi incanti D' amore, un raggio peregrin : parea L ' angiolo che al Profeta negli arcani Voluttuosi sogni rivelava l bei roseli, i limpidi ruscelli, E l' ombra amena di perp etue fronde. Or come non avrebbe una sì cara Fanciulla, colle sue grazie native, Colle ingenue parole temperato Al padre ]e supreme ore d' affanno ? Bello il rieder per Jui dai mi serandi Sp ettacoli di morte, e dalla danza O' infrante membra e di recise teste, All ' incontro, al sorriso, all e carezze Oi qu ella creatura l E an co r più bell o Quaud ' ella lievemente la r·iarsa f ronte di polve e di sudor cospersa Gli tergca sospirando , le omi cide Armi dal fianco gli spog liava, e spesso Ridea nel pianto, e trar godca per vezzo Dell ' alt.a gan mezza la lama , e poi Abb and onarla sì che a ll a va(rina o Fea coll' elsa suonar gli orli d'argento!

15 . " O Dio d' Abramo e de' miei Padri, Allàh, Che sol sei grande, onnipotente, eterno, Ed ai Credenti in don mandi la morte, Come la morte ebbe il Profeta anch' esso ; Cada in battaglia nel tuo nome il vecchio Stanco guerrier, ma la innocente e pura Che come un cherubin. prona la faccia, Dimesse l' ali, a te s' inchina, salva, Nella rosa degli anni e del desìo, Salva dalla crudele ira normanna. " Cinque volte nel dì verso il gran Tempio Prosteso a terra, della figlia accanto Così pregava il genitor dolente. Ma i preghi suoi sperdeva il ventoChe il ciel ridea d' or"iental zaffiro, Ed il tepor di mol1i aure versava Sugli Arabi attendati alla campagna, Uu giorno Chè non v' era sospetto, ecco improviso Di dardi il fischio e di battaglia il grido, Che di timpani e trombe e d' infernali Urla col gran rimbombo empie la valle ; E d' ogni parte di nemici un nembo, Un ' onda di cavalli , una ruiua Gli Arabi involve , e qui nei e quindi s' ode : Al Corano !-alla Croce !-e va d' uccisi E di morenti seminato il suolo. l Tremenda scena sol! o ciel sì bello!

16 Contro i Normanni con valor sublime La fulminea ruotò falcata spada, E vinse Assano, ma la sua vittoria Oh quante gli costò lagrime amare! In fra il tripudio del trionfo ei cerca Più che mai sospirato un caro.amplesso : Corre alla tenda: riversata e guasta lvi ogni cosa : son le schiave in pianto O trucidate, e la diletta figlia , La sua Maimena oh Ciel, dov'è ?-D' intorno Forsennato s'aggira, e chiama e grida, E gritla e chiama, e solo a' suoi ruggiti Dagli antri impietos~ta Eco risponde. Ahi che il nemico gli el avea rapita !

17 P ARTE SECONDA. ... lllll:tlt~(UC.(Q(- 3.

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19 II. ~~~~ ur dodici fratelli, fiammeggianti ~ ~. ~ S~ade, che. da1Ja notte uscian del polo, ~~~~ A1 credenti d' Islam la lunga guerra Incominciando: ed il minor, che a questa Isola venne e vinse, il prò Ruggero, Dalla Trinacria distendea Io scettro Sulla rapita ai Mori aurea ~fedina (t). Il duce Ulrico ne tenea la vece; Ulrico, un giovin cavalier che nato Sull'Alpe estrema deH' Italia, e bello Della fortuna e del valor che spesso Gl' !tali innalza sugli estrani, avea L' armi seguito dei Normanni ; Ulrico, Nohil alma, bel cor, mente che i geli Degli alpestri castelli abbandonati, (1) La Notabile, antica Capitale dell' Isòla .

• 20 Sotto il siculo ciel così s'accese, Come se tolte le sue fiamme avesse Alle profonde viscere del monte, Dove salì per dominar dJ un guardo Quanto mondo p_otea vincer la Croce. E in mezzo a' suoi forti pensier non era Entrala ancor .que11a gentile idea, Che negl' immaginosi animi avviva La fede, e rassomiglia alla speranza. Ma giunto appena a questi lid i, in mezzo Al caro suon delle battaglie udia Lodar le genti una beltà morcsca, E ne1Ia figlia del nemico Emiro La lrosa salutar dell' Or'iente. Be1la però dalla s·ua fama, spesso In segreto discesa era con lui A ragionar la sconosciuta immago. Sotto nuova di torri ampia corona,(t) Che co1le Croci d-ispi~gate al vento A .M cdina sovrasta, e parche dica, Nessun la tocchi, s'apre una dora la Sala che muta del Pianeta il raggio In un vel modestissimo di luce. S' alza dall ' imo delle sottoposte Volte un tepor d'incensi, d' odorata Mirra un profumo, che a lontane voci (l) Il Conte Ruggiero, prima di tornare in Sici lia fabbricò alla Notabile un castello che vi r imase fino al 1455 c quivi, sotto un valoroso capo, lasciò buona guarnigion~.

21 D' una funerea salmodìa commisti, Van per la stanza volitando.-Io mezzo Sovr' arabi tappeti era prostesa Una donzella, e il suo volto di cera, E de' grandi e velati occhi le ciglia, Ed il socchiuso labbro, trasparente Quasi alabastro, diffond eano a) guardo Que! senso arcano di pietà che induce Una bella e mortai veste da cui Di poco si fuggì )' anima, e tanto Del suo corso vitale ancor ragiona I Ma parmi, o della chioma il nero manto Sovra il suo sen s'agita lieve, a guisa Di bruna fronda che d' intorno al bianco Fiore del mirto un venticel commove? Respira forse, o la pietà m'inganna? Ah sì , l'infelicissima d' Assano li iglia, respira ! Un profondo letargo l n cui s'avvezza al sonno della murle, È qu el che al dì gli occhi le chiude. Oh, vedi ? Quella palpebra di minute fila Rosso-venata ai grandi orli , ti dice Che gli occhi suoi poc' anzi un mar di pianto Versaro, e il pianto in loro anc or serpeggia. Sulla pallida fronte un' ombra pa ss a Irrequ'ieta e torba... Ed or, che miro ? In un singulto a mezzo soffocato Tutta si scuote d' improvviso! Ah forse Di col or che infedeli ella domanda,

