Achille Gennarelli - Sopra un'allocuzione e una lettera enciclica di Sua santità

SOPRA UN' ALLOCUZIONE ED UNA LETTERA ENCICLICA l DI SUA SANTITA OSSERV ...llZIO~I DEL CAV. ACHILLE GENNARELLI AVVOCATO DELLA CURIA l\O)IANA .. • FIRENZE GRAZZJNI, GIANNINI E C.

• M MAZ 0700 00256 MAZ .3896 p H

Senza alcuna intenzione di mancare di riverenza verso l' augusto capo del cattolicismo , io mi sono determinato a prendere ad esame l'Allocuzione che egli disse nel concistoro segreto il 20 giugno 1859 , e la lettera enciclica indirizzata il dì 18 di quel mese stesso ai patriarchi e prelati dell' orbe. È ben noto che quando il sommo pontefice definisce i dogmi , ed interpetra ex cathedra la fede, egli è, secondo la dottrina cattolica la più ricevuta , infallibile ; ma quando parla in altra forma , quando discorre di dritto pubblico , di cose temporali, di dottrine interpetrative, di fatti consumali o non consumati in questo mondo, egli_e uomo soltoposto ad errare, con Ja facilità degli altri uomini. Iddio ha promesso di illuminare gli esplicatori della fede , non altro : il sentenziare dunque sugli atti del principe di Roma , ed anche del Papa fuori degli argomenti dogmatici è lecito ad ogni cattolico ; e noi rimandiamo chi ne dubitasse non al Bianchi-Giovini , ma al Baronio e al Rainaldi , cioè agli storici ufficiali della Chiesa, che vissero e scrissero in tempi nei quali non si mentiva alla faccia del sole come si fa oggi dagli

-4 - scriltori ecclesiastici. lvi troverà cento c cen to pagine delle quali non si osa contestare la verità , e che illuminano di luce troppo sinistra la storia del papato. L'esaminare dunque che noi facciamo oggi gli atti non dogmatici di Sua Santità , i suoi diritti nelle mal<'ric temporali , le sue dottrine sopra interessi mondani , e tutte le altre cose delle quali discorre , nei due documenti citali di sopra, non è sconoscere Ja r eligione, non è mancare di riguardo al suo capo, ma . ò , nelle presenti circostanze, esercitare un dovere di buon ci ttadino. Si discorre con qualche incertezza in mezzo al popolo di quegli atti di Sua Santità , si va chi edendo se è vero che egli abbia scomunica to i difensori della libertà e dell'onore italiano, si va cercando qual valor e abbiano gli atti in discorso. Noi ci proveremo a chiarir tutto questo , cd a rispondere alle dottrine c-messe da Sua Santità sopra argomenti di dritto universale, intorno ai quali l'autorità pontificia non può mutar nulla , perchè i diritti degli uomini banno origine da Dio; e sopra Dio, nessuno. Incominciamo dal riportare l' allocuzione e la leth'ra enciclica del sommo Pontefice. A llocu:::'Ìone di S. S. Pio Papa lX, tenuta nel concistoro f:egreto il 20 giugno 1859. VENERABILI FRATEU. I <( Al vivo dolore, da cui insieme a tutti i buoni ci sentiamo oppressi per la guerra eccitatasi fra nazioni tattolichc , altro grandissimo se ne aggiunge per la ]a'-· grimevole mutazione e disordine di cose, che per ne-

-5fanda opera ed ardimento al tutto sacrilego di uomini empii , testè avvenne in alcune provincie del nostro Pontificio dominio. Voi ben intendete, venerabili fratelli , che noi ci dogliamo con queste parole di quella scellerata congiura e ribellione di faziosi contro il sacro e legittimo principato civile nostro, e di quesla S. Sede, la quale congiura e r.ihellione alcuni iniquissimi uomini dimoranti nelle stesse provincie osarono tentare, promuovere e compiere con clandestine ed inique conventicole, con mene turpissime tenute con persone di Stati limitrofi , con libelli frodolenti e calunniosi , con armi . provvedute e venute di fuori, e con mollissimi altri inganni ed arti perverse. E non possiamo non lamentare assaissimo, che questa iniqua congiura sia primicramente scoppiata nella nostra città di Bologna , la quale colmata di beneficii dalla nostra paterna benevolenza e liberalità , due anni or sono, quando vi soggiornammo, non aveva lasciato di mostrare e di attestare la sua venerazione verso Noi e di questa sede apostolica. Infatti in Bologna il giorno 12 di questo mese, dopochè inopinatamente ne partirono le truppe austriache , i congiurati più segnalati per audacia senza frapporre indugio, conculcando tutti i divini ed umani diritti , e rilasciato ogni freno alL' iniquità nvn ebbero orrore di tumultuare e di armare, raunare e guidare la guardia urbana ed altri , c recarsi al palazzo dcl · nostro cardinal Legato , ed ivi, tolte le armi pontificie , innalzare e collocare in loro vece il vessilo delJa ribellione : con somma indegnazione e fremito degli onesti cittadini , i quali non si arrestavano punto di riprovare liberamente si gran delitto , e di applaudire a noi ed al nostro pontificio governo. Poi dagli stessi ribe1li fu intimata la partenza allo

-6stesso cardinale nostro legato , il quale , secondo il dovere del suo ufficio , non lasciava di opporsi a tanti scellerati ardimenti , e di sostenere e difendere i diritti c 1a dignità nostra e di questa S. Sede. Ed a tal segno d' iniquità cd impudenza vennero i ribelli , che non temettero di mutare il governo, e chiedere la dittatura del Re di Sardegna , e per questo fine mandarono loro deputati allo stesso Re. Non potendo dunque il nostro legato impedire tante malvagità, e più a lungo sostenerle ed esserne spettatore , pubblicò a voce cd in iscritto una solenne protesta contro quanto erasi operato da quei faziosi a danno dei diritti nostri c di questa S. Sede , e costretto a partire di Bologna mosse a Ferrara. Le nefandezze di Bologna vennero cogli stessi colpevoli modi operate altresì in Ravenna , in Perugia , ed altrove , con comun lutto de' buoni , da uomini scellerati , nella fidanza che il loro impeto non potesse venire represso c frenato dalle nostre pontificie milizie, le quali trovandosi in poco numero , non erano in grado di resistere al loro furore ed alla loro audacia. Laonde neJle anzidette città si vide per opera dei faziosi concu]cata l' autorità di ogni legge divina cd umana , e oppugnata la suprema civile potestà nostra e di questa S. Sede , inalberati i vessilli della ribellione , tolto di mezzo il legittimo pontificio governo , invocata la dittatura del Re di Sardegna, e spinti e costretti alla partenza i nostri delegati dopo pubblica protesta , e commessi altri non pochi delitti di fellonia. Niuno poi ignora a che principalmente mirino sempre codesti odiatori del civil principato della Sede Apostolica , c ciò che essi vogliono , e ciò che bramano e sospirano. Per fermo tutti sanno , come per singolare consiglio della divina Provvidenza , è avvenuto che ,

