Giovanni Adorni - Intorno a un discorso del signor Cesare Cantù ...

INTORNO ttJ ! L l A UN DISCORSO DEL SIGNOR t CESARE CANTU SOPRA I VOCABOLARII DELL A LINGUA ITALIANA OSSERVAZIONI DI GIOVANNI ADORNI CON ALCUNE PAROLE A f) UN ARTICOLO DEL F IGA 1111 SC RI"r"rO CO!r' IRO lL SIGNOR CON"rl'. GIOVANNI MARCHETTI PARMA DALLA STAMPERIA: ROSSETTI ~· JJ c c c x x x v l .

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A L LE'l''J,ORR Ancora quistioni intorno ctlle parole e alla linguaj ancora libri c libercoli per annoiare i lettori, per fare consumar tempo, e per mostrare sempre più apertamente le nostre interne discordie e le varie opinioni degl ' Italiani risp etto a cosa, che, meno di qualunque altra, dovrebbe ornai l asciar luogo a dispareri . Sono già state scritte gramatiche , son già compilati e si v an compilando Vocabolarii in diverse provincie d'Italia con metodi e regole quasi uguali, cosi,;eh è si poteva spr1rare che l'Italia tutta fosse convennta in una sola sentenza intorno alle leggi principali del nostro lingnaggio.- Giustissimo lamento è questo, ed era bella la speranza cl~<! gli ingegni, dopo l ' apprendimento della propria lingua con leggi ferme e invariabili, dirigessero le loro investigazioni a cose più gravi, più importanti, e di generale utilità. Ma anche in questi 1dtimi tempi alcuni han voluto far rina.Jcere antiche dispnte, e mettere nuovi dubbii nelle menti de' giovani , e render/i incerti del metodo da tenersi e nell' apprendere e nell' usare la l ingua nostra. Fra le scritture spettanti alla filologia, che più di fresco vennero pubblicate, è un Ragionamento del Ch.mo Sig. Cesare Cantù intorno ai Vocabolarii della ling1t f1 it11lirma, inserito nei Fascicoli di Marzo, ApriLe e ll'ln fgio r836 del Ricoglitorej il qual discorso ,

per merito e per fama di chi lo dettò, ha avuto, come tutte le altre cose di questo Autore, molti lettori. In esso, per sola norma costantissima da tenersi nello scrivere, vien proposto l' r1-so, e il solo uso. di Firenze. Nella lettura di questo R agionamento notai alcune cose, delle quali rimanea dubbioso> ed aitre a cni non •poteva al tntto acconsentire; di che qztantunque possa esser mio il difetto1 pure per quella libertà che non sarà discara al Sig. CantÙ1 mi determinai a f ar sì che egli cono~cesse questi miei dubbii coll' esporre al cune osservazioni; ed affinchè non mi si desse taccia di soverchio ardimento, quasi sempre ho riferito l ' autori tà d'uomini di molta f ama nelle lettere1 e le cagioni clte avean forza di farmi dubitare 1 e di tenermi talvolta in sentenza contraria a quelLct del Sig. Cantù. Non iscrissi queste poche pagine per volermi mostrare ammiratore solo degli scrittori antichi> nè servite alla loro autorità, nè desideroso che gl'ingegni di questo secolo acquistino le soLe cognizioni de' secoli passati, n è finalmente per irriverenut verso L' Illustre Autore 1 al quale mi è caro protesf'aré e gratitudine ed estimazio·- ne. Io rivolgo gueste parol e ai giovani col deJideri.o che essi1 all udire certe opinioni da uomini, che godono di molta fama, non le ricevano senza esame, ma s' invoglino a studiare anche le dottrine degli antichi, e di chi li seguì, intorno all' indole della nostra l ingua, alla scelta ed aLL' uso delle parole, alla loro collocazione ed allo stile, per p aragonar/e poi colle dottrine di molti modemi; col qual paragone potranno conoscer meglio se è vero (come da altri si crede l che la soverchia libertà, per non dir l icenza, che vien conceduta da alcuni nel fatto della fa1•ella, sia la cagione principale, per la quale nelle sr;ritture • che ora si pubblicano ci offende cotanto la lingua gztasta da sudiciume straniero, l a sconvenevolezza delle forme, la trascuratezza dello stile, l ' oscurità e la falsit à de' concetti.

Parole del Sig. Cantù. Fascicolo di Marzo p. !)9j· , Sembrerà un paradosso, e pur lo dirò, che allo stile pnò asserirsi che quasi nessuno avesse mai posto mente prima d' un secolo che noi sogliamo riguardare come corruttore e null' altro, il seicento. Gli autori precedenti, e dico i buoni, scrivevano i più sforzati nella te la delle parole, secondo i latini che traducevano od imitav ano. Quelli che seguivano il naturale, mancavano d'ogni artifizio di stile; ond~ nè gli uni nè gli altri possono con molto profitto essere imitati ,. OssERVAZIONE Paradosso sembrami veramente, e ad altri questa può forse apparire opinione non vera; poichè ad ecceziòne di pochi, tutti i migliori che scrissero dal r3ooal r6oo, mettevau cura non tanto nella elezione delle parole, qnanto nella loro disposizione, nell' armoni:.t, nel collegamento, nell' uso vario delle particelle e delle preposizioni, nei modi e nelle frasi, secondo la qualità dei concet ti e delle cose che dovevano esprimere,

6 il che tutto forma quel ch 1! dicesi stile. E bene Silpeasi Dante di aver pos to meute allo stile, quanùo diceva a Virgilio: Ttt se' solo colui, da eu' io tolsi Lo bello stil t: che m'ha fatto onore. In f. C. 1. E fermiln•1oci pe r poco intorno ad alcuni c he fiorirono nel trecen to, chi è eh e, per quanto l eggermente~ conosca le sr:ritture di Giovann i Villani, di Di11o Compagni, di Cilval ca , di Passa vanti, e d'altri di qnella e tà, non abbia vedllto moltiss ime parti ne' libri loro esat tiss imn per risguardo alla composizione de' periodi , t ess nti con qnella accnrater.za c h f• r end e belli i lavori cl' ogni arte f Chi è c he S<'!>r> ndo, come qne' primi ponevan o s tudi o n egli allto ri latini, c h e traducevano od imitavano, Jt ()Ssa dubitare c h e n on sentissero e non gustassero la lwll ezza ch e in qu est i ri ~ p l e nd e, e che per molta pa rte deriva dal h rr n alità del loro stile? E sapendosi che molti n e l I3oo traslat:nono in volgare l e sc ritture dei ternpi d'Angusto, e c he anche quelli, che prendevano ad esporre u ella nuova liug ua i proprii p ensame nti, frametteva no a questi molti d e tti e molte sente nze dei Pad ri d ella C hi esa , di M. Tullio e di Seneca, come non si d ee crede~e che non cercassero di trasfondere nell e propri e carte qualche pa rte almeno di quella bellezza, legg iad ria o gravità che avevano ammirato e studiato nei libri presi ad esemplare P Finalmente potrà rimaner dnbbio che quasi. nessuno prima del 6oo avesse mai posto mente aLlo stile 1 r icardandosi che assai p.rirna del 16oo Brunetto L a tini volgarizzò la Rettorica di M. Tullio, che prima del 1600 fu scritto il Fior di Rettorica, e c he molti pre- ·cetti intorno allo scrivere sono n egli Ammaestrame nti degli antichi P Ma venendo a qualche seri tt ore in p nrticolare, poichè a nche il Sig. Cantù ne accenna alcuni, io rife rirò quel che ne han d et to nomini reputatissimi, affinchè ad opinioni e a giudizi non nuovi si eno contr:1ppostc opinioni e giudizii, che già felicernen-

