F.A. Gualtiero - Gli interventi dell'Austria nello Stato romano

INTERVENTI DELL'AUSTRIA ~ELI.O STATO BOMA~O LETTERA DEL MARCHESE F. A. GUALTERIO AL CONTE C!MILLO BENSO DI CAVOUR. Le oom si beau d· ltalie, m01t tlepuis t aot dt! sièclts.... rroferme eo lui seui tout un aveoir d'intlépend.1oce. NAP. III, Ll's idiu napolùniennes; rbap. IV. Pre:;w, Un Franco. GENOVA ALLA LIBRERIA GRONDOI.'U Aprile 1859.

MAZ 0700 00255 MAZ :j895 Torino, dalla Stamperia dell'Unione Tip. Editrice Torinese.

Allorchè il Piemonte dopo dieci anni di lotta costante con l'Austria combattuta onorevolmente con tenere levata là nazionale bandiera, col serbare intatte le sue libertà, c rivendicata e virilmente difesa la propria indipendenza, dopo avere rialzato sui campi di Crimea l' onore delle proprie armi, e con la sua diplomazia assicurato a sè un posto nei consigli dell' Europa, creandosi amici ed alleati fra i maggiori potentati , si preparava a nuove lòtle per la nazionale indipendenza , non poteva il resto d' Italia restare indifferente a tale spettacolo poichè ne prevedeva le conseguenze. L'Austria non poteva alla sua volta nè può restare tranquilla e sicura in Italia con tale nemico al fianco , nè lasciarsi minare dalla propaganda di un esempio così pericoloso. L guerra sorda che ebbe il governo Piemontese a sostener....___ con la medesima deve aver fatto palese all' Europa come l' Austria non possa esistere in llalia che ad un patto; cioè uccidendo il resto della nazione, e rendendola serva. Una sola parte d' Italia veramente indipendente e libera è per lei una minaccia ed un pericolo. Soggiogali anche tutti gli altri governi e le altre parti d'Italia) non poteva dormire sonni tranquilli, e ad ogni patto doveva

. )( 4 )( . por fine. a questo stato di cose per lei cotanto pericolo· so. Quindi quell a serie di ostilità, di attentati più o meno palesi , di violazione dei più sacri diritti , come fu quello da lei perpetrato all' occasione dei sequestri dei beni dei sudùi ti del vostro Re ; di violazione di tutti i trattati Euro· pei, come fu quello delle aumentate fortificazioni di Piacenza a Voi alla vostra indipendenza 'alla sicurezza vostra minacciose , la rottura de H e diplomatiche relazioni, le re· plicatc minacce ancora d'invasione del vostro territorio_, che vi costrinsero ad esaurire le vostre finanze , spendendo molti millioni per rendere forti le vostre piazze , cd infine le recenti minac'ciose provocazioni , e la discesa delle sue genti armate in Lombardia alle vostre porte, sul Ticino, in numero tale che non fu giammai maggiore nei tempi dei suoi più gravi pericoli , o delle sue più larghe ambizioni. A queste minacce Voi rispondeste degnamente opponendo la forza al1a forza, la lranquillità del diritto alla burbanza della prepotenza, e levaste risol.uti la vostra voce all' Europa e all'Italia , mostrando alla prima i lacerati trattati, e alla seconda l' ins:l11guinata bandiera di Novara. L'Italia non fu sorda alla chiam::~ta del vostro Re; c già sollo la sua bandiera corse il fiore della gioventù Lombarda, Modenese, Parmense, Toscana tl Romagnola. ' ogni parte d'Italia altra gioventù si commuove, e tutto ci fa palese che se alla fortuna delle armi la sorte (l'Italia deve esser commessa, giammai più bella e pitr universale levata dei popoli Italiani si sarà veduta nè ricordata. Patrizi e popolo in un solo voto uniti, una sola cosa agognano ; pugnare r~elle vostre file per la causa vostra , perchè causa di tutta la Nazione, sotto la vostra ba11diera, perchè bandiera d' Halia, presso il vo- :;tro Re, pcrcllè vindice di tutta la Nazione. E perchè gli stranieri illusi o ignoranti non credano

)( 5 )( che Voi siate guidati da ambizione Piemontese, o il vostro Re da ambizione per la sua dinastia (ambizione d'altronde che niuna delle Nazioni già costituite da qualche secolo in Europa potrebbe a giusto tilolo rimproverare a Voi), ben faceste a porre innanzi , dimentichi delle offese al Piemonte fatte e delle minacce a lui dirette, le usurpazioni che l' Austria perpetrò a danno dell' indipendenza del resto d'Italia , in onta ai trattati che regolano l' Europa. Allorchè questa riconosceYa l' anormale rondizione interna di alcune parti d' Italia, non voleva o non sapeva riconoscerne la cagione vera. A noi basta però che due cose siano riconosciute ormai , e solennemente e in modo irretrattabile confessate, cioè che quei mali esistono e che domandano rimedio. E poichè a Voi l'Europa diè il diritto di esporre quei mali , a Voi giustamente spetta il diritto eziandio di chiederne il rimedio. Il resto d' Italia per ò non doveva e non poteva tacere, ed era suo dovere di confortare la vostra voce con la sua. Voi rico!Wsces te e dichiaraste ben gius tamente che la cagione di quei mali consisteva nella violazione dall'Austria fatta a quei trattati che a no i garantivano un'esistenza ' ndipendente. E gli Stati Ha i i ani debbono sapervi gra o di ciò: perchè n è più vera nè più solida poteva essere la vostra argomentazione. Le questioni interne perciò devono esser poste da banda, e questa sola cosa dev'essere messa in chiaro all' Europa, che il mal essere nostro ha una sola origine e aspclta un solo . rimedio; e che questo rimedio ha fonclrunento nel diritto pubblico Europeo, come la cagione dei nostri mali ne fu una deviazione. Bene già sostenne questo assunto la Toscana nella memoria data in luce da alcuni uomini autorevoli >che porta il titolo di Toscana e Austria. E quella Memoria