--- - 7in tanta mollitudine e varietà di principi secolari , anche la Romana Chiesa avesse un dominio temporale a niuna altra podestà soggetto , acciocchè il Romano Pontefice , sommo pastore di tutla la Chiesa , senza essere sottoposto a nessun principe , potesse con pienissima libertà esercitare in tutto l' orhe il supremo potere e Ja suprema autorità, a lui data da Dio, di pascere e reggere l' intero gregge del Signore , e insieme più facilmente propagare di giorno in giorno la divina religione, sopperire ai · varii bisogni dei fedeli, prestare ajuto ai chiedenti , e procurare tutli gli altri beni , i quali secondo i tempi e le circostanze fossero da lui conosciuti conferire a maggior vantaggio di tutta la cristianità. Adunque gl' infestissimi nemici del temporale dominio della chiesa romana perciò si adoperano d' invadere , d' indebolire e distruggere il civil principato di lei , acquistato per divina provvidenza , con ogni più giusto ed inconcusso diritto , e confermato dal continuato possesso di tanti secoli, e riconosciuto e difeso dal comun consenso de' popoli, e dei principi , eziandio acattolici , qual sacro e inviolabile patrimonio del principe degli apostoli , affinchè , spogliata che sia la romana chiesa del suo patrimonio, possano essi deprimere ed abbattere la dignità e la maestà della sede apostolica e del romano pontefiée , e più liberamente danneggiare e fare aspra guerra alla santissima religione , e questa religione medesima , se fosse possibile , atterrare del tutto. A questo scopo per verità mirarono sempre, e tuttavia mirano gl'iniqui macchinamenti e tentativi c frodi di quegli uomini, i quali cercano di abbattere il dominio temporale della romana chiesa , come una lunga e tristissima esperienza a tutti ampiamente fa manifesto.

-8 - Pm· la qual cosa , essendo noi obbligati per debito del Nostro Apostolico ministero e per solenne giuramento, a provvedere con somma vigilanza all' incolumità della Reli gione , e a difendere i diritti e i possedimenti della Romana Chiesa nella loro totale int egrità c inviolabilità, non che a sostenere e conservare· Ja libertà di questa Santa Sede , la quale libertà & senza niun dubbio connessa colla utilità di tutta la Chiesa Cattolica; c per conseguenza essendo Noi tenuti a difendere il principato della Divina Provvidenza concesso ai Romani Pontefi ci , pcl libero esercizio della ecclesiastica primazia su tutto l' orbe , c dovendo noi trasmeUerlo intero e inviolato ai nostri successori; per ciò noi non possiamo non condannare sommamente e detestare gli empii nefandi sforzi ed a ttentati dei sudditi ribelli , c lor o fortemente resistere. P ertanto, dopo avere con nota di reclamo del nostro cardinal segretario di Stato, mandata a tutti gli ambasciatori , ministri e incaricati d' all'ari dèlle corti estere accreditati presso di noi e di questa Santa Sede , riprovato e detestato ]e violenze di cotes ti ribelli , ora alla presenza di questo vostro ragguardevolissimo consesso , o venerabili fratelli , alzando la nostra voce ,_ con la maggior forza che possiamo dell'animo nostro , protestiamo contro tutto ciò , che gli anzidetti ribell i hanno osato di fare nei predetti luoghi , e colla nostra suprema autorità condanniamo, riproviamo , cassiam<> c aboliamo tuUi e singoli gli atti sì in Bologna, si in Ravenna , sì in Perugia , e sì in qualunque altro luog·o , e sotto qualsivoglia titolo fatti da essi ribelli contro il sacro e legittimo principato nostro e di questa Santa Sede , e dichiariamo e decretiamo che taJi atti sono nuJli del tutto , illegittimi e sacrileghi . Di più ricordiamo a tutti la scomunica maggiore .

-9e le altre pene e censure ecclesiastiche, fulminate dai Sacri Canoni , dalle costituzioni apostoliche , e dai decreti dei Concili i generali, specialmente del Tridentino ( sess. 22 , cap. 11 de Reform. ) da incorrersi senza bisogno di altra dichiarazione da coloro cbe in qualsivoglia modo ardiscono di scuotere il potere temporale del romano pontefice , e quindi dichiariamo esservi di già miseramente incorsi tutti coloro , i quali a Bologna , Ravenna , Perugia , e altrove osarono coll' opera, col consiglio , coll' assenso , c per qualunque siasi altro modo , di violare , perturbare ed usurpare la civile potestà e giurisdizione nostra , e di questa S. Sede, e il patrimonio di San Pietro. Intanto, mentre spinti dal debito del nostro officio siamo costretti , non senza grave dolore dell'animo, a dichiarare e promulgare tali cose , commiserando alla lagrimevole cecità di tanti figliuoli , noi non desistiamo di dimandare umilmente , e istantemente dal clementissimo padre di misericordia, che colla sua onnipotente virtù affreUi quel giorno così desideralo, nel quale possiamo nuovamente accogliere con gioia fra le paterne braccia questi figliuoli nostri ravveduti , e ritornati al proprio loro dovere ; e vedere redint.egrato in tutti i nostri pontificj Stati l' ordine e la tranquillità , allontanatane ogni perturbazione. Sostenuti da tal fiducia in Dio, siamo eziandio confortati dalla speranza che i principi d' Europa , siccome per lo addietro, così ora altresì pongano di comune accordo e sollecitudine ogni loro opera nel difendere e conservare intero questo principato temporale nostro e della S. Sede , importando sommamente a ciascuno di loro che il romano pontefice goda pienissima libertà , affinchè si possa debitamente soddisfare alla tranquillità di coscienza dei cattolici che dimorano nei loro Stati. La quale speranza

tOpcr certo da ciò ancora v1cne accresciuta , che gli eserciti francesi esistenti ora in Italia , secondo le dichiarazioni del carissimo nostro in Cristo figlio l' Imperatore de' Francesi , non solo non faranno cosa alcuna contro il potere temporale nostro e di questa S. Sede , ma anzi lo difenderanno c conserveranno )) . Lettera Enciclica di S. S. Pio Papa IX , a tutti i Patriarchi , Primati, Arcivescovi, Vescovi ec. PIO PP. IX. VENERABILI FRATELLI SALUTE ED APOSTOLICA DENEDIZIONE. (( Quel moto di sedizione, che testè scoppiò in Italia contro i legittimi principi , dagli Stati limitrofi ai dominii pontificii invase pure, come una fiamma d'incendio , alcuna delle nostre provincie le quali commosse da quel funesto esempio , e spinte da esterni eccitamenti , si sottrassero dal paterno nostro reggimento ; cet'cando anzi , ad instigazione di pochi , di sottoporsi a quell' italiano governo che in questi ultimi anni fu avverso alla chiesa cd ai legittimi suoi diritti ed ai sacri ministri. Or mentre noi riproviamo c lamentiamo questi alli di ribellione, coi quali una parte soltànto ciel popolo in quelle slurbate provincie sì ingiustamente risponde alle paterne nostre cure e sollecitudini , e mentre apertamente dichiariamo essere a questa santa sede necessario il civile principato , perchè senza alcun impedimento1possa esercitare, a bene della religione , la saera sua potestà , ( il q~ale civi le principato si