22 Sogna l'ingiuria e fuggir vu.ol, ma invano, Chè di piombo le pare aver le membra, E un peso enormr., e Hn affanno infinito Sente, e la terra sotto il piede a un tratto Le manca, e giù ruina, e s' innabissa. Quindi rompe in quei subiti sussulti: Poscia immobil ritorna, e in lei s'allenta Più disfatto, più debole il respiro. Tacciono intanto i sacri inni lugubri Sotto le volte, e un biondo giovinetto Luogo-chiomato, a cui di fresco fiore S'invermiglia la guancia, il labbro turge, E di zaffiro il vivo occhio sfavilla, Con ansia taciturna entra la stanza. L' agii persona in tunica succinta Muove sul piè leggero, e s'avvicina Alla sopita dolorante. Ulrico! Campion di Cristo glor'ioso e primo Propugnator del Saraceno infido, Che fai? che pensi? onùe così rimiri La figlia del deserto ? J tuoi guerrieri La predaro in battaglia: ella è tua schiava. Ah, se il primo sospir che dal tuo core Esce.... rabbrividisco.... nna infedele! Una nemica di tua fè ! Deh, guarda Che di Macone il vincitor non sia Vinto da uu volto, c tutta Ja tua ()']oria o ' E la redenta anima tua non perda. ,

23 Debil nou è, non è della sua legge Indegno Ulrico, e quando i suoi Normanni La bella prigioniera a !ui recaro, D' ira tremenda balenò :-" Codardi, E d'ogni cortesia sconoscitori, AJJe vostre natìe selve tornate, Tornate ai verni, agli aquiloni, ai geli Onde veniste, se così Ja guerra lnonorata far si dee struggendo E devastando ; se rapir volete Le derelitte vergini, e de' padri Con sì vii mezzo affievolir le spade r" E già imperava .che all'Emiro fosse Subitamente resa, aJior che il guardo Chinò su lei, che abbandonata e sfatta, Da quelle fiere braccia dipendendo, All' estremo parca della sua vita, Ed era pur sì sovrumana cosa Che di se avrebbe innamorato il cielo. Ristette Ulrico, e poi tremò. L'azzurro Lume degli occhi suoi s' inumidia .... Il pensier che l' avea sì vagheggiata, Più bella ancor la ritrovò nel vero, Più sovrumana; onde dal cor per lei Sorger sentì, come ispirato e figlio Della pietà, sublime un voto a Dio. Mille per suo comando alla gemente Solerti cure prodigaro, e mille lnterrogàr virtù d'erbe e d'incanti ;

• 24 Invan, chè mai desta non s' era. II duce A' suoi morti guerrier la requie indisse, Ma n~lla requie sol di lei pensava, E poscia impazi"ente a lei sen venne. -"Oh come è bella.! oh come ... (in se discorre> China la faccia su1Ja smorta faccia) È intemerala e cara, anche dipinta Di pa11idezza, e chiuso il folgorante Raggio degli occhi!.. Misera! Io sguardo Perchè non apri, e l' anima non vedi Del tuo nemico?... Ahi, che terror mi mette Delle tue membra l'immota qu'iete! Ahi, come inesorabile, tremendo T' accerchia un aer muto... Oh Dio ! se questa Non fosse più che la tua spoglia ignuda!... L' ,orma di terra sovra cui la terra Omai stendesse sua ragione!. .• Atroce Dubbio infernal via dal mio core-" E ratto Nel trepido pensier la bocca accosta AIla sua bocca, per sentir se lieve Di vita un alito tramandi. A lungo Buja la fronte, sospeso il sembiante Così rimane, indi l' assale acuto, Lo tormenta fortissimo un des)o, Che di pietà s' indora, e gli favella : " Colla fiamma d' un bacio onniporenle In Ici fa fuggilliva anima arresta/' E già sovra il suo volto ei s'abbandona, E già disfiora con il labbro il labbro.•.

25 Ah sciagurato! lddio ti vede!... Addi etro Ei balza, cade ginocchioni, ed ceco, Siccome raggio di divina luce, Repente un pio pensier gli entra nell ' alma. -"Oh, se una istante ancora ... e ioesorata IVIorte ]a coglie, i] paradiso adunque D' un sì bel angiol sarà privo, e preda Di Satana anderà questa gentile Anima in fuoco sempiterno ? Mai Non li a, no, mai : sul1a mia fè, sul tuo Sacrato sangue, o Redentor, ]o giuro. Richiamerolla in tuo nome alla vera Vita. Conforta di tua grazia, o Eterno Padre, un istante ]a sopita, e il dono Fa' ch' Ella senta de1la benedetta Acqua con cui Je irrorerò la fronte." Una Croce d'avorio alla parete Col Cristo umanamente effig'iato Stava sospesa, e sotlo vi sorgea ~Iarmorea pila che dei tre colori Delle virtù più belle era dipinta. Sorse, ed empiè della santissim' onda Un elmo : a lei tornò tutto tremante, E il grande ufficio incominciò-" Nel nome Del Padre e del Figliuol".. Dolce fluiva Sul candor del suo volto il sacro fonte, E zampi llando in fuggitive stilfe Lo ricingea di perle. · Si commosse 4.

26 La belJa r.reatura, e dal profondo Petto mandò lungo un sospiro. Il core Del guerrier sacerdote s' allargava Tutto di gioja palpitando-" E dello Spirito Santo/'-prosegu1,-" òiletta }{anciulla, io ti battezzo ; e possa il Dio Che umana carne si vestì ·nel grembo D'una Vergine, e poi vihse la morte, Di salute donarli alta speranza.' ' A poco a poco eJia mutò sembiante, E in sd finir delle sante parole Tornò la rosa al labbro, un bel sorriso Mosse, cd aprì le redivive luci, Che, r ome stelle rugiadose in cui Dopo la piova è il tremolìo più vivo, ln giro sfavillando, l)i fermaro Sul Cavalier. menlr' ei colle piegate Mani , la fronte convertila al Cielo, Dio ringraziava.-EJia credette aUora Dal sonno risvegliarsi della morte, E un angiolo vedendo a se d' incontro, Nel paradiso che il Profeta insegna A' suoi credenti si tenca rinata. Onde tanta sentì virtù noveJ ia l..he d' improvviso si levò, poi cadde Come per adorarlo a' piedi suoi,- " E conducimi, disse,. al Dio d'Abramo Angio]o santo. n l;ra confuso e tocco --~-~--··