7 te in altri tempi trionfarono. Pertanto si vf'gga come di Giovanni Villani parlava il Salviati, dell' autorità del quale anche il Sig. Cautù mos tra di tener conto. , Sopra costui il fondamento è da por re dt>lla purità de' vocaboli e de' modi del rlire, sì pt>rchè scrisse nella pura favella, sì perchè stt'Su maggior volume di qualunque altro, che del buon tempo fo rse ci sia rimaso. La legatura delle voci vi è semplice e naturale, niuna cosa di soverchio, niuna per ripiego, nulla di sforzato, niente d' artiticiato vi può scoprire il l e ttore: non pertanto in quella semplicità si vede una cotal leggi ad ria e bellezza, simile a quella che noi veggiamo in vago, ma non lisciato viso di nobil donna o donzella ,. Di Cavalca scrÌ\'eva il P. Cesari ( Bellezze di Daute ): , Noi ci ricondurremo alla indole semplice e natnral della lingua; la qual e nelle Vite de' SS. Padri foroe più che in altro Autore ci fu conservata con un <;a ndore al tutto aureo e maravigl ioso ,. Di Passavanti nel seguente modo fu giudicato dai Deputati sopra il Deeamerone: , Costui fra gli altri pare a noi assai puro, leggiadro, copioso e vicino allo stile del Boccaccio ,. Ed in simi l guisa ne giudicava il Salviati. Il Sig. Cantù poco dopo le parole riferite di sopra, soggiunge: , Di Boccaccio chi vorrebbe togliere aù esempio lo sti le? , Tu t ti i conosci tori delle cose spettan ti alla li ngua saran d ' accordo coll ' Autore in qnalche parte di questo giudizio: ma per istabilìre un principio contrario a quel che ne credono i più, come si cerca di fare nel Discorso che qui si è preso ad esame, e nel giudicare d'uomini sommi, tenuti in altissima estimazione dai migliori per molti secoli, non basta un'interrogazione o un aggettivo che si usi in loro biasimo, accennando :;olo qualche difetto (e chi giunge in tutte le parti alla perfezione?), e ta c~ndo poi dei pregi loro. Se è dovere toccar dei difetti, e palesarli per rend er c.auti gl'inesperti, lo è pure il parlare dei pregi, acciocchè i giovani non c<~da no in errore, e si trattengano perciò dal leggere e dallo studiclre libri utilissi mi. Intorno al Bocc'lccio per tanto si vegga quel chE>, fra molti altri, ne lasciò scritto il

8 Parini , nel Cap. 4· dci Principii intor~o le Be!le Lettere, e il P. Cesari nel§. 8. e 9· della Dtsse rtaztone sopra lo stato presente della lingua ita liana; e da questi due soli si conosceranno i moltissimi prftgi Ji quel sommo sr:rittore, , e l 'utile, che ne deriverà a ch i sappia imitarlo sì ne ll a lingua che nello sti le . Dei molti altri che nel r3oo meritaron fama di eccellenti non riporte rò r:he quel che Pa rini disse de~li Ammaestramenti degli Antichi vo lga ri zza ti Ja F ra Bartolommeo da S. Conco rdio. , Questa piccol a operetta è una raccolta delle più gravi e più uti li sen tenze degli anti chi fil osofi recate nella volga r lingua con uno st il e breve, preciso, sugoso ed ene rgi co, e tutto proprio a serv irei di mod ell o non solamen t e per 1a purità della lingua, ma a ncord per lo stile che ~ i richiede a t ra tta r certe materie di notabi le grandezza od importa nza ,. , Machi:'.IVello, segui ta l ' Autor del Discorso, non direbbe più ril assato parlando "; e a prova di q tl e- :;to sno giudizio adduce l'autorità de l Sa lvi a ti, il quale disse, , che egli (il Mar:cl ti <~ve lli) scrisse de l tutto senza punto sforzarsi nella fave ll a c.he correva nel t empo suo, nè vo ll e prend ersi a lcu na cura di sc~;:lta di parole, che all'una d e lle tre cose ch' egli a~ea per oggetto ( chiarezza, efficac ia , brevità ) non gli spianasse principa lmen te il cammino ,. Ora chi scrive in modo d a ottene re , come Macchiavelli acquistò, le tre sopraddette qualità, potrà mai essere t acciato di parlar rila$suto? An zi lo stesso Salvi ati poco dopo soggiunge, che nell e virtù della chiarezza, dell'efficaci <~, e dell'l brevità riuscì il Segretario fìorentiuo singolare ed ammirabile intanto, che nella prima a Cesare, e nelle ultime a Tacito arditamente si. può paragonare. Dopo il riferi to giudi;zio, ecco quale il Cantù il dà intorno agli altri prosat or i del 1Soo. , Non darei per imitabile lo stile rotto J e l Varchi, il contorto del Bembo e l' anelartte d el Guicc iardini, troverei appena da far eccezione per l' amabili ssimo Fire n~ zuola, pel maestoso Monsignor della Casa e pellimpidissirno Annibal C;uo ,. Ma suran da gittarsi fra i

libri inutili quelli che scrissero Baldassarre Ca;tiglione, Giambattista Gelli, il Giambullari, Benvenuto Cellini, Bernardo Segni, Giorgio Vasa ri , e tanti altri coltissimi di questo secolo? Non tutt i vorran c;ertamente accontentarsi all' eccer. ione dai cattivi che l'Autore appena fa di Firenzuola, di Casa e di Caro. Se ciò fosse vero, troppo gran ve rgogna sarebbe per l'Ita lia, la qual e essendos i fin qui dato vanto ( nè le fu mai contrastdto ) di essere stata la prima fra le mode rne Naz ioni d'Europa a diffondere da per tutto lo splendor dell e lettere e delle scienze, ' non potesse gloriarsi dal 3oo a tutto il 5oo di aver prodotto che i tre seri t tori, eccettua ti a ma la pena Jal Cantù, ùegni di essere imita ti. Nè so chi vorra star contento alla disapprovazione che lo stesso dà a Varchi, a Bembo ed a Guicciard ini. Giovano però a questi, perchè sieno mantenuti ne ll a me rita ta estimazione presso la giovl"!ntù, le lodi che l oro furouo e son tuttavia impartite d a i migliori; e qui si potrebbero rife r i re a loro glori a le p arole di Gravina, di Parini, di Colombo e d'altri. Ma affine di non r eca re soverchia noia ùirò solo, che Colombo ( 1) chiama il Bembo qttel grartlume della letteratura) e altrove scrittor prestantissimo; cd anche dove tocca della troppa lunghezza de' periodi, difetto di qnesto scrittore, di ce: , Potrcboesi forse d a r qual che tacc ia per questo conto arlnno dr?' più grandi scrittori nostri, quale si è il Card i na l Bembo ,. Ma quan ta r i ,·erenza è in tali ,paro le! Eppure in quest i tempi odonsi molti ( Cl)n certo danno del~ le lett ere nostre ) disprezza re superbamente quelle scritture che ma i non l essero, nè ),. gge ranno; c questo è vizio, di cui lo stP.sso Sig. Cantù fece rimprove ro alla gioventù ( Ricoglit. Fase. Marzo x836 p. 396 ) la qu'llt: , pet•clJè se nten~ ia francamente del bell o e del brutto, presume <.1 ' aver buon gusto ,. Seguitiamo il Sig. Cantù, secondo il quale con poco profitto possono e~;sere imitati g li scrittori cha ( I ) Lez. I.