-tisforzano di slrapparle i perversi nemici della chiesa di Cristo ) a voi , venerabili fratelli , in sì gran turbine di avvenimenti indirizziamo la presente lettera per trovare qualche sollievo al nostro dolore. E in questa occasione anche vi esortiamo , ehe , secondo la sperimentata vostra pietà , e l' esimio vostro zelo per l' Apostolica Sede e la sua libertà, procuriate di compiere quello che leggiamo aver già prescritto .Mosè ad Aronne, supremo Pontefice degli Ebrei ( num. cap. XVI ) : >) prendi il turibolo, e messovi del fuoco dell' altare ponvi sopra l' incenso , e va subito a trovare il popolo per. fare orazione per lui ; imperocchè il Signore ha già sciolto il freno all'ira sua, e il flagello infìerisce. >) E parimente vi esortiamo a pregare , come già quei santi fratelli Mosè ed Aronne , i quali . << boccone per terra dissero: fortissimo Dio degli spiriti di tutti gli uomini , infìerirebbe ella mai l' ira tua contro di tutti pel peccato di taluni ? >) ( num. cap. XVI ). Al qual fine, venerabili fratelli, vi scriviamo la presente lettera , dalla quale prendiamo. non lieve consolazione; giacchè confidiamo che voi risponderete appieno ai nostri desiderii ed alle nostre cure. Del resto noi dichiariamo apertamente che, vestiti della virtù che discende dall'alto, la quale, Dio mosso dalle preghiere dei fedeli , concederà alla infermità nostra , soffriremo qualunque pericolo e qualunque acerbità, piuttosto che abbandonare in veruna parte l' apostolico dovere , e permettere qualunque cosa contraria alla santità del giuramento con cui ci siamo legati, quando, per divino volere, salimmo, benchè immeritevoli , sopra questa suprema sede del principe degli apostoli , rocca e baluardo della fede cattolica. Ed augurandovi , venerabili fratelli , ogni allegrezza e · felicità nel compiere il vostro dovere pastorale , con ogni

- 12affetto compartiamo a voi ed al vostro gregge l' apostolica benedizione, auspice della celeste beatitudine. Dato in Roma presso S. Pietro il dì 18 di giugno dell'anno 1859, del nostro pontificato il decimoquarto ». I giornali italiani e stranieri hanno riportato ancora una Nola diplomatica, che essendo scritta per ordine di Sua Santità, è come il complemento di questa materia. E quindi la riportiamo nella sua integrità. « È nolo ormai che dopo la ribellione della Toscana, gl'intrighi che avevano agitato Bologna ricominciarono vigorosamente. Erasi formato in quella città un club rivoluzionario che, ad istigazione d'una potenza estera, preparava una sollevazione. Si profittò deJia partenza degli Austriaci, il 12 giugno, per eccitare quel movimento. Si cominciò con grida sediziose , con assembramenti armati; con portare bandiere e coccarde tricolori. La moltitudine si riunì dinanzi al palazzo del Legato e ne fece scomparire le armi pontificie , nonostante la disapprovazione degli onesti cittadini, la quale trovossi soffocata dagli schiamazzi dci faziosi. In mezzo a quel tumulto popolare , una deputazione , scelta fra i principali ribelli, recossi dal cardinal Legato , ed , in nome del popolo di Bologna , gli dichiarò audacemente ch'essa voleva offrire la dittatura al Re Vittorio Emanuele e partecipare alla guerra dell' indipendenza. In presenza di simile insulto fatto alla autorità pontificia, il Legato , al cospetto di tutte le persone che lo circondavano , protestò solennemente contro quegJi atti di violenza, e ritirossi a Ferrara lasciando una protesta scritta. Quest'esempio di tradimento venne imitato da Ravenna e da tutta la pt·ovincia, come a Perugia , mercè

-13t' abilità e le istigazioni di uomini ben conosciuti , i quali non temettero d'impiegare i mezzi i più efficaci c g·li arti fidi i più sottili , appoggiati com' essi erano da un'influenza estera, per procurare il movimento nelle allre provincie , nonostante tutti gli sforzi che faceva per opporvisi il governo appoggiato dalle sue truppe che gli erano rimaste fedeli. Questi avvenimenti che ebbero luog·o alla vista di tutti, e che hanno eccitato un generale orrore, non poterono che empiere di amarezza il cuor paterno di S. S. , la quale ha veduto con quali frodolenti e bugiardi artifizi si è cercato e si cerca ancora di staccare dalla sua autorità e potenza legittima certe provincie che sono state lo scopo della sua più attenta benevolenza. ' Forzato dai doveri della sua coscienza c da solenni giuramenti di conservare intatto, sacro deposito del patrimonio delJa Chiesa affidato alle sue cure e di trasmetterlo nella sua integrità a suoi successori , il Santo . Padre , ordinando al sottoscritto cardinale segretario di Stato di portare a cognizione di V. E. gli atti di ribellione che si sono commessi in una parte dc' suoi Stati, a pregiudizio della sua autorità e indipendenza sovrane riconosciute da tutte le potenze dell' Europa , m' ha pure incaricato di dichiarare ch'egli non può riconoscere alcun atto emanato dal governo illeg·ittimo, stabilito nelle città in istato di ribellione, per conseguenza , egli fa appello ai sentimenti di giustizia det governo che avete l' onore di rappresentare. Sua Santità si riserva di procedere agli atti necessarii per mantenere intatti, con tutti i mezzi che la Provvidenza le ha messo in suo potere, diritti inviolabili e saeri della Santa Sede. Finn. . ANTONEJ.U.