27 Il Cavaliero, a lei cortesemente La man porgendo--" Ah, non son io, dicea, Be1Ja yergin, che un povero mortale, Anzi un umil tuo servo ; e tu la vita, A cui ritorni per miracol nuovo, Devi a quel Dio:'-Segnò, così dicendo, L'effige di Gesù che delle spin e. Cinta pendea dalla candente Croce. EJia turbossi, e pauroso il guardo Rivolgendo d' intorno, e ripetuto Sull' armi e sulle mura il santo segno Vedendo : " ohimè l dove son' io?, gridava. -" Fra i redenti del Cristo.-11 - " E tu .chi sei ? , -"Il Duce. Deh, non paventar che offesi Siano i tuoi giorni e il tuo caudor tra noi. Nelle vergini pure il Cristiano Della madre di Dio l' immagin santa Rispetta; e se esser vi può donna in terra Che a lei si rassomigli, or tu sei queUa. Siccome in braccio del tuo padre istesso, Più ch' ai voluttuosi Arabi in mezzo, Qui sei sicura." Allor dell ' infelice Alla mente s'aprì de' casi suoi Tutto il tramite ; il suo stato conobbe,

28 . E al vecchio padre e al suo dolor pensando, Le mani si cacciò dentro i capelli, E in di sperate lagrime prorruppe. Con alli e con parole ed in ben mille Mo di tentò di racquetarla Ulrico. .Ma in gemiti ed in pianti ella crcscea ; Onde con ferma voce alfin le disse. -" Ne11' eterno dolor prima vogl' io Precipitar che lieta non vede'rti. Chiedi , o fanciulla; quel che lu più brami Sarà destino,-c sull a croce d' oro Che avea su) pelto riposando aperta La destra man,-'~ per questo, eg li soggiunse, Per questo segno venerato il giuro Di mia redenùou. " J Mansuefece La vergine a quel dir, )' onda irruente Cessò delle sue lagrime ed in fro nt e Guardandolo pregò :-" Heudimi al padre." A lungo stiè silenzioso, e poi Terribile dal cor scoppiò in un grido: -" Oh misera, e tu il chiedi '? Ah, tu non sai Quanta pietà della tua vera vita E dell'anima tua senta, o fanciulla. lo per salvarti dal funesto errore..." -"Giurasti poi tuo Dio : rendirui al padre."

29 -"Ed il mio Dio di te segreta cura Si prenda, e vegli, ei che morì per tutti, Sovra l' eterna tua salute... Un giorno . Se di questo infelice Cavaliero..• Ti sovverrai, deh, pensa a quella fronte Di spine redimita... a que11e braccia Che aperte stanno per ciascun che a loro Con viva speme si raccolga... a quella Piaga onde uscì frammisto all' onda il sangue Che ci redense,-CoJia man si terse Una pietosa lagrima-" E sia fatto Ciò che tu vuoi--soggiunse.-AI padre tuo Ritorna e lo consola, e sii per lui Angiol di pace. In questa Isola ei resti Col popol suo ... nè più tra noi sia guerra.•. (t) E addio, cara fanciulla ... e va' felice." (J) Il Sig. Bonavia, citato dal Sig. :\lirgc nella Storia di Mal ta, ha llaslanlemenle dimùstralo che dopo la venuta di Huggero I. nell'Isola, falle molte gucrr<', ebbe luogo fra gli Arahi cd i Normanni un accordo, per cui rimase all'Emiro qui guarenti la la pacifica residenza. Come poi e per quali cagioni sotlo Huggero Il. rincominciasse Ja guerra, la poesia lo rivelerà.

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31 PARTE TERZA.

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33 III. •.,.. ~~,...._9. ;~~ . 'I ;:; '-"~}li~ ~r.~ • 1 cenere cosperso 1 raso capo 1<>-'1,!2 ~~! ' M D c~ Strappandosi la barba,~ sovra il nudo ~~~~~ Terreuo avvoltolandosJ, meltea, Quel ferito rion, luoghi ruggiti li di speralo Assano-·' Ah, maladelli l dol àtr' impurissimi, son queste, Queste son le ammi rande i·•1prese vostre! Ladroni di rlonzelle, e pel sepolcro Del Nazzaren voi combattete? Oh degni Di star confitti sovra mille croci AJJ a sua Croce accanto !..n-Indi qual sembra .Madefatta una rupe sollevarsi Dal mar che ]a coperse, ei dalla polve Ergea la faccia lagrimosa in rotti Singulli lamentando - " O figlia, o figlia, Co r del mio core, Allah t' avea lasciata 5

34 Solo conforto ai travagliati e vecchi Miei giorni, e sol per te questo di vita Misero avanzo io sopportava. Oh, mille Vite avessi ora, che vorrei con tutte, O perduta alma mia, sì memoranda Far ]a vendetta, che degli empi un solo Non rimanesse ad insozzar )a terra !"- E quì dai truculenti occhi una vampa Di fuoco saettando, i suoi raduna Tutti, con urla sterminate in )oro Sue furie infonde, e ai Cristiani intima Guerra tremenda, atroce, ultima guerra.- Come torrente impetuoso sotto I sibili del vento in infinita Onda si gonfia, si devolve, e poi S' apre muggendo, le campagne allaga, E tronchi, e piante, e sassi, e le speranze Del mi sero colon seco travolge; Degli Arabi così verso Medìna Si riversa precipìte la schiera, Sotto l' ira d' Assan che innanzi a tutti Giganteggia terribile, e la spada Folgoreggiante a' rai del Sole ionalza. Quand'ecco incontro ha un cristi'an drappello Che accanto al ramo dell' olivo spiega, Segno di pace, il candido vessil1o. Un istante s'arresta Assano, e vede Dal mezzo dcJle Croci uscir volando

