Il Conte di Cavour e l'Italia - 1859

CONTE DI CAVOUR Non si deve lasciar passare questa 'Occasione, acciocchè l'Italia vegga dopo t anto tempo apparire un suoredentore. MAcBIAv. Il Principe, c. 26. -----~~;a------ TORINO TIPOGRAFIA SARDA DI CALPINI E COTTA Via Conciatori n° 20 1859

MAZ 0700 00252 MAZ ~892

l. Se mai fu politica al mondo che leale per eccei· lenza estimare si debba, quella si è del conte di Cavour per rispetto all'Italia. Ministro leale di un re che in lealtà non ha pari, non venne manco finora a se stesso ; nè lo verrà per/ fermo, qualunque sia l'avvenire che a noi si appar·ecchi. « Dopo il disastro di Novara e la pace di Milano ( sono le parole del suo memorando discorso nella tornata del 16 aprile 1858 della Camera de'Deputati ), çlue vie politiche si aprivano davanti a noi. Noi potevamo, piegando il capo avanti un fato avverso, rinunziare in modo assoluto a tutte le aspirazioni che avevano guidato negli ultimi anni il magnanimo re Carlo Alberto; noi potevamo rinchiuderei strettamente nei confini del nostro paese, e, chinando gli occhi a terra per non vedere quanto succedeva oltre Ticino e oltre la l\Iacra, dedicarci esclusivamente agl' interessi materiali e morali del nostro paese; noi pote.. vamo in certo modo ricominciare a continuare la politica in vigore prima del 1848. L'altro sistema

4 invece consisteva nell'accettare i fatti compiuti, nello adattarsi alle dure condizioni de'tempi, ma nel conservare ad nn tempo viva lu fede che ispirato avevano le magnanime gesta di re Carlo Alberto; consisteva nel dichial'are la ferma intenzione di rispettare i trattati, di mantenere i patti giurati, ma di contenere nella sfera della politica l' impresa che andò fallita su'campi di battaglia. « II primo sistema presentava certamente molti e segnalati vantaggi; applicandolo, si potevano rendere meno gravi le conseguenze della funesta guerra del 1848 e ~ 849; si potevano ricondnne più prontamente le finanze in floriùo stato ed esimere i popoli da tanti nuovi tributi. Ma l'adozione di q.uesto sistema importava una rinunci~ assoluta ad ogni idea d'avvenire, imponeva d'abbandonare le gl(:wiose tradizioni della Casa di Savoia, di ripudiare sdegnosamente la dolorosa, ma gloriosa eredità di re Carlo Alberto. Il generoso suo figlio non poteva esitare, e, quantunque assai più difficile, egli scelse il secondo. E per attuarlo_, pochi giorni dopo d'essere salito al trono, chiese a sedere a capo de'suoi consigli un illustre italiano, il di cui nome equivaleva ad un programma liberale ed italiano_, Massimo d'Azeglio. « Il ministero d'Azeglio applicò e praticò il secondo sistema, i cui principali scopi erano i seguenti: in primo luogo dimostrare alr Europa che i popoli italiani erano capaci di governarsi a libertà, che era possibile conciliare un sistema di libertà lealmente_, ma largamente applicato nel rispetto di quei grandi principii sociali che erano minacciati allora in altre parti d'Europa. Ciò fatto doveva cercare in secondo luogo di propugnare nel campo della diplomazia gl'in-

5 teressi delle altre parti d'Italia... I ministd chiamati a succed ere a quell'illustre uomo di Stato non mut~rono poli~ica, solo cerc~rono di applicarla con maggwr estensione, con maggior vigore; e ciò non pereh è erano mutati gli uomini, ma pcrchè il sistema seguito da alcuni anni aveva già prodotto i suoi frutti, ed era giunto il tempo in cui potevasi, senza imprudenza imprimergli ulteriore e più energico svolgimento... « Questo nostro sistema trovò un'occasione propizia , pet· essere largamente svolto, nella guerra d'Oriente. » Solo che si dia un rapido sguardo alla condotta tenuta dal Piemonte lnngo gli anni che precedettero la guerra d'Oriente, non si può non rimanere pienamente convinti della veracità delle parole del conte di Cavour. Tutto non fu perduto, come nella profonda e disperata amarezza rlell'animo suo ebbe ad esclamar· Carlo Alberto, su'campi di Novara. Su quei campi medesimi, uve in mezzo a' sanguinosi cadaveri de'vinti parve crollar l'edificio della nazionalità italiana, rimaneva l'addentellato per ricostruirvelo quando che fosse di nuovo. Spente o domate le libertà in ogni altra parte d' Italia, il Piemonte assicurava colle sue costituzionali franchigie l'asilo a'fuggiaschi, che portavan con loro l'amor della patt·ia e it desiderio dell' indipendenza; concentrava nel suo seno le forze latenti della nazione, che dovevano necessariamente mantenere sempre viva la speranzn immancabile del risorgimento. Nè fu difetto di tentativi da parte del Piemonte per persuadere agli altri Stati d'Italia i vantaggi di accomunar nella pace i propri e pnrticolari interessi all'unico c supremo interesse della nazionalità. Quand'egli ne vide sdegnosamente respinto il

6 pensiero, fidò tutto in sè stesso, nella bontà della causa, nel progresso della civiltà, commettendo animoso le sue sorti al tempo e agli eventi. Da quel momento forrnossi, per naturale e logica conseguenza de'fatti, il più assoluto antagonismo tra l' Austl'ia e il Piemonte. - Il. L' innalzamento del secondo impero in Francia ~ perchè basato sul voto universale, fu l'atto più solenne del riconoscimento de 'principii d t~ lla rivoluzione, che erano la perfetta antitesi d'i quelli della sant'alleanza. Ciò che avea reso l'Austria onnipotente in Italia erano stati per l'appunto i trattati del 1815; e l'assunzione al trono di Napoleone III non veniva ad essere altro in sostanza che la distruzione col fatto di quei medesimi trattati. Il Piemonte fin d'allora eomprese che, a vol er mnturare il suo gran disegno di abbalter l'Austria in Italia, gli era mestieri di stringet•e i suoi più forti legami colla Francia dei Napoleouidi. E in questo non esitò, concedendo con antiveggenza, con senno e con franchezza tutto cià ch'era ben comportabile colla sna dignità. E mentre da un lato prov·vedeva con ogni diligenza e solerzia al riordinamento interno della sua amministrazione, per quanto le condizioni presenti gliel consentissero, dall' altro tenea fisso lo sguardo al tempo avvenire, aspettando che tali gli si parassero innanzi gli avvenimenti da spingersi in una via più decisa. L'Austria non poteva certamente non iscorgere nell'altiero contegno del Piemonte un formidato nemico, ed ora le minaccie, ora gli atti ostilmente op-