- 14La prima cosa che ci corre il debito di mettere in evidenza è il fatto della scomunica , che il papa dichiara francamente essere stata incorsa da coloro che hanno atten tato alla sua sovranità temporale. Qui è mestieri osservare che non è il papa che lancia una scomunica , ma che asserisce , nella ventiduesima sessione (capo Xl ) del Concilio di Trento essersi deciso che la scomunica maggiore si incorre ipso facto ( immediatamente) da coloro che impugnano , osteggiano , o concorrono a togliere al papa la sua sovranità temporale. Per buona sorte però l'asserzione di Sua Santità non ha a suo favore la prova irrecusabile del fatto , ma ha anzi contro di sè l'invocato paragrafo del concilio tridentino. Esso non ha mestieri d' interpetrazione , e parla lucidamente per se stesso. Lo diamo nel testo originale , e nella traduzione ufficiale fattane in altri tempi dal Soldati , segTetario della Congregazione dell' Indice perchè ciascuno possa giudicarne (1). ('l ) Si quero clcricorum vel laicorum , quacumque is dignitate, e tiam imperiali aut regali , praefulgeat, in tantum malorum omnium radix cupiditas occupaverit , ut alicuius ecclesiae, seu cuius·; is saecularis vel regularis beneficii , montium pietatis , aliorumque piorum locorum iuri sdictiones, bona , census ac iura, etiam feudalia et emphyteuti ca, fructus, emolumenta , seu quascumque obventiones, quae in ministrorum et pauperum necessitates com-erti debent, per se vel alios vi vel timore incusso, seu etiam per suppositas personas clericorum aut laicorum, seu quacunque arte aut quocunque quaesito colore in proprios usus convertere, illosque usurpare praesumpserit , seu imped ire , ne ab iis , ad quos iure pertinent, percipiantur ; is analhemati tamdiu subiaceat, quamdiu iurisdictiones, bona , res, 1ura, fructus et reditus, quos occupaverit, vel qui aù eum quomodocunque, etiam ex donatione suppositae personae , pervcnerint , ecclesiae eiusque administratori sive beneficiato integre restiluerit, ac deinde a Romano Pontefice absolutionem

-15CAPITOLO Xl Della sessione XXI .l del , Concilio di Trento. <c Se la cupidità , radice di tutti i mali , avrà per tal modo sopraffatto alcun chierico o alcun laico di qualsivoglia dig·nità anche imperiale o regia ei sia fregialo, che abbia presunto di convertire in proprio uso, o di usurpare le giurisdizioni , i beni , i censi eziandio feudali , ed enfiteutici , i frutti , gli emolumenti o qualunque legato da impiegarsi per i bisogni dei sacri minist1·i o da distribuirsi ai poveri di qualche chiesa ~ o qualsivoglia benefizio secolare o regolare, dei monti di pietà o degli altri luoghi pii , per se stesso o col mezzo di . altri , con· la forza o con ingerire timore, o ancora con far comparire persone di chierici o di laici o con qualunque artifizio , o pretesto , o pure avrà impedito che non si percepissero da quelli ai qua1i per diritto appartengono , sia sottoposto all' anatema fino a tanto che non abbia interamente restituito alla chiesa o all' amministrazione della medesima o al benifizio le giurisdizioni , i beni , le cose , i diritti , i frutti, e le rendite da lui occupate o pervenute neUe di lui mani in qualsiasi maniera , anche per donazione di persona supposta , e non abbia dal Romano Pontefice ottenuto obtinuerit. Quod s i eiusdem ecclesiae patronus fuerit, eLiam jure patronatus ultra praedictas poenas , eo ipso privatus exsistat. Clericus vero, qui nefandae fraudis et usurpationis huiusmodi fabricator seu consentiens fuerit, eisdem poenis subiaceat , nec non quibuscunque beneficiis privatus sit, el ad quaecunque alia beneficia inhabilis efficiatur, et a suorum ordinum exsecutione etiam post inlegram satisfactionem et absolutionem sui Ordinarii arbitrio suspendatur .

- t6 - l' assoluzione della scomunica (1). E se egli avrà il patronato della stessa chiesa , ollrc le predelle pene , im~ediatamente ne resti privato. Il chierico poi che avrà fabbricato una sì nefanda frode ed usurpazione , o vi avrà prestato il suo assenso, soggiaccia alle medesime pene c sia privato di qualunque benefizio, e inabilitato a conseguirne alcuna , cd anche dopo aver pienamente soddisfatto ed impetrata l' assoluzione , ad arbitrio del suo Ordinario rimanga sospeso dall' esercizio dei · suoi ordini >>. • ' ( Traduzione del Padre Soldati segretario dell'indice nella sua famosa opera - Confutazione di due opuscoli contro la Chiesa e la sovranità ). È fuori di ogni incertezza che in tutto questo paragrafo non si parla che di beni e di giurisdizioni spettanti alle chiese. Se l' aUualc Principe di Roma , per ciò che riguarda la sua sovranità temporale , intende di riguardare se stesso come un beneficiato, e lo stato romano come un beneficio , questo sarebbe un errore che l' Europa non potrebbe accettare sul serio. L'Europa non ha lasciato al papa la sua sovranità in ragione della venliduesima sessione del Concilio di Trento, ma per le ragioni politiche che guidarono il trattato di Vienna. E sarebbe veramente assurdo che un pontefice, sedente al Vaticano nel 1859, cioè in mezzo aJla luce di civiltà che glorifica le generazioni del secolo decimonono , volesse considerare gli uomini come beni, e gli stati come feudi , mentre è appunto ti ) È tanto certo che non si parla qui della sovranità temporale del Romano Pontefice, che egli dovrebbe anzi assolvere coloro che avessero tentato di usurpare i beni delle chiese , o le giurisdizioni di esse.

...... - Illa Chiesa che ha umiliato l' orgoglio dei potenti , che ha spezzato le catene degli schiavi, che ha dichiarato tutti gli uomini eg·uali , ~be ha elevato a principio immutabile di dritto la sovranità dei popoli col sistema delle elezioni pei papi, pei vescovi, pei monarchi. A noi duole che i consiglieri del Principe abbiano abusato dell 'autorità del Pontefice per far dire ad esso cose che non ha dritto di dire, e che arrecano gTavissimo uocumento al pontificato, e sono causa di scandalo fra i callolici di ogni paese , che veggono abbassata la di gn ità pontificia a strumento di mi serabili ainhizioni terrene. Quantunque il discorrer e di quel capitolo del Tridentino per mostrare che fu citalo male a proposito ci sembri quasi uua ingiuria fatta al buon senso , pure, astretti dalla necessità di liberare da ogni dubbio i più cauti, aggiungiamo qualche osservazione. La rubrica di quel capitolo è la seguente (Ediz. di Lipsia 1839 , p ag. 61.) Gli occupatori dei beni di ciascuna chiesa o luogo pio sono puniti ( Bonorum cujuscnnqne ecclcsiac aut pii loci occupatol'cs puni untur ). Inoltre si dice espressamcn te d i questi beni che essi servono a'i bisogni dei sacri ministri , o sono destinati ai poveri (come dovrebbero esserlo tutti i proventi ecclesiastici ) ; si parla dell' amministrazione, del benefiziato, dei censi, dei frutti, dei monti di pietà , dci patronati , senza che ,,i si trovi una sola parola che possa accennare anche da lontano al regno temporale dei Papi. Il quale non potrebbe mai entrare nelle deliberazioni di un Concilio , aduuato per riformare gli abusi intr~dollisi nella Chiesa , per dichiarare Jc . controversie intorno alla fede , per determinare le norme della' disciplina ccclesiaslica. Noi non possiamo intendere come siasi citato un decreto del Concilio di Trento, che non ha la più lonlana relazione all' argomento svolto da Sua Santità , .-<l 2