35 Una colomba che coll'ali aperte Affetli.i.osa in braccio a lui cadea. Himbombò per le valli un doppio grido Di gioja, e stretto in un divino amplesso Stiè lungamente colla figlia il padre. Allah sia benedetto, e benedetto Il gran Profeta ! gli Arabi sclamaro Inginocchiati al bel gruppo d'intorno. Si trasse innanzi un cavalier normanno E disse:-" Al prode Emiro il duce Ulrico Invia la pace, e della pace in pegno La bella figlia all' amor suo ritorna."- Senza stacca rsi dalle care braccia Sul cavaliero, Assan levò la fronte, Che in un commossa e fiera un ciel parea Dove combatte colle nubi il Sole. A lungo sliè quasi sdegnoso, e poi Siccome vinto al suoi chinò le ciglia. Cingea di perle una corona il rosso Turbante dell'Emiro, ed era ognuna Grande d' un occhio di gazzella al pari. Con nobil alto ei ne spogliò le tempie7 A al cavalier porgendole, rispose.- " Al Duce Ulrico in dono : e non per l' alto Tesor ch' ei mi rendea, perocchè prezzo Non ha da tanto l' Ori"ente intero; Ma degli Arabi il cor perchè conosca. Or la mia perla è questa.' ' -

36 li cavaliero Chinossi e il dono accolse. lndi tra loro Cortesi detti ricambiar : Je schiere Si divis ero amiche, e de1Ja pace Belle e gioconde incominciar Je feste. Al soave alitar d'estiva notte, Solto il gemmato padiglion del Cielo Brilldn d'intorno alle moresche tende Innumerandi lumi, e delle stelle Sulla terra ripetono l'immago. Ondeggia per Je quete aure notlnrne Un'armonia dolcissima che parla Di mille suoni col concento, c , r'ic :l\Iister·iosi i suoi sussurri all' onda, A 11' uom la voc-~, ed agli augell i il canto. Nella tenda maggior che istor·lata E trasparente sovra l'altre splende, La bella Saracena in grembo al padre ]>osa, e negl i occhi suoi gli occhi tren fìsi 'fpncramente. Appieu dirsi vorrebbe l{elice, e nondjmeno ignoto un senso Par che mestiz ia le ragioni: tutti Di quelle melodìe bever gl' incanti ·vorrebbe, ma il suo cor ne tragge invece Un indistinto turbamento. In giro D' aeree donne un lungo stuol l'accerchia, E col tintiano de' sonagli d'oro Alle braccia ed ai piè, vien la moresca Danza intrecciando che solea sì vi vo

37 Darle diletto, ma il diletto antico EJJa non sente. Di fanciulli un coro, Che rassomigli an 'cherubini alati, A piene man d'intorno e sovra lei Spargon nembi di rose e di vi"ole, ~la le v·iole, ma le rose i dolci E puri olezzi e ]a gentil favella Hanno perduto nel suo cor. -"Diletta Figlia, degli occhi miei vaga pupilla/' Le susurrava dolcemente il padre, "Per te, so!o per te, son queste liete Feste e i canti, e I e danze : io non Ii sento Che all' anima tua/'-Più a lui si stringe Ella, il guarda, sospira, e nulla dice. E Assano proseguìa-- "Fieri destini Al nostro un dì così fiorente impero ~{inacciano le stelle : della prisca Grandezza appena a me rimane un'ombra; Eppur ricco o potente ancor nli sento, Chè un granùe impero tu mi vali, o figlia."- Ed ella allor più tenera il riguarda, E di nuovo sospira, e nulla dice. Interi dì sempre con feste e giuochi, Suoni e canti tentava raHegrarla Il padre,--ed ella si facea più mesta. Venna frattanto un cavalier Normanno, E l'Emiro inchinò d' UJrico a nome.

38 Ratta levossi la fanciulla e tutta Sovra il semhi.ante sfavillò di gioja : Ma fermo rimanea sul suo divano 11 veglio in atto maestoso. Ric ca Una spada che avea suJI' elsa d'oro Ingemmata una Croce, reverente . Il mr.ssaggero presentogli e disse.- " Grato il tuo dono, o Emiro, al nostro Duce Era, e mostrarlo a te desìa con questo Che per amor ddla tua figlia prega A te sia caro. La trascorsa notte Da questo lido ei disciogliea le vele, E il suo per me vi manda ultimo addio. Di voi parlando e i ·pianse. A I gran Sepolcro Di Cristo un voto di dolor Io trae."- ·nella gentile in volto ai detti estremi Mutossi il riso in un pallor di morte, E vacillò; ma in quella i suoi languenti Occhi si riposar sovra la santa Gemma, che in mano risplendea del padre. Infusa al cor sentì virtù novella, ' E la sua fronte ricambiò col raggio Di quella gemma un raggio. Accomiatando Il cavaliero ;-' 'A voi non sia funesto Il presente "-ei gli disse : ella in un pio Sospiro in braccio al geui~or si strinse. ~~a sparve da quel dì F ultima rosa Dalle sue labbra, si nascose i! fiore

39 Della gota, ed in giglio si converse, In giglio che candor doppio rivesta Sotta Ja bianca luna. ~IoJiemente Per le tenere fibre un languidore S'insinuava, e per le beJJe membra Un abbandono della vita, un lento Mancar, che nondimeno avea per lei Non so qua} cosa di soave e puro, Avea misteri'oso nel segreto Dell' anima un conforto che le pene ~liti facea, facea bello il dolore. E come susurrìo di tortorella Che paslurata al suo fede] compagno Si volge e d'amor turge, le scendea Nell'intimo una voce che d'arcane E sante cose favellava, e poi Parca che caramente la chiamasse, E ]a chiamasse; e allor per tenerezza, NeJJa memoria di un gentil sembiante, Dentro sentìa come spezzarsi il core. Ah sì , la bella sventurata ardea, Immensamente ardea. Dal fatai punto Che in quella notte di dolor sognava Di risvegliarsi in Pa radi so, e vide Ulrico, da qllel punto il biondo crine E gli azzurri e dir ini oechi di lui Le rimascr così dentro l'imma go, Che un istante da lor mai nou si tolse; E la Croce che pria per sì abborrita