){ 6 )( alla quale per le leggi ancora vigenti in quello Stato non fu potuto porre impedimento a che vedesse la luce e fo sse copiosamente propalata, accrebbe forza l' universale consenso , e le numerose adesioni che vennero da ogni parte di quello Stato , e una ingente somma raccolta per soccorrere alla partenza dei Volontari, e il ricco concorso al prestito Piemontese, e le numerose schiere di giovani che lasciarono gli agi o il lavoro per correre ad arruolarsi sotto le vostre bandiere. Questo spettacolo mi empì l' animo di consolazione e di conforto , e in mezzo a così bella commozione la mia lingua non poteva r estar silenziosa , e la mia coscienza mi comandava di levare ancora la mia voce. - Que.:; to processo delle usurpazioni Austriache in Italia , degli sforzi fatti dall'Austria per annientare l'indipendenza degli Stati Italiani , per assicurare la sua dominazione in Lombardia , fu da me già fatto ampiamente, solennemente, e corredato dei più autorevoli documenti nelle mie Storie, le quall volli appunto come solenne protesta e come insegnamento agl' Italiani pubbl care in un paese allora occupato dalle armi dell' Austria, denunciando ques ta all' Europa come colta in flagrante delitto. E benedico oggi alle mie povere fatiche nel ved e tutta Italia volgere gli occhi a quel Piemonte , a quella bandiera , a quel Re , che a me parve il solo fondamento della nostra futura indipendenza. Ma da quell' ampio processo, chè tale era lo scopo de' miei libri, di costituire cioè l'Austria come accusata in faccia all' Europa , mi sembra oggi necessario trarre le . . ultime conseguenze , e recarne innanzi il sommario, co-· me suol dirsi ; e tale è lo scopo di questo mio breve scritto. - Già per la Toscana fu fatto , e quindi è opera inutile il ripetere ciò che già fu dello, e bene, e caldamente, e da persone assai autorevoli. Resta che si parli •

)( 7 )( da alcuno per ciò che riguarda gli Stati Romani , ai quali appartenendo io per nascita , non posso sottrarmi al debito che m' incombe più che a chiunque altro forse fra i miei concittadini. E ciò è tanto più necessario in quanto che la quistione Romana fu già snbietto di tante discussioni, fu cosi minutamente esaminata, ed è forse la più studiata per una parte dalla diplomazia Europea nelle sue interne difficoltà, che veramente a me sembra pregio dell' ~pera, e urgente necessità l' esporla sotto l'aspetto della tesi generale che oggi si discute in seguito della querela che fra Italia ed Austria si suscitò. Male si appongono quei diplomatici i quali tentarono o vollero tentare di spostare questa quistione ritornando alle minute sue particolarità interne, e credono trovare una soluzione alla medesima nelle riforme del governo di Roma. E male si apporrebbero ancora quei Romani (se pur ve .ne sono) che alle vecchie querele dando libero campo, volessero preoccuparsi della possibilità od impossibilità delle medesime , e della misura o della forma più conveniente e più stabile e meglio garantita elle potrebbe loro darsi. Imperocchè veramente queste garanzie sono impossibili senza la soluzione di maggiori questioni , le quali devono .oggi prendere il posto sopra tutte le altre di of!line inferiore. Gli Stati Romani ancora non meno de· gli altri, anzi forse più degli altri, devono il loro mal' essere alla preponderanza dell'influsso Austriaco e alla loro indipendenza onninamente annichilala dall' Austria. E poichè nessuno Stato Italiano fu pit1 sovente calpestalo dalle armate intervenzioni Austriache, e poichè questo fu il mezzo più polente col quale il gabinetto eli Vienna ne ott.enne il completo annichilamento politico, credo non inutile il fare qualche parola di queste intervenzioni , e dimostrare quanto anche da questo Ialo sia vera

)( 8 )( c giusta l' argomentazione da voi, o Conte, fatta all' Europa., Non farò che ripetere cose già da me dette, che riunire o citare documenti già da me pubblicati: ma anche il ripeterli e l' ordinarli a forma di processo , ad appoggio di argomentazione per dimostrare la tesi presente, non è certamente inopportuna fatica. E alla mia voce non mancherà il consenso dei miei concittadini;, poichè ho la coscienza di farmi espositore non ~lo d' inconcusse verità , ma di esprimere l' opinione di quanto vi ha di uomini intelligenti e onorandi nello Stato Romano: e posso con maggior sicurezza affermarlo , perchè il loro concorso e consenso non mi mancò, allorchè le medesime cose vi espressi quando sedevate tre anni or sono come Ministro del Re nel Congresso di Parigi. L'Austria, nel porre nuovamente piede in Italia dopo la caduta dell' Impero Francese, fino dai primi momenti riassunse l' antica politica di Vienna, la quale mirava ad assorbire direttamente o indirett.amente tutta l'Italia. Già da lunga mano non aveva lasciato intentato alcun mezzo, non aveva lasciata sfuggire veruna occasione per giungere a questo scopo. Ogni guerra, ogni trattato porta l' impronta di un fatto, o almeno di un tentativo a tal fine diretto. Qual meraviglia se gl' Italiani fossero atterriti di tali minacce , e se più volte i Principi loro tentassero (ma sempre invano) d' intendersi per scongiurare un simile pericolo 'l Non vi è forse Archivio di Stato in Italia che non contenga le tracce di simili tentativi. Più volte lo tentò specialmente la Casa di Savoia, la quale nella coscienza della propria forza trovava direi quasi il presentimento del suo av-

)( 9 )( venire. Le pratiche del 1746, snllc quali gettano ampia luce i documenti pubblicati da Eugenio Rendu, (1) non furono nè le prime, n~ le sole. Già molti anni innanzi un tentativo non dissimile fu fatto presso Clemente Xl sotto il regno di Vittorio Amedeo. Alessandro Albani , poi Cardinale, fu in allora incaricato da un Cardinale della mia famiglia (e qui lo noto non senza compiacenza perche non gloria domestica ma nazionale) di per3uadere il Pontefice suo zio a volersi congiungere col Re (in allora) di Sicilia in una confederazione difensiva e offensiva contro gli Austriaci onde espellerli d' Italia. Niuno ignora come la famiglia Albani restò poi sempre Austriaca, come fu colmata di onori e di favori dal governo di Vienna; ma niuno certo conosce che .forse le mancate pratiche con Torino e Parigi ne furono il correspettivo. Con tali mezzi , con tali arti Vienna scongiurava i pericoli; mentre alcuni Sta li incorporava ai suoi, abusando dei pretesi diritti feudali dell' Impero , di altri come di Modena e Toscana feceva abilmente cadere la successione nella sua casa. Per tal mod_o estese la sua dominazione diretta con usurpazioni e trattati , mentre il resto avviluppava con i pretesi diritti del Sacro Romano Impero. Queste erano le tradizioni della Viennese politica. Le sue mire di dominazione sopra la Penisola erano antiche, costanti, immutabili , come la necessità, direi , quasi la voluttà di calpestare gl'Italiani, di governarli con la spada era un assioma: Germanus sceptro regilur, gens Itala ferro. Questa leggenda , che potremmo chiamar bene di (1) Eugène Rendu, L'ltalie et l'Empire à'Allemagne, 2e édftion , Paris, 1859, Avan t-propos , pag. VIli, in uola. •