7 ponevagli, facendo con breve intervallo alle note conseguitare i sequestri de' beni dègli esuli lombardi già divenuti cittadini sardi. Contro un procedimento sì odioso e sì reo egli prorestò legalmente, e il concorde plauso ne riportò dell'Europa civile. Ma la questione d'Oriente fatta gigante, . l' Austria, prima che si risolvesse ad abbracciare il partito delle potenze occidentali, chiedeva alfa Francia per un trattato segreto la guarentigia de' suoi possedimenti in Italia. Misurò d'un guardo allora il Piemonte tutta la grandezza del passo a cui la sua riv aie accingevasi, comprese il pericolo della sua posizione, e con nno di quegl' impeti felici che riescon ne' casi più gravi a salvar uomini e Stati, proferse ardito la sua aileanza alle potenze occidentali senza nè patti, nè compensi_, ed entrò anch'egli nella gran lizza em·opea, sconcertando così, con una destrezza forse senza esempio, i piani dell" Austria. In quel giorno, 10 gennaio 1855_, il conte di Cavour tolse il portafogli degli affari esteri_, e consacrò il suo nuovo ministero coll' adesione alla lega anglo-francese. « Il trattato di alleanza ( continuano le parole del suo discor·so nella sovraccennata seduta del 16 apl'ile) fu, sino ad un certo punto, un'applicazione del sistema· da noi adottato ; giacc:hè, se è vero che il Piemonte partecipò alla guerra d' Oriente perchè la eonsiderava guerra giusta, ~uerra di equilibrio europeo, e, se anche si voglia, fino ad un certo punto, guerra di civiltà, posso accertare però che vi partecipò altresì collo scopo di acer·escer la fama in cui la Sardegna era tenuta e di acqui stare nuovi diritti per poter propugnare nel seno dei Congressi europei la causa dell' Italia. E rispetto al primo pun-

8 to a cui vengo accennando, cio'è all' acquisto del credito che venne alla Sardegna dalla sua partecipazione alla guerra d' Oriente, le nostre speranze non andarono fallite. Ciò, mi affretto a dirlo, non è dovuto che in piccolissima parte àlla nostra diplomazia, a' nostri atti politici. Il me~ito di questo gran fatto, il merito di aver ottenuto che la Sardegna uscisse dalla guerra molto più stimata, molto più onorata dalle altre nazioni europee, è in gran parte dovuto all' ammirahile condotta, al sublime contegno del nostro esercito su' campi di Crimea. « Nel Congresso che pose fine alla guerra noi cercammo di raggiungere il secondo scopo che ci eravamo prefisso, di applicare la seconda delle nostt·e massime politiche. Noi abbiamo colto questa grande occasione, -in tui si trovavano riuniti i rappresentanti di tutte le primarie nazioni d' Europa, per dife ndere la causa d'Italia. E, mi sia lecito il dirlo colle parole pronunciate in circostanza solenne dalla Corona: fu un gran fatto vedere per la prima volta la causa italiana propugnata da potenza itnliana. » Ed invero. il giorno istesso in cui, fermata la pace in Parigi, nel marzo del 1856.. l'Austria credette di essere uscita dal periglio sana e salva e con onore, senza averci messo nulla del suo; in quel giorno il conte di Cavour le preparava un eolpo terribile, che doveva feril'la nel cuore, e non poteva, o pr·esto o tardi, non esserle cagione d' immedicabili mali. Gittato con esperta mano nel Congresso il razzo della questione italiana, non era più dato alla diplomazia d' impedirne gli effetti. Fu la parte di bottino che il Piemonte •·accolse da' suoi sacrifizi di uomini e di danari, e ch'egli investì a profitto dell' Italia, di cui

9 assunse in quel momento al cospetto delle nazioni la legittima rappresentanza, aprendo così a sè stesso un più largo e più glorioso avvenire. L' Italia sentì di esser viva nel Piemonte; e salutò con riconoscenza nel conte di Cavour il suo novello Farinata . III. Non VI e rivolgimento politico notevole, non v1 e grande rivoluzione che possa compiersi nell'ordine materiale, se preventivamente non sia già preparata nell'ordine morale, nell' ordine delle idee. E questo mutamento nell' C\rdinc morale e nell'ordine dell'idee a favore dell'Italia avvenne, dopo il Congresso di Parigi, per opera del conte di Cavour. In quel Congresso il Piemonte acquistò più che non aveva perduto a Novara (ben egli il disse) gli valse assai più che se avesse guadagnata una battaglia. Se l'Italia, ,se l' Eur·opa, se il mondo siano rimasti compresi di stupore è di ammi razione, d' interessamento e di simpatia verso il Piemonte, basti per tutti citare il solo fatto della soscrizione per i cento cannoni di Alessandria, alla quale, come dimostrazioni di affetto, vòllero coneorrere perfino le più lontane ed obliate contrade oltre l'Atlantico; il nome del Piemonte divenne ad un tratto segnacolo di civiltà, la sua bandiera simbolo di unificazione di tutti i partiti, e sull'augusto capo di Vittorio Emanuele Il scesero le benedizioni di tutti i credenti nel trionfo della libertà. Fu questo il frutto, questi i risultamenti che la politica adottata, e con tanto zelo ed accorgimento sostenuta dal conte di Cavou1·, procacciò al Piemon-

,IO te. La quale politica, a valeria considerare sotto tutti i suoi aspetti, non poteva ·non avere alcune gravi conseguenze, nè scevra andar di pericoli. Era impossibile infatti che dessa non provocasse il risentimento in ispecie di quella avversa potenza che interessi ben altri aveva in Italia de quelli. del Piemonte. Nè tardò gnari che il conte di Buoi, ministro dell'Austria, dandosi la briga di denunziare all ' Europa i giudizi della libera stampa subalpina falsamente accusati di _ perfidia, levando alli lamenti per gli applausi riscossi dall'indirizzo politico del governo di Vittorio Emanuele, ed insino pel monumento spontaneamente ;votato da' dttadini milanesi all'esercito sardo, additava cotesti fatti siccome unico ostacolo nlla pacificazione della penisola, alla p,erfetta riconciliazione tra sudditi italiani e principe straniero, e provavasi di trnrne pretesto onde cogliere in fa Ilo il Piemonte e designarlo qual fomite di rivoluzioni, qual perpetua minaccia alla conservazione del presente ordine europeo. Il conte di Cavour, rispondendo parte a parte alle accuse, confutandole, sviscerandole, dimostrandone l'assoluta mancanza di fondamento, opponeva temperatamente le inquietudini e le querele deWAustria non provenire ad errori o sopr·usi del Piemonte, sivvero dal contegno assunto dal governo tirannico dell'Austria, ehe Clarendon non-peritossi in piena adunanza di chiamare infernale, in faccia a quello del Piemonte, basato sulla · liberrtà, sull' .ordine e sulla giustizia. E così, rotte- nel febbraio del 1857 le relazioni politiche tra l'Austria e il Piemonte, venivano richiamati il conte Paar da Torino e il marchese Cantono da Vienna. Era ben naturale che atteso la gravità degl'in-