40 Cosa teneva, . di quegli occhi al raggio A somigliarle incominciò sì bella, ' Che senza quel pensier pace uon ebbe ; Onde suo spiro, e suo desio perenne, E fur sua vita co11a Croce Ulrico. Oh virtù della Grazia ! Oh della santa Acqua che ricevè diva potenza! Ma la sua legge ?..ma il Profeta ?.. c il padre?.. Per l'Arabo non è delitto orrendo Quanto il tradire il suo Corano. Guai Se l' acr solo penetrato avesse !... Oh, ben sentì la misera che sempre Tacer dovea, dovea nell'imo petto I suoi pensieri soffocar, nè d'altro Pasccrsi che di speme! Eppur sì santa, Sì sovrumana le sembrò la speme, Che ognora desi'ando, ognor languendo, Come di un viver benedetto, e d' alla Letizia fonte vagheggiò la morte; Quinci invoco11a come fida e sola Amica quando in bel mistico dono, nolentc per cagion ch'ella... 'ahi l comprese, Partissi Ulrico ed inviò la spada. Sovente allor che il manto ùella notle Pi1ì denso discendea sovra le tende, E le schiave dormian ùal sonno avvinte, Lasciò le stanche pjume, e lieve lieve, Come il sospi ro d' un fanciul, guidata

41 Da un; ange lica man per le silenti Ombre, nel padiglion dove posava Jl pa<Jre, cutrò tacitamente ; e dove In mezzo alle temute armi di lui I.e tenebre rompea con sllr.to lume ... L'elsa d'un brando, della Croce innanzi Devota inginocchiossi, e orò parole Cui dal cor la traea viva speranza Della fede che fede era d' Ulrico. -' ' Tu mi dicesti che al perduto mondo Da una Vergine venne alta salute, E che un Iddio prendea dentro al suo seno Dell' uom ]a forma, i] Dio che aprì le bracciJ, Su questo segno venerato. Or forse Tu preghi quella benedetta; e anch'io ·Pregarla vo', chè forse il nostro voto Nel Ciel s'incontrerà. Vergine e santa Madre, soccorri a questa derelilla, E ne l1a pace accoglila del tuo Figliuol, là dove mi fia dato un giorno D·' UJrico riveder ]e belle luci."- Così pregava l'innocente, e poi Alle piume tornava, e in sopor molle Cadendo colle braccia al sen crociate, Vedea globi di fuoco, e roteanti Stelle d'un lume che il fulgor vinceva Del gran pianeta, e vedea dentro il loro Candido raggio fiammeggiar la Croce. 6.

42 Indi ciascuna si vestia di mille Vivi colori che non ha la terra ; E da quelle fiorite e sempiterne Corone uscian drappelli innumerandi Di Cherubini, r.he coJI'_ali d'oro Volitando cantavan di tal voce, Che a lei parea voce d' Ulrico in mille Echi celesti ripetuta. Allora Agli omeri sentia crescer le penne, Sentia vicino al cor battersi un'ala; La bianca ala d' Ulrico, e con' lui stretta, A volo velocissimo per' entro Immenso lume s' ascondea con lui. Ah perchè mai da que' beati sogni Venìa l'Aurora a risvegliarla, e ai mesti Sospiri richiamandola, ogni giorno Una foglia rapia de' gigli suoi. Pensoso e muto lungamente il padre La riguardò ; poscia d'amor tremando VoJea parlarle ... chiederle ;.•. ma tanto Avea doglia e sgomento che Ja voce Gli morìa sulle labbra.-" O santo Abramo!- Seco medesmo ei mor~1orava-Questa, Questa è )a figlia ~el mio cor, che prima Tutta brio, tutta vezzi, e tutta incanlo La più allegra parea, la più leggiadra ~ Urì del Cielo? Ov' è Ja gioja, ii riso Che le scherzava sull' ingenua fronte ? A Ilah danni quesf a]ma eternamente

43 Del ~Iunckir sotto la terribil mazza, .Auzi ch' io vegga questa vaga luce Degli occhi miei così spegnersi!"-- Alfine Uo dì che la vedea più abbaudonata, Per man la pre.se caramente, e il ciglio Di lagrime velato, in fievol voce Disse-" Tu lancrui sì fiulia che hai?"- o ' o ' . Oh di che punta trapassolle il core La paterna parola, e quanto disse, E quanto fece per parer gioconda I ~la quella v'iolenza ahi come stanca, Come abbattuta la lasciò! Lo sguardo Non s'inganna del padre. In lui la tema Si fe' più grande, e mille dubbi atroci, 1\Iille pensier cocenti a tormentarlo Venner così che s·e una serpe gli occhi .Morso gli avesse, men dolor n' avea. -" Oh figlia, oh figlia, dentro il cor tu chiudi Secrela pena che il fior mi rapisce Della tua vita; deh, scoprila al padre, Al padre tuo che à' amor t' ama, immenso Come il deserto, e più bollente ancora Delle infuocate arene! Ah dimmi, tanto Che mai turbar ti può, d' onde ti viene La tacita miseria che ti strugge? Deh non aver tema o ritegno: se havvi Cosa che al mondo tu desii, favella, E sia qualunque, pel Corano io giuro

44 Che lieta ne sarai. Sdegni tu forse Gli scolorali ozi di pace? Il giorno Delle tue nozze i Crisfiani a nuova . Terribil guerra chiamerò, farolti Oei lor più alteri teschi una coroua."- Colle pa:Iide labbra amaramente Uise la sventurata, e dall'ambascia Sentì dentro scoppiarsi. Oh il più lrrmendo Oe' suo i conflitti incominciava!.. Dio J~bbe pietade del dolor che troppo Avrìa quell,a redenta anima offeso. Biancheggiando alla lremula marina Sparge un' aurora in Ciel le prime rose. E imp er la col gentile alito il grembo Del fior che s'apre. L' armonia del gwrno Si ditl'ondc dci ~fori entro le tende, Ma in quella ove la vergine riplJSa Silenzio regna e pro fonda qu'iete. Le susurranli ali-dipinte aureUe Quine i arre!rar sembrano il piede , q nasi~ Que ll 'alta c.alrna rispettando, e intorno Ripetono abbracciate un pio lamento. Dell'egra figlia al mattutino amplesso Entrato v' era il trepidante Assano. Resupina sul letto entro una luce Di candor posa, come allor che il sacro Foul e da Ulr1'co r1'co,,è I I e c· a l'a 'J , •• ... , lo l - 0e~.7_.--------------------------------------- oo -.... , ·~ §J· l.f ... l ~----~------------~~-----------