- 18auzichè essere di dritto ecclesiastico, è d.i dritto puhblico universale , e perciò fuori di tutte le attribuzioni di un Concilio ecumenico. E tanto più è da fare le meraviglie di queslo, in quantochè nel 18lc-9 la curia r omana commise lo stesso errore. Suppose allora che i popoli dello stato romano non potessero nominare .i mcmhr.i per un'assemblea costituente, che non esistesse nel dirillo eterno una sovranità nazionale dalla quale deve emanare ogni sovrana rappresentanza, che i ci Uadini delle provincie romane non potessero con libertà ' d' arbitrio provvedere al proprio g·ovcrno : e quindi proclamò che incorrerebbero nella scomunica maggiore lulli quelli che voterebbero nei comizi, a forma del decreto lridentino nella vcntiduesima sessione, capitolo undccimo, citato ancor oggi. Ma che? Gli abitatori cattolici dello stato romano disconobbero la dichiarazione pontificia , videro che si abusava ingiustamente del nome della religione per ragioni umane , e che il Conci lio di Trento non aveva mai detto ciò che il cardinale Antonelli voleva fargli dire. Una moltitudine si recò aJle elezioni , cd il vescovo di Rieti , primo fra i suoi concilladi ni, mise il voto sull'urna. Furono duccentocinquantasettemi la cittadini ( ciascuno dei quali appe:trteneva ad una famiglia) , che disprezzarono l'avviso , convinti di adempire un dovere , sicuri che la patola del pontefice non era in quel momento ispirata da Dio, nè rispondente ad un concetto di giustizia. Con questo fatto il cardinale Antonclli fu reo di avere dato al mondo la prova ufficiale che la quasi totalità dei cittadini dello Stato Uomano disprezza le censure della Chiesa, quando sono mezzo di abuso, di ingiustizia , di disordine , quando sono mal celato pretesto per dominare , per soddisfare ambizioni di terrene grandezze , non per maggwr gloria di Dio.

- 19Il senno politico, il carattere religioso de-gli Stati Italiani fu sempre tale che alle scomuniche aventi per fondamento cose temporali non risposero che riguardandolc come nuHe c non avvenute. E Dio parve avere in tale predilezione l' ltalia che agli errori di tanti pontefici volle che fosse contrapposta la pietà c la religione di tanti laici , di tanti reggitori di stati che seppero respingere le insane pretese romane ( iniquamente affacciate in nome di Dio ) con uno spirito di giustizia, che fu ammirabile per aver saputo congiungen', alla difesa di drilli incontrastabili, il rispetto dovuto alla religione di Cristo. La storia di Venezia , quella di Firenze , c le altre di quasi tutti i comuni italiani sono là per attestare la verità di ciò che io ricordo. Non si fece scisma, perchè si considerò che la div jnità del Vangelo non poteva essere offuscata dagli errori, dagli abusi, dalla perversità - di qualche pontefice; e se non pochi di essi discesero neL sepolcro, accompagnali dalla esecrazione universale, non meno pura rimase la fede in mezzo ai turbini che sconvolsero le generazioni. E noi dobbiamo esser grati ai nostri -maggiori che tanto contribuirono a questo, che intatto ci giungesse il patrimonio della fede, e che l'Italia nel giorno de1la sua redenzione si trovasse cattolica tutta , e così svegliata ed illuminata, da poter dire : credo nel Dio dei padri miei , ma credo ancora nel mio diritto, e niuno potrà toglier·mi la doppia fede. I ministri della corte di Roma non dovrebbero così leg·- germcnte ricorrere all' argomento delle scomuniche: la storia di esse è la più terribile , la più obbrobriosa del papato, e guai se un libro potesse spiegare al popolo le turpi cagioni della più parte degli anatèmi ; sarebbe come un fulmine sul Vaticano. Ma, sul tèma di queste scomuniche, quando esse fa n-

-20no scudo a pretese temporali la Chiesa crede sul serio che sieno veramente efficaci , che coloro che ne sono t'Olpiti escano dal grembo del cattolicismo? Nò, non lo crede ed è storico. E per vero : il rcame delle Due Sir ili c è, srcondo le dottrine romane , di domini o diretto della S. Sede, conceduto solamente in feudo alle i~uniglic rea li d i Napoli . Ma i monarchi delle Due Sicilic respingono questa dottrina , regnano c non pagano il (ributo. Sono essi segnati d'anatema ? Nò, ed i~ tanto certo che, cento volte Pio Nono abb:t;acciò nell' rffusione Ferdinando II, che egli appellava degno discendente di S. Luigi, e del quale fece ultimamente il pancgiri co nel Vaticano. I duchi di Parma c di Modena, conccssionarii di feudì o stati, uon l1auno acc:cllato le teori e della Curia romana , n è la supremazia ponti fi cia; c pure nell'allocuzione che esaminiamo fu rono clal Pontefice chiamati legittimi princip i. Se fossero scomuni cati, non potrebbero essere legittimi principi. L' impcrator d' Ausll·ia usurpò una parte del Ferrarese; c nelle Romagne, a dispetto delle proteste c dei reclami del governo papale, esercitò sempre giuri sdizione civ ile e militare, e fece fucilare preti e laici: e pure il conci lio di Tr ento non è per lui. Ancora. I principi della casa Borbonica, quelli della fami glia d' Orlcans, c i Bouaparte regnarono e regnano in Avignone, e nelle altre terre pontilì cic in Francia; c pure non erano colpiti tl' anatema i primi, non lo i! Napoleone III. Tutti i Sovrani presenti al congresso di Vienna stabilirono un dri ltù nuovissimo , senza ricordarsi neppure di questa vcn tiduesima sessione del Conci lio tridenti no; nè il cardinale Consalvi la sottopose alla considerazione dri di - plomatici distribuenti i troni per non .eccitare in essi un'ilarità , che non poteva piacere ad un cardinale. E pure non furono di visi dal grembo della C: h i e.sa.