• )( 1 o )( colore oscuro , per adoperare un confronlo Dantesco , si trova attorno all' aquila bicipite dell' Impero, sul bel frontespizio del Corpus juris Germanici di Struvio. N è i disastri della rivoluzione , nè· le sconfitte subite per opera di Napoleone le fecero mutare pensiero giammai. Immutabile e costante nei suoi propositi , perduto il Milanese, raccoglieva a Campoformio 1' eredità della morta Repubblica di Venezia, non sicura di mantenerla ma mirando a porre in essere un diritto sopra uno Stato del quale da lunga mano Carlo IV aveva predisposta la rovina. (1) E infatli , in forza di un nuovo diritto che non saprei come chiamare, poichè non è nè eli eredità, n è eli conquista, ritenne al Congresso eli Vienna col Milanese il Veneto territorio , rientrando da un lato nei diritti antichi , che per Venezia non voleva riconosciuti , e serbando intatta e valida dei trattati conclusi da Napoleone la sola parte che stipulava a lei un vantaggio , sgravanclosi in pari tempo del correspettivo. Usurpando e calpes tando per tal modQ il diritto , e facendosi beffe d.ei trattati , col dichiarm; valida la parte che a lei conveniva, nulla quella che no,.n le era vantaggiosa, segnò l' Austr ia il trattato di Vienna , abusando della compiacenza Europea , e profittanùo dell'umiliazione dell a Francia. Sotto questi auspicj , con queste mire rientrò l' Austria in Italia più potente che maL Nè le bastò il cresciuto territorio, il sistema delle fortificazioni complelato , essendos i fatta per tal modo cadere in mano Verona , non che tutto il quaclrilatero che doveva a.;sicurarle una formidabile posizione militare nella Penisola; ma volle anche del Po farsi una linea strategica, ( l ) Foscarini , Storia arcana, 1~ ell' Archivio storico, pubblicato in Fi renze per cura di Vi eusseux.

)( H )( che fosse minaccia agli altri Stati Italiani e ne rendesse illusoria l' indi pendenza. Segnando l' articolo di quel famoso trattato, col quale si stipolava l' indipe'ndenza degli Stati della Penisola, sapeva benissimo il Cancelliere dell' Impero che segnava una deri8ione , ed in cuor suo già pronunciava la famosa parola che l'Italia non è che un· espressione geografica. E in vero non fu per lui se tale non restò. E qui arrestandomi un poco , e posto in chiaro che l'Austria segnò il trattato di Vienna, preparandosi aviolarne lo spirito, per paterne in modo più sicuro calpestare la lettera quando le fosse convenuto , ripeterò ciò che già si disse , ciò che forma il subietto della discussione diplomatica che va facendosi in Europa da qualche settimana, cioè che non appena chiuso e segnato l'ultimo atto di quel famoso trattato, l'Austria cominciò a violario subdolamente, stipulando i trattati segreti con alcuni Stati llaliani , e specialmente con Napoli e Toscana. Col primo inceppava la libera sovranità di quello Stato obbligandolo a non concedere istituzioni che a lei non fossero convenute; col secoudo (disarmato allora quasi del tutto) faceva un derisorio trattato di alleanza militare, che non era altro se non un tratlato che stabiliva il diritto d' intervenzione , appoggiato ad un altro preteso e immaginario diritto di reversibilità. L' indipendenza degli Stati Romani era già posta in grave pericolo, anzi resa illusoria con il diritto di guarnigione che si era fatto concedere dallo stesso Trattato di Vienna, nelle fortezze di Ferrara e Comacchio. La Corte di Roma non si tenne quiela a questa spoliazione, e non fu cieca al pericolo. Pio VII protestò; e le parole della protesta del Cardinal Corisalvi sono il primo grido innalzato dopo il Congresso da un governo Italiano , sono una prova emessa in tempo cer-

)( 12 )( tamente non sospetto > c da un governo fra gl' Italiani mQno sospetto ancora che ha nella discussione presente autorità ineccezionabile. Il Cardinal Consalvi nella sua protesta emessa in Vienna il 14 Giugno 1815 diceva: « In virtù delle risoluzioni prese, l' Austria avrà il » diritto di guarnigione nelle piazze di Ferrara e Co- » macchio restituite al Sommo Pontefice.- Questa mi- » sura totalmente contraria alla libera e indipendente )\ sovranità d~la Santa Sede , ed al suo sistema dt neu- >> tralità , potendo esporlo a delle ostilità, portando pre- » giudizio ai suoi diritti , ed intralcùmdone l'esercizio, » il sottoscritto si vede obbligato di protestare formai- » mente. » ( 1) Così additato il pericolo, si additava eziandio lo scopo al quale mirava il gabinetto di Vienna, d'intralciare cioè agli Stati llaliani (a lei non concessi e ai quali si garantiva l'indipendenza dall'Europa) l' esercizio della libera e indipendente sovranità. Questa concessione fatta all' Austria la incoraggiò non solo a perpetuare la successiva violazione della lettera e dello spirito del trattato, ma le diè modo di consumarla con i trattati segreti che stipt1t9. Nulla di ciò che accadde in beguito sarebbe stato po3sibilc, se due errori gravissimi non fossero stati compiuti dai diplomatici Europei: di lasciare cioè senza veruna causa in vigore a favore dell'Austria le stipulazioni di Campoformio, e di concederle di potersi fare con le cittadelle· di Piacenza e Ferrara una forte linea militare del Po. Con Piacenza si minacciava direttamente l' indipendenza del Piemonte, con Ferrara quella den; Italia centrale. I successivi avvenimenti dovevaoo poi dare all'Austria il modo e le occasioni di svolgere i suoi piani; nè il gabinetto di Vienna era cosi poco accorto per la- ( l) Rivolgimenti Italiani, YOl. I, Doe. 7. Ediz. 2•, 1852, pag. 21>0.

)( 13 )( sciarsele sfuggire di mano , nè così scrupoloso per ripugn~re a qualsiasi mezzo le si offriva per profittarne. E un 'processo questo che non può farsi se non procedendo per epoche, e studiando attentamente i fatti e i documenti del tempo con ordine cronologico. L' Austria ben sapeva che l' Alta Italia cadutale nelle mani, come il resto della Penisola, covava un germe di rivoluzioni incessanti che dovevano necessariamente pullulare all' ombra della sua dominazione. Al grido d' indipendenza le bandiere Francesi avevano rinnovate le loro passeggiate trionfali nella pianura del Po, la corona di Teodolinda aveva riacquistqto il suo prestigio per un momento, e a quel prestigio si doveva un primo rialzamento della nazione e del nome Italiano dopo due secoli e mezzo di avvilimento e di silenzio sepolcrale, interrotto soltanto a quando a quando ùal grido della coscienza di pochi uomini generosi. Sapeva benissimo l'Austria che il grido dai Siciliani emesso nella loro lettera al Pontefice nel secolo XJII: Respuit, pater, Jtalùt, respuit peregrina dominia, (1) non era più l'eco di una sonora voce che si ripeteva nel deserto da poichè l'Italia aveva provato sotto la Cisalpina e il Regno llalico la speranza di vedere tradotto in una realtà il voto di tanti secoli. Non ignorava l'Austria infine come essa stessa, allorchè voleva gettare a terra il Colosso Napoleonico, aveva fatto appello a quei voti, a quei desiderj, aveva lusingato , esaltato e santificato il culto dell' Indipendenza. Chi mai leggendo oggi i proclami del generai Nugcn t riconoscerà (1) Epistola dei Sicil iani al coll rgio de' Canlinali e al Papa. Amari., Vespro siciliano , FJrcnze , Le Mounier, 1851, pag. 569.