, I O fi orirono prima J r·l SPicen to . ,, Paolo Segneri già tocC <l al sccento, q uaudo so rsero que l Pallavicino, quel Bartoli, che tanta cura posero a forb ir lo s tile , a far bella e magnifica la dettatn ra, fino , pe r amor di ciò, a d.ue, massi me l' nl t imo, iu un ' a!Tett11zione, i n un tira to, ch e diventa ridi co loso a ch 1 s' imrnagiui di sentir un uomo p a rlargl i su que l tu ono. Ma e ra il seicento; eppure in cruelle smancer ie non diede ro mai i Toscaui: e ciò pe rc hè? perchè seguivano l' u so ,. Dunqu e anch e quelli ch e ha nno ruaggior nominanza di ecrelleuti nel secolo J ecimo sett imo non potranno essere s tud ia ti ed imi tati , se diedero in quelle smancerie? Qnali pert anto si dov ran l f'gge re ? q•1a lì po t.ra n dars i nell e man i d e' giova ni? di quali r accoman!lar loro la l ettura? Di qnci d i Tosca na (del se icento però o post eriori a qne:lto secol o ) che evitarono il d ifetto di SPgneri, di Pallavicino e di Bart oli massi mamen te. Ma forse saran poch i al bisogno degli studios i, percltè questi possano appara rvi tutto qu ell o che loro è necessa ri o di sape re. Però a mett ere magg ior confid enza e stima ve rso i grand i nomin ati poc' anz i sarà u ti le ch e si legga qne l che di loro sc ri sse Pi etro Giordani nel Di sco rso sulla Vita e snll e Ope re del Cnrdinale Sforza Pallavic ino; dopo la lettnra d el qnal Disco rso ognuno vo r rà vede re e porre in istudio le Opere eli <I u egl i illustri, colla certezza di appre nde r da loro molte ed u ti li cose, e di sapere schivare quel pochi ss imo che può esserv i di difettoso. Ma, sapenclos i che l a novità dc i metorl i negli studii e }, qua lità ùi ve rsa dei libri rla leggers i, si prend e e si segue p rinc i palmente dalla giove ntù, pe rchè l'Autore parlando di st il e non ba spiegato con chi arezr.a le idee che egli ha in to rno ,td ' esso, e qual forma più. gli par conveniente da tene rs i , affi nc hè i · giova ni comprenJesse ro la cagione onde è uti le che ,non leggano cert i scr ittori , che avr~tn no forse udito d a altri 1 ~ mille volte essere r iputat i degni di studio e di imitazione? I noi tre , a \·endo detto elle egli prefer isce sempre quegli sc rittori che più all'uso parlato s' accostaro-

If no, q1tetli che segui•Jano l'uso, e in tutto i l Ragionamento tenend o l'uso per norma costantiss ima, perchè non ha definito entro ce rti {imiti i l valore di q ~1 esta pa rol a? Intorno a c iò, affinchè s i conosca la cagione, per l a qu a le al cun i non segnirau la senten7:a de ll 'Autore, arreche rò la definizione che dell 'uso dà il Colombo, nell a Lez.. 5. d el modo di magg iormen te arri cchire l a li ngna senza guas ta rne l a purità; a ll a qual defin iz ione credo che molti sa ranno per attene rs i: , L'uso, per ciò che spe tta a lle lingue, a l tra cos:1 non è, s' i o non er ro, che la pratir.a s t abilita d a l consenso univer3a le de ll a na zio ne d i ado... pcr<~rc i l t a le e t1l vocabolo, l a t a le o ta l foggia di fav<~ll a re a din otar l a ta l eosa e la tale. Or ecco ciò che fa l ' nso rispttto a ll e li ngue ; esso va i ntroducenduvi l e voci e le f0rme del dire che lor b isognano; couserva qnelle che vi sono g ià introdott e, q ualora vi stieno bene ; ed aboli sce quell'altre che per lo ingentilire de ll a li ngu tt non le s i addi cono più . Ben è ch ia ro che le voci e le forme d el dire, affi n- .cbè si eno nella lingua e introdotte e conse r va te , debbouo esser buone , • E perchè l 'Au to re toccando dello st il e e di scritt ori , non ba fatto parola di ness nn poeta? Di quest i appen <l fa cen no alla p. So9, dove 5pa rge il ridicolo, e forse soverchiamente, sulla parola dignità, cons ide ra ta come qualità della Poes ia, ed esalta Manzo ni e gl ' imitatori di lui, senza aver p:1 rlato prima nè parl a r dopo de' nostri somm i. Epp ure conside rando l 'ufficio d ella paro la, del li nguaggio e dello stile si pu tr it ommetter mai l ' utiliss imo ministero loro nella poesi&? Si vuole, e co n rag ion e, che anche L1 poes ia concor ra coll e al tre belle Arti non solo al di l et to, ma e al pe r fez io namento dell 'uomo; anzi a ques ta come alle altre son mossi gli nomini da natura, e Ci cerone nel li b. r. d e ll'Oratore eobe a dire: , Est finitirnus oratori poeta, nurneris ads tri ctior paulo, verborum autem licen ti a liberior, multis ve ro ornandi generibus socius ac pene par , . F ina lmente per evitare incertezza a molti che, trascurando le cose di nostra lingua e i nostri autori,

Il>. leggon troppo Giornali, Novelle e Romanzi che ci vengono di là dai monti, o G iorn a li, Novelle eRomanzi foggiati su quelli o trado t ti con lingua di tutt ' al era nazione, che deli' ital ian a , pe rchè il Sig. Cantù non ha i ndicat•), particola rmente pel 3oo, come è necessario il distinguer lingna da sti le ? Per quanto si dica che questo è spesso difettoso, e si dice anche forse più in là del vero, non credo che si potrà ne~ar mai che nella lingua di quel secolo non sia nettezza, pnrità, gt·azia, semplicità, proprietà, e candor singo la re. Snbito dopo d'aver detto che nel 6oo i Fiorentini non cadde ro nei dtfetti ili Pallavicino e di B11rtoli, soggiunge: , Dopo d'allora è notevole come coloro che tra l' universalo trascuran:<.a nello scrivere del secolo passato più buon saggio diedero di li ngna e di stile erano frati, il Roberti, il Venini, il Tornielli, quel Bettine lli che primo osò accend ere la fiaccola della cri ti ca , . Al cuni cercheranno perchè debba notarsi ( se put· ciò è vero ) che i migliori seri ttori del secolo passato fossero frati; e perchè abbia taciuto di M agalotti , di Vallisnieri, di Cocchi, d' Algarotti, di Zanotti, di Vanctti e d i Gozzi; e perchè mentre vuol provare che solo in Toscana, anzi in Fi renze si possa conosce re la lingua e scr iver bene, ha cita to quattro se ri t tori , nessuno de' quali è F iorentino nè Toscano P -===:::;- lv. p. .293. , Intanto la filosofi a rim igl ioravasi, e contemplando il maraviglioso fenomeno dell' uomo parlante , a rrivava a comprendere come, al modo onde l e macc hine e i reagenti risolvono i corpi ne' loro ele m~:: n t i , così il linguagg io dccompone i l pensi ere, tal ch è pe r conoscere questo conviene st udia re g l! eletnenti, l a forma zioni', la connessione del linguagg io, che è oggetto della sol a esperienza interna, e so lo pu ò render il pensiero presente a i sensi esterni. Coscic11za e linguaggio, ecco in che si decompone il pcu~i e ro . .. E m.1le può spiegarsi ( la lingua ) se non