-21Che significa ciò? Che la vera Chiesa rispeUa i fatti compiuti ; ammonisce e minaccia prima , poi piega la fronte , e si pente foJ;se di atti che diminuiscono la sua autorità, c la venerazione alla quale avrebbe dritto se sapesse tenersi all'altezza della sua destinazione. Possono dunque esser tranquilli tu~ti , Re c popoli ; chè le minaccio della corte di Roma governata dal card. Antonelli, non sono nè la voce di Dio, nè quella .della giustizia. La giustizia è immutabile, eterna, e non teme gli sforzi degli uomini che vorrebbero trasformarla. Ma noi dobbiamo discorrere un poco sopra questo moderno trovato della necessità di un governo temporale che assicuri libertà d'azione al Pontefice e che , non potendosi con altro, vorrebbe difendersi con le scomuniche l Questa teori~ fu ignota a diecissette secoli del cristianesimo , a tutti i padri deJia Chiesa, a tutti i Concilii , a tutti i Sinodi. Quest' asserila necessità è un' ingiuria alla fama e alla santità di tanti Pontetìci, che trovarono nell' ajulo del Signore , c nelle proprie virtù la forza necessaria per soddisfare con piena coscienza ai doveri del proprio ministero. È quasi un mettere in dubbio Ja giustizia e la bontà degli atti di cento Papi ; è stare in forse della parola dì Gesù Cristo, che promise alla sua Chiesa eternità di durata ed indefettibile aj•1to. Le battaglie del Signore furono combattute e vinte senza eserciti, e i monarchi tremarono spesso alla voce d'un Papa inerme, ma videro quasi sempre fuggire nello sgomento i Papi armati. La storia presenta l'esempio di epoche prodigiosé, e della conquista del mondo al cristianesimo, quando i capi della Chiesa non avevano altre armi che la parola, la ragione, c la virtù, e altro dominio che quello morale esercitato dal prestigio dell'umiltà. Quindi è che se mplti cattolici credono essere

-22una bestemmia questa supposta necessità, contro la quale stanno le dottrine e la storia della Chiesa, non è da meravigliarsi se deplorano di vedcrla convertita in una teoria dciJa Curia Uomana ! Se gli apostoli, se i santi padri potessero risorgere ed udire così strani propositi, coprirebbero la fronte, e piangerebbero sulle sventure della Chiesa l Legga il cardinale Antonclli la lettera di s. Bernardo a papa Eugenio : ve n'è una hella traduzione. Il Papa è Vescovo di Roma; ma v' hanno anche quelli del mondo cattolico. La teoria d' un temporale dominio per il primo, dovrebbe allargarsi ai secondi. Esercitano essi ugualmente l'autorità ed hanno la giurisdizione spirituale; c l' invocata sessione del concilio di Trento è applicabile a tutte le chiese, a tutto l'episcopato. Quindi, secondo ]a dottrina della Curia Romana, i Vescovi dovrebbero essere altrettanti principi regnanti , perchè i popoli potessero non dubitare che agiscono nella pienezza della propria libertà. Peccato che ai tempi di Pietro Lcopoldo, c di Giuseppe non fosse così ; chè allora , invece delle leggi leopoldine e giuseppine ( che fecero la gloria dei due principi di Lorcna )' il mondo avrebbe veduto questi due signori consegnati al S. Uffizio per lo spettacolo di un auto da {è. Pure i Vescovi non sono principi , ubbidiscono , come gli altri sudditi , alle leggi del paese ovc hanno sede , esercitano ii loro ministero, convocano i sinodi , e i concilii provinciali, e quando non sono cattivi cittadini e faziosi , tutto procede tranquillamente e gli abitanti delle loro diocesi non pensano mai che la mancanza d' un r egno sia prova che gli statuti diocesani abbiano l' impronta della coazione; essendo noto a- tutto il cattolicismo che i Vescovi c il Vescovo dei Vescovi debbono sempre soddisfare (quando si lralta di religione ) , al dovere, o a ciò che stimano il loro dovere: e che quando la bru- '

- 23talità della forza volesse arrestarli nel santo eserciZIO del loro ministero , la più bella gloria d' un Vescovo sta nel subire il martirjo ; chè la resistenza e la pugna per la vera difesa dei principii religiosi non è colpa ma gloria. È vero che il Vescovo di Roma ha autorità più universale , e che egli è Vescovo dei Vescovi , ma è pur vero che le azioni sue non avrebbero mestieri di altra libertà , che eli quella Ja quale non l' obbligasse , per alcuna mondana cagione , ad alcun Monarca. Libero da un governo temporale , egli non scandalizzerà il cattolicismo facendo guerra ai suoi sudditi e mandandoli al patibolo ; non popolerà il mondo di esuli cacciati da lui ; non farà bombardare le città ; non domanderà ajuti ai principi per ammazzare i suoi popoli; non avrà occasione di far~ alleanza coi Turchi contro i Francesi, come fece Alessandro VI. Il dominio temporale suona scandalo e dipendenza; nessun dominio temporale significa libertù. e grandezza. Ma supponiamo per un momento che la teoria romana del dominio temporale non sia una bestemmia , e che esso valga ad. assicurare il mondo che il primo ministro del Signore opera nella interezza della libertà. È mestieri però allora che questo regno, perchè faceia fede dell' indipendenza del regnante , o sia il più grande o il più piccolo del mondo. Sarebbe a creare un impero come l' antico romano che abbracciava la terra incivilita ed accessibile; poichè gli stati come il Russo o l' Inglese ( che sono i più grandi e popolati ) non bastano oggi a sè stessi, ed hanno sempre bisogno di alleanze , di mutue concessioni , di conquiste , di riforme. Ora quest'impero non è possibile, ed è inutile discorrere delle impossibilità. Rimane il più piccolo , un territorio cioè , che inferiore alla repubblica

- 24di S. Marino, non desti g·elosie al di fuori 1 c non porti in se stesso germi da produrre inquictezzc nella Chicsa di Gesù Cristo, e da turbare la serenità al venerabile Vicario di Dio. E questi germi si troverebbero sempre in un paese qualunque che fosse amministrato da un Papa. TI Papa ha dichiarato che non può governare i popoli col dritto comune 1 col dritto universale delle genti; c siccome Iddio non ha condannato alcuna nazione, alcuna parte di società a vivere fuori della ragione comune, così non v'ha gente che debba o possa essere limoneg·giala da un sovrano , non accettante come suo codice il diritto delle nazioni. I popoli son tùtti eguali ,. nè v' ba al mondo imperatore, re, o Stato che possa dir con giustizia ad una grande aggregazione sociale ~ <f voi siete di natura degradata, non avete ·diritti , non vi resla che il dovere di servire e tacere )) . Il Papa rif ugge dal fare ]a guerra , pcrcbè è padre comune di tutti i fedeli : Il Papa non può approvare certe legg-i perchè andrebbero a limitare i suoi titoli come Pontefice; il Papa infine crede di avere in cento argomenti una restrizione di libertà, derivante dal dritto canonico c dalle leg·gi ecclesiastiche ; egli dunque non può esser principe temporale, nè v' ba dialettica sulla terra che valga a distruggere questi ragionamenti. Sarebbe dunque a trovare un partito che riunisse tre condizioni : 1° la liberlà e indipendenza del Santo Padre. 2° La partecipazione degli stati romani al dritto comune e aJla costituzione degli stati italiani. 3° Il non distruggere troppo ricisamente e con violenza quello che la Santa Sede chiama suo dritto. Perchè il Sommo Pontefice possa avere quella libertà che assicuri al mondo cattolico l'indipendenza del padre dei fedeli, non rimane che neutralizzare un territorio , e farlo pienamente ed assolutamente libero , con garanzia.