)( 14 )( in quelli il linguaggio di un generale austriaco, l' uno dei futuri dominatori della Lombardia 'l È pregio dell' opera inserire per intero il secondo di quei proclami, perchè fra tutti il più impudente , quale io già lo resi di pubblica ragione nelle mie storie.(1) PROCLAMA. , Nella gran lotta , che impegna le forze tutte del- » l'Europa sul teatro della guerra, l'Ilalia si appresenta » in una crisi la più importante per gli ultimi suoi destini. , Ma questi destini, in faccia al sistema che la » pace 'e il comune interesse delle alte Potenze debbono » indispensabilmente stabilire, non ponno oramai che )i dipendere dal partito cui si decidono gl' Italiani , e » gl'Italiani segnatamente che furono avvezzi a com- >> battere , e il di cui braccio venne destinato a trattare » le armi. » Sì, siete voi, o soldati, figli di quella terra tanto \) famosa nei fasti dei trionfi e del!e glorie, siete voi » tutti , che chiama la patria , onde sostenere al cospetto » del mondo la causa più sacra dei vostri diritti, quella » dell' indipendenza nazionale. » Cessi una volta , soldati, la vostra servitù ; cessi » l' Haliano di versare il suo sangue per servire alla >> vorace ambizione degli stranieri. Nè lemiate che il » nuov' ordine di cose possa bensì sottrarvi al giogo, » cui fin ad ora piegaste in mezzo all.e miserie, all' av· » vilimento, ma non già cambiare la sorte della vostra » costituzione , e che sotto forme diverse, sotto diversi » dominatori ; dobbiate finalmente ricadere in un nuovo 1> stato di debolezza e di dipendenza , malgrado gli » sforzi che siate per impiegare onde uscirne perpetua- » mente. (i) Rivolgimenti Italia11i, Volume I, Doc . Il, pag. 224.

)( 15 )( » No, Italiani ; non è questo lo scopo delle Potenze l> coalizzate. Fra le tante cause giustissime che mossero » e che mantengono la guerra attuale, havvi quella » della vostra indipendenza; conciliando co' diritti de' le- >> gittimi sovrani d'Italia la vostra esistenza politica e » civile, talchè presentiate nel rango dei popoli un corpo -.> solo, una sola nazione degna del rispetto dei suoi vi- » cini, e libera dalla influenza di ogni esterno. » È a quest' oggetto , che in nome delle Potenze » alleate sono di sceso alle disposizioni , che leggerete » qui appiedi; e vegga così ogni militare, che, abban- » donando le file nemiche , concorre a difendere i suoi » più cari interessi, ed assicurare, e migliorare ad un » tempo la futura sua situazione, sia volendo vestire » le insegne onorate della sua naz ione, sia volendo réj stituirsi nella classe dei suoi concittadini privati. » Soldati l È in voi, che confida l'Italia. Mostratevi » degni del vostro nome, della memoria de' vostri paJJ dri. Ricordatevi 1 che un popolo non può lusingarsi » della sua indipendenza che quando i suoi bravi spie- » ghino uniti eJ armati l'a loro attitudine vigorosa so lto » la guida ed il comando di capi nazionali. Senza unio- » ne, senz' armate, non havvi patria , o libertà civile, >1 non vi sono diritti ; ma invece non può una nazione » che attendere la schiavitù dal dispotismo degli stra- » nieri. Voi provaste pur troppo, Italiani, gli elTctti » tremendi di questa verità ; e le piaghe .profonde tut- » tora, che mostra la vostra patria , e che la sola pace » potrà rimarginare, basi ino ad infiammare il seoU- >> mento che debbe sentire ciascuno di voi, quello di >> unirvi tutti sotto un vessillo che sarà il vessillo del- » l' onore , della felicità , della rigenerazione d' llalia. » Modena, 25 febbrajo 1814. CONTE NUGENT.

){ 16 )( Ma l'Austria creando allora un imbarazzo a Napoleone creava future difficollà a sè medesima, ricooo- , sceva un diritto che si preparava più tardi a disconoscere, 1eneva un linguaggio per farsi cadere in mano la Lombardia , che voi , Conte, non potreste forse parlarne migliore per domandare che ne venga ora scacciata: Procedevano intanto i tempi e gli eventi si matu- . ravano. L'anno 1820 dava una prima speranza agli lla- ·liani, una prima scossa alla Penisola , una prima occasione all'Austria. Italiani ed Austriaci ne profìtlarono egualmente , i primi per emanciparsi, i secondi per estendere la propria dominazione. Era Ja prima occasione d' intervento, della quale risolutamente profittò l'Austria in tutta la Penisola. Tralascio ciò che fece negli altri Stati rtaliani , e ristringo il mio discorso agli Stati Romani, che sono il subietto principale del mio ragionamento. Non appena sorgevano i primi sospetti di rivoluzione, che già l'intervento pesava come una minaccia sul capo del governo Romano. Il Cardinale Rusconi legato di Ravenna ne parlava con timore, (1) e più apertamente il Cardinale Spina legato di Bologna esprimeva le sue diffidenze sulle intenzioni degli Austriaci, allora diretti ana volla di Nar.oli. « È giunto (egli scriveva) ieri sera in Bolo- » gna quell'aiutante del generai Frimont che era a Fer- » rara. Si è presen·tato da. me questa mattina . Poco o » nulla ho azzardato di pescare da lui , giacchè non vo- » leva che pote::;se pescare da me. Mi ha però fatto capire ., che si aumentavano le guarnigioni di Ferrara e di Co- (1) Lettera del Cardinal Rustoni, legato di Ravenna, del 9 agosto 1820. Vol . I, Doc. 21, pag. 260.