45 Velano a mezzo la pupil!a immota : Son composte le labbra ad un celeste Sorriso•. e par che col sorriso al padre Dica ~ oh come son lieta I Ma, qual suole, Le tenere sue braccia a lui non tende !.. Assan la chiama: non risponde: il bianco Fronte ei le tocca...e il ghiaccio al cor ne sente ! Con ambe man la scuote... la riscuote.•. ~fa stan le membra ÌlTigiditc! Rompe AJior dal petto sì potente un urlo Che il Ciel ferisce, e del rimbombo tremano Le valli e il mare. Tutto ei si prosterna Su lei, l' abbraccia; la solleva, e poi La scuote...ancora, ancor la chiama...Ahi, quanto Un disperato affetto, un furibondo Dolor gl'ispira, tutto ei tenta ; alfine, Quasi tolto di sè, sovra la morta l torti occhi incaverna e immobil resta. Come saetta in tempestosa notte, Orribile un sospetto gli attraversa La mente che vacilla.-" l maladetti L' avvelenaro .. e per i~cherno al padre La reser già cadavere l"-L'immenso Odio tutto tornò, tornò più atroce L'antica e formidata ira che il petto Contro lor gli rodea. Cou furibonda Mano stracciò il turbante, il raso capo Percosse e colla barba il suo) tre volte Toccando, scougiurò-" Nel vostro tempio,

46 All'esecrande vostre preci in mezzo, Vi coglierà, ribaldi, il mio furore. Olà credenti del Corano, figli Del deserto, accorrete: il gran delitto De' Crist~·ani è quì. Quì, deh, guardate : Da que' tradit[ e spenti occhi vi parli L' Angiolo de1la morte. È questa l 'ora~ È questo il dì de1le vendette. Ergete Una pietra: vi sia chiuso il mio core, Iscritto il nome de' miei padri, e dite : ~{orta ella è professando unico un Dio, L'eterno Allah di cui non avvi uguale. Alla presenza del Profeta, tutti Farem su quella pietra un giuramento : O morir tutti, o sterminar la Croce" (1) . ( l ) Tulli quelli che hanno seri tlo di qu es to periodo della storia di l\Ia lta, convengono nel dire che s'ollo il regno di Ruggcro II. gli Arabi, restati qui nella speranza di cogli('rc un'occasione di rend('r si nuovamente padroni dr ll' iso l:~, t rnt:~rono nel 11 27, ({·poca che fors e dovrebbe reltitìcarsi dietro quella della pielra sepolcrale di l\Iaimcna l di sorprendere la guarni gione normanna un gio rno di fes ta durante il servizio di vi no. -----------------

47 , PARTE QUARTA.

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49 IV. ~~~ orge sul mare che le bagna il piede ~ S ~ Scoscesa ed irta l' Isola d~ll a to ~~ Meridiano; e de1la bruna front e In fra i dirupi una caverna schiude Con due cavi e profondi occhi, che volli Diresti quasi a vaghegg iar le fiamme Cui dall' africo ciel col soffio ardente Austro le manda. Fra scosccudimenti D' inaccessibil guado una catena La circonda di rupi, in mezzo a cui La spumeggiante onda si frange, c intorno Fa di minuti sprazzi una montagna. Dal sommo fra le balze serpeggiando Stretto un sentiero vi conduce, appena Atto a capir l'orme dell' uom che tenti Calarvisi. Quivi entro la natura 7. \

50 Orrendamente beJia in tenebroso Doppio ordine di logge, a cupe volte, A enormi, interminabili colonne, Una reggia compose, ov' ella siede lo sua tremenda maestà. Se un bianco Raggio di sole, qual pensier che fugge, Strisciando per le tenebre si perde Entro lo speco, allor, siccome estreme lllus'ioni d'un' anti ca mente, lngemma Ja stallatide le punte Degli umefatti massi, e par che sfidi Col mesto tremoJìo l' orrore e l' ombra. hi pesante un aere s'addensa Che frigido si stringe intorno al core, E di morte ragiona; e son gli arcani Alli si lenzi del più cavo grembo Rotti so :tan to da un mugghio lontano, Che, sordo e cupo, della ter ra pare Nelle più interne viscere sepolto; E a cui talora I' ùpupa cor.fìda li suo strido fata i, l' ùpupa immon da, Che vagolò per l' antro e po i s'ascos e. Certo questa non fu d'alcun vivente Sede giammai. Forse il pensiero appena, li pensicr che siccome onda si versa Per ogni guado, ivi d' entrar s'attenta, Quasi un errante peregrin che a sera Abbia fallato del cammin la via. Ma veggo, u parmi, fra qual Jaberinto

51 D'opache volle, taciturna e chiusa Nel manto che biancheggia in mezzo all'ombre, Una larva s' aggira? Ah sì, la veggo! Senza passo fra gli orridi silenzj UguaJ si muove e lenta lenta. Adesso Dello spec~o a una bocca ella s' avan~a, Un istante s'affaccia, e poi sparisce : ~fa quinci del secondo adito in fronte Io la riveggo che si ferma accanto Ad una pietra sepolcral. La pietra Sovra l' orlo dell' antro alta s'eleva Del mare in vista, e tra funerei segni Di cufici caratteri s' imbruna. Scuote lo spettro il suo rigato manto, Risuonando nell ' ossa, e poi la tomba Guarda... e su vi rimane immoto e fiso Sì lungamente, che somiglia il sasso l Da cui dipende. Ah se un vivente è quegli, Non sentite per lui trascorron l'ore ; Più non ha l'infelice idea del te~po . ~{a benchè un' ombra de] sembiante antico Ei più non serbi, io lo ravviso ; è desso ! È d' Ismaello qui l'ultimo figlio, Lo sventurato Assano ! La sua fronte, (Quella fronte che un giorno incontro al turbo Ergea, siccome afro li"on che scuote Le chioma e rugge al mugolar del tuono) Ahi par conversa in teschio! Nel profondo Cavo dell ' occhio si fuggì la torba

