L.N. Geoffroy-Chateau - Sei mesi d'agitazione rivoluzionaria in Italia

zr·-CJJ . ;; (/ 1r. SEI MESI j n' AGITAZIONE RIVOLUZIONARIA CONSIDERAZIONI DI l. GEOFROY estraile dalla Re' ue des deux mondes t aprile t 849 ~,••atluzioue eon note Y\1.1\\\\\'\.\1.\1\t\ c:,~~c\1.ù'·"~"\t (.\\\ '-l\\\n\\ \<.ùt\ T o'bC.(\m ~\\\0 I.Ù \~ A\)Y\h - ( FIRENZE Coi Tipi di Giuseppe Mariani .1849. /

~~\' \\\\\\c\ h t\\\'1\0 ~\·nml\.\~~\rno b\~Q!j'H) (\\ t\ù 1.\\\ ., 1\t\"dv·~·,\:, Ti\l\ ~t\' c\\\)\l\\<_\\(\ c'' et\\\ 'v' \' nù.ù.\ r\;,.-:.:1\\lw c Om. DANT. 3. 67t. MAZ 0700 00172

~olia caòuta di Hon1a il Dranuna. politico di Giuseppe ~Iazzini è giunto al suo scioglitnento. Se ha cercato farna <hdle rovine, egli può questa volta fuggire dà Il' Italia più lieto che nell'agosto decorso. Questa fama glie l'aveva assicurata anche il Gioberti nelr eloquente proemio del SAGGJATORE. Ahneno fra tnnte rovine si aggiungesse quella della sua trista innuenza! ~fa po~siatno noi sperarlo in tanta vanità di pensieri, in tanto bollore di stolte passioni? Certo la lezione è stata terribile: le orecchie più dure avrebbero do v ulo intendere, gli occhi più offuscati vedere. ~la i tristi

-4abondnno, gli illusi non nJancano. Ed ai tri sti non vogliJtno parlare: hensì parJian1o agli iHuE'i , se ancor ve ne sono, pcrchè faccian senno una voltu, e dai fatti accaduti in sei n1esi in Pien1onte, in Toscana ed a Homa veggano qua l senno, qua l probi là politica, qtwl forza vera fosse nel l\lazzini c ne' suoi per ituporre con tanta burbanza le sue idee ai Pfincipi ed ai Popoli dell'Italia : veggano a che sia riuseita la · guerra del popolo che cessa t a, quella dci re, egli voleva ft~re per proclamare dallu ci n1a del Campidoglio la sua tepubLlica una eJ indivisibilc. E vrramente la repubblica da quel luogo fatnoso fu proclamata e la costituzione repubblicana veniva letta (amara ironia!) nel ruomento tnedesin1o che l' armata francese entrava in Roma per ischiacciarla. Queste cose veggano gr illusi, e se non voglion credere alle nostre parole, credano ai forestieri che senz' ira e odio giu- _dicano le cose nostre. Colf anirno pieno tl'amarezza pei mali imtnensi cagionati alla misera pntria nostra da una fazione stolta e ribalda , è ben vero che non possiamo

-5parlare colla debita spassionatezza dei fatti recenti. Gl'invitiamo però a leggere quanto se ne dice adesso dai più reputati giornali stranieri: i quali di qualunque colore essi sieno, lutti, tranne i nossr, si accordano nel.. l'affermare che prin1a sorgente d' ogni di .. sgrazia fu per noi l' allontanarsi dal cmntnino segnatoci dal Gioberti, che in pochi 1nesi ci condusse alle costituzioni; e che r unico tnezzo rimasto per salvarci fralle rovine che i faziosi ci hanno atnmassato d' iutorno, si è il ricalcarlo di nùovo, stringerei co' nostri principi costiluzionali, e non lascwrsi più sopraffare da un' audace fa- . zwoe. L' articolo del sig. Geofroy, che vi offerian1o tradotto , svolge n1irabilmente queslo pensiero. Noi vi abbian1o aggiunte alcune note riguardanti in modo speciale le cose Toscane avanti ,: il 12 aprile, perchè Jalln maggiore cognizione dei fatti più chiaramente risulti la rellitudiné dei giudizi dello scrittore francese. Deh! Yoglinmo una volta ascoltare la roce della sapienza , e dietro i dettami di

-6 - ; quella uni rsi tutti in un sol pensiero e tutti concorden1ente operare. La nostra apatia, la nost ra inerzia ù stata la sorgente principa· Jissìma dei nostri n1ali. Vedete la Francia? Una fazione itnn1ensan1ente più nun1erosa, più audace l'agita sen1pre cd bu tentato di rovesciare il governo. 1\'Ia invano; gli an1ic i dell'ordine e della libertà l'hanno cotnbattula e vinta col senno , coll' eloquenza e colle arlni. U niarnoci tutti, stringiatnoci ai nostri governi costiluzionali, sappiamoli sostenere contro i n1alvagi. Per questa via le libere istituzioni si salvera nno, si consolideranno ogni giorno più : sperin1entatc benefiche, saranno dal Popolo an1atc e difese. I faziosi hanno fatto di tutto per farle spregiare ed odiare. Alfopera loro n1alefica che distrugge, s'opponga f opera che COHcilia ed edifica ; così la libertù vera, quale gl'intelligenti e gli onesti sospirano, porrà fra noi salùe e profonde radici. IL Tni\.D1JTTOR•