r3 s; ricorre a Dio, Dio il quale abbia fatto ln prima rivelazione del verbo, che è la parola attiva, il segno della volontà , • OssERvAz ioNE Dopo il miglioramento della filosofia e la libertà che si cominciò a proclamare nel passato secolo in~ torno all'uso dell e parol e , noi presentemente dovrem.. mo avere una lingu a esa tti ss ima e propria e chi ara in tutti gli scrittori, e tanto più fornit a di q'ueste doti, quanto più fedelmente i vocaboli fosser tolti dalla bocca dei parl an ti; la qual cosa già fanno molti, che forse non potrebbero scrivere una sola pag i... n a, se dovP.ssero servirsi della lingua apparat a nella lettura di buoni libri . Ma la filosofi a che cerca il vero in qualtwqne genere di cose che fa soggetto di sue inves tigazioni , che prende ad esaminare anche il linguaggio, mette ordine ove esso manca, aggiunge ov' è difetto, corregge ov ' è errore, mostra quali legami debbano avere le parole fra se, affi nchè chia re appariscano le idee, nè po trà mai andare di buon accordo coll' nso inst abile del popolo. Anzi i filosofi nei loro Tratta ti, o d i cose fisiche, o morali, o intellettuali , cercauo di dar sempre definizioni esatte e precise dei rocaboli d i cui hanno a far uso, e de' quali non ancora abbastanza sia stata fatta chiara la significazione. Ess i r icevono dal popolo la mate ria, quasi informe, della lingua, e in variì modi la rendono, per qu anto sta in loro, pe rfetta. Ques to fecero i grandi scrittori del r3oo, del r5oo, del r6oo; questo han fatto i mi gliori più vicini a noi , è il fanno fm i vi\-enti un Giord an i, un Colombo, un Marchetti, un Leopardi, un Man no, un Ta ve rna, un Pezzana, nn Ambrosoli , un Botta, uno S trocchi, un Manzoni, un Cos ta , e pochi altri, che nel loro seri ve re seguono il lume della filosofia. N è credo che ora si cerchi da lei che stabilisca nuove leggi per la lingua nostra; l'indole di questa, la natura, l'essenza, è già ferma nelle carte degl'illustri scrittori . Pe rciò ufficio della filosofia è prin cipalme llte di opporsi all'abuso, alla

I4 corruzJOnt:, e di rimettere nel sentie ro del vero chi se ne fosse allontanato. Essa giovò in tal rnorlo nel seicento, e anche dopo, quando fece accorti gl'Italiani dei traviamenti dell'ingegno e della depravazione del gusto; e dietro alla scorta di lei fu re· s tituita alla lingua la proprietà e l a forma sua pr~r le ope re di Ga lileo, ùi Viviani, di Gravina, eli Redi, d'Alessandro Marchetti, di Magalotti, eli Bellini, dei Zanotti, eli Vallisni e ri, di Manfredi, di Lazzarini, e d'altri nobilissimi, che si rendettero illu- • stri modelli del bello e forhito stile. Io non so intendere il valore della frase: , Coscienza e linguaggio) ecco in che si decompone il pensi ero; , nè posso trovar convenienza e corrdazione tra queste due proposizioni, che ver conoscere il pensiero bi sogni studiare, fra le altre cose, la formazione del l ingr.taggio) e che mal e può spiegarsi la lingua) se non si ricorre a Dio. N essuuo si orporrà a quest'ultima : ma pos to il fa tto indubitat') cl e ll u rivelazion e d'una prima lingua, la filosofia potrà, come stnrlia l'origine, e il prog resso dell a società, studiitr pure l'origine, il progresso, la floridezza o il decadimento d ' una lingua particola re; poichè avviene costantemente che il linguaggio di '!ualsivoglia nazione va sempre di pari passo con la coltura di lei. Iv. p. .294. L'Autore parlando della dominazioue francese in Italia, quando s'introdussero tante voci e maniere barbare nella nostra favella, dice che la servilità delle parole nacque acl un parto colla ser- "ilità delle idee. OssEnvAzioN z Quanto è giusta l'osservazione ·del Sig. Cantù, al~ trettanto par facile il derivarne una conseO'uenza contraria al principio da lui posto, che si debba il più strettamente seguir l'uso dei parlanti . Infatti sul finire del secolo passato ,per vile e bassa adulazione,

t5 per istolida ambizione, per una turpe vanità, per c ieca imitazi on del la moda, pe r ignoranza del la moltit udine, ebbe forza l ' nso, o meg lio il capriccio, d i introdnrre parol e o prette frHni'es i, o colla sola desinen7.a italiana, e forme e cost ru tti contrari i a ll a natura di nostra Jingu<l, con di sca pito d i chi a rezza, d i ,·enustà, d ' eleganr.a. Il qual uso erroneo come ebbe tanto potere, non son molt'anni passa ti, e come ha an cora in molti , con Yergogna nostra, ri spetto All ' introd 11 zione di voci fraucesi; così lo ebbe ai t empi del Bembo ri spetto a• voci spagnuole; per il che lo stesso Bembo nel l ib. r. delle P rose, disse: , Poichè le Spagne a servire il loro Pon t efi ce a Roma i loro popoli mand a to avevano, e Valenza il colle Va ti cano occupato avea; ai nostri uomini e alle nostre donne oggima i a l t re voci, altri accenti avf:re in bocca non piaceva, che Spagnuoli , . Ora come si potrà rlar per regola assoluta da tenersi nello scrivere quella che per tante cagioni può condur· nell' err·ore, e portare gravissimo danno alla iavella nostra ? · Sarebbe poi da desiderarsi che tanto per la se rvilità dell e parole, q uanto dell e idee, fosse veramente caduta in discredito la scuola di quelli che amano ricorrere ai Francesi, come l ' Antore mostra di credere che sia , nella Cicalata degl' I diotismi, per· rispetto alle parole; ma vi sono molte ragioni da farci dubitare di c iò. Ri sgua rdo alle idee basta , perchè si c re• da il contrario, il vedere che i libri che più si leggono sono in lingua francese, o tradotti da quella, o scritti con forme particol a ri della medesima. Ed a mostrare la mancanza di esame che è nel prendere lP. idee altrui come belle e vere, sarà sufficiente il riferire quel che poco tempo fa si leggeva in un Giornale ( r). , Felice Romani, ne' suoi elegant issi mi ed eruditi Arti coli sull' opere del Sig. De Chat eaubriand, Essai sur la litté rature anglaise ecc. riporta qu esto squarcio del celebre Autor fran cese. P a rla ndo di Shackespeare e della povertà del- ( 1 ) Pirata n . 0 r 5. rlel dì '9· Ago• to r836.