-25con intervento degli stati cattolici . Non è la ciUà di Roma ch'io proporrei , perchè nessuno ha dritto di condannare gli credi dcgl~ antichi romani a morire di sterilità, a sparire dalla storia, a servire da schiavi. Non sia mai che il paese che vide per tanti secoli i trionfatori del mondo salire su l Campidoglio, che ha combattuto per undici secoli contro g·li sforzi dei Papi anelanti al dominio temporale che spiegò tante forze vitali per sollevare l' Europa al nuovo risorgimento , sia designato a servire di decorazioue e di casa al papato. Se la giustizia avesse a trionfare pienamente, i pontefici dovrebbero avere a stanza la Città Lem~ina; e l'.altra Roma dovrebbe appartenere ai Romani c all ' Italia. Spiego il mio concetto. La città Leonina comprende quella parte di Roma che ha per confini Castel Sant' Angelo, Ponte Sislo , ~ le nortc c le mura urbane che sono sulla de- • stra di chi da Castel Sant'Angelo va a ponte Sisto. In questa parte della capitale sono i palazzi e i giardini Vaticani , l'immenso tempio di San Pietro dove riposano gli apostoli , la piazza più grande e più bella dc) mondo , i magnifici palazzi Corsini , Giraud, Sal- ·viati ed altri non pochi , belli per grandiosità c per arte. E~sa ha un circuito di tre miglia. Questa parte di Roma dunque potrebbe essere neutralizzata , e formare la rcg·gia del Santo Padre, sotto la garanzia dell' orhe cattolico. La corte di Roma ( che pure ha soggiornato per sessant' anni in Avignone ) dice e sostiene che la sua legittima sede è Roma ; che Roma fu destinata da Dio ad avere il Papa; che Roma è la moderna Gerusalemme. E sia. Sog·giorni pure in Roma '· grandeggi a1 Vaticano , ma come v i grandeggiò nei primi otto secoli del cristianesimo. E noi saremmo lieti che non solo vi grandeggiasse, circondata di pompa e di rispetto, ma eziandio che avesse il mondo a.

• 26 - testimone della sua libertà d'azione, e che i cattoJici tulti ne avessero garanzia materiale. Quale garanzia potrebbe esser questa: che ogni stato cattolico fornisse a Sua Santità venti guardie d'onore, come segno di riverenza al Pontificato , e come testimonio della pienezza della libertà goduta dal rappresentante di Dio in terra. Cosi la reggia verrebbe assegnata ed assicurata al Pontefice dal mondo cattolico , il mondo cattolico starebbe a guardia del Pontefice , e questi , non soprafl'ato dalle cure di principe. attenderebbe a provvedere agli interessi, al progresso, alla gloria del cristianesimo , senza che alcuno venisse a turbarlo. Le sue rendite materiali, le sue ricchezze sarebbero eguali , c come se egli fosse ancora principe temporale, perchè a ciò provvederebbe largamente l' Italia. Il prestigio del Pontefice, il rispetto di cui lo circonderebbe il mondo, sarebbe immcitsamentc maggiore; la sua forza morale acquisterebbe proporzioni straordinarie , essendo verissimo ciù che disse ultimamente Napoleone III, che, non le sterili conquiste, ma la morale potenza forma ai tempi nostri la grandezza degli uomini. So bene che potrà riputarsi temerario per un laico, parlando di un papa' fare certe osservazioni ; ma pure' trattandosi d'interessi così grandi ed universali, mi permetterò un ultima osservazione. Quando il papa provvede all' amministrazione d' un dominio temporale, dello Stato Romano ( il quale, governato fuori del dritto delle genti è in continue agitazioni , cd ha meslim·i di lunghissime e gravissime cure del principe ) , egli usurpa agli interessi universali della religione il tempo che deve dedicare allo stato. Il pontefice ha spirituale giurisdizione su duecento milioni di figli ai quali deve pensare ugualmente ; e non entra nelle ragioni della giustizia che per i temporali interessi

-- 27 - di due , abbia a trascurare quelli di centonovantotlo milioni. Il pontefice ha la missione di evangelizzare il mondo, di fare ogni opera per ridurlo all'ovile di Cristo: e potrebbe egli , in buona coscienza, dimenticare così sacri doveri , dedicando una parte grandissima del suo tempo alle finanze, alle armi, alle prigioni , alle leggi , a tutti i materiali. interessi dello Stato Romano , anzichè alle missioni, ai vescovali, ai militanti della Chiesa universale per la sua ·gloria , per la sua estensione ? Potrebbe egli rispondere , chiamando Dio in testimonio, che gli affari della Chiesa son pochi, e che si può provvedere con eguale facilità aJla Chiesa e allo Stato? N ò , il tempo conceduto alJo Stato, è un furto fatto alla Chiesa; c il governo spirituale di duecento milioni di uomini , c il concetto espansivo c di propaganda che ha la Chiesa sui rimanenti ottocento milioni che debbono ancora essere conquistati al vangelo , non può lasciare all' uomo designato da Dio a tenere il timone del cristianesimo un solo minuto di tempo per gli interessi della terra. Si può rispondere, si può gridar l'anatema ad un laico che discorre del Papa , della religione , della Chiesa, ma non si possono confutare argomenti invincibili , perchè la Yerità è una , e viene da Dio. Cessato il dominio temporale della Santa Sede, lo Stato Romano entrerebbe naturalmente a far parte dei nuovo ordinamento della penisola. Oramai l'Europa sa che se gli Italiani dovessero essere arbitri dei propri destini, direbbero- Italia una, e Vittorio Emanuele suo capo. - Ma siccome la diplomazia e i gabinetti non seèondano sempre il voto dei popoli, così questo voto uni versale rimarrà forse sterile ; e facilmente avremo un Regno dell'Alta Italia, un Regno delle Due Sicilie, un Regno dell'Italia Centrale , che

- 28potrà anche chiamarsi Regno d' .Etru1·ia. Di quest' ultimo è forse Roma chiamata ad essere la Capitale; c così lo slalo Romano si unirebbe con la Toscana nella nuova combinazione deg·li Stati Italiani : i quali con 11na federazione si procureranno poi il luogo che loro spetta fra le nazioni. Resta però questo, di meltere la Santa Sede in una condizione da non potere empire il mondo di rumom intorno alle usurpazioni fatte a suo carico. Il partito a trovare non è poi tanto difficile. Il regno delle Due Sicilie , per secoli ha pagato un tributo a s. Pietro , godendo della pienezza della sua autonomia. Il Re dell' Italia centrale , come atto d' ossequio , pagherà anch'esso in nome dello Stato una chinea o cosa simile , e riceverà per la prima volta una bolla di investitura da avere valore perpetuo. Così la Santa Sede non avrà rinunziato a nulla, ed avrà fatto ciò · che fece per molti secoli , concedendo con investiture terre e principati a individui, a famiglie, a popoli, e conservando in qualche modo la ragione di dritto. Così i giuramenti di conservare e trasmettere in tutto il retaggio della Chiesa sarebbero adempiuti, operando il Pontefice come operarono cento suoi predecessori ; così la Chiesa e l'Italia sarebbero sodisfattc , e il trono di s. Pietro rifulgcrebbe di gloria novella , e si riavvicincrebbc alla primitiva virtù che ne faceva la forza. E la Chiesa , affinchè non le tocchino terribili sciagure , dovrebbe correre volonterosa a simile concessione. U tempo delle monarchie patrimoniali è cessato, perchè esse ripugnano al buon senso, alla morale. I soli governi legittimi sono quelli che rappresentano la volontà nazionale, che ltanno la delegazione, e sono come l'emanazione della Socirlà. Nè la Chiesa nè le antiche dinastie hanno Q.ritto d'imporre la propria volontà , o la propria so-