L'Italia è ricaduta: nè Radetzky solo l' ba vinta. Le discordie intestine le impedirono l'anno passato di trionfare ed ora l'hanno abbandonala del l uuo alla spada nemica. Gli avvenimeoli degli ultimi sei mesi dopo l'armistizio Salasco avevano preparato immancabilmente la tremenda catastrofe di Novara. Il vecchio maresciallo con tutta la ·sua alti vità e la sua tattica militare non ba servito l'imperatore quanto i Oemag0ghi di Milano, di Firenze e di Roma . Che avrebhe ro fallo di più quando fossero stati pagati dall'Austria? Gl'Italiani sanno o1·a mai la sorgente vera d' t)gni loro disg razia: il ~Iazzini e la · Giovine Italia. j\Ja si faccia a ciascuno ]a parte sua. Sr. i re pubblicani fin iscono adesso di ro,~i nare il pae-

-8se-. bisogna pur dire f'he non sono stati i .;'>H Se hanno potuto effettuare i loro disegni trattati poco fa di utopie devono ringraz iare io parte i loro stessi nemici. In questo, bisogna pur dirlo. hanno mostrato accortezza. La repubhli · ca preseotandosi a vi ~iera alzata non avrebbe incontrato io Italia. Ha giocato di furberìa; se l'è intesa col campo oernico ed è riuscita a far comballere per se quelli medesimi che vo.. levano abbatterne la bandiera. Io non l'ho, diceva un giorno a questo proposito i 1 povero }{ossi. io non r ho colla gente che fa il suo mestiere: rho maladellamente con chi non sa fare il suo. Questa sentenza dipinge i tempi ~ Sotto l'influenza coperta dei Mazziniani. i partiti politici divisi distif.ltamente in due campi sonosi stranam~nte confusi. Sulla rovina ileglt uomini e delle dottrine più reputate si forma ~ rono nuove leghe le quali hanno portt1to agli affari pubblici uomini non capaci d' inteodersr e mes5o il potere nelle mani di quelli mede.'; imi che altra cosa non proponevansi che rovesciarlo. Quando i pochi onesti si accor.:;ero di aver servito malgrado loro all'intrigo, vollt~ro rimediare: ma il male era fatto. La coscienza gridò loro il solito troppo tardi. É questa l'eterna storia di tutti quanti i partiti. Toccando brevemente quanto è accaduto a Roma, a Firenze, a Torino, si risica di far la storia degli errori medesimi della Francia.

-9- •• Quali fossero i partiti avanti la guerra. Diciotto mesi fa ( sembrano diciotto anni· pensando agli avveni menti che gli riempiono) non vi erano veramente in Italia che due par - titi: il retrogrado o l' austro-gesuitico, come dice vasi, compo~to di pochi uomini assai mèdiocri ma lullavolta polente per la protezione dell'Aus tria e per J'entralura ehe egli aveva al potere: gli si ovponeva la scuola liberale del Giober li e de' suo·i , l' e Iella vera me n le de~ li ingegni italiani i quali vole\'ano tor via la di - reltfl e indirella influenza dell' Austria sopra i diversi stati della Penisola. Il partito repubblicano era piccolissima ro~a co nh~ quello rhe componevasi quasi tulto degli antichi emigrali. I quali a vendo co' loro sbagli cngiona Lo non poch i mali al paese senza venire a capo di nulla, non lrovavano più eco negli uomini inLelligenli: dh~ anzi null' altro fac~n·ano che accrescere potenza alla sa pie n le scuola di Ba lho e d' Azeglio, gli apostoli delle id~e moderate. Anche (·erli demagoghi più e a Idi erano di quella scuola e se ne gloria vano. Parli a m o dello Sterbini costituzionale. e del Montanelli giobertiano fanatico, il quale dichiarandosi, rome lulli i liberali, per l'indipendenza e per la guerra, non ave\'a però un piano fisso s.ulla libttrlà intQrna, ~ lirnilavrtsi alle riforme, alle istituzioni consultative come direvasi, e combalteva perfino

-10acremente quei nova tori che sussurravano parlamento e costituzione. (1) Questa parola poi, francese troppo e rivoluzionaria, scandalizzava le pie orecchie del Professore Pisano devoto al Principe e al Papa. Quuntum mutatus ab Ulo' Nel gran partito liberale manifestavasi il tarlo che lutto dovea con~umare. Erano pochi spiriti impazienti della lenlezza colla quale proce- (1) Il Mon!an elli era tanto lontano pcrfin dal pensiero della Costituzione, che quando si cominciò a susurrare queste parole , gridò fortemente allo scandalo nel suo Giot naie l' Italia. Nel n. 16 confuta il Debats che nelle dimostrazioni falle nell'agosto c nel settembre vedeva una cospirazione dci radicali per chiedere la Costituzione al Granduca. Nel n. 17 poi si dice che insistendo sulla Costituzione e volendola sostituire alla Rifol'ma. era l' islcsso che deviare dal santo scopo lutto italiano che i liberali italiani si eran proposti. Il desiderare una Costituzione alla foggia di quelle imitate dallo slraniéro come si desiderò ne l 1821, sarebbe cosa antinazionale; e ne annovera le ragioni. Il Guerrazzi, dopo la concessione della Guardia Civica , pubblicò un opuscoJo in ti. tolato al Principe ed al Popolo; nel quale in fondo dimoslra\'a che quella Guardia non era nulla se non avesse avuto a difend ere le Ì5tituzioni che i tempi chiedevano, che era q11anlo a dire la Costituzione. Si d ice che il Corsin i governatore di Livorno, vedendo già quali umo. ri covassero specialmente in quella città, la chiedesse risolutamente a l Granduca. I Giornali l' ltalin e la Patria ed allri gridarono ·che ciò non po~eva esser vero· che il Corsini non avrebbe mai commesso tale impruden~ 1.a, e pubblicarono una lettera del Corsini medesimo nella quale srncntivasi quella voce.