-11 cidenti, e confrontando le sue forze il Piemonte culle forze materiali della sua nemica, avesse a r.onsiderare la sua condizione come non immune ùi pericoli. E ad ovviare ad ogni contraria evenienza, il conte di Cavour si adepernva a sciogliere Id questione col soccorso delle alleanze, col cercare di formare e mantenere le alleanze colle ~grandi potenze che non avevano inter·essi contrari a' suoi. « Se le questioni politiche (egli diceva in parlamento) si discutono per mezzo della diplomazia nelle note, ne"' protocolli, ne' memorandum con argomenti legali, si decidono poi non più dai tribunali anfizionicL ma su' campi di battaglia da' battaglioni e dalle squadre delle une e delle altre .rotenze. E pur troppo la fortuna in questo non è sempre amica nlla rigorosa giustizia: la fortuna è ancora, com'era a' tempi del gran Federico, amica delle grosse schiere. Quando una nazione non può disporre di squadroni molto grossi, essa deve dar opera onde cercar d' aver·e all'occorrenza l'appoggio de' grossi squadroni de' suoi amici de' suoi alleati. « Cercando di appliçare largamente il sistema di alleanze, non solo rispetto alla Francia e all 'Inghilterra, ma rispetto a tutte la nazioni che non hanno in Italia interessi contrari a' nostri, che riputiamo anzi avere interesse acciocchè le condizioni d'Italia si migliorino, abbiam fatto quanto stava in noi per ristabilire buone relazioni coll' impero russo e per accrescer·e il sentimento di reciproca benevolenza col regno di Prussia. Io credo che, rispetto alla Russia, noi abbiamo raggiunto il nostro intento e che ora possiamo vantarci di avere con essa le migliori re .. !azioni .. >>

12 Ed invero sia detto ,di passo, le cordiali dimostrazioni fatte alla Czarina madre, nel suo soggiorno a Nizza e nel suo passaggio per Torino, le festose accoglienze al Granduca Costantino nella reggia e nel paese, la cessione del porto ~i Villafranca per islanziarvi la flotta moscovita del Mediterraneo, erano altrettante prove e argomenti innegabili di smcera amicizia colla Russia. Ma di tutte queste alleanze, alimentate ed ac- · crescii1te con uno scambio di servizi e di buoni procedimenti, mercè i trattati di commercio, le convenzioni consolari e altre provvisioni a render favorevoli e facili le relazioni internazionali, dovea certo il Piemonte accarezzare assai maggiormente quella che più giovasse alle s ue mire a riguardo dell' Italia la cui causa era già, per un fatto morale compiuto, indissolubilmente congiunta alla propr·ia. Ed ·ecco perchè il conte di Cavour, comunque, confessasse l'alleanza dell'Inghilterra stargli gr·andemente a cnore; parea se ne scostass~ quando questa mostrava di essere attratta per suoi fi11i ver.so l'Austria e più e più sempre a quella della Frnncia si avvicinava, che, governata da un Napoleonide, non sarà mat l'amica di Casa Absburgo. IV. A rendere stabile il trono imperiale in Francia vuolsi necessa riamente che un sistema in Europa sia adottato, il quale poggi su tutt~ altre basi che quelle de' trattati del 1815. \ Questa specie di diritto pubblico, sancito dalla sant'alleanza in odio della Francia e coll'espressa intenzione di rendere impoSsibile il ritorno de' Bona-

13 parte sul seggio de' Borboni, è mestieri che sia cancellato, se fu scritto ne' decreti del cielo che i discendenti di Napoleone ~ebbano conservare sul loro capo la corona di Carlo ì\Jagno. L'era delle conquiste è passata; ma un'altra a questa è succeduta, più consentanea all' indole dei popoli e alla civiltà dei tempi, l'era delle nazionalità. Nel principio delle nazionalità è l'avvenire dell'Europa. Fra tutte le nazioni, quella che più sente il bisogno della propria autonomia è l'Italia, che, nn dì padrona del mondo e maestra d~ ogni sapere, d'ogni arte e d'ogni industria, non poserà giammai se non avrà conseguito il suo fine, che da secoli e secoli forma il suo più ardente desiderio, il sogno dei suoi pensatori, il voto de' suoi martiri, la sua ragione di essere. Chi si oppone al compimento di cotesto desiderio è l'Austria; l'Austria, che vede nella dh·isione e nellà servitù dell'Italia il sostegno della sua grandezza. Togliete all'Austria l'Ita lia, e le avrete tolto quella potenza che sotto lo specioso nome d'equilibrio, la fa in certa guisa, arbitra de' destini d'Europa. In tutte le gravi questioni d'ordine europeo è sempre J' Austria che fa traboccare la bilancia dal Iato che m~glio le conviene. Qr tanta preponderanza in uno Stato è d'uopo che scompaia nell' interess.e di tutti gli altri. E non sarà forse avventatezza il pensare che, dopo la guerra di Crimea, a questo principalmente abbiano applicato l'animo la Russia e la Fl'ancia, che, ciascuna per la parte sua, ne avevano ;sperimentato i perniciosi effetti. Il convegno in Stoccarda dei due Imperatori, Alessandro II e Napoleone Ili, ,u questo per avventura dovette provveder·e.

Alla Russia non già, che era stata a capo della Sant'Alleanza; bensì alla Fran1:ia, che ne fu designata vittima, spettava l'iniziativa. Essa dunque non poteva non carezzare it Piemonte e indirettamente secondario ne' suoi sforzi, tendenti a rovesciare l' edificio della potenza dell'Austria, che sull'autorità da lei esercitafa sovra i principi d' Italia essenzialmente si poggia, e superiore a tutte mot·almcnte la rende in Europa. Consapevole o divinatore delle intenzioni della Russia e della Francia, sicuro dell' amicizia della prima, forte dell'Alleanza della seconda, il Conte di Cavour non indarno · avrà chiesto ed ottenuto dall' Imperatore dei Francesi un abboccamento a Plombières, che finora rimase un rpistero agli occhi stessi della più accorta diplomnzia. L'attentato di Orsini sulla pe·rsona di Napoleone Ili contribuì cet·tamente ad affrettar l'opera _ della Francia imper iale contro l' austriaca esorbitanza, sendo venuto fatto all'Imperatore di scorget·e in questa l'occulta; ma vera, unica e sola cagione di un disperato procedimento a danno di lui. Se così non fosse stato, a qual pro il governo francese avrebbe permesso al sardo di render nota e pubblica, per mezzo della Gazzetta Piemontese, la lettera che a lui scriveva, non per propria discolpa o difesa, ma nell'interesse della patria ~sua, Felice Orsini, prima di salire sur palco di morte? Dall'altro canto, la subdola fede, le mene perverse e le pratiche incessanti, con ogni rnaniera intrighi e raggir i, nella Ser·via, sulle sponde del DaHubio, in Turchia, per deludere gli accordi, per attraversare i disegni, pet· esautorare in fin de' conti