-29vranità ai popoli. I popoli sono padroni di sè c non hanno giudice che Dio; è principio uuiversale di dritto immutabile che già trionfa in ogni parte, c che non è impugnato nè po'trà esserlo mai da.lla Santa Sede. Ed. il dritto canonico , conservatore ùclle antiche tradizioni c di scipline della Chiesa va lan l' oltre su questo argomento della volontà e dclJa opinione pubblica, che fra le pochissime cause per le f[Uali un Vescovo , indissolubilmente e con carattere indelebile legato alla sua Chiesa, può essere rimosso dalla sua sede, novera quella dell'odio pubblico di una sola parte dei suoi figli spirituali - quem mala plebs oderit - Ed è forse i sp irato a questo concetto degli antichi legislatori della Chiesa , che il cardinale Pacca , venerabile e dollo Decano del sacro collegio , esprimeva L'opinione che a maggior gloria della Santa Sede forse riuscirebbe il deporre il dominio temporale degli sta ti Romani. E forse anche quel virtuoso dignitario della Chiesa aborriva dal vedere lo stato di contradizione nel quale è costre tto continuamente a trovarsi il capo della cristianità col principe di Roma. I principi laici hanno dritto di fare o almeno fanno cose che sono vietalc ai ministri di una relig·ione di pace. In fatti S. Ambrogio respingeva dal tempio il g·uerriero macchiato di sangue; l'arcivescovo Bedini, lega to del papa, assisteva gli austriaci bombardanti la cattolica Bologna in nome di Sua Santità! I sacerdoti perdonano l' uomo pcntito e lo abbracciano in nome di Dio ; i prelati della Sacra Consulta ordinano che sia fucilato. I confessori ascoltano i credenti ed acquistano la certezza che ful'ono ingiustamente calunniati; c dopo pochi· momenti si assidono pro tribunali e li condannano con la certezza che sono innocenti. I Governi secolari aboliscono la peua

- ::wdi morle come legge feroce, c contraria ai dettami della filosofia; il governo papale la mantiene severamente c l' applica ad ogni istante. I Governi più ci- ' 'ili di Europa promulgano come legge fondamentale , come una delle più belle e più solide garanzie sociali , propagatrici della libertà e dell'incivilimento la Jibera manifestazione del pensiero, col mezzo della stampa ; c la Corte di Roma, anzi il Papa con bolla dell'agosto 1832 chiama la libertà della stampa deterrima , execr·anda , detestabilù ( 1). Sono qucsli fatti , da dare splendore al pontificato, ovvero da suscitare le ire universali dolla società civi le, c da recare gravissimo nocumcnto alla religione nelle persone dei suoi ministri? Il popolo confonde troppo spesso la religione con i sacerdoti , cd è troppo facile il chiamare in colpa (·1) Bue s peclat delerrima il la, ac nunquam satis detestabilis et exe.cranda libertas artis librariac ad scripta quaelibet èdonda in vulgus , quam toto convicio audont nonnulli effiagitare ac promovere. Perhorrescimus venerabiles fratres, intuentes quibus monstri s doctrinarum , seu potius quibus errorum portentis obruamur quae longe ac late ubique disseminantur ingenti librorum mol titudine, libellisque et scriptis mole quidem ex.iguis , malitia tamen per magnis , e quibus maledictionem egressam illacrymamur super:faciem terrae. Sunt tamen, proh dolor! qui eo impudentia<.~ abripiantur , ut asserant puguaciler hanc crrorum colluviem inde prorumpentem satis cumulate compensari ex libro aliquo qui , in hac tanta pravitalum tempestale, ad religionem ac veritatem propugnandam edatur. Nefas profecto est , omnique jure improbalum, patrari data opera malum cerlum ac majus, quia spes sit inde boni aliquid abitum iri. Numquid venena libere spargi , ac pubblice vendi comportarique, imo et obbibi debere , sanus quis dixerit , quod remcdii quidpiam habeatur, quo qui utuntur, eripi eos ex interitu identidem contingat? - Grog. XVI, Ep. Enryd . quac incipit Mirari vos. XVITI Kal. SepLemb.

-31Ja prima mcttendola in fascio con quelli che sono indegni di esserne gli interpetri . Ma per offrire un più terribile esempio del danno che il dominio temporale del Papa fa alla religione, valga la seguente narrazione storica del Lamennais. << La Corte di Roma, accettando i soccorsi che gli Austriaci le pres tavano contro l'insurrezione, non era tranquilla sulle conseguenze possibili d' un intervento, in apparenza tutto amichevole, ma che la metteva difaUo sotlo la pericolosa dipendenza d' una potenza vicina , conosciuta per la pazienre perseveranza nei suoi ambiziosi disegni. I Francesi altresì potevano susc.itare al papa , in guerra coi suoi sudditi, dei pericoli d'un'altra specie, alimentando in maniera più o meno aperta , e fomentando la ri bellione. Difficoltà dunque da ogni parte , c difficoltà gravi. La Russia seppe abilmente trar profitto dagli spaventi che tenevano in ansietà Gregorio XVI. Non si poteva pensare che essa mirasse a crearsi uno stabilimento territoriale in Italia , nè a favor eggiare lo spirito rivoluzionario. Essa dunque ofl'ri al papa di mettere eventualmente a sua disposizione un corpo di truppe, destinato , ove facessr d' uopo , a protegger!o contro ogni attacco, da qualunque par te esso venisse. Un trattato fu concluso in questo concetto , c il Breve ai vescovi della P olonia fu il prezzo stabilito dalla Russia come compenso a ciò che· prometteva. Noi abbiamo avuto fra le mani la minuta stessa di questo Breve, inviato dalla Segreteria di stato a l ministro di Russia, per assicurarsi anticipatamente dell a sua approvazione, e corretto di sua mano. Noi ahbiam ben presente alla memoria una di quelle correzioni. Parlando ai vescovi Polacchi il papa ripeteva quella frase della Scrittura: « Combattete le battaglir

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