)( 17 )( , macchio.... I Bolognesi anco liberali, e che si cl1iamano » liberali puri, sembrano impegnatissimi a non fornire >> pretesti alle truppe austriache per trattenersi. È questo » un gran vantaggio per noi. » ( 1) Che anzi il Cardinale medesimo non era alieno dal sospettare persino una connivenza fra gli esagerati e gli Austriaci per provocare un pretesto all'occupazione. Così in altra lettera (2) egli dice: « Malgrado le persuasive e gli sforzi di quelli l> che vorrebbero pure persuadere a non dar passo '> riyoluzionario, per non eccitare i vicini a prender » ragione di qualche disordine di marciare sopra questa » citta, essi non si arrendono , così che si giunge ad » imaginare che molti di essi agiscano D'ACCORDO coi >> vicini per far nascere qunlche disordine. >> Queste lettere sono eloquenti perchè provano come questi primi tentativi dell'Austria per stabilire di fatto per la prima volta il diritto d'intervento , ripugnassero al governo Romano d'allora, e come non mancassero sospetti anche di colpevoli tentativi per parte del governo di Vicnna. Questa la preparazione per parte dell' Austria. N è i timori erano mal fondati. Il movimento Italiano del 1821 da ~a poli al Piemonte allargandosi , l'Austria prese il suo partito , e col pretesto di avere il passaggio per il Hegno, occupò lo Stato Romano , senza il consenso del governo papale , anzi (cosa incredibile, ma pur vera) senza chieùerlo. Se documenti autentici non lo provassero, non lo si crederebbe; come sembra incredibile che ora ) mentre quei documenti videro ormai la luce da nove anni , tenti l' Austria ingann3re l'Europa, giustificando l'uso che ha fatto del contestato diritlo, non solo (1) Lettern del Cardinale Spina del12agosto1820. Vol. I, Doc. 2~, pag. ~62. (2) Lcllera del Cal'dinale Spina del 5 agosto ·1820. Vol. l, Doc. 23, pag. 26~. 2 '

)( 18 )( coll' assenso dci Principi llaliani, ma colle loro spontanee richic;; tc. Queste non vennero cbe più tard! ; quando appunto l' asservimento delle Corti Italiane c l' assorbimento della loro indipendenza era già un fatto compiuto. E che iL governo Romano ignorasse che l'Austria aveva fermalo nell' animo di fare occupare dalle sue trnppe la Romagna a quei giorni, si può altamente asserire, provandosi con una lettera del Cardinale Consalvi Segretario di Stato, del 5 Maggio 1821, ùalla quale si rende manifesto cbe non solo non si era fatta alcuna richiesta alla Corte di Roma, ma che all' opposto si cercò d' inganna~ la, dandole al Congresso di Laybach assicurazioni contrarie. Scrive infatli il Cardinale: « La truppa estera che si è stazionata costì (a Bo- » logna) alla insaputa affatto del Governo , e contro ciò 1> che si era detto all' Eminentissimo Spina a Laybach, » si dice che ne partirà prestu. Io non so quanto V. E. » ne sia persuasa. )) (1) In altra lettera (2) il Cardinale Legato spera prima che l'occupazione sia di breve durata, e poi si meraviglia perchè sia protratta In fine in altra lettera (3) il Cardinale Legato di Bologna dice chiaramen- « te : GH Austriaci si sono dichiarati voler conservare la >> troppa a Bologna. l) A quale miserando linguaggio erano ridotti i Ministri di uno Slato indipendente, e della indipendenza del quale vuole ora l' Austria mostrarsi protettrice l Nè conlento di ciò il gabinetto Viennese, dopo occupata di fatto la Romagna) si diè a pressurar({ il governo papale per spingerlo nella via ~elle repressioni e dt>gli errori> eh~ dovevano condurre quel misero paese alle trisLis- (1) r..ettera del Card inal Consalvi. Vol. I, Doc. 40, pag. 276. Vedi ancb e Doc. 38, pag. 274. (2) Doc. 4'2, pag. 277. (3) Doc. 48, pag. 282.

)( 19 )( sime condizioni in cui ora si trova. E bene, ::tllorchè tali pressure si facevano più gravi , prorompeva il Cardinale Spina . m queste parole solenneme n Le vere: « Do- » vrebbéro pure gli Auslr~aei riflcLLcre, che le teste » esalta te l' hanno più contro di essi che contro di >> noi. » (1) · E delle noje della diplomazia Auslriaca si lagnava anche aperwmenle il Cardinal Consalvi in altra lettera <lel2 Giugno 1821.(2) Inutile lotta però: l'Auslria) lppoggiandosi alla fazione fanati ca, faceva vincere il partito delle persecuzioni e delle proscrizioni , che desolarono a quei giorni le Romagne: e la memoria di quei tempi dura tuttavia indelebile, come quella che è il più sanguinoso ricordo dell'anarchia che cominciava si nell'animo dei governanti come in quello dei governaLi. L'annunzio dell' arrivo di quelle Commissioni era salutato da uno dci capi dei Sanfedisti , che trovavasi nella Biblioteca di Havenna (e tengo questo faLLo da testimone che si trovò presente) con le seguenti parole. « Laetabitur justus, » cum viderit vindictam, manus suas lcwabit zn sanf) guine peccatoris. J> Senza togliere dal capo di chicchessia la colpa di quei fatti , è però oltremodo giusto che la sua p::trte, anzi la polissima ne ricada su quello deW Austria. La più solenne prova della sua colpa si ha nella lettera cor.- fldenziale che H Consalvi scriveva al Cardinal SanseYe· rino in data dei 1 Aprile 1821, con la quale speraYa poter almeno ritenere la mano al Legato, a che non si lrascorressc ad eccessi maggiori. Il Cardinale spaventato dall' indignazione dell'Europa intera che sarebbe scoppiata all'annunzio di quell' atroce ed insana poli tic a, di· ( l ) Doc. 36. Vol. I, pag. 273. Doc. 41- . Vol. I, Da!'. 37&.

)( 20 )( ceva apertllmente che l' A1tstria sola non avrebbe gridato contro la strage degl' Innocenti. ( 1) L'Austria sola l Non è dunque sola da pochi mesi~ da pochi anni a sostenere in Italla non solo la servitù ~ ma cziiindio l' iniquità. Non è dunque da ieri che da uu Jato col griùo deg li oppressi c concuicati Italiani sta il grido della coscienza Europea, e dall' altro a canto ai saturnali degli oppressori, sta il sogghigno e l'approvazione del gabinetto di Vienna l N è il Legato di Bologna era meno indignato e spaventato del Cardinal Consalv1; · conciossiachè in una sua lettera non dubitava di protestare altamente contro il regime del1a forza. (2) « Ma si » dovrà (egli esclama) poi sempre vivere così, ed as- » sicurare la tranquillità degli Stati colla sola forza? >> Che anzi in altra su·a letlera riconosce nel sistema di pro crizione, così ampiamente applicato dipoi dai Principi Italiani , non solo una cosa riprovevole~ ma eziandio una violazione di promesse internazionali, fatte poco dopo il trattato di Vienna. Così infalli egli scriveva il 27 Giugno 1821_, ad un suo collega Cardinale. « Sento par- >> larc di esigUo per molti dallo Stato. Come si combina ., questo con le misure prese nel1817 , di concerto con >• gli altri governi , eli non esiliare più alcun reo, onde » non sia obbligato uno Stato a ricevere i malviventi » di un altro? Avrà V. E. conosciuto la Circolare che >> su questo proposito fu diretta dalla Segreteria di 'Stato > a tutti i Legali e i Delegati li 23 Agosto dell' anno in- '> dicato. » (3) A che prò tali lamenti , tali di sapprovazioni? L' Austria istigava, l' Austria approvava, e basta. E la sua (1) Doc. 5-t . Vol. l, pag. 286. Ques ta lettera, onorevolissima per il Cardinal Consalvi, merita una sihgolare considerazione. (~) Doc. 41. Vol. I, pag. 276. (3) Doc. 47. Vol. J, pag. 281. ,