-ttdevaoo i priocipii nel concedere le desiderate riforme: volevano uscir dalla via pacifica tracciata da) Gioberti esule illustre per gl'Italiani, pre~ dicata con tanto successo a Roma da Massimo Azeglio. Crederono gli sr.oo~igliaii trovar un appoggio nelle moltitudini colle dimostrazioni in piazza. (2) Bisogna dicevan essi, spingere da una parte il Governo e d~r voce più piena e più terribile all'opinion pubblica: forli slimoli si richiedevano per muovere le popolazioni inerti, e da tre secoli addormentate, se pur volevansi armar contro l'Austria ed accendere in loro la sacra fiamma di patria e di libertà. Citarono l'esempio dell' fnghilterr<~, i $UOi meetings popolosissimi e le grandi raguoale per l ~ vie e per le piazze: e non vedevano che, se queste dimostrazioni erano credule pericolose in quella :;ocietà anglo-sassone naturalmente devota an· ordine ed al governo, pericolosissime dovevano riuscirH fra popoli per tempra meridionale eccessivi, i quali dal loro torpore di secoli potevano passare ad (2) Contro le opinioni rl e1 Balbo nelle sue lettere politiche , il Mazzin i approva le dimostrazioni in piazza , anzi le vuole per drr.re al popolo il sentimento della sua forza e renderla esi(Jentc. Sono parole del Mazzini medesimo tolle d,.ll'i!!lruzione politica che dava ai suoi emissari in Italia sulla fine del 1846. Quell'istruzione pubblicata dall'Osservatore di Ginevra, poi dal Conciliatore (Anno 2. n. 23) racchiude massime sovversive; e mosse ad indegnazione tutti gli animi onesti. Dicesi che i Ge· suiti se ne preval essero molto bene per spaventare Pio IX dipingendo tulli i liberali più o meno imbevuti di quell e massime mazziniane.

-- 12enormità inestimabili. Per istrappare le loro libertà da governi deboli benehè assoluti di forma, bastava per gli Haliani il diritto di petizjone senza che ci a{!giungt~ s~ero quello d'associazione politica, pericoloso pur anr.he fra i popoli politicamente educati. Sostennero questa massima scrittori popolari di mollo credito, Balbo fra gli altri nell<~ suL~ lettere politiche. ndle quali sforzavasi di tener fermi nella via della legalità e de11a moderazione, la sola cbe avesse fioallora condallo a buoni resultamenti, quei pazzi frenetici che a forza d~ improntitudini e di violenze volevano ogni cosa precipitare. Questi sani consigli fruttarono ai loro ::•utori, come suole, poco men che il disprezzo. Non ardi vasi a nrora da re a loro del retrogrado, ma s'incolpavano di timidezza e di troppo moderata moderazione. In questo tempo due differenze potevansi notare nel partito liberale: gli esaltati, giovani la più parte disposti ad agitarsi sempre ed a periglia rs i~ i moderati iotìn itivamente più numerosi. che pre,,edeodo il perir.o1o dovevano ritenere il moto troppo precipitoso e seguitare con perse- ' 'eranza a conquistare le libertà costituzionali. Questa divisione noo era però una scissura ; umori diversi eran quelli ma non contrarii tìno alla rivoluzione di Milano e la guerra di Lombardia. Dopo di ciò a~evolmeote si vide quanLo savio politico fosse l'autore del Primato e gli amici . suoi i quali, checchè avessero detto i lor~ predecessori, avevao voluto sempre subordmare le questioni di libertà e di interno riordinamento, fonti di discordia continua, alla que-

-13stione d'indipendenza per la quale noo era troppo il riunire i principi e i popoli e concentrare tutte le forze vive della nazione. Fu il primo muovi mento maraviglioso: ~redè l'Europa per un istante che alla dura scuCI la dell' esperi l' nza lo spirito italiano veramente si trasformasse. L'illusi one fu brev~: troppo mflggior tempo si richi edeva per edurare completamente popoli, cositffl tli . L'aveva 1ietto il medesi mo Pio IX. Vi bisognano ancora dieci anni a dir poco perchè le idee politiehr. vi possano alla m(lglio allignare. L' F~Ve\'ano visto bt~ nissimo anche i promotori del m0to liberale e fallo di tutto perchè si ritardasse la guerra: ma i tempi precipitarono e il c:-1 vallo che volevan guidare tolse loro la mano. Se la rivoluzione del febbraio era frutto immaturo per la Fra neia a delta pur aoche degli e- ::,Lemporanei repubblicani, era più ehe acerho per l'Itali a la quale si trovò precipitata d' un s:t lto in una lolta superiore alle forze sue, avanti che ,avesse l'a gio :,' i agguerirsi, e di riunire ed i mpiega re con vantaggio le proprie forze. Due auni innanzi. l'autore delle speranze d' Italia svelando roraggiosa mente la piaga del suo paese avea battuto più volte sulla nece.5sità di ritem.. prare moralmente le popolazioni per farle degne di libertà. Rispetto all'educazione dei suoi compalriottf era entrato in tali particolari che parvero puerili a certi metafisici del nuovo conio. I quali assenti allor·a dal paese ed ignorandone affatto le tendenze e gli umori, pensavano allnra come poi che per liberare l' Italia dallo straniero bastasse dalle cime del Campidoglio reci-