52 Pupilla, e non vi vedi altro che sangue. Scarno, attratto è il sembiante, e so l dai nervi S' informa il volto alla cinerea pelle. Piange la bocca : in crespe aride è stretto li labbro illivid ito, c lo ri co pre, Quasi pietoso ve lo, il grigio e rado Pel dcJF ispi da barba. E ancor ln vivi O sp t} tl ro di doIore ? Ogni più cara Cosa, l'intero popol ~uo, le tue Arabe schiere, c l'armi, e lt-l lunale Ullimc insegne, e i tuoi tesori, e i se rvi, E Ja fortcna, e la potenza, ah, tutto Tullo perdesti, ed altro non ti resta ... Non li resta che un antro ed una tomba! Questa è la reggia che del tuo Profeta La promessa ti diede, ed il tuo trono È quel ave] !-ma quel avello è sacro, E d' nna vergin coronata in ciclo Le reliquie racc.hiude; e tu no i sa i l E non vedi la chiara che il riveste Auri'ola, onde in mezzo all'aHa notte Si mostra ai naviganti stupefalli Lungi sul mar misterioso un lume, Che quasi aurora borea! risplende! ~{a la tremenda r ivelar degg' io Stor ia che ti sommerse in fondo ·a questo Da ogni gente diviso antro romito? . l

53 Col popolo commista dc' Normanni L' eletta schiera, dentro il maggior tempio Di ~fedina, divota al sacro rito I ntende, che rinnova il sacrificio Onde per noi l' immaculato agnello Fu steso sulla Croce : e ali or che l' ostia Sacra innalzava il Sacerdote, e il core Più dei fedeli era compunto, allora Sul tintinno del bronzo benedetto, SquiiJò tre volte una terribil tromba, Come la tromba ù' Azraei (l) nel giorno Ultimo che il .Coran segna ai credenti, E da quel suono uscir parve tra i ]ampi La paura c la morte. A un tratto il tempio llimbombò di profane e d' alte grida, Grida di guerra, di furor, d' orrore! l sagrileghi irruppero, e le spade E le faci innalzando, ampia ruina Fecero, e incendio e interminata strage. A' piedi degli altari il sangue corse, E fur le donne eù i fanciulli, e furo l sacerdoti in quel tremendo giorno Immolati alla cieca ira d' Assano : Chè impreveduto il turbine cogli ea I Normanni, e con I or non era il duce, L' Italo Ulrico. Si fuggiro, e chiusi Stier uel castello a riguardar da lunge (l ) L'Angelo della morte dci Maomellani, che, secondo essi, deve tre volle suonare la tromba intimando il giorno del Giudizio.

54 Il feroce spettacolo. La destra Dov'era più di morti orrido il suolo. Cacciò Assan tra le piaghe, e aperta al Cielo Stendendola ruggì :-"Cristo, il tuo sangue Pel sangue di mia figlia."-E Ja fortuna Già per lui si mutava, e un' altra volla Di quest'Isola il re stato sarebbe, Se alla novella non scendea dall'Etna, Siccome fiu~e d'irruente lava, Co' suoi più forti Cavalier lo stesso Fortissimo Ruggero (t j. Incontro a lui Assano stette, e sospirò la morte, Ma la morte gli stese ad uno ad uno I suoi più fidi intorno7 ed irridente, "Vivi tu sol," gli disse. .li miserando Resto de' suoi precipitar dal lido Ei vide, e vide le fuggenti vele; Poi si celò dove salvato avea Dai nemici il tesoro unico al mondo Che gli restava-della figlia il marmo. Or son già corsi i mesi e corsi gli amu Che quivi ei geme solitario, errante (1) Secondo quello che dicono gli storici, gli Arabi, dopo avere assalita in giorno di festa, e durante il servizio divino, la guarnigione normauna, furono sorpresi da Rugg('ro II. che i11formato del loro tentativo accorse dalla Sici lia, stermi nò una parte dei ribelli, e ca~ciò prr sempre l' allra dalle isole di Malta e Gozo.- Vcdi Micgc Storia di ~talla Tomo 11._ Pag. 21.

55 Sotto la terra, e che sovente assiso A piè di quella tomba, ei guarda il mare Meditando i suoi casi, e la fortuna , .E le vicissitudini del mondo. Quivi della lontana Africa ei sente Lo spiro che favella, ed ei la vede Col desiderio che non ha speranza. Però dei giovanili anni ritorna Al sogno e tutto si commove :-"O sacre Sabbie infinite del deserto, o mio Destrier valore, o forti inni di guerra, O giorni di periglio e di trionfo, Deh, dove siete? Ah, tutti vi raccolse L' inesorabil fato intorno a questo Sasso, onorando a] par del sasso dove La santa orma del piè lasciò Giacobbe." E se deJl' aria nero peregrino Un nembo· romoreggia, e devo)vendosi Sul mare passa innanzi alla caverna, Colla rupe che rugge e che saluta La vicina procella, egli divide Un fremito di gioia; e mentre l' onda Cresce, s'incalza, si rigonfia sotto L' inferocito sibilar dei venti, Voluttuoso ei la riguarda, ei vive Nella voce del turbine, la voce Che alla tempesta del suo cor somiglia ; l Egli anela che il fulmine scoscenda, E il fulmine non tarda, e rintronando

5G I cavi della grotta ermi recessi, Al tremolar del liv i do baleno Mostra un istaute la sua fronte ... oh qua!e ! I tremendi occhi suoi mandano un lampo Che misto a quel de11a saetta, squarcia Per l' alta notte il grembo alia procella. Ma la scena si cangia. Una tranquilla Sera, dai fori della grotta sco !Jre 11 silente e steiJato arco dei cicli Nell' infinita sua beltà. La luna Del purissimo suo lume d'argento 1 Incoronata, spiega i mesti ra g 1 gi. d . Sull' orbe addormentato. A e1 appresso Languon gli (;lSlri d' amor: brillan più lungi Di vivo sfolgorìo, fin dove in mare Si bagnano la chioma ; e il mar che siede Siccome specchio immenso al firmamento, Nella tremula e crespa onda il riflette Cogli eterni suoi lumi! Sollevando Dal muto avello ove sedeva il guardo, Assano a ]ungo rimirò ]a vaga Suora del Sole, rimirò le stelle, Quasi abbracciate in tacito dr,sìo Belli ssime od.ali schc. Lene lene Allora ei si sentl 1' anima tocca Da uno spirto romito che alla vista Di quel mar, di quel cielo e di quegli as~ri, Uscia dal marmo a ragionar con lui.