)( 21 ( mano era così evidente per un uomo come il Cardinale Spina, che non esilava riconoscere in un Capo settar io , clie molto a quei giorni si aggirava per le Romagne, un agente Au:;tri aco. (1) Per tal modo è ad evidenza dimos trato che per compiere i suoi progetti ne l 1821 l' Austria in tervenne negli Stati Romani non chiamala , e imponendosi per forza al governo reni tente; che sollevando il partito esallato da un lato, ed eccitando dall' altro i fanatici , cercò provocare disordini in paese, e spinse il governo anche riluttante nella via delle repressioni , delle proscrizioni e delle più atroci ingi ustizie. Tutto questo resta provato non con testimonianze sospette , ma con testimonianze dei Cardinali , che in allora occupavano le più alte sfere del potere. Dieci anni trascorsero dal 182'1 al 183'1 , anni di fermento settario per parte dei liberali , e per parte del governo Romano di repressione aiutata dall' ordinamento di sètte opposte. La mano dell' Aus tria non fu neppure estranea a tut to ciò : poichè la sètta così deLla Apostolica o dei Sanfedisti , se per i minori iniziati era sètta esclusivamente papalina , non lo era così per gl' iniziati di un ordine superiore. E invero nel colloquio di r icognizione di qu esti trov iamo la domanda seguente: « Quali sono i vostri colori ? » Alla quale l' iniziato r ispondeva : « Col giallo c col nero mi copro la lesta. )) (2) Aiutando questa setta malefica c socco rrendo il par tito fra i Cardinali detto dei Zelanti , ottenne l'Austria prima la caduta di Consalvi alla morte di Pio VII , poi l' ingiunzione al successore Leone XII di sacrificarlo al momento della sua esaltazione al Pontificato; e più tardi ottenne ( t) Doc. 50, 53. Vol. I, pag. 283-285. (2) Doc. 6. Vol. I, pag. 23~ .

)( 22 )( nel successivo Conclave l' elezione di Pio VIU perchè uno dei più zelan ti fra i fanatici, e per reagire contro l' influsso che tentò esercitar e il Ministro Francese Chateaubriand, allorchè raccomandò al Conclave la necessità di riformare lo Stato; e infine non fu tranquilla , finchè n·on ottenne l' elezione di un suo suddito nella persona di Gregorio XVI. N è fu per lei, aggiungerò, se ncll' .ultimo Conclave si trovò ingannata; poichè a un cumulq di circostanze fortuite fu dovuta la subitanea elezione di Pio IX. Così l' Austria era ed è giunta ad asservire sudditi e governo c lo stesso Pontifica to. Padrona come è, e come deve essere necessariamente l'Austria in Italia con una signoria così potente quale ha in Lombardia, anche l' indipendenza dell' elezione del Capo della Chiesa è un vano nome. Rifletta a ciò l'Europa, vi pensi la Francia. O questa soggiaccia ad un eterno peso di occupazione, o lasci il Pontificato Romano in balia dell' Austria. Cessata anche la materiale occupazione delle Romagne , (se pur fosse possibile senza pericolo) allontanato l'influsso di Francia, q~ello d'Austria rimarrà oggimai prepotente e prcponderante, e comprometterà anche gl' interessi della Cristianità. E questa considerazione, perchè gravis· sima , mi si perdonerà di aver posta innanzi con le altre di un ordine diverso. Ciò che Napoleone dkeva del Papa « Nous sommes trop heureux qu'il réside hors » de chez nous, et qu'en résidant hors de chez nous il » ne réside chez nos rivaux » non sarebbe ormai più vero ; poichè nell' attuale condizione delle cose, nella posizione che l' Av.stria si è fatta in Italia, camminando d' usurpazione in usurpazione, il Papa resterebbe ormai nelle mani dei rivali del!n Francia, se questa non provvedesse con mano ferma acl un,nuovo ordinamento della Penisola, che ripari ai pa~sati errori della clip!o-

)( 23 )( mazia, c renda vano il lavoro fatlo dall' Austria in questi ultimi quarantacinque anni. · Ma torniamo al 1831. Inutile opera sarebbe l' entrare in molti particolari tli quella rivoluzione. Solo due cose debbo ·ricordare, cioè che due ragioni specialmente furono per gl' Haliani principale incoraggiamento a quei giorni; le assicurazioni cioè degli uomini che avevano avuto parte precipua alla rivoluzione francese del 1830 , che il nuovo governo degli Orlcanesi avrebbe proclamalo il diritto del non intervento , e la cooperazione della famiglia dei Bonaparte, e specialmente dci due fi gliuoli del Re Luigi, uno dei quali ne restò viLtima. Lafayctte da un l3to e i Bonaparte dall' altro vedevano in quel mo to, benchè incomposto, più che una reazione contro Roma , una reazione contro Vicnna, contro l' onta dci trattati del 1815 che avevano fatto un indegno mercato delle nazioni. E bene però la Regina Ortensia, all' udire che i suoi fìgliuoli avevano voluto diviùer e i pericoli llegl' Italiani che insorgevano, prorompeva in gravi parole contro l' A.uslria, e facendo tacere il giuslo dolore di madre, non aveva che voci di approvazione per i suoi fi gli , e diceva che se altrimenti avessero operato « non li avrebbe più amati. l) Il sangue fraterno e la materna voce oh quante volte si saranno r.iaffacciati alla memoria del figliuolo superstite t L'Austria non si fece davvero illusione sul per icolo che per la prima ragione poteva correre il suo influsso in Italia. Le sue usurpazioni fuori dei limiti ùei trattati del 1815, erano minacciate nella loro radice , poichè se il diritto di non intervento era vigorosamente proclamato, restavano inefilcaci i segreti trattati stipula Li con le Corti Italiane. Non appoggiala dagli intervent i armati, la polizia sola e gl' intrighi diplomatici perdutoavrebbero gran parte della loro forza , mentre gli uni