t6 la lingua inglese d'allora, dice: Ci rappresentiamo noi cot esto col osso sforz<~to a cacciare gli enormi suoi p iPd i in p iccole pantofole chinesi, traballan t e fra gl ' impacci cui spez?:ava arrossendo, come un leone che fran ge i suoi la cci ,. Dopo, così parla di Dante: , D c1 nte non trOI'Ò nulla al suo giugnere al mondo ... La 11ecess ità d'intendersi avea fc~tto nascere un idioma volgare adope ra to da un lato all'altro delle Alpi del mezzogiorno, da una parte e dall'altra de' Pirenei orientali. Dante adottò cotesto h astardo di ltoma, che i dotti e potenti sdegna1·ano di riconoscere; e lo trovò vagabondo per le vie di Firenze, nutrito a ll a ven t ura da un popolo repubbl icano in tutta l a sua dnrezza plebea. Comunicò al fi glio della sua scel ta l a sua virilità, la sua semplicità, l a sua indipendenza, la su.a nobiltà, la sua tristezza , la sua santa subli - mità, la selvaggia sua grazia. Dante c:nò dal nulla la parola del suo spirito: dirde l 'essere a l verbo del sno gen io; si fabbri cò da per se la sua l ira. La l ingua ital iana e la Divina Commedia scaturirono insieme Ja l suo ce rvello: d'un colpo solo l'esule illustre dotò F uman genere di una lingua mirabile e d'un poema i mmortale ,. Dell a bellezza dell'immagine di Shackespeare, di quel colosso che mette i p iedi nelle pantofole cb inesi , e della verità delle cose dette intorno a Dan~ t e gi11cl ichi chi ha buon gusto e cogni zioni esatte •lell ' origine della lingua italiana; e dica se è con- ,·eniente a scrittori itali ani il propagare siffatte imma,gini e siftatti concetti, come degni di ammirazione. - - Pag. 3oo. ,; Perchè buon secolo il 3oo più che il 5oo; se i l popolo d 'all ora Hramente parlasse meglio che dappoi; se quegl i scrittori senza gramatica val essero da più che i susseguenti, i quali all a pratica accopp iavano la dottrina; e che vogl ia dire parl ar meglio; e come una lingua cessi di t ratto d'esser buona, sarebbero quistioni che vorremmo proporre a i d ittatori di gramatica, e che ad alcuno par-

17 b!tno 1eg~eri, o iuutili, o fin anche da burl a: eppure, chi osse rvi, rar chincl ono il nerbo delle q•l Ìs tio.- ui intorno alla lingua ,. Gli Autori eli gramatic he pott·an conoscere e sen• tire l 'impo rta nza delle JHOposte qui s ti on i, e di scut ere intorno ad esse, eù a!J rire quel \·ero che forse vi sta sotto. Io confesso rhe sono un di quelli a cui sembran legge ri ; nè so comprendere come a l.:. c u na eli esse (come una lingua cessi di tratto d'esser buona ) possa mtlOVP.rs i ; e per a ltre, già vecchie e rÌIJe tu te , fu vittoriosamente fatt a rispostu da M onti, d a Pe rticari, da l r. CPs<tri; da Pa rini e da Co lomho. Onde rimango in dubbio se il proporl e di n uovo s ia far progred ire la mente r~ ella in vestiga - zione di verità ignote, o f11rl a retroced e re con perd ita di tempo e con danno degli s tu d iosi. A togl it:r pe rò l 'i ncer tezza, nella qnal e pot rt•bhero per a l' l'en t nra cadere i g iova ni, a c ui fra le preme disc ipline, d~lle quali si raccoma nda loro l ' appre ndimento, è la propri a lingua, riferirò per Ji stesn qnel che Colombo n ell a Ler.. 4· consiglia a d essi di fare. , Stud ia te dilige nt eme nte ed assiduarne ntr' nPll e c:Hte eli tutti co• l oro c h e meglio scrissero n e ll ' Italia. Studiate in q uel le dt!' trecenti sti ; ed apprendete d a qu e' pMlri e maes tri d el dire el egante e pn ro una graziosa st·mpli éità ... Stud iate in qllelle degli a utori del c inquece nto ; ed apprendete da quegli eg ret;i ristora tori d ell a fave lla un certo deco ro; una certa gi hst czt.a , un a certa maestria nel comporre, la q tl ll le non era sì ben conosçh1ta ditgli sc rittori che li an~ an p rece... duti. Studint e lìn ,drn ente in quelle di qu est i ultimi temp i ; ed apprendete dagli sc i e n~iati scrittOr i JP.' nostri dì, u na maggio r p recis ione nell' espo rre i pensamc nti nost ri , una magg ior peri7.ia ed intell igenza n e ll'asses tare i l componime nto ed esprime re ogni cosa con vroprietà, con chiarezza e con garbo. Se f are te vo i tntto q eu~sto per entro a llo vostre carte si rinverra uJto e le grazie spontanee di tl11e' bea ti dì del treren9. l

ì8 to, e il colto e dignitoso linguaggio de' cinquecentisti, e nel tempo medesimo quello stile facile e disinvolto, che s ' acconviene al secolo in cui viviamo ,. Se i giovani seguissero questi consigli, potrebbero trarre grande utilità dalla lettura de i buoni scrittori, a qualunque secolo appartengano. Tutti però desidereranno di veder le proposte quistioni sciolte dal medesimo Sig. Cantù, e perchè si a fa tto palese il fine a cui mirano, e per la dottrina con cui egli saprà discuterle con onore di lui e con diletto dei molti che leggono le sue scritture. - - Pag. 3o r. , So che si voglion distinguere le lin- ' gue in ricche e povere: ma questa, che pur sembra così semplice, è una distinzione, a cui lo scarso mio intelletto mai non potè arrivare . ••• Ogni lingua sempre e di necessità è tanto ricca, quanto basta al suo bisogno ,. 0S8 É RVAZlO NE Sarebbe temerità se io volessi provarmi a cercare argomenti, coi quali l'Illustre Autore dovesse persuadersi che veramente vi sono ( come credono altri·) lingue ricche e povere. Domanderò solamente: Perchè nessun abitante di questa o di quella città & perito per fame, si potrà dire che ivi non sono nè ricchi nè poveri? e si potrà affermare che tutti hanno le cose necessarie al ben vivere? Siccome vi sono Nazioni ricche di pensieri e di idee pei molti progressi che fecero nelle scienze, e feconde di immagini; ed altre no; così si dirà ricca la lingua delle prime, se essa potrà con chiarezza, con p recisione, con proprietà, con abbondanza, con var ietà, secondo gli a rgomenti e le materie, esprimere quelle immagini e quei concetti. Al contrario si dirà povera quella che manca di alcnna delle accennate q ualità , e quella anche che è usa ta da N azioni prive di a rti e di scienze; poichè sebbene quest'ultima sia sufficiente ai biso-·