15 la Francia imper·iale, venivano mettendo il colmo alla misura. E quanto più l' Anstr·ia proc.edeva baldanzosa e tracotante ne' &uoi atti iniqui, tanto meno si addava della tempesta che le si addensava su l capo, e che presto o tardi doveva scoppiare. v. Era riserbato all'anno di grazia 1859 il dar cominciamento a quella serie di fatti che in sì breve giro hanno preoccupato da un capo all'altro d' Kuropa la pubblica opinione. Dalle acerbe parole che il nipote di Napoleone rivolgevn; al cospetto del corpo diplomatico, in occasione di J.ieti auguri 'per il novello anno, al rappresentante di Francesco Giuseppe : << Mi duole che le noslre relazioni coll'Austria siano tanto cattive ». principiava il giusto giudicio che i Cieli avevano riserbato contro i trattati del1815, che sono la condanna della dinastia napole.onica ed il letto di procuste della nazione francese. Napoleone III, conscio che 1' Austria è la nemica pitl' accanita e più perfida che incontri la Francia in tutte Je sue imprese, memore dei tradimenti passati, indignato dei contrasti presenti, e sospettoso a ragione e ft·emente degl'intrighi Jegittimisti che si annodano a Vienna, volle quasi pregustare il piacere della vendetta in quell'insulto. II mondo se ne commosse. « L'orizzonte in mezzo a cui sorge il nuovo anno (di lì a poco tuonò la voce ùi Vittorio Emanuele nel discorso della Corona) non è pienamente sereno. « Confortati dall'esperienza del passato_, andiamo incontro risoluti alle eventualità dell 'avvenire. « Quest'avvenire sarà felice, riposando la nostra

1.6 politica sulla giustizia e sull' amor·e deJia libertà e della patria. (( n nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei consigli dell'Europa, perchè grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira. << Questa condizione non è scevra di pericoli, giacchè nel mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante pa-rti d' Italia si leva verso di noi. << Forti per la concordia, fidenti nel nostro buon diritto, aspettiamo prudenti e decisi i decreti della Divina Provvidenza. Sat·ebbe vano il ridire l' effetto che produssero queste parole, che di lab~ro in labbr·o risuonarono che i rapidi venti e gli elettrici fili trasportarono per ogni dove, e agitaron le menti e commossero le anime, e ancor ci rintronano, a quanti noi siamo italiani, più_che negli orecchi, ne' cuori. Nè intero un mese trascorreva che Napoleone III così parlava, all'aprir della sessione legislativa, in Francia. << L'interesse della Francia è dovunque trovasi nna causa giusta e civilizzatrice da far trionfarr. (( In questo stato di cose non era niente affatto straordinario che la Francia stringesse viemaggiormente al Piemonte, il quale era stato così pronto ai sacrifizi durante . la guerra, e fedele ali;} nostra politica durante la pace. « Da qualche tempo lo stato dell'Italia e la sua condizione anormale, dove l'ordine solamente è conser·vato dalle truppe straniere, inquieta giustamente la diplomazia.

17 « Io rimarrò irremovibile nella via del dil'itto ' della giustizia e dell'onor nazionale; il mio governo non si Jascerà trascinare, nè intimorire, perciocehè la mia politica non sarà mai nè provocatrice, nè pusillanime. « Lungi da noi adunque i falsi allarmi, le ingiuste diffidenze, le interessate diserzioni. « Quando sostenuti dal voto dell'opinione popolare si ascendono i gradini di un trono, si viene innalzati sulla più grave delle responsabi1ità al disopra delle infime re ~ioni, dove si discutono i volgari interessi; e si hanno per primi moventi, come per· ultimi giudici, Dio, la propria coscienza e la posterità. » Lungo il corto periodo. di tempo ch' era scorso dalle parole di Vittorio Emanuele a quelle di Napoleone III, un grande avvenimento era seguito in Torino nelle auspicate nozze della principessa Clotilde col principe Napoleone. Rendevansi cosi più sacri e duraturi co' legarni di famiglia quelli di un' alleanza italo-francn, suggello più saldo alla unione di due grandi popoli, nr. ' consigli della Provvidenza destinati ad esser fratelli. E non mendace fu al certo il gr·ido che dalla stampa non officiale VP-nne ripetuto con asseveranza : aver il giorno stesso del suo arrivo a Torino il principe Napoleone consegnato al r·e Vittorio Emanuele una lettera autografa dell'imperatore Napoleone: essere stata questa al domani comunicata al conte di Cavour; un consiglio privato essersi riunito il 18 gennaio sotto la presidenza del l'e; e finalmente il giot·no 19 un tr·attato segreto essersi sottoscritto dal conte di Cavour, ministro degli affari esteri per la Sardegna da una parte, e dal generale Niel, incaricato speciale dell'im-

18 pea·atore Napoleone III da W alta·a. Di questo trattato di alleanza offensiva e difensiva tra il Piemonte e la Francia, al quale si aggiunse essere stato dalo il carattere di eventuale, si appose al -vero chi disse per il primo esser consenziente ed approvante In Russia. Per tal forma l'impero francese collegatosi al P'iemonte, si vede costretto a protestare contro le usurpazioni detrAustria in Italia, vuoi eliminare ogni cagione di sommossa, restituendo un popolo, che trovasi presentemente invaso per necessità dallo spit·ito di rivolta, alla sua lrgittima indipendenza, alla generosa c p~cifira applicazione de' suoi g·randi istinti di civiltà. Nè il popolo frnncese, così intelligente . così generoso, così devoto a' principii del libero reggime.nto, pel quale ha fatto tanti e così grandi sacrifizi dal 1789 in poi, potrà senza rinnegare le sue nobili aspirazioni o rendere vieppiù lontano il ritorno della libertà in Francia, osteggiare il gran pensiero che Napoleone IIT, sta maturando, o mostrarsi soltanto tiepido e indifferente. lmperciocchè è impossibile che la politica liberale, inaugurata dall ' imperatore in riguardo all' estero, non reagisca un dì o l'altro all'interno. La Francia, coadiuvando al risorgimento della libertà in Italia, avrà fatto nel tempo stesso un grande lavoro per la propria libertà. L' impero francese fu ristaura lo su questa base: « nè utopia nè reuzione., >> come un mezzo termine plausibile; come nn arg"ìne potente contro due torrenti che 1ninacciano ò' invadere da due parli opposte la Francia, il socialismo e la reazione. Ciò che allora preoccupava fortemente la nazione francese era il timore di veder tur·bato l' ordine

