Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. XXV. - IL GIUDIZIO 533 bensi accusare il padre suo. lo già vi esposi com' ella, Mediante epistole, a personaggi di molto 'credito si raccomandasse, onde dagl' imminenti acerbissimi casi procurassero preservarla. Nel giorno del convito, di cui vi tenni parola, con accese supplicazioni n' esortò' i convitati atterriti dalla ferocia del Cènci; alfine indiresse memoriali al soglie pontificio. Se più alto, misera!, ella non potè levare la voce, la vorrete voi incolpare perché la chiudevano troppo spesse le mura, i sotterranei profondi, resistenti le porte, la custodia rigidamente sospettosa? Dunque incolperete la supplichevole se i vostri orecchi, assordati dai tripudii della vittoria, non poterono ascoltare il gemito della sventura? Ci assista Dio! Tanto varrebbe di ora in poi mandare assoluto il ladro, e punire il derubato perchè le cose sue con sufficienti serrami non assicurò; non' più il feritore, ma il ferito deve inviarsi all' ergastolo perché si lasciava cogliere inerme dalle insidie, che gli tendeva proditoriamente il suo nemico. E fosse, anche per ipotesi, che la bisogna andasse come il fisco suppone; la signora Beatrice avendo ucciso, e non accusato, meriterebbe la pena della deportazione soltanto, secondo il precetto della legge del divo Adriano, e non quella dell' Ultimo supplizio. Il fisco erra eziandio quando sostiene che le cagioni addotte da me valgano in caso di attuale, ed impendente violenza, e non quando tra la violenza e la strage corra certo spazio di tempo, ed allorchè la morte sia stata data di mano propria, non già procurata per mezzo di sicarii. Va errato, io dico, imperciocchè la' signora Beatrice confessi ben ella avere ucciso il padre di propria mano, però nell' atto stesso che stava per consumare la violenza; ed avvertite che, desta a forza, tra lo spavento e l' ira fors' ella non ravvisò, anzi non riconobbe di certo, il padre suo. E poniamo ancora che lo avesse riconosciuto... Ma sapete, o Signori, che io, non me ne accorgendo, ho profanato fin qui un nome santissimo; iin-; perciocchè può egli darsi, senza offesa manifesta della natura e senza ingiuria di coloro che ne sono meritevoli, questo titolo a Francesco Cènci? Quando uno sciagurato rompe il confino che la 'natura e Dio posero fra padre e figlio; quando egli nè protegge nè ama la sua creatura, all'opposto la perseguita e l'odia; il corpo* ne calpesta e lo spirito, quegli non è più padre; anzi tanto è più scellerato, e meritevole di morte, quanto erano maggiori in 'lui gli obblighi di proteggere e di amare. E fosse anche, per ipotesi ch'io nego, che la signora Beatrice •uccidesse lo sciagurato non mica su l' atto, ma dopo, sa-

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