)( 2LJ. )( agli altri congiunti) formavano la sua sicur ezza. Bello è trovare una sincera confessione di ciò, nella bocca dello stesso Principe di l\Ietternich ) nelle istruzioni che egli dava al Cav. Menz , incaricato degli alTari diplomatici presso il governo di Milano nel 1833. E qui noto ez iandio come la residenza di un diplomatico in una provincia dell' Impero ) le istruzioni a lui date e i suoi rnpporti minuti ed esatti sopra i diversi Stati Italiani provano come questi fossero strettamente avvolti nelle reli della polizia dell' Impero. E infatti ben a chiare note ' il Principe Cancelliere consegnava nelle sue istruzioni le seguenti parole : « Pour fai re mieux sentir à l\1. de Menz » à quel point la haute police est aujourd'hui liée à la >> politiquo) et domine en quelque sorte celte derniè- » re , etc.,, (1) Posta questa considerazione principale) e riandando le memorie recenti della passata rivoluzione, soggiungeva apertamente parlando delle rivoluzioni scoppiate in Italia. '' Elles se seraient infailliblement consoli- )) clées et en auraient entrainé d'autres) si S. M. l'Empe- » reur s'était laissé arrèter par le principe absurde de » la non intervention, >> e riconosce poco appresso che, cessata anche la rivoluzione , la tranquillità non era che apparente e dovuta alle forze imponen Li dell'Austria. ,, On s'abuserait étrangement si l'on se rassurait sur la >> tranquillité apparente qui règne actuellement en Ita- >) lie, tranquillité qui n'est du,e qu'aux forces imposantes >> quel'Autriche y a portées.>> (2) È dunque chiaramente {1) Doc. 156 Vol. II, pag. 284. (2) Doc. 156. Vol. Il, pag. 284. Lo stesso confessava più tardi il consigliere Menz nel suo Rapporto del 1836 al principe di Metternich (Doc. 166, vol. II, pag 393), che cioè il timore de ll'intervento Austl'iaco era la sola garanzia di tranquillità in Roma, e ne deduce quindi le conseguenze del bisogno di prolungare l' oecupazione. - Anche in altro Rapporto (Doc. 168, vol. II, pag. 408), dice che la l

)( 25 )( confessato· che la sola intcrvcnzione Austriaca a v~ va potuto sedare la rivoluzione, la sola minaccia dei suoi battaglioni ne comprimeva ed impedì va il rinnovamento. Impotenti già dunque erano ormai fatti i governi Italiani! E perchè~ Perchè l'agitazione Italiana era già una reazione con tro l' oppre sione Austriaca, un risvegìio det sentimen to di nazion::tlilà che gl' llaliani sentivano conculcato anche dove l'Austria direttamente non dominava. Pcrchè,aggiungcrò ancora, 1l mal governo mantenuto per istigazione e per appoggio de ll'Austria , era forte delle sole baionette Austriache, c aveva già contro di sè l' universale condanna del mondo. Per ciò che riguarda il sentimento di nazionalità , che chiedeva di essere sodisfatlo , abb iamo eziandio altra esplicita confessione del Principe di .Metternich faLLa nel 1830, e le sue parole sono prova evidente come l'agitazione dei singoli Stati d' Italia era una reazione potente dei popoli contro l'influsso Austriaco. Così egli in fatti seriveva il 23 setlembre 1830 al Conte Enrico di Bombelles. (1) (( Il desiderio degl'Italiani di ottenere l'in- » dipendenza da ogni iniluenza straniera, che da mi lle >> anni rimane insodisfatlo , ora più.che mai s' impadro- >> nisce di molti animi in questo paese; e la tranquilli tà » nella più gran parte d'Italia sgraziatamente potrebbe » avere poche altre guarentigi ~, fuori del carattere na- » zionale. » Parole sono queste che potrebbero ora molto opportunamente da Voi , Conte , venire rinfacciate al suo successore Conte Buol al cospetto deU' Eur opa. Habemus (direbbero i Criminalisti) conjitentem reum. · rivoluzione de l 1831 e 1832 ebbe probabilità di durata per il diritto di non intervento che si minacciò proclamare in F•·ancia , e cadde in forza dell' inter"ento Austriaco. (1) Doc. 155. Vol. II , pag. :Zf-0.

)( 26 )( Niuna guarentigia d' ordine e tranquillità ilr Italia fuori della Nazionalità. L'intervento solo adunque degli Austriaci assicurato fu il mezzo efficace per comprimere la rivoluzione del 1831 negli Stati 'Romani cd impedirne altre~ cioè fu il mezzo adoperato dall'Austria per impedire la riforma ùi quello Stato , e ridurre le cose all' eslrerno conflne del disordine che doveva minç1cciare la pace dell'Europa. Invano la Francia si adoperò prima diplomaticament~ · per impedirlo , poi per introdurre quelle riforme che almeno potrebbero in seguito renderlo meno necessario. L'Aus tria col fatto sj assumeva il diritto ,·conculcando le opposizioni Francesi , e quindi si adoperava a che il r~gimc interno degli Stati Papali peggiorasse anzi che miglior:lrc. Non appena eseguito il primo intervento nel 1831 ~ la Francia protestava per bocca del suo Ministro Conte di Saint-Aulaire che << non saprebbe il governo >> Francese ammettere il principio in virtù del quale si > era fondata l' occupazione~ n è consentire ad uno stato >> di cose che , dilatando le armi dell' Austria al di là dei )) limiti del. proprj dominj , portava un colpo funes lo al » sistema politico d' Italia, e distruggeva per via di faLLo » l'indipendenza della SantaSede;» ( 1) c accompagnava le proteste con la domanda delle interne rHorme. .Ma la debolezza che portò la Fr:lncia in quelle trattative creò maggiori imbarazzi, e non produsse l' effetto desiderato di porre inciampo, se non confine, alle ambizioni Vienncsi. Il gabinetto di Francia voleva uscire a buon mercato dalle difficoltà llalianG, e non entrare in querela con l'Austria. Quanto fosse stolta quella politica e utile a , Vicnna lo dicono ) oltre le vanterie del Principe di Mctternicb e del Cavalier Menz, anche le. confessioni dello (1) Doc. 81. Vol. I, pag. 331. ..

)( 27 )( stesso Guizot, allorchè nel secondo volume delle sue .Memorie ragiona di questi avvenimenti: « Rien n'est » plus impruden t et ne crée dans les grandcs affnires >> plus ll'embarras que les actcs qui ne son t pas fai ts s6- » rieusement , et dont ceux- là meme qui Ics font n'espè- >> rent ou ne désirent pas le succès. » (1) E infatli all e islanzc e proteste di Francia HCardinale Bcrnctti rispondeva con vaghe promesse di riforme, c con le ass icu- , r azioni « che l' iùtcrvcnto non era accomptlgnato da un 11 tratta t o~ c che si era chjcslo con la espressa condi- » zione di nulla immischiarsi negli affari governaliri » dello Sta: o. » (2) Fu breve infatti ed accompagnato da diplomatiche conferenze dirette ad ottenere le interne riforme come guarentigia di tranquillità . Fll allora che i plenipolenziarj Europei adunati in Roma presentarono il troppo no(o Memorandum del 10 Aprile 183'1, che resterà sempre come il più importante documento dell' inefficacia dell' inlcrvenzione dell a diplomazia nella soluzione dc.lla questione Romana per ciò che riguarda i rapporti fra la Corte di Roma c i suddi ti ddlo Stato Pontificio. (3) Questo documento era presentato dopo la promessa che aveva fatto HCardinal Bernctti con nota del 5 Giugno al Ministro Francese dell'intera rilirata delle truppe Austr iache dalle Lcgazioni.(4) Vane promesse, vane trattative,perchè mancanti di solide guarcntigie.Infalli l'anno Sllsseguentc nuova rivoluzione nelle Romagoc, nuovo intervento Austriaco, c più prolungata occupazione :> onde la Francia si vide costretta ad occupare Ancona , mirando con ciò ad impedire l' esercizio dell' alta (1) Guizot, Jlémoire.ç pour servir à l'histoire de mon tems, vol. Il, chap. 13. (2) Doc. 85. Vol. lT, pag . 337. (3) Doc. 90 Vol. l'· p:1g. 437. (4·) Doc. 91. Vol. I , pag. 351.