19 pubblico da'furori del socialismo o distrutti i grandi principii della rivoluzione dalla vittoria de'reazionarii; e per la tutela dell' ot~dine sociale e la incolumità de'medesimi principii assoggettavasi ad un governo, ìl quale con una mano di ferro domasse e lo spirito del disordine e quello della reazione; e vi si assoggeltaYa, sacrificando per qualche tempo l' ese rcizio e il godimento delle sue preziose libertà. Er·a una dittatura conferita per combattere più a ~evolmcnte i temuti nemici interni, simil e u quella che gli antichi Romani istituivan <l nelle supreme contingenze della patri l'. Ma ora che i p avrntati fan tasmi sono scomparsi, ora che il socialismo è disa rmato e la reazione fatta impossibile, la dittatura non ha più ragione di essere; è tempo che s i scuopra la statua della libertà, facendo sparire ogni vestigio d'una crisi sociale che più non esiste; è tempo alfine che l'impero si spogli di tutte le fo.rme eccezionali e rivesta le forme d' un governo regolare che permetta a lla Francia tutto il possibile 1 wvimento morale in cui stnnno le condizioni esser.liali della sua vita, del suo progresso, dell a sua inflner. w. Wia come ciò fare , fino a che durino i pet·icoli pr1 venienti dalla situazione anormale dell'Italia : Deve dunque la Francia por mano al rimedio di questi peri< ;)li , deve togli ere di mezzo siffatto unico ostacolo al l'ilorno della sua libertà, se di questa libertà, com'(- innPgato, com'è in.concusso, ell a ha, più che desiderio, bisogno. VI. Se.ntendo l'Austria a ruggire a sè vicino, e da più lati, come il nembo di una vindice ira_, senza punto

~o dat· tempo al tempo, pose mano ad armarsi, a raffot·zarsi ne ' suoi possedimenti in ltaliaJ riserbandosi in appresso di mettere in ope1·a altri argomenti per complicare le cose. Ma il Piemonte non era colto dalla sua nemica alla sprovvisto : aveva egli lungamente pensuto a'fatti suoi. E a tanto moto dell 'Austria rispondeva il ministero col fare quanto stava "e' limiti del potere esecutivo; riuniva sulle frontiere dello Stnto tutte le forze disponibili, e nel tempo stesso chiedeva ed otteneva dal Parlamento i mezzi di provvedere efficacemente alla difesa della patria, alle esigenze del suo onore, de'suoi più sac t·i interessi. Fu in tal circostanza che il conte di Cavom· dimostrava alla Cnmera dci Deputati) nella seduta del 9 febbraio, la politica del Piemonte non essere giammai provocatrice o rivoluzionarin, ma sempre libet·alr. cd italiana; non aver mai creduto per il passato', nè crederlo adesso, di aver il diritto di (H'ovocare una guerra; ma essere stato sempre convinto qualmente fosse suo rlovere, non solo di svol ge re nell' interno del paese i principii di libertà, di nazionalità su'quali riposano le istituzioni di Ca rio Alberto al suo popolo largite, rna altresì di farsi, a ft·onte dell 'Europn tutta, interprete rle'bisogni, de' dolori e delle speranze d'Italia, e però di opporsi gagliardamente alle continue usnrpazioni dell'Austrin nel territorio della penisola; questo suo programma averlo sempre altamente manifestato, non solo al cospetto della nazione, non solo nel seno del Padamento, ma ne' Consigli stessi dell'Europa, ne'Congressi diplomatici; la sua politica non essere stata pel passato taccinta di avventurosa, di provocutr·ice, ma dagli uomini di Stato di Europa più gravi essere stata esplicitamente approvata.

21 « Quali sono stati (egli diceva) i nostri atti di provocazione e di avventatezza? Io sfido gli onorevoli miei avversari a citarli . Questo solo vi fu, che noi non abbiamo desislito dal nostro assunto; nbbiarno continuato, ogni qual volta l'occasione se ne presentò, a richiamare l' nttenzione delt' Europa ~ullc mi- ~erie dell'Italia, sulla condizione sua anot·male, sui perieoli che queste miserie., questa condizione anorma·le, portavano con sè. E, mi sia lecito il dirlo, questa politica fu essa giudicata avventata e provocatrice dalle a ltre potenze d' Europa? Al Congresso di Parigi le proteste del Piemonte, scritte in forma assai energieu, se si riflette ~alla natul'n del documento, ricevettero l' approvazione uperta dell' Inghilterra e della Francift; e non approvazione soltanto, imperocchè quelle due grandi potenze credetlero doversi unit·e alla Sardegna per dibattere nel seno del Congresso la questione ila linna : e ciò fecero quelle potenze, massime per quanto riguarda l' Inghilterra, con parole le qnnli non cedevano in vigore, in efficacia, a quelle Ùfl noi consegnate nell'atto diplomatico di pubblica ragione. E or debbo dire che se il grido di dolore· che s' innalzél da Napoli, da Bologna, giunge con egna le · intensità sulle sponde del Tamigi, mentre dis~raziatamente non avviene così de' lagni e de' pianti che prorompono da Milano e da Vt•nezia, ciò è perchè vi si oppone l' insormontabile bnrriera delle Alpi nustriache. » E senzll cercare fatti antichi, nè riandanclo le reiterate provocazioni dell'Austria, nè esponendo com'essa si compiaceva, per effetto de' trattnti di Vie.nna, di considerare l'Italia e chiamarla per bocca del suo principe di Metternich un'espressione geografica; co-

22 me facessè dir·e nel Congres~o di Laybac nel 182! che l'imperatore nvrebbe mosso la guerra al re di Napoli c a qu alunque · principe italiano volesse dare o mantenere una Costituzione a' suoi popoli; come nel 1831 crvcsse soffocato colle sue baionette, in sul uascere, la libertà ne' dncati di Parma e di Modena e negli Stati Romani, occupando quesf ultimi fino al 1838; <:ome nel 1846 e 181•7, inclinando qualche principe italiano a riforme civili, avesse ammonito e le supet·be mina cc ie avvalorato Cl)llt~ occupazione di Ferrara; come nel 1849 invadesse i ducati di Modena e di Parma e il granducato di Toscana, occupandoli per lnngo tempo; come avesse invaso gli Stati Romani c li occupasse tuttavia ; come da diec-i anni avesse es tesa la sua stabile dominazione dalle sponde del Po sino a' limiti inoltrati da Il'Adriotico, sino ad Ancona; come avesse accresciuto, in onta a'trattati, le difese di Piacenza ; come il presidio dt questa città foss e spinto ora anche a'fo1·ti che la circondano; il conte di Cavour veniva più presto a fatti recenti, e rasnrnemorava alla Camera come, senza che alcun fatto fosse succeduto, avesse il gov.ernu austriaco annunzialo all'Eul'opa che mandava un nuovo corpo d'armata in Italia; come a quest ' annunzio tenesse dietro l' esecuzione con una rapidità, con una sollecitudine, che parvero ricordare le mosse dell e guert·e del primo in1pero; come per alcuni giorni tutti i trasporti ordinari, tutti i trasporti delle strade ferrate fossel'o monopolizzati nell ' interesse del governo; come sulle strnde ferrate da Vienna a Trieste e da Venezia a Milano non si vedessero a giunger·e altro che uomini, cavnlli, munizioni d'ogni maniera; come queste truppe fossero distribuite a'piemontesi confini,

