Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. III. -- IL RATTO 37 mento infuriò contro me, quasi fossi per commettere qualche gran sacrilegio; e- chi mi chiamò a considerare la ingiuria del sangue, e chi la nobiltà della casa offuscata; taluno lo sdegno dei congiunti, tale altro la rabbia dei colleghi; sicchè con mille diavolerie mi hanno sconvolto il cervello in modo, che poco mancò che io non mi sia dato per perduto. — Eh! la è faccenda seria; ed io avrei detto come loro.... — Ma quando Adamo zappava ed Eva filava dov' erano i gentiluomini? (3) — Veramente; dov' erano? Io per me non lo so. — Io vorrei che mi chiarissero in che cosa, noi gentiluomini, differiamo dai popolani. Forse noi non bagna la pioggia, o non riscalda il sole? Forse non ci toccano i dolori ; la nostra culla non è circondata di pianto; il nostro letto di morte non è assediato dai singulti? Possiamo dire alla morte, come al , creditore importuno, tornate domani? Dormiamo meglio l' ultimo sonno dentre un sepolcro di marmo, che il popolo sotto la terra? lo vorrei che mi chiarissero un po' se i vermi, o prima di accostarsi a rodere il cadavere di un papa o di un imperatore, gli fanno di berretta dicendogli: si contenta, santità? si contenta, maestà? Il mio ducato semina, e raccoglie contenteZze ? Amore non toglie via ogni differenza fra gli amanti? — Cosi è : Ogni disuguaglianza amor fa pari, dice il poeta. Qualche cosa di simile cantò con la solita eleganza il signor Torquato Tasso, nella sua favola boschereccia: ricordatevene Duca? — Oh Dio! e che cosa volete che io mi ricordi? Io non ho più memoria, nè mente, nè nulla. Per pietà, umanissimo Conte, voi che avete senno ed esperienza di mondo, siatemi cortese a indicare un rimedio a tanta molestia! — Mio caro, riprese il Conte ponendo la mano familiar— mente sopra la spalla del Duca, porgetemi ascolto. Voi avete ragione... — Sì? ... — E i vostri parenti non hanno torto. Voi avete ragione, però che fumo di nobiltà non valga fumo di pipa (4). 1 vostri pa-

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