Quaderni di cultura repubblicana

loro stranissime operazioni tendevano esclusivamente al comunismo "· Pochi t ra i liberali napoletani (forse i Poerio e il Conforti , a un dipresso i liberali del ministero del 3 aprile) capirono il significato vero di quei moti, che non avevano carattere comunista: lo capì invece e completamente Carlo Pisacane, che ne fece tesoro per le future azioni. Ora, nel dodicennio maturarono molte esperienze e non solo quella del completo dist acco della dinastia dalla nazione napoletana. Questa comprese, è vero, che senza il più largo ambiente dell'Italia uni ta nessuna possibilità di progresso civile si sarebbe potuto sperare per il Sud; ebbe però il torto di cerca re fuori di sé i mezzi di liberazione e questi li vide o nel Piemonte o nella Francia o in entrambi insieme: non vide la possibilità e l'urgenza di una iniziativa propria. Dopo la guerra di Crimea e il trattato di Parigi, divenendo sempre più possibile una a lleanza franco-piemon - tese, parve a una parte del liberalismo meridionale di scorgere un mezzo di liberazione nella restaurazione della dinastia dei Murat. Noi sappiamo che di Gioachino Murat si serbava tra le popolazioni del Sud, sentimentali, un grande r icordo: di Murat si parlava come di Corradino e la fine tragica di Gioachino era avvolta in una aureola di leggenda e di poesia: ma i Murat sopravvissuti erano inferiori al loro eroico ascendente. In realtà il murattismo non avrebbe arrecato alcun vantaggio alla causa italiana. né a quella della libertà né a quella della indipendenza, in quanto non avrebbe fatto altro che estendere sul regno di Napoli la preponderanza francese, provocando i tentativi inglesi sulla Sicilia. Tra i patrioti soltanto il Saliceti era favorevole alle mire murattiane, ma tutti gli altri. anche quelli che, come il Settembrini e il Castromediano, languivano in carcere, si manifestarono decisamente contrari, preferendo financo il Borbone al Murat. Sintomo della crisi borbonica assai più grave fu alla 24

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