23 nelle città dove meno che altrove potesse esser timore di sommosse popolari; breve, come l' Austr·ia assumesse a riguardo del Piemonte un'attitudine non rli difesa, ma di ve1·a Òffesa; onde che egli si credeva Ruto•·izzato a proclamare altamente, al cospetto de l I,arlamento, del paese, dell'Europa, che se vi fu provocazione, non fu per parte del Piemonte, e che anzi essa avvenne per pa1·te deWAustria. « Ma la p•·ova maggiore (riprendeva a lì non molto il conte di Cavom· nella tol'nata del Senato del 17 febbraio) che la nostra politica non fu provocatrice, si è che a mano a mano che questa politica veniva meglio conosciuta ed apprezzata nel resto d'Italia, man mano ch' essa ispirava fiducia, si è veduto iu Italia aechctarsi il partito rivoluzionario, scemar d' assai l'influenza degli uomini estremi. lo credo che questa sia pura verità incontrastata ed incontrastabile, e cred.o che uno degli effetti della ·po1itica seguìta per dieci anni dai ministri del re Vittorio Emanuele sia stata di riaccostare gl'Italiani all'opinione temperata nazionale. Se questa sia una provocazione, lascio al Senato il giudicarlo. Ma se la condotta del Piemonte non costituisce una vera provocazione nè verso l' Austl'ia, nè verso le altre provincie italiane, costituisce bensì una vera difficoltà ; conciossiachè sia molto difficile per t• Austria, lo dichia•·o franc'amente, molto difficile per gli Stati che seguono ciecamente la sua politica, il governare con un sistema poco nazionale e poco liberale accanto ad un paese che è governato liberalmente e nazionalmente. Queste difficoltà sono cagione di un antagonismo fra le politiche di quegli Stati e la nostra; quest'antagonismo ci condusse, alcuni anni or sono,

24 a subire per parte dell'Austria nna crudele offesa, quella di vedere colpiti da un'ingiusta misura molti nostri concittadini; questo antagonismo fu causa principale e vera delle rotture diplomatiche tra l'Austria ed il Piemonte. Che se si dicesse essere stata la nostra stampa la cagione delle roltnre diplomatiche, in allora risponderei che l'Austria sa benissimo vivere in buona armonia coll'Inghilterra la di cui stampa non er·a in allora meno viva, meno ostile all'Austria stessa ; risponderei che ha str-etto un' alleanza di famiglia, un'alleanza politica col Belgio, dove esiste tuttora una stampa che non la cede in vivacità ed influenza alla stampa nostra. No, non è l' intemperanza della stampa, ·quantunque possa esser rincrescevole, che condotto abbia l' Austria a romp r> re le sue relazioni politiche col Piemonte; è il contrasto di due sistemi politiei, sono le difficoltà che nascono e per l'uno e per l'altro Stato, str-ettamente vicini , dal dover seguire due vie in politica direttamente opposte e diverse. Esposte in tal modo le ragioni de'procedil~1enti del governo, il conte di Cavour· dichiarava solennemente esser necessario dimostrare cogli atti il fer·mo intendimento di fare ogni sforzo per pr·opugnare i propri diritti, sostenere i propri doveri~ c perciò provveder·e con ogni alacrità agli apparec:chi militari. Irnperciocchè, qualunque sia per essere lo scioglimento della questione italiana, al punto in cui essa è condotta, dopo che l'Europa civile ha pronunziato essere le condizioni della penisola anormali, dopo che è riconosciuto che un rimedio deve ad essa essere portato, è fnor di dubbio che le cose non queteranno se le sorti italiane non saranno mutate.

25 VII. Perchè le sol'ti italiane siano muta te, bisogna contravvenire a' trnttati; e de' trattati vorrebbe dire 1' Austria_, come venne fatto a 1\' Alighieri delle leggi : « Chi pon mano ad essi ? )) ' La risposta sarebbe bella e pronta : Coloro stessi che li fecero. Il fatto dell'uomo non è eterno, nè il volere di oggi sarà qlwllo di domani. A seconda che le condizioni 'de'popoli e le necessità de'tempi lo esi· gono_, le leggi internazionali è pur mestier·i vrngano modificate. Non è quì il luogo di venir ripetendo tutti gli argomenti che la quotidiana stumpa di Europa ha con tanta lucidezza esposti per combattere la pretesa intangibilitò de'chirografi viennesi. Molti fatti sono uvvenuti contr·o i trattati del 1815 in accrescimento di libertà ed in favore de' diritti nazionali, come altri ne sono avvenuti in danno della librrtà e in violazione del pubblico diritto. E non f'bbiamo da una parte la formozione de'r·t~gni della Grecia e del Belgio_, l'unione de'principati della Rumenia_, la nuova costituzione federativa della Svizzera! la piena emancipazione di Neufchàtel_, e art·ogi la restaurazione dell' impero napoleonico_, ossia per dirla eolie altrui parole, la rovina del così detto sistema della legittimità, che era it perno dell'edifizio de11815? E non abhiamo dall' altr·a la distruzione della repubblica di Cracovia, e tutte le invasioni_, le occupazioni e le prepotenze commesse dall'Austria in Italia? Che se in fin de' conti i trattati del 18t5 debbano non altrimenti esser posti innanti,. nella questione italiana~ che come il famoso nodo gordiano, non man-