19 gni di chi la parla1 sarà tuttavia assai scarsa di vocaboli, e povera, considerata per rispetto a quelle che ne àhbondano. Proseauendo poi intorno alla seconda proposizione dico" cb e , per quanto ho udito, havvi qualche popolo, il qual e deve adopl'!rare per necessità una sola parola a significare cose diverse, per difetto di altre voci pa rticolari acconcie e proprie alle diverse cose; e che questa mancanza si sente principalmente nel linguaggio filosofico~ donde d e riva grave danno al progreditnento dell'intelletto. Ho parimente udito dire a talunn della nostra fave lla conosci tor profon;iissi mo; che con questa noi possiamo esprimere qualunque più sottile pensamento; e che solo per ignoranza si corre per lo più a toglier vocaboli d'altre nazioni, ai quali si avevano i corrispondenti più belli~ più proprii e più significativi: ecce ttuando però giustameute il caso di scoperte, o d'invenzioni, fatte altrove, a cui è stato già imposto il nome particolare là dove l'invenzione o la scoperta fu fatta ; ed allora i nsiem colla cosa si riceve anche la parolfl~ la quale .sta nella nostra lingua, come nelle nostre città 'luegli stranieri che vi si trovano per cagione di commercio o per altre bisogne, senza avervi cittadinanza. - - Pag. So2. )' Ecco tre canoni dietro i quali vorranno essi ( i Compilatori del Vocabolario di Napoli ) giudicare il neologismo: l'indole della lingua, la ragione, l'orecchio. Ma la prima è cosa di soverchio indeterminata, e la conoscerà solo chi grande studio v'avrà posto, ~ioè chi altro criterio av.rà ou-.. de {JOterne giudicare ,. OssERVAZiONE Tutti converranno facilmente nella sentenza dell' Autore, cbe sia difficil cosa il conoscere l'indole della lingua, e quindi quali modi le si confal'r irm

~o rnP.glio, e quali no : ma non so chi vorrà far rim.. provt!I'O a chi procura di attenersi, per quanto può, a questo canone. Il P . Cesari nel S· x3. della già citata Dissertaz ione, parlando della form azione di nuovi vocaboli dice che , l' i ndole natura! della lingua dee sempre signo reggia re e dar l 'atto e 'l col ore a l t essuto , ; e il Colombo ( Lez. 5. ) intorno all a stessa ma teria dice che una voce nuova oltre il dove r esser a tta ad esprimere il concetto di chi fave lla> ed essere intesa da qu elli a cu i s i favella,hisogna che si confaccia con l ' indf)le d ella lingua a cui appartiene> manca ndo de l qua l ulti mo requi sito ne sc11pita la venustà della lingua stessaj ed ambedue questi illustri scrittori hanno notato varie parole e maniere da non nsarsi da i Jiligenti ed accurati; il nume ro delle quali cresce sempre più nelle scritture di ques ta età. E qu an tunqn e l'osse rvazione dt•l S ig. Cantù sia diretta ai Compilatori di Dizi o n a rii~ io l'ho tocca ta in generale per l 'importanza <.!ella cosa stessa, e perchè sapendo che gl'Illustri Comp ilatori del Vocabolario di Napoli notano anche le fras i c i mod i, pa rrni che loro si debba maggiore g ratituclirw t~d es timazione , se con tale avver tenza omettono costrutti e frasi disconvenienti all a favella nostra, e che dovrebbero essere bandite da tutte le scritt u re. Indi l'Au to re seg11i ta : J> Quanto alla r agione non so a pa tto niuno che abbi a a fare coll e paro le. La paroLi di per se non dice, non esprime nulla , . Non so quel che possono a ve rne pensa to coloro che han g i:\ le tto nel Ricog litore qu es te parole; non so qu el che ne giudicherà chi avrà avuta la pazi enza di legge rle qui: quanto a me non av rei c reduto mai che si fosse per giugnere ad esclude re la ragione in cosa di t anta importanza, di quanta ne son l e parole, di quanta ne è la lingua, di cui le parole sono gli elementi. E quale sarà allora l' uffi cio della filosotìa nel fa tto de ll a lingua? E a che giova allora lo el eggere piuttosto questo che quel vocabolo? E non esprimon nulla di per se le moltissime voci, di cui è ricca la lingua nostra, le qua-

l!> l li imitano col loro suono l'atto della cosa significa· ta, o le qualità di essa? Non è per la forza e pel valore i ntrinseco di molte voei, che i migliori scr itt ori hanno potuto, per così dire, scolpire le idee, e dipingere innan zi alla men t e l'immagine delle cose ? Non è la ragione che induce lo scopritore di (OSe nuove ad assegnar loro vocabo lo acconcio e p roprio ad indicarne qualche princi pa le qualità? Non è la ra~ g ione elle h a diretto, e dirige tuttavia, ove se ne faccia sentire il bisogno, a comporre parole tolte da altre lingue, e particolarmente dalla greca? senza però che si voglia giudicar buono l'abuso, nel quale si suoi cadere da a lcuni . E non fn l a ragione che guidò Dante ad usar que' vocaboli, che per l oro intrinseca virtù resero ammirabili i snoi versi non a que' soli, che vissero ruil secolo in cui egli fioriva, ma a tutti q nell i che ven• ner dopo, e che ancor ci verranno? Di siffatto valore intrinseco delle parole t occa Cicerone nell ib. 3 . dell ' Oratore, dicendo: , Omnis igitur oratio confici tur tx verbis; quorum primum nobis ra tio si,mpli ci ter vide nda est, deinde conjunct e; nam est quidam oruatus orationis, qui ex singulis verbis est .. . Ergv utemur ve:bi~ au t iis, quae propria sunt et certa quasi vocabula rerum, poene nna na ta cum rebus ipsis ,. E il sempre lodà to Colombo ( Lez. 5. ) mette la r agione come guida da t enersi nello elegger voci colle quali arricchire la favella e supplire alle mancanze, che col mntarsi de' tempi si sentono in tutte le lingue vive; indi spiega sapientemente i mod i, che l a ragione stessa ci addita per conseguire il fine propost(l, Rispetto a l terzo canone l' Autore dice: , Nè so quanto i l superbo giudizio dell' orecchio qui possa a 1•e r pa rte ,. I Compila tori de' Vocabolari i potranno ritrarre poca utilit à dal giudizio dell'orecchio per ammettere, o no parole nel Dizionario, parti colarmen te quando sieno state usat,.e da scrittori reput.Jti cl ass ici. Però uel caso d i acce ttare neol og ismi ( ed è appun t o queato nel quale i Vocnbolaristi di N apoli dicono d i attenersi ad esso ) può esser utile per far preferiro

!1.2. ~ma ad altra voce, se ve ne ha i n uso più. d' un t\ per s ignifi care una cosa. Aru~ he Cicerone nel libro 3. d ell'Oratore scr i s~e : , In hoc ve rborum gene re propriorum de lec tus est qui- , d am habendns, atq ne is anrium q noÒiiiD jndicio ponderand u~: in quo consuet udo et iam be ne loquendi va le t plurirnurn ,. La Crusca poi t olse via ne ll a qua rta edi zione de l suo Vocal•olario la voce carestoso, aggPttivo di tempo, in ·c lli è cares tia , usata da Pallavi cina e da Seg ne ri , l a qu a l voce e ra s t a ta registrata nell a t er7.a edi z ione; e ciò pe l solo mot ivo e h~ qu ella parol a ha un suono non gra to a ll 'orecchio. Pag. 3o6. , Cice •~one sommo vi zio credeva lo sco... starsi nel dire dal volgar modo , , . O ssERVAzioNE Ma Cicerone stesso s tabilisce nn pri nc ipio più. pre - ciso nel lib. .2. dell 'Oratore, di cendo:, Res e t sent en tia e vi sua verba parient, quae sernper satis mibi ornata videri solen t , si f' jnsmodi sunt, ut ea r es ipsa peperisse videatur , . E ne lli b. 3. dice:, Omnis loquendi elega nti a , q namqnam ex politur sc ienti a litera rum, tarnen auge tur legendis oratoribus et poetis ,. Do\'e pure co nsi gli a a studiare gli sc rittori an.. tichi, e ad usare per ornamento ( se ben parcamen.. te ) di voci an ti che. Nell e pagine 3I.2, 3 r3, 3r4 l 'Autore vuol provare che l a l ettera tu ra d eve essere popolare ; che la poes ia cons iste in meglio ell e in pa role e f ras i; che la lingua deg li scrittor i sia l a lingua del popolo, in contrario a qnelli che di cono che gl i scr ittori debbono adop~ran11.~ una con regole e t ermini proprii , c?n troncament i ed eleganze, l i11gua f orbita, gramatzcale, cortigiana, perchè coll ' usar la forbita p er