-14tare a gran voce quelle loro apocalirt:che dicerie. Il tempo deciderà quale fos ~· e miglior sistema , quello dei predicatori di piazza, n quel· lo del filosofo piemontese il quale voleva. senza le frasi aeree, che ai giovani s'insegnasse a maneggiar Je armi e a caricare in dodici tempi. T gran cittadini dalle mistiche dicerie sono adesso in Boma. possono da più mesi spifferare prediche e profezie qunnle ne vogliono: e non ve· demmo ancora le legioni che dove,;ano shucare di ~otto terra sollo i passi di questi nuovi Pompe•. Al principiar della guerra i rapi del partito costituzionale e del parti lo repubblicano si tro,avano H Parigi ambedue. Il M:Jzzini, poco dopo ]a rivoluzione del Febbraio , vi avea fondala l'Asscia;.;ione ltaliafla, un ritrovo politico rhc, él somiglianza di quelli di simil genere pretendeva di rappresenta re la nazione italiana: facevél le sue visite a bandiera spiegata all'Hotel de Ville, e davanti al governo temporHneo della Re puhbHca e col tuono diplomatico di ambascin tore pronunzia va ed udiva io risposta magnifiche alloruzioni . A un discorso piullo~to Hereo d td Mazzim, il Lamarline, se ben mi ri<:or. do, rispose che si rallegrava allamente con questi eittadini d'Italia sul generoso entusiasmo col qua h~ si slanciavano di là dall'Alpi per conquistarne l'indipendenza: ma nel mentre che il ministro degli Esteri dava buone parole e passaporti ai rivoluzionari italiani, faceva, come egti medesimo ci confessa, lulli gli sforzi possibili per tener fermo il re di Sardegna. Forse, anche il

-15Lamartine, cred(lva rhe la p:uola e l' idea 'Valesse contro i Tedeschi più dell' esercito pie· montese? , I Piemontesi erano solto Verona , quando Mazzini venne co' suoi a :Milano e cominriò a far ~uerra d'intrighi alle spalle dt·ll'armala italinna. Noi sappiamo che, av~nli di abbandonar Parigi, aveva ricevuto me_:;si dai liberali d'ogni partito; i costituzionali lo prègavano aspettasse la fine della guerra prima di intavolal'e una discussione di principli pericolo~a troppo in quel tempo~ usasse dell' ascendP-nte sui giovani per avvantaggiare la causa comune. l\llazzini lo promise; lo dichiarò formalmente nel programma del giornale che diede fuori in Milano. Ma che perciò? Largo prometter coll' attender corto , dice Guido da Montefeltro presso il Poeta. Così fece Mazzini: e non poteva fare altrimenti coll' anima di settario che si trovava. Schiavo fanatico dell'idea avrebb~~ appiccato pietosamente il fuoco ai quattro lati d'Ha li a quanrlo quella mistica idea l'avesse ispirato a ciò. Quello che fece allora e che fa adesso lo prova . A Milano si mise subito, da quel bravo uniLario che egli era, a contrariare l' unione della Lombardia col Piemonte. (3) I municipj Lom- (3) È nnto quanto i Mazziniani, gli Apostoli dell'Unità, combattessero conlro la fusione del J...omhardo-veneto col Piemonte. Basta leggere l'Italia del P(lpolo giornale di Mazzini per conosrere, nella sua p(llemica contro l' Avvenire d' Italia, quanfaccanimento ponesse la setta nello spargere nuovi odii e rancori onde più dividere e stra-

-16bardi consultati per via di schede a v~ vano una nimementc aderito: era un grand'atto d i sflviezza polilica: ma il suffr~gio universale non ~emprc seconda le huone intenzioni de' ctHrmatori. Mazzini ed i suoi fecero un gran fracas.. so ~u qUt•l modo di votazione: non poteva, dicevano, decretarsi se non da un'assemblea costituente di deputali della Lombardia e del Piemonh~ riuniti fl Milano. Su questo tema l' Italia del Popolo istituì una prolissa ed artificiosa polemica che molto influì a divider gli él n i mi dei Lombardi dai Piemontesi, e preparò i <li· ~ astri terribili deB'agosto. Invece di addestrarsi alle armi e di Jndare armatamente sul campo, i giovani milanesi si dondolavano pei caffè e sulle piazze <~Seoltando le vuole dicerie de'profumali Catoni e dei Bruti. ragionando assai sottilmente sull' ercellenza del sistema unitario sopra il federativo. e vomitando ingiurie d' ogni maniera contro l' ambizione sfrenata di Carlo A lberlo. Queste controversie degne del Basso l mpero non furono sPnz' effetto. I politici del ('affè doveron presto ('Sser molto contenti del loro loicare e satireg·~.d ttre. perchè ogni motivo di fusione dalla vittoria dei Tedesdli fù tolto via; Non è questo il lungo ad una descrizione della infelire campagna dr> J 48. Dobbiamo solamente nolétre la p;:~rte che vi recitarono i Maz· ziniani sollevando l'Italia contro i suoi Principi. ziare quest'infelice paese. Fra lt: altre cose, i Mazziniani spargevano il ridicolo sulla fusione giocolando con pie~ coli fusi e regalandone le signore colla Jlarola obbligata: noi siamo fusi.