q6 cherà la spada di un novello Alessandro c:he lo tl·onchi , se così esige la suprernu ragione della tranquillità universale. E poichè l'Austria , non volendo cedere in nulla, sembra decisamente accennare n quest'unico scioglimento, tu l sia di lei . Indarno, ad evitare una guerra, applicherà la diplomazia ogni suo stndio2 ogni suo pensiero. La intromissione dell 'Inghilterra e della Prussia non condurr·à ad {llcun fine pacifico; la missione di lord Cowley p1·csso il ga binetto di Virnna non conseguirà alcun vagheggiato risultnmento; lo sgombro delle tt' uppe straniere dagli Stati Romani non sarà per avventura, per usare una felice espressione, che il principio della finr. . Fintanto che l'Austria non andrà via dall'Italia, saremo sempre allo stesso punto. Non v'è che un dilernrna: o la guerra a Il' Austria, o la sollevazione in Italia. Ammessa questa ineluttabil e fatalità, i nostri ,·oti son quelli che, raccogliendo il Piemonte il guanto gittato dall'Austria, affretti coll'aiuto della Francia il momento della lotta . Ma chi sarà l' aggressore? Chi l' aggredito? << Vi sono offese e difese (rispose a una consimile dimanda nella Camera de' Deputati il presidente del consiglio de' ministri, conte di Cavour, con una sublime reticenza): io dichiaro che noi non siamo pr·ovocatori ; ma che, se siamo offesi, dobbiamo trovarci pronti nlla difesa . » E ricusando egli d i dare una definizione di quello che s' intendesse per offesa, lasciava gli . applausi irrefrenati che coprivan la sua voce, or son poehi giorni, il compimento della frase. VIII. In questi applausi, che echeggiaron sì forte nell' aula della rappresentanza del popolo, è il riposto

27 pc.nsiet·o dell ' Italia tutla. ln questi npplausi si confonde il grido rli dolore che m:lllrlano le desolate provincie d.e l.l' i~felic e penisp l a~ dove n migliaia giacc ion nelle pr1g10m, le vitlrme del dispotismo nostrano c straniero, e dove nelle case immise rite da ' consnn- !!uinei tutti son le 1a!!rime di orbale fami 6li e alimen- u u u to alla ferocia degli opp ressori, e i ge rniti di chi soffre e i furori di chi impreca fanno più all egr(l In vendeUu al cuore de' liranni t:~ de' ca rnefici che li avvincono e li straziano. Jn q·uesti applausi ·è la munifestazione de' desidèri, de' bisogn i, dell e speranze di una intera nazione. In ques ti applau si è il riscuotersi di tutta nna gente , che <mela di accorrere alle anni sotto il tricolore vessillo, guidata dal benefico astro della Sabauda Casa. E se ci si consentisse di vestire poeticamente il nostro com·elto, in questi upplausi a noi parrebbe sentire come la voce dell ' Itali a a ripeter la grave sentenza che la storia ritrasse dalla bocca di quel pretore latino: « Ora che le parole son dette, ucconeiamole a' falti . » Or· qui non è mestier·i dimos trare come lo spirito pubblico sia tutto favorevo ll' e propenso all a guerra. E d' onde infatti. questa sicura fiducia ne' cittadini d'ogni classe? questa insnlita esultanza su' volti e negli animi della commossa gioventù? questa impaziente aspettazione nel prodH esercito? questa spontanea concorrenza degli uomini danarosi al prestito nnzionale? insomma tutto questo agitarsi senza scomporsì, tutto questo apparecch iamen to senza disturbo nelle ordinarie fnccend e? Ciò che potrebbe soltanto nuocere non sarebbe oramai che l'indugiare. 11 metter tempo in mezzo all'intt·aprendimento dell 'opera sarebbe l'unico pericolo a cui per avventura si andrebbe incontro. Dalla incsplir.ata lentezza soq~eeebbe la c_alcolatrice riflessione , e da questa il dubbio, c dal dubbio lo sconforto, e dallo sconfo rto ìl timore, e dal timor·e \'crrebbe in

28 poco d' ora distrutto tutto quanto finorn si è fatto. Oltr·ethè ne patircbhero immensamente lntli gl'inter·essi n cui l::t società è legata; ne risentirebbero danni infiniti i commer·ci, le industrie, gli studi, le nrti, i pubblici insomma c i privati ordinamenti; le finanze vieppiù si dissesterebbero, e verrebbe manco perfino il credito allo Stato. Del tempo impert anto npprofittercbhe la diplomazia per· mettere ogni maniera inciampi all'esecuzione deAli arditi e maannnirni divi sa menti. L'Austria ne tranebbe il suo miglior pro, esperta com'ella è nella politica del temporeggiare; o promettendo per poi non mant erwreJ in g~lnnl'reb!Je l' opinione dell'universflle; o mnneggiandosi ab ilmente pr t'SSo qtH'Sia o quell ' nltra potenza, riu sci rebbe a gnad ngnare proseliti alla sna c 8 u s D. V r d<' l P i nfa tt i eom' e Il él , m e n t n~ d a 11 n l n t o 1nostra rli accettare i consigli dell ' fnghilterra per ad - divenire a qualehe piccoln r oneessione, tenta dall'altro di sommuovere gli Stnti delln Germania per tirarli seco nel ballo, suscitnndo quelle idee di nazionéllità ch'essn con('ulca pet· sistPma ne'suoi usurpati possesedi menti, evocando lo spett ro della conquista, risvr~li antto an ti che memorie, attizzando ire sopile , ririfo1 ·olnndo odii novelli e novelle perturbazioni gittando dappri'Lutto! E in Italia scinguratanwnte raddoppia i suoi ri go ri, face ndo più gr <i Vi sentire le e t~ tene del servagg io a' popoli della Lombardia e della VrncziaJ ingiungendo la rrsistenza a' principi che tiene a sè mancipii _, facendo invincibil e la ostinazione della clerocrazifl, alla quale si tiene strella con un concordalo_, perchè all'uopo si avvalgn della ternibile e perniciosn arma del fanatismo. E i pnt·titi es L•·cmi nel seno istesso dell'Italia, che dircttumenle senono o indircltemente giovano nlla nemica del Piemonte, dal tempo sentiranno accresce rsi lena e vigore, gagliardia ed impulso, per cornhn ltere più fienunente ed avv~rsal'e con tutti i loro

~9 m ~zzi, aperti ed occulti, le no·bili aspirazioni de' temper n ~i amatori di ~: ivil libertà, per togliere in isperi c d ai 11 Piemonte 1 h!tto il p1· e ~tigio della sua grandezza, e a sua ~ or1a, della sua potenza come rappresentante dell' 1tali a. · IX. Nessuno for se ptu del conte di Cavom· sarà persuaso e convinto della verit à dell e cose esposte qui sopra; e nessuno forse meg lio di lui avrà adattato al Piemonte la famosa interrogazione di Arnlelo. Po•·- tiamo anzi fiducia che se stesse tutto in lui , sarebbe già a quest'ora pronunciata la fin ale parola : Delenila Cal'thago. Ma se osli•colo alla guerra sono i timori deWEuropa in quanto che si suppongono ambiziose mire e care{.tgiati disegni di conquiste e d'ingrandimenti nella Francia e nel Piemonte, fa ccian nolo la Francia e il Piempnte aii 'EurlJpa, e nel modo più esplicito.. essere tntt' altro il loro intendimento, dichianmdosi pront i sin d' ora a rimettere il definitivo scioglimento dell a causa italiana al supremo arbitrato delle popolazioni, le quali verrebbero consultate nel lol'o suffragio, come si è voluto provvid'-lmenle fare testè nella questione rumena. Questa è la grande politica sostenuta da Napol eone III nei suoi sc1·itti, non mai rinnega ta ne '· s11oi atti, e che è più con forme -all a giustizia e al progresso dell a civiltà, la sola che meriti di essere sostituita al' vecchio ed iniquo dirilto pubblico_, con cni pochi potentati tl'afficavano i popoli e smembravano le nazioni senza averne prima consultato la volontà, i bisogni, la geogrclfìa ~ la storia, i costumi_. . Sia questo il manifesto di guerra; e spmga~o mtanto il Piemonte e la :Francia i loro numeros1 battaglioni contro l' Austr ia, con quella straordinar ia