.23 parlare al popolo si costringe a una doppia fatica, dovendoglisi far capire le cose e le parole. E se è vero, continua egli, che il bello della letteratura stia i n gran parte, se non anche tutto, nel ridestare il maggior numero di idee piace-voli, quante più non ce ne ridesteranno quelle parole) que' modi, il cui suono ci ferì bambini, ci ferì nelle circostanze più solenni e più gioconde della vita, che udimmo da l1thbra venerate e care? , OssE vAzioNE 1 Senza avvolgere il pensiero in varie pagine con pericolo che vi manchi la chiarezza, pare che sarebb e stato miglior consiglio l'indicare più semplicemente quei generi di cose, che in Italia rimangono ancora da essere esposti al popolo con lingua semplice e propria, con istile piano, con facilfl collegamento di idee, e con ordine conforme alla natura del pensiero) e al modo con cui le facoltà dell'intelletto si mettono in atto) invece di scagliarsi con troppa violenza contro gli scrittori che cercano con accuratezza di fa r acquistare alle loro carte bellezza, eleganza, proprietà, e si attengono alle regole già stabilite dai gramatici e dall'uso dei migliori. Molti già pensano col Sig. Cantù che la letteratura non debba sequestrarsi dai maneggi) che debba farsi sociale,popolare; ed è prova di questo il vedere aperto in tutte le provincie d'Italia un numero abbondante di scuole per l'istruzione universale dei maschi e delle fem~ mine , e i molti libri che da per tutto si stampano per ogni condizione di persone. La ragione principale che dovrebbe far mettere lamenti per risguardo alla letteratura dovrebb' essere, pare a me, il vedere che chi scrive per la gioventù e pel popolo ( pochi eccettuati ) non ha pratica della propri a 'l ingua, e, come dice l'Autore ad altro proposito, fa del suo scrivere un affare del caso) ed ha idee poco chiare e poco esatte; onde è poi costretto ad usare parole non proprie e non chiare, forme e costrutti non con.. facenti all'indole della lingua nostra. Che se si gi.q.,.

04 · d · d " r ·b · d ' grwrà mat a posse ere un a se_n e 1. 1 _,., ~ttatJ con mt>todo e con lingua buona, 1 quali sp1egh 1no a l popo lo i principii d el!~ ~el i g ion e, _d ella ~o.ral_e, _dell~ varie Arti e d ei Mest1 en, de ll ft Sc1enze u t d1 m d1 ve rs1 ese rc izii nell a vita , d ell a Er.onomi a domest ica e pubbli ca, ridia G r og rct!Ì a e de lla Sto ria, all ora le men ti con s iffa tto ordine di le tture acqni ste rehbP ro cogn izioni utili e precise, app re nderebbero voc abo l i proprii da u sa re sì nel par la re c h e m•llo sc r ivere; s i svezze rr b bero d a q ue lli c he l' ignoranza o ct l t re cag ion i ha introd otto ne ll a liCua; si ev i tere bbe que lla d Oj}p ia fct ti ca , di c ui pa rl a r Autore ; ed ogni lettore va sse rehbe grarLHil ment e a ll ' a f"quisto di idee più compli ca te e più diffi c ili to rnito con c hi are~za d ell e p iù fac ili, che il guide re bbero a q L1e ll e ; e inte nde rebbe per tal guisa a nc he g li sc ritti di coloro , c h e secondo l a diversità ùe i subbi e tti più o me no gra \•Ì, h a nno u s!l to forme e s tile lor proprio . Allo ra coi prin cip i i gi à stab iliti d e ll a n os tra favella , conosciuta l a su a ri cch ezza e la sua a ttituòi ne a vestire ogn i qual i tà di pe nsi e ri e di immag ini, studiando n e i migl iori AutoFi c he dai p ri m i tempi de l n os tro volgare fio riron o sino a noi, coll ' agg in n ta di q uell e sole voc i ch e la scope rta di nuove cose ha fcttto e farà esse re a nr.o r necessarie , cesse rilnuo le qu isti oni , le qu a li han fa tto perde re a molti e nob ili ingeg n i un t em po prez iosi soimo , ch e poteva esse r pos to in ist udii d i magg iore utili rà ; cesse rà la d iv isi one che è tra l e p ro\' Iocie d'Italia nel fa tto cl elia lingua; s i st u die rà questa con più amore e con più vene raz ione; si conserve rà la sua purità , il suo ca ndore , l a srn indole e la natura sna, pe r le quHli doti è me ri tamente re pu tata una delle migliori di Europ11; si e vi t Prà la licen.za .e );~ sfre natezza che or la d e t urpa no ; gli sc ri tton dr mate ri e g ra vi e di pot>s ia sa ra nno in tes i senza c he a rl operino la li ngn a de' trivi i, mA u sa ndo l a l ingu a fo rb ita, gr<~ ma ti c ;r ) e, con re go l t~ e t e rm ini p ro ·· pr11 e con elr ga nza. Ed allora la le t ter atura , come è ottimo d f"s ide ri o dell' Autore, r i<.l es te rà il m<'~gg i o r nume ro di idee pi nea volì, nè la f ave lla com' e<> l i . Il ' o teme, S I a ontan e rà dal popolo; anzi sarà il rn i-

25 glior mezzo, il solo, con cui diffonder fra esso con· solazioni, lumi, ragione. Allora il popol nostro conoscerà la lingua uni,·ersale d'Italia; e intenderà con profitto gli Oratori che gli parleranno con eloquenza, con dignità, con nobiltà, come qu el di Grec ia e di Roma ascoltava ed intendeva Demostene e Cicerone dalla Tribuna. ·-==== OssERVAZIONE Pag. 3t2. Il trionfo, che l'Autore mostra di credere che ~i sia ottenuto da quindici anni fa da coloro che coll' esempio o col precetto sostenevano che La poesia consistesse in meglio che in parole e frasi , forse è minore di quel che egli vorrebbe far apparire. In fatti, per tacere di molti altri, &i d i rà forse che s1eno sole parole e fr·asi le poesie di D?nte, di Petrarca, di Ariosto, di Tasso, di Caro, di Alamanni, di Guidi cc ioni , di Filicaja, di Menzini, di Chiabrera, di Guidi, di Testi, d'Alessandro Marchetti, di Alfieri, d i Metastasio, di Parini, di Monti, di Leopardi e d e l Conte Giovann i Marehetti ? Si faccian pur voti perchè anche l a poesia diventi popolare, ma nella scelta degli argomenti adatti al grado della i struzione del popolo e secondo lo stato morale eli lui; non mai si cada nel vi le e nel basso , con torme indegne non dirò della lingua italiuna, ma di qualsivoglia più barbara, più in col ta , più rozza , come con vergogna di ques ta et à accade troppo spesso; poichè si osa di pubbli car cose de ttate da mente p riva di senno (I) . lo non sono di quelli che vogliono appo rre a chi fa bene le colpe di coloro che, imitandoli , fanno mal e; pure può forse dubita rsi che nn sommo d'Ita li a abbia a pentirsi di colpa non sua, ma so lo pe r essersi spinto troppo vicino al precipi zio, entro il qua le una foll a di suoi imitatori è caduta; credendoa i da molti che pel popolo siavi ta l genere di poesia ( 1) V . nell ' Art icolo nnilo ol prPsente in risposta al Fi~aro.