- t7Quando Mazzioi vide P armata piemontese dì- ~ fatta , credendo che la guerra dei Re fosse finita c quella dei popoli cominriasse, lasciò da parte la penna ed il giornale e cinse bravamente la spada . Arrivava a Genova il celebre Garibaldi e formava una legione, la qoalé sia detto fra noi, non si è ve1uta mai in linea di batta gli a. Per que.sta ragione forse il Mazzini vi si arruolava e pro clama vasi a suo o di tromba milite di Garibaldi. A misura però chè R.tdetzky si approssimava, il Pontefice massimo dell'Idea fuggiva a gambe, retta mente argomentando che una disgrazia che gli accadesse poteva metterlo in compromesso col popolo presente e futuro al quale la vita del grande apostolo era cosa lropro prczio~a. Credè dunque doversi serbare a tempi migliori, c senza prender congedo dal suo capitano, per C1polago e Lugano si perse nelle montagne di Svizzera, d'onde mandava in appresso agli amici un libretto intitolato Ili cardi ai Gim>ani di Giuseppe Mazzini. Che rir.ordi eran quelli che l'intrepido soldàto di Ga~ibaldi inviava dal suo ritiro ai giovani della sua pa tria? Non era Cf~rto la storia dei pericoli divisi comba ttendo con loro. Evita per questo studiosamente ogni allusione diretta agli ultimi falli. Il libro è per tre quarti ripieno, secondo il solito, di ampollose dissertazioni sopra i principii eterni che presiedono alla vita e alla morle dei popoli; ed altre fant asie meta fisiche senza costrullo. Io fondo però voleva provare che se gli Italiani erano stati battuti dag1i Au· ~triaci, ciò accadeva prir.cipalmente perchè, a2

-fSva nti di marciare contro il nemico non avevano ammazzato i priucipi loro; perchè invece di una guerra di re non avevano fallo una guerra di po... 'polo, la sola che avrebbe òato loro la viHoria: e fioìva col predire un somigliante disastro se perhistevano ad abbandonarsi ai consigli dei moderati. dei riformatori pratici, a questi sapienti di vec<'hia stampa • n1iserabili rappresentanti d' un tempo di turpitudioi! E qui una scarica di maledizioni routro questi traditori di moderati nemiet della Giovine Italia, tutti inlPnli da parecchi anni ad infiacchire, ed ingannare il povero popolo, questo leone generoso ineatenato vilmente per opera di quei perversi al piede de' principi e dei signori. Il leone popolare è un'immagine poe·- tica che l' doquenza demagogica rndte io balla sovente con molto effetto (4). E quesreffeao non poteva in questa occasione non riu~ci re lJÌacevoJe agli Italiani a cui non pareva vero di potersi purgare d'ogni colpa rigettando ~opra gli altri la r~sponsabilitù de' loro disastri. Mazzin i, come tu tti queiJi della sua lega, profondeva le più stomachevoli adulazioni al popolaccio, e per giustificare i suoi grossi spropositi, non vergognavasi di smentire e fallare fatti compili in facc ia a tutta l'Italia: osava insultare con insolita audacia ad uomini venerandi rhe dopo aver sostenuto lotte tremende per la causa della liberta, erano an- (4-) Anche il Guerr-azzi adoperò questo tìùre rettorico. Disse in una sua chiacchierala che entrando in palazzo vecchio il mmistero democr·atico, v'entrava il leone del popolo. U, fra le memorie degli avi, la li berta era li n casa sua

-19dati a spargere il sangue loro sui campi lombardi e si avevano riporta te gloriose ferite. Questi ~rano gli uomini che il Mazzini • lontano sempre dal pericolo, s'attentava dii insultare chiamandogli fra le altre cose lJfachiavelli di corte. Uno di questi uomini egregi, Massimo Azeglio aveva ri~posto, come si conveniva, con un opuscolo pubhlicato contemporaneamente a quel del Mazzin i. Fu una combinazione vera mente fQlice che le vuote declamazìon i e le viru .. lente fi11ppiche dello scrittore radicale si trovassero me:)se a confronto col linguaggio semp1ice e pratico, colla diritta e sana r<lgione d' uo difensore tra i più pregiati del principio costituzionale. Soldato e puhhlicista distinto, Massimo Azeglio è stato sempre fra! primi a combattere per la libertà; in ogni occasione ha sostenuto le vere dottrine liberali contro gli eccessi egualmente alla libertà contrarii, del dispolismu e de11' anarchia. Si è veduto sempre con un cora~gio ed uno zelo infaticabile perorare la causa delle riforme ora presso Pio IX ora presso Carlo Alberto: poi lottare con tutta la forza della sua popolarità e della facile e persuasiva eloquenza contro i demagoghi di Fi renze e di Roma. aorhe in quel tempo che molti degli amici suoi credeva·no jn buona fede cbe r agitare le popolazioni fosse un mezzo sicuro per affrettare in Italia la conquista delle costituzioni. Quel suo spirito imparziale amico ~incero del saggio progresso, quel suo mocJo preciso di giudicare e di scrivere l~ ha presèrvato dallo scoraggiamento a cui si è abbandonata 1· anima nobile ed ele"ala del Ba! bo, e da qualche slancio