51 ------------- - -' 'Scendi forse, o dilétta , al mesto padre, Scendi dall ' infinito albero d' oro, Dove mutata in bianco augell o, a' piedi Del 1frono eterno, e al gran Profeta accanto, Aspetti il dì che raccorrai da questa P i etra, la L ella tua candi da vesle? lo la guardo, io la veglio, e quando i due A ngioli neri chiameranmi, spero Vestir le piume dell' angcl che scioglie Jl canto all ' ombra de' sepolcri. Lenta E somigliante ai secoli trapassa L'ora dinnanzi al mio speco, pur cade ~el sen d: etr.rnita, come la goccia Dentro l' immenso mare. Il giorno ignoto Anche al Profeta, il gran giorno de' morti Risuscitanti alfin verrà. ~ ... ra i lauri Dell ' [rem sempi-terno a noi promessi, Insieme al! or batterem .l'ali, allora..." Ma seguitar chi _mai potrebbe il volo D'araba mente cui commove un grande AfTetto, e i dì della seconda vita Dentro la calda fantasia rivolge? Di pensiero in pensier, grave la fronte A poco a poco ei reclinò sull' orlo Del sasso; e quando, nel sorriso estremo D' Espero che Je molli onde consola, M essaggere deH ' alba uscian dal mare L'aure dipinte delle prime rose, Nel lieve sonno mattutin vedea 8.

58 In un• lri d'amor, lontan lontano, Cinta di vividissimi splendori, E assai più bella la sua bella figlia ! In atto di pietà tenea su lui Prono lo sguardo : della destra ergeva Uua palma, e ]a manca lievemente Serrava al pelto un brando,- il brando istesso Douo d' Ulrico ; e l'elsa e la sua gemma Le rifulgcan sul cor, tante piovendo lnliuo agli occhi suoi liste di raggi Che sostcnerle ei non polea. La fronte China un istante onde raccor novella Virtude, la rialza, e fatta vede Più remota la figlia e più luce nte, Che ver lui fiammeggiava uHimo un guardo Fra un sorriso e uoa lagrima !-ed in quella Clte in mezzo ai lamp i ella spar1, dall'alto Una voce discese, e come tuono Che in echi rimbombanti si prolunga, Hipetè per lo speco :- "Una menzog·na, Una menzogna, una menzogna è il tuo P rofela."-Si riscosse, di repente Dritto levato ribalzò sull' ossa, E bieco intorno riguardando stelle Lungamente tra attonito e confuso. Tacea lo speco, e da' suoi fori entrava Placido il lume dell'aurora. Un sogno•.• Fu dunque un sogno I Si toccò la fronte ; Poscia col peso delle sciolte membra Cupo-gemente ripiombò sul sasso. ---·-----------~------.: l

59 L' arcana vis'ione, i lampi, i raggi DeJia sua figlia colla palma e il brando, E l'ultimo suo sguardo, e quella voce, Oh la voce terribile che scossa Ogni IJbra gli avea nell' imo petto, Durar nella sconvolla anima stanca, Come Ja forma dell'idea che fissa, Tormentosa, in~mutabile, s' aggrava Sul dormente cui vince un' alta cura. Tigre che inferocita si rivolge, E morde il ferro che le passa il fianco, .Ma il ferro più s· interna e il cor le tocca, Onde cade, e riversa sulla terra l\landa rotti bramìti dibattendosi Negli aneliti estremi, Assan somiglia Che contro il tuono dell'ignota voce Dentro il segreto del suo cor..Qcontende. Un mattin che tornato era aJia grotta Dai lavacri del mare, e avea sentito Nel gemito dell'onda un susurrìo Quasi d' arcani accenti; ecco improvviso Sul primo speco presentarsi a lui Un cavalier che il casco avea lucente D'un' aurea punta, e l'armi ricopria . ~ Di bianchissima tunica, partita In mezzo al petto da una rossa Croce, A quella vista, all' odi'ato segno, Feroce, àal profondo deJJa testa,

60 Un guardo saettandogli :-"chi sei, Gridò, chi sei che Cristiano ardisci Dell'Arabo romito entrar Ja grotta, E le sacre turbarg!i ore solinghe ?" -' 'Pace, Assan, pace.-rispondea con voce Soave e piana il Cavaliero--lo vengo J\lessaggero di Dio, vengo dal tempio Di cui guerrier son fallo, e dove sciolsi Sul gran Sepo lcro un voto ;.. io sono Ulri co." Come quercia che agF impeli dei vento Piega le ann tJse braccia e tutta muove Le chioma, Assano a quel funesto nome Per le membra tremò. D'ira implaca ta, Di ricordanze e di sospeLLi atroci Un cumulo l' assalse. In fieri accenti Su lui prorr?mper volle, ma la voce, Quasi va por che rugge in sen del mon le Pria ch.e in fiamme divampi, gli fremca Entro i precordi , e i bi echi occhi sanguigni ~f.e tteano il lampo che precorre d tuono. Ah, dov e, e .quando, e perchè mai del Cielo L' imperscrutabil volontà, poi tanti Anni e vicende, l'un de1l' altro in fronte Pon due nemici che veduti appena S' cran da ]ungi tra i] furor dell' armi? Ulr ico! Ei stesso si nomò. Ma come Raffigurarlo ? Aimè! più non par quelJo,

61 Quello non pare che dicean le genti Somigliante all' Arcangelo neH' ora Che del gran nunzio salutò Maria. Porta or grave e di solchi addolorato 11 volto, che di Siria ai soli adusti Si colorò nel bronzo; e sol più viva Dall'azzurra pupilla esce una luce Di sacrificio, che la sua rammenta Nella speranza gioventù perduta. -"Oh generoso iover che mi rendesti La mia dilelta co11a morte in seno I Vieni forse a raccor de11a nefanda Opera il prezzo, ad oltraggiar del padre J..a miseria c il dolor? Sovra il caduto, Col petto tronfio del bugiardo segno, Vieni tu forse a superbir ?.. Non dunque !li valse di celarmi in questo cieco Antro, ove mai di vivi orma non giunse, Chè lìn quì mi persegui ?...Ahi, la fortuna Neppur quel brando mi lasciò...Nel petto Renderti adess·o il traditor tuo dono... I ~~a che, de' velenosi occhi che guardi Intl)rno ?...che ricerchi ?... Empio, vorrai Anche una pietra attossicar?.. paventa; Col furor della belva io la difendo." -' 'Deb, quel avei dov'è-contro l'irato Dicea pietoso Ulrico,-ov' è quel marmo, Che alto d'amore un olocausto aspelta?

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