26 che non abbisogni di studio ne' classici, non di scelta di parole, non di frasi, non di concetti e di i mma• gini. Ma la poesia avrà sempre per necessità di sua natura una forma sua p ropri a e acconcia alle immagini e agli affe tti del cuor del poeta. Vestan pure la poesia coi modi comu ni alla prosa e a l discorso famigli are que' popoli che mancan di affetto, e a cui la propria lin gua non basta pe r l eva rsi all'altezza alla quale si levò la nostra. Noi che poGsediamo una lingua, che t enue si adatta .<1.i racconti e a lle novelle; che sempli ce s i presta ne' dialoghi, nelle epistole e nelle materie d'istruzione; che precisa e propria svolge i più sottili pensamenti e le parti tutte d e lle scien~e e della filosofia; che fa cile e pi a na spiega i fatti negli Annali; che si solleva ri cca ed orna ta nell a Storia; che feconda di motti e scherzi ci dil e tta nella Commedia; che breve e forte ci penetra il cuore e commove nella Tragedia; che gra ve ed ar• moniosa tuona dal pergamo e dalla tribunH; che varia e splendida d'ornamenti seconda i più al ti voli che far poss<t l'umano pensiero e la più fervid a fantasia, noi rinuncieremo spontanei a tanta ricchezza per immiserirci e farci compagni a quelli, che solo per invidia di essa ci insultano? . -==== Pag. 3I5. , Dicono ancora che l'arte è scolara della natura, e in tanto val meglio, in quanto più ritrae dalla maestra. Or come ragg iunger la natura collo scostarsene fino in qnel che è primo elemento delle arti umane, la parola? , OssERVA ZIONE È proprio dell'arte l'imitare la natura, ma colla scegliere da essa l e parti migliori, eo l riunir quelle che formano il bello, sebbene in natura divise e separate, colla mescolanza di varie qualità, come i pittori usano coi colori, d ando varia gradazione alle tinte; dalla quale operazione dell'arte si han poi que'

' l' d' R ff l d'C . d' . l · 27 m1raco 1 1 a ae e, 1 oreggw e 1 tanti a tn sommi. All'artifi zio de' pittori nel fatto l oro è da paragonars i quello degli scrittori qu anto all e parol e e all o stile . E si potrà bene avere dal popolo quel lingnagg io c.he a lui nelle occorrenze d ella vita abbisogna; ma una gran parte ne prest eranno i dotti di ogni disciplina, i qu a li rendernn pure più esa tta, come )lÌ è già detto, qu ell a pa rte stessa tolta da l popolo; pel gran divario che è d a l parl a re allo scrivere, -·-=== lv. , Obbligatevi a studiare la società nella sua espression e capita le, il linguaggio, e ne trarrete ben altro frutto pe r essa , e:he non dal cercarla o in au le ristrette, od in autori di centina ia d'anni fa . In quelli presume te voi rinv enire quanto fa mestieri ad espr imer tutti i nos tri sentimenti, l e più fine gradazioni di quelli, i bi sogni nuovi e le nuove idee? Impossibile , . Indi al §. ultimo p. 6o6. parlando dei mezzi coi quali in It alia si possa acquistare l a sola vera li ngna e universale , e di sme ttere la ge lida gramati cale di ce . , Ove s'introducesse ro nutrici ed aie toscane, toscani ma es t ri; ci venissero di colà gazzette, libri Ùtw oti, libri tecni ci ed el ementari, commed ie, novelle; se a' Toscani si facesse ro rivedere i Codic i; se di là venisse jJ più delle trad n t~ i on i ; se colà si rammendassero i Di z ionarii, si compil as sero le g ramatiche; se sopra ttutto, invece di tenere i ragazzi inchiorlati se i anni sopra una panca a fingere d' impa rar i l latino) s i convenisse di mandarlì qualche anno in Toscana . .. se gli scrittori migliori s'accordassero nel riferirsi) come aù unico canone, all'uso vivente della Toscana ,. OssERVAZIONE Secondo i mezzi indicati dal Sig. Cantù conosce• ran t utti essere affatto impossibile l'apprendimento della v•~ra lingua, e l a espressione dei sentimenti no• stri, nè fnori della beata Toscana al cuno potrà stu.-

!l8 diare la società nel linguaggio. Giova dunque meglio per tutti quelli che non possono andare a Firenze ( e quanti milioni sono essi mai ! ) lo attenersi al consiglio di que' maestri, i quali ci raccomandano lo studio d ei migliori scrittori, il che facendo non rimarremo nella ignoranza perfetta, ma apprend e remo a lmeno qualche buona voce. Pt:rò confortiamoci di bnona speranza che impareremo, e nop poco, anche negli scrittori di cen tin aia d'an~ ni fa; e l'Autore stesso nella Cicalata degl' Idio- • 1 ti sm i, Indicatore, Fascicolo d'Ottobre e Novembre del 1835. p. 181. dice: , Se ho mai desiderato aver voce in capitolo, sarebbe ora per raccomandare a quanti scrivono di leggere e meditare i classici nostri, di non trascurare i cornici del cinquece.nto, di cui, appena abbian preso un saggio, verran ghiotti del fatto loro sì da non sapersene dislattare ,. Ed alla pag. 186. della stessa Cicalata raccomanda di nuovo ai Giovani di studiare i Cl assici; e con tutta ragione; poichè l'Itali a ha avuto tante e sì diverse forme di reggimenti politici, e t anti e sì svariati avvenitnenti;è stata l ' inventrice di tante arti e scienze, ebbe sì estesi negozi e sì florida marineria; si spinse tanto. innanzi nello studio dell'uomo e della società, delle l egg i e dei costumi, degli ordinamenti dell' amministra7.i on degli stati, che si possono cercare e studiare le molte opere ( con vergogna nostra troppo da noi dimenticate ) di que' grandi, che con iscienza ed accuratezza ne scrissero; e nei libri di questi troverem quasi tutto quello che può abbisognare ne' nostri dì. Tu t ti possono facilmente leggere q nelle seri ttn re, ed imparare in esse il vero linguaggio universale e inteso in ogni provin cia d ' Italia, il quale mi pare ohe sarà appunto quello che l ' Autore desidera nel principio dell 'ind ica t a Cicalat:•, pag. I3~. spiegato, ove ne venga dLJbbi ezza di qualche parol a o frase, dal Dizionario Universale, col poter ricorre re , secondo certe norr~e, in mancanza di voci proprie, a parole d\ nuovo conio, o dell'uso, o tolte da altre lingue. -;;;:====-

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