- 2()- mal misurato dell'impetuoso autore del Primato. Insomma M lSsimo Azeglio è il tipo vero del liberale moderato e la sua opinione liberamente manifestata ha lullo il valore in Italia d'un proura rnma politico. L'opuscolo timori e speranze ~ra dunque un manifesto che opponevasi a un manifesto. Perchè poi meglio spicrasse il contrapposto fra i due opuscoli e i due autori, l'Azeglio non aveva mai srrilto con tan ta pre risiooe di pens:ero e di forma j suoi rone~tli politici, non aveva mai serrato al muro, come suoi dirsi, i suoi avver:;arii ron tanta forza e destrezza. Ha uno stile li mpicl tJ , piarevolissi mo che ti ri.. corda quello di Paolo Courrie r ; tale insomma da félrCi facilmente dbgu~tare dello stile declamatorio e spesso ipermL;Lico dell'Apostolo derl'idea: finalmente anche la condi1.ione presente de'due scrittori cootribuh'a non poco a far fra loro un confronto nel quale scapitava molL issimo l'arrabbiato Repuhblicano e consegu entem(3nle la sua Repuhblil'a. La fuga del Mazzi- • ni in Svizzera aveva scandalizzato gli Italiani O(•D poco, anche quelli che meno avrebber do. vuto scanda li zzarsi. D~•ll'altro canto Lulli sapevano rhe l, Azeglio av eva rombattuto coo Durando nel Vendo, l'i porlatò una profonda ferita difendendo i l monte B~ rieo con due mila uomini contro 12.000 au ~ ldaci , e che nel mentre che egli scriveva Popuscolo sopraddetto Ot)U era anco.ra guarito. L' Azeglio aveva dunque un bel Ltlolo per dim,\Odare ai Repubblicani strettissimo conto della conrfotla loro durante

..._ 21la guerra • e de11e imprese loro magnanime a pro della lihèrtà. Le loro imprese erano i eroe· chi ai caffè, le ingiurie vituperose contro quel· li che esponevano il petto aHe palle uemiche • ec~o le campagne gloriose dei Mazliniaoi che con nobile indignazione il generoso serittore ci dipingeva. Poscia preso da patriollico sdegno contro quei ciarlatani che per vezzeg~iare là plebe ingannavano l'Italia sopra le sue vere forze così gridava. c.< D·>pn che gli eserciti riuniti di Roma, Toscana e Piemonte muniti più o meno d'artiglierie e di tulto ciò che occorre a comhattere contro forze ordì nate, hanno dovu · to cedere al numero e abbandonare il campo, che cosa ci dicono ~li organi del partito Repubblicano? È finita la guernt dei regi,· comincia quella del popolo. Che co...a ci è più da dire ad uomini che vì parlano a questo modo, ad uomini che ora, io questo punto. d'opo tutto quel .. lo che si è veduto capiscono così la questione Halìana e eosì conoscono lo sventurato popolo che vorrebbero c!onsigliare e guidare ? È dura <~ amara cose ad un italiano il dovere scoprire e mostrare al mondo le piaghe della propria nazione, tanto più colla persuasione che non essa, ma i vecchi sistemi ne furnu colpevoli. Sarebbe forse utile tullavia, percl&è in ogni questione e più nelle politiche, è non solo utile ma indispensabile conoscere la verità ed attenersi al pratico cd al possibile : comunque sia però mi manca la forza di far qu~sla doloro- ~a dimostrazione. Soltanto rli manderò a chi pro · nunziava la suddetta sentenza: credete t'cramen ~

-22te, sinceramente che il nostro popolo si leverà in massa bastante a viilccre l' esercito austriaco? ». Io un post-scripturr> , il Mazzini non esitò punto a rispondere: Sì: io credo veramente sinceramente che il nostro popolo si leverà tutto io massa come voi dite. - Lo crede forse ancb{' adesso? I Piemontesi sono stati rotti a Novara, e non solamente a Roma a Firenze non si è mosso un uomo per venire al soccorso , ma i Lombardi medesimi sono rimasti immobili ne.lle loro · città evacuate dalle guarnigioni austriache. (5) Cb i conosceva meglio l'Italia Azeglio ( e Radetzky, ) o Mazzini? Massimo Azeglio soggiuoge. » Il popolo al quale i governi passati hanno impedito con ogni sforzo l'acquisto di qualsivoglia idea politica. non ha coscienza, nè di diritti, nè soprattutto di doveri (6). Il popolo, dico la massa, (5) I Bresciani che~ si mossero, furono, dopo una lotta magnanima, sacrificati. Ciò accadde per le bugiarde voci fatte spargere ad arte dai Mazziniani sulla vittoria riportata dai Piemontesi a Novara. La menzogna è un mezzo di cui si vale abitualmente la setta. A Roma si spacciavano ultimamente le vittorie dei Rossi a Parigi per prolungare quella inutile resistenza. A Firenze si vociferavano continuamente le perdite dci Frane ~si sotto le mura di Roma e le vittorie della Repubblica. Ora sono gli Ungheresi che sbarcano a Trieste pe•· liberale Venezia; ora sono gli Americani a Civitavecchia per sostenere la Repubblica a Roma, cd altri trovati di questo genere. (6) Il Mazzini ha gridato sempre che bisognava fare un'Italia del popolo. È questo il titolo ed il concetto del