)( 28 )( sovranità dell' Austria sull' ll.alia. Primo esempio fu questo di un nuovo palliativo gravoso alla Francia, pericoloso per l'Europa , diretto a porre un freno all' ambizione Austriar·a. Invano però la Francia sperava, come assicurava Casimiro Périer, che 11 occupando un punto >> dello Stato Romano, otterrebbe .Più facilmente quelle » migliorlc che procurando (come egli disse) alle popola- » zioni Italiane vantaggi reali c certi, metterel)bero un >> termine ad interventi periodici , gravosi per le potenze » che li esercitano, e che potrebbero essere subietto di >> continua inquietudine per la pace dell'Europa. » (1) Guizot in quella tornata, mentre coadiuvava Casimiro Périer, aveva pronunciata già una solenne verità che dimostrava :Jpertamente la vanità degli sforzi diplomatici che sarebbero susseguiLi per parare a tali pericolose eventualità. « Ciò che l'Austria vuole (aveva egli detto) ) si è che l' ILalia le appartenga per via d' inOuenza , » ed è ciò che la Francia non può ammettere. '' La Francia però, bravando l'ira dell' Austria e di Roma ad un tempo, aprì di nuovo le conferenze diplomatiche, sperando che appoggiate ally sue forze che stanziavano in Ancona quelle riuscirebbero più efficaci. Ma non sapeva che non era la sola f9rza d' inerzia della Corte di Roma che doveva combattere, ma bensl la resistenza·attiva di Vienna. Quell'alLo ingegno di Pellegrino Rossi bene da Ginevra ne avvertiva il Guizot in una l preziosa lettera, che questo ci ba conservata nelle sue memorie: documento nelle presenti circostanze importantissimo. La diflìcoltà a suo ' parere consisteva nelle guarentigie, specialmente dopo gli sforzi vani dell'anno precedente, « Je voudrais (egli scriveva) enfin espérer, .9 mais je n'espère guère, qu'on trouvera moyefl de ga- (1) Tomata dell ' 8 marzo 1832. )

)( 29 )( » rantir au pays ses concessions. Ne nous fai sons pas ,, ù'illusions l Rome est toujours Rome. Tant que vous >> serez en Halie , c'es t bon. Mais après? Des véril ables >> garanties constitu tionnelles directes, positives , vous » en voudrez, et vous ne pourrez pas en obtenir. Le » Papene voudra pas,I'Autriche non plus.)) (1) Quell'esimio intelletto di Pell egrino Rossi non s' ingannava. E noi di una vera melanconia ci sentiamo compresi nel leggere in queste amare parole quasi un presentimento della sua fine: presentimento che di nuovo si affacciava al suo spirito allorchè assumeva sedici anni dopo le redini del governo Romano. (2) Conciossiachè nella lettera che egli scriveva il10 Settembre 1848 da Roma al nostro amico Vincenzo Salvagnoli , prorompeva in queste amare parole: « Ho adunque aderito ai desiderj di Sua Santitéi. >> Resto llaliano, ma a Roma , e con la speranza che )) l' opera mia non 3ia per riuscire inutile all'Italia e alle >> nuove sue istituzioni- Sar à, panni , un gran fatto e >> utile a tutti , se seconùando i voti dell' illuslre Ponte- >> fice , posso contribuire a raffermarle, e rcnderle effi- )) caci nello Stato Pontificio. So a qual difficile impresa » io m' accinga; so che troverò ostacoli e impedimenti >> pur là dove dovrei trovare incoraggiamento eò aiuto. » Farò nientedimeno quanto io potrò per sodisfare la » mia coscienza d'uomo, di cittadino e d'Italiano, lascian- >> do , come ho sempre faLlo , agitarsi c schi amazzare a 1• senno loro i tristi ed i slolti. AcT1e segno han condolle (l ) Guizot, Mémoires etc, vol. IT , pièce historique Xl. (2) Può dirsi veramente chr nel tPnla tivo che t>gli fece di fondare in Roma il regno della libertà, ebi.Je un nobile c coraggioso concello. Ed in questo solo senso può dirsi vera la parola che fu scrilla sul suo sepo lcro, che allrimenti interpetrata sarebbe un'ingiuria. ,< Causnm opLimam elPgi ; ideo miserebitur Deus )) •

)( 30 )( >> le cose della povera Italia l » ( 1) Egli doveva appunto soccombere gloriosamente in questo nobile tentativo , vittima dei demagoghi , i quali, come ormai a tutti è noto , a prò dell'Austria , e soccorsi dai suoi agenti, i quali non disdegnavano per fino scambiare 'l' onorata divisa militare coi cenci del demagogo , agitavano a quei giorni l'Italia , conducendo le cose a rovina. Roma non tuo le (poteva egli ben ripetere morendo) e l'Austria' neppuTe. E sull' orlo della tomba, fra i baccanali di una pazza ed ignara plebe, poteva ben distinguere il sogghigno che spuntava sulle labbra di coloro, che un anno dopo rientrando trionfanti a fianco degli Austriaci, (2) dovevano considerare la sua morte come una loro ventura, c contrastargli se non l'onore del sepolcro, almeuo quello di un più franco e non equivoco elogio, e più ancora quello di un .insigne monumento, che alla sua memoria consecrava l' amicizia del Duca di Rignano. Si rinnovarono adunque le pratiche diplomatiche ùopo l' occupazione d' Ancona : e quale si fosse la loro fine ben ce lo dice a chiare note la protesta di Lord Seymour plenipotenziario Inglese, allorchè rotto ogni indugio , dalle rcnitenze c dalla malafede affaticato si partiva da Roma. (3) « Più che qu:1ttordici mesi (egli diceva) » sono ormai passati da che il Menwrandum fu comu- \) nicato, ~ non una delle raccomandazioni che esso » con tiene, è stata pienamente adottala e messa in ese- » cuzione.... La corte di Roma sembra affidarsi sopra l> la temporaria presenza di truppe .straniere.... Ma oc- >> cupazioni slraniere non possono essere indcOnita- » mente prolungate.. .. Il sottoscritto nello stesso tempo (1) Salvagnoli , Della l ndipenclent.a d' Italia. Illustrazione C. (2) Niuno ignora lo str·etto accol'dO che a quei giorni regnava fra il ministro Austriaco Estberazy ed il Cardinale Giacomo Antonclli. (3) Doc. 14. Vol. I , pag. 411.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==