Francesco Domenico Guerrazzi - Beatrice Cenci

CAP. IX. - IL SUOCERO 149 un cane fedele, che dal suo furore mi preservi la vita... Sì, un cane; poichè il mio sangue mi procede siffattamente ne-• mico. Sfiduciato della razza umana, bene è forza che• io cerchi la mia difesa fra le bestie.: — anzi questo cane io aveva, e fedelissimo a prova... ed essi me lo hanno ammazzato di un colpo di spada nel cuore. . . truce presagio di ciò che riserbano al padre loro. — Già da qualche tempo m' invade un pensiero... che, nato sul mio doloroso guanciale, ha preso a impadronirsi di me come idea fissa . . . ed è se io debba permettere ch' essi consumino il parricidio, o piuttosto, troncando con le mie proprie mani questa misera vita, risparmiare in un punto a loro la infamia e la pena del delitto, a me il supplizio incomportabile di vivere. Ah ! Signore, quanto ' è dura necessità questa di perdere P anima loro, o la mia ! Qui piegata alquanto la faccia fissava certa lettera di Spagna, la quale gli porgeva notizia della morte che si presagiva imminente di Filippo II, da lui sopra ogni altro re ammirato, e nel suo segreto pensava: — lui avventuroso che prima di morire potè fare strangolare il figliuolo, e ne fu benedetto da Santa Madre Chiesa! — (2) Intanto fu bussato pian piano all' uscio della stanza. Il Conte, rialzato il capo, con voce ferma ordinava: — Avanti. . . Comparve Marzio, il quale dopo qualche esitanza , veduta ch' ebbe la donna, favellò: — Eccellenza. . . il tabellione. . . — Aspetti. Fatelo passare nella stanza verde onde possa assettarsi a beh' agio. . . — Eccellenza, egli mi ha commesso annunziarle, che faccende urgentissime lo chiamano altrove. . . — Per dio! Chi è costui, che ardisce avere una volontà diversa dalla mia - e per di più in mia casa? - Quasi, quasi io sarei tentato fargli come a Conte Ugolino , e gittare le chiavi nel Tevere. Andate, e non gli permettete uscire senza il mio consenso. . . La rabbia appena repressa con la quale il Conte fremeva

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