-23il 90 per 100 della popolazione, non aveva sino a ieri altra idea politica. se non che vi era da un lato un Papa, alcuni Principi e un~Austria, specie di fato, di potestà arcana. remota, eppur presente, pronta in ogoi luogo, una specie di Deus ex machina: Ciò da un lato. Dall'altro Giacobini. Frammassoni, Carbonari circondati da tutti gli spaventi che i bambini vedono nella grotta dell'Orco o della befana. Il volgo vedeva i due campi io lotta continua; i Framassoni voler ammazzare i preti ed il Papa in ossequio ed a benefizio del diavo1o loro capo. Il papa voler mandare all' inferno i Framassoni ad esaltazione sno giornale.' Gli uomini positivi dall'altra ;parte han detto sempre e ripetuto che bisognava prima sforzarsi a fare un popolo dell'Italia, vale a dire educare la moltitudine ignorante ed inerte a pensieri e sentimenti degni d'uomini liberi. I progetti diee 1' Azeglio , l e pubblicazioni e le opinioni della Giovane Italia hanno sempre portato in falso suHa massa del del popolo Italiano. Che ha fatto la massa popolare nella guerra dell' indipendenza? Nulla. Che cosa ha risposto ai proclami. agli indirizzi e ultimamente ai decreti fulminanti di leva in massa fatti da' snoi ministri democratici? Nulla: propriamente nulla. Radetzcky conosceva il popolo italiano più di Mazzini dicendo ai prigionieri toscani a Mantova: Voi siete la maggior parte Avvocati. studenti, signori: il popolo non è nelle vostra file: Mi fate cmpassione, non altro Consideriamo adesso che significato abbiano le famose parole del Mazzini dopo i disastri de11'armata piemontese na\\' a'!lno scorso. La gu6rra de' re è finita: comincia q t~ella dei popoti.

-24e benefizio della Chiesa : e vedeva in fimdo a tutto riò decidere la questione in favore del Papa e io danno del diavo lo quando ta vittoria pareva pendere per quest' uhi mo. Questa era la politica del volgo, tanto più nelle campagne che pur formano la gran maggiorifà della na~ione, cd alle quali i progellisti polit ici semhra però che J10n p<~osino 1nai. D' rta. Jia, di nazione. di iodipeodeoza non vi era idea. >> Noi abbia m voluto fare l'educazione di que:,to popolo a vanti di spìngerlo alle gra nd.i intraprese. ta giovane Italia, al contrario, pretende di gettarlo d' uo salto nella repubblica. Per me, aggiunge 1' autore con tutta ragione. non temo 1a repuhh1ica per se strssa ; io nou la credo possibile o almeno durabi le io I1alia; quellv the remo dà"~·ero è il dispotismo, e forse i croati in fondo alla scena >). rn parecchie occasioni Massimo Azeglio bi è mostrato profeta: anclle questa volla gli avvenimenti gli hanno délto purtroppo ragione. L'impresa dd M:azzini è riuscita in primo luogo a condurre i croati a Torino: clomani forse n ·~ i lì vedremo a Roma. Voglia Dio che i timori d'Azflglio non si avv(•rino in tutto. Dando un'ocfhiata fuori d'Italia sullo stato generale dell 'Europa, egli , ·e rle nella situazione presente il ger~. me di gravi peri coli per l'avvenire. La questione, secondo hJi, è posta io moòo lermioati"o· fra l'Oriente un ilo. compatto, disciplinato, e l'Occidente diviso e indebolito dalla discordi .! . Quale sarà l'esito deHa l o ll~Jp nessuno lo melle in dubbio. Quanti aborron1) il disordine c la li-

- 2:> - cenza saranno per i cosacchi, e in mezzo del gran conflilto sarà srhiacciaia la libertà. JJ :\fi pare, egli dice. che la repubbl ica faccia ogni suo sforzo per ri ~ Lab i lire la monarchia; non dico la costituzionale soltanto, ma la monarchia pura vale a dire il dispotismo. I supplizi del tribunale r;Yoluzionario, il terrore e le sue proscrizioni non hanno tanto spaventato · l' Europa quanto il partito che fu vinto alle barricate del giugno. Nel 93 si trattava della testa: nel 48 si tratta della proprietà, della casa, della fa miglia da dkhiararsi illegali da definirsi un abuso, una tirannia. Codesta· repubblica a ques to modo lavora per chiunque saprà rassicu rare la pr0prietà e la famiglia. lavora insomma, (e va per le corte), per l'assolutismo. L'amor che SP-ole caldissimo per la libertà costringe Azeglio a combattere la repubblica . Pur tuttavolta nel mentre che la combatteva vigorosamente, mostra va pare a noi, d' Psser troppo sicuro che i a IlaHa non metterebbe radici. Non vedeva tanto vicino quanto era veramente il pericolo. Senza dubbio non v'era ragione alcuna che la re pubh1ica si stabilisse in Italia; senza dubbio non garbeggiava alla immensa maggioranza della nazione. Frattanto l)i è visto un pugno d' uomini audaci imporre in piazza la loro volontà ad una popolazione rredda e<l inerte : la quale chi vi assicura che colla medesima energia non contribuisse a tenere io piedi un governo sostenuto da por[); faziosi? A Roma, in Piemont~, io Toscana erfl no i moltissimi che la pensa vano ·come 1' Azeg!i o"