30 t'apidità ed energia di cui il primo Napoleone ci lasciò sì grandi esempi, affinchè, prima che la diplomazia , sbigottita c sconvolta, potesse frapporre inciampi od ordir coalizioni, riescano a prese ntare cdl'Europa uno tli quei falli compiuti , che tutti, persino quelli che in o.26Ì avvrrsano la .2uerra , o per sentimento di t.~O ~..~ serupolosa giustizia o per desiderio di sfuggire a mali maggiori, siano costretti di rispettare. Ma se l'Europa vnole ad ogni costo evitare nna guerra, la quale sarebbe loc.;le e di breve durata, non iscansed\ per fermo il serio pericolo di una rivoluzione, i cui danni e le cui conseguenze non è dato ad uma no nc<:orgimento e ud umana sngacia, non che impedire_. prevedere. D'altronde la ~ucna in Italia è una necessità ... che l'Austria ha reso immedi alrt in questi ultimi giorni. I suoi armamenti, le sue for·tificazioni _, e, quasi staremmo per dire, i suoi accampamenti e le sue invasioni di eserciti sì rla presso alle sponde del Po, non sono una sfida al Piemonte, il quale, in ce rta guisa, vien posto in mora per avanzarsele contro, o per ceder e in lutto? Cedere il Piemonte? Cedere innanzi all e minaccie dell' Austri fl? Cedere quand'esso ha la coscienza delle proprie forze nella santità della causa e nel suffragio del popolo? Cedere qu ando ha a capo del suo governo Vitto1·io Emanuele, valoroso soldato, principe leali gsimo, costanto manlcnitore de' patti giurali, intrepido difensore de' suoi Stati? Cedere quando ha un esercito a~gue nito, di sciplinato_, che torna vittor ioso da ' campi di battaglia, rispettato, ammirato da tutti? Cerlr,re quando vede raccolto sotto la sua bandiera il fiore dell ' ansonia gioventù, che abbandona volontetosa i dom(·stici focolari, gli agi, gli studi, ogni cosa più caramente diletta, n~l desiderio di versal'e il suo sangue in sostegno della patt·ia? Cedere

31 il .Piemonte ora che non è più un paese ma è una nazione, è 1' ltn li a ? , .Oh! si. dispe:da la i~sana e codarda parola, se •~ai da. amma ~~~e o paurosa fu pronunziata. E sappia ! Ausi r1a che, p m che nelle pngine di un libro fatto Irnmor·tale per volòe1· di secoli rileo(re ocJni ifal't"no v ' Jon ~ " u nel fondo del propr·io cuore le famose parole: « A ognuno puzza questo barba r·o do m inio. >) x. Riassumendo la politica del conte di Cavour per rispetto all'Italia, ci è forza di riconoscere e notare un gran fatto. Avendo egli posto innanti la questione nelle for·me più ampie, colle mire più disinteressate; avendole òato un carattere nazionale, nn aspetto signiftcantissirno, e~li da una parte ha rinchiuso il Piemonte ne'limiti della lega lità, creandogli perciò stesso nn diritto d'i ntervento in qualunque altro Stato d' Italia, anche nel caso di una rivoluzione; dull'altra ha messo l'Austria in tale stato, dul quale uscire non potrà senza o tutto cedere o tutto negare. Egli ha mostrato che tutto quanto v'ha di ma le nella penisola non è ehe la conseguenza del sistema governativo di Vienna a mantenere il quale r Austria ha dovuto rompel'C ogni fede anche rispetto a\le nltre potenze, ha dovuto far ricorso allo espediente delle invasioni, a fin di es tendere in atlo la sua influenza pc1· potersi reg- ~ere in Italia. Di cotestl.) invasioni si è formuta ali'rettanti elementi di esistenza, perchè il giorno in cui dovesse spoglial'sene, sarebbe mora lmente decaduta. E tutte queste usurpnzioni, che costituiscono ]a sua onnipolcnza in Italia, sono appunto il suo lato rlebole, dacchè poggiano su trattati particolari, che non sono altro che aperte violazioni òe' trattati generali . Quando l'Europa avrà costretto l'Austria ad osservare

32 i trattati generali , l' avrà costr·elta a rinunciar pienamente a'trattati particolar·i, o in altri termini, avrà distrutta la sua autorità sugli altri Stati, quanto ùire la sua onnipotenza in Italia. Ecco il risultato finale ·della politicn del conte di Cavour. E poichè l' Auslt·ia . non vorrà assoggettarsi ad ogni costo a questa suprema condanna di sè stessa, ne vi ene per legittima illazione che non riuscit·à mai a ri solvere la questione nelle vie del dieilto, essendole giocoforzu di rimetterne la decisione alla sorte dell e armi, segua che può. Avrà un bel fare, avrà un bel dire la diplqmnzia: l' essere o non essere dell' Austl'ia in ItAlia non dipende che dalla guerra. Pr·epariamoci adunque con animo lieto e sieuro alla guerra; sollecitiamo l'opera nqstra; affrettiamola pet· quanto è in noi . Il tempo c'incalza, i momenti sono preziosi. Guai se all'entusiasmo degli animi venisse manco il fervore de~li ntti! Nè ci arrestino nel mezzo del cummino d~1bbir o irresolute · ' pa1·ole, che spesso tornnno mal comprese o male interpetrate da l volgo. Badi a chi incombe a non mettere tulta intera una nazione nella dura e ter1•ibile necessità di dover appigliarsi a quell'unica salvezza di non aver più a sperare salvezza alcuna! l\1a questo non fia, ne siam cet'li. Il Piemonte non dimetterà le armi se non avrà sciolto il voto all'Italia. La Francia ha promesso di aiutariQ nella grande impresa, e maulerrà la sua parola. Nè molto ancor passerà che non sia verificato quel detto dell'Ariosto : Vedete poi l'esercito, che sotto La t•uota di fortuna era caduto, Creato il nuovo re, che si prepara De l'onta vendicar ch'ebbe a Novara.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==