-26applaudivano alle sue parole apponendole alle. stramberie del Mazzini. E Mazzini intanto ba messo un piede sul collo a questa gran maggioranza a Roma e in Toscana, e po('o è mancato che non abbia fatto il medesimo anche in Piemonte. E s'avverta bene che questa gran maggioranza aveva Je redini del potere, era padrona delle assemblee, aveva la forza del numero e della leg~llità. Come ha dunque potuto ad un tratto transigere col nemico e sparire dall'arena quasi senza combattimento? Dov'erano questi scrittori animosi e quei puhblic sti che avevano fino a quel tempo sostenuto con tanto accordo l' opinion pubblica ? Dov'erano allora i maestri fino a quel tempo sì VPnerati della scuola liberale? Per qual fatalità dopo l'armistizio Salasco eransi operate tante scissùre ed ogni città addivenuta una Babele? Abbiamo mostrato l' Azeglio alle prese colla Giovine Italia. Era rimasto presso che solo alla lotta. Tra i suoi amici politici alcuni erano stati in ufficio, ed appena usciti cercavano, come Cicerone, otium cum dignitate o piuttosto una dispettosa inazi'lne. Altri scontenti della guerra sospesa e della questione dell'indipendenza aggiornata, si accostavano a poco a poco a quelli fra gli esaltati che accusavano con accanimtmto instancabile la fiacchezza dei governi e gridavano a piene canne che la guerra si riprendesse. Gioberti per colmo di disgrazia s· i m.. brancò con costoro. Gioberti ha commesso in quel tempo Ull gravis.simo errore. Noi lo diciamo tanto piit

-27francamente quanto è stata più viva l'ammira~ zione nostra verso di lui, specialmente dopo che si è ricreduto ed ba emendato coraggiosamente i1 suo fallo. Partito da Parigi, poco dopo il Hazzini, il gran filosofo fu ricevuto con entusiasmo mdicibile per tutta Italia. Il suo viaggio per Milano, per Genova, per Firenze, per Roma e Bologna fu un trionfo continuato. Il suo nome suonava sì alto fra il popolo, che se aYesse voluto resistere ai Mazziniani come ha tentato dopo, avrebbe probabilmente tenuto il campo da vincitore. Bisognava però passar sopra certi particolari e stringersi agli antichi amiei, ai conservatori del partito liberale. A- 'Yrebbe acquistato forza grandissima dai patri - ottki e schietti loro consigli e dal canto suo gli avrebbe sostfmuli col suo gran nome sempre venerabile e caro alle moltitudini. Il Gioberti per lo contrario f~ce al1eanza cogli esaltati~ col partito de1Ja guerra immediata. Voleva con questo carezzare la plebe e mantenersi il di lei favore? Forse allora era vero; ma il fatto ha dimostrato come egli non n' era tenero troppo, e che sapeva all'uopo rischiarlo ed anche sacrificarlo senza lamento. Coll' entusiasmo e coll'impeto che portava in tutte le cose, P autor del Primato pensò che doveva dichiararsi assolutamente la guerra e non potendo soffrire che i moderati con ogni maniera d'indugi vi si opponessero, si allontanò da loro! nè guardò punto se l'ardore dimostrato da'suOI nuovi amici era vero Q ben sentito patriottismo, o non piuttosto la solita smania di salir alto.

-28Checche oe foss~. la questione della guerra immediata fu agit,-lta da due partiti. Quelli che non volevano, almer,o sul momento, la gutlrra, passarono per fabi patriolli senza guardal'e al merito loro anteriore: passarono per reazionarii o codini nome di scherno appropriato ai gesuitaoti, agli o.scuranlisti e nrgli ultimi tempi ai moderati d'ogni partito. Gli t~saftati p~r lo contrario si chiamarono democratici, ilimandarono ministeri democratiri, si gittarono in5omma nell1 via del tumulto. via pericolosa, anzi e~iziale aorhe negli ultimi tempi alfa Francia. L'esempio avrebbe dvvuto giovare all'Italia, Quì, come coJà, un opposizione imprevidente trascinò il popolo alla repubblica. Una parola sacramentale le ha servito di passaporto . lo Francia sì g~idò viva la Riforma Io Italia viva la costituente senza che la guardia nazionale del 23 febbraio vi vedesse più chiaro. In Italia bisog· a costantemPnte ed essenzialmente gridar qualebe cosa. Dopo aver gridato per due anni viva le riforme, la lega, la costituzione, Pio IX e tolti i Principi e un tempo anche il Re di Napoli, venne la mocla di gridare Viva la Costituente. Costituente di che? sfidiamo a dircelo chiaramente i Tribuoi di Genova e di Livorno e i sapientoni del Circolo Romano. Era questa costituente una convenzio, ne unitaria, una dieta federale~ Oppure uo' ~. ssemblea eletta nei singoli sl<lli per preparare una particolare costituzione? V'era un po' d'ogni cosa. Era un espressione ela5tica che tira vnsi in tuili i versi. l.' aveva trovata a Milano e con-

-29dizionala per tuiLi i gust i il Mazzini. Dicevasi allora che la Costituente non si applicava cha alle sole provi uce Iombarde c venete a proposito della ru, ione. Abhiamo vislo come que:ila intempestiva proposizione, div:dendo gli spiriti e prepara odo per conseguenza in gran parte la disfalla dei pi emontesi, avess3 ottenu to il fin e daj r epuhbl iea o i desiderato di rendere i mposs ibile il regno (lell' alta lLalia. Da .MiLmo la fatale partlla risu(mò per le vie di Genova, di Firenze e di Livorno. e per tutlo d ~stò le solit& agitazioni, coruentata in mil le maniere alle po· polazioni ignoranti dai piu fanatici Circola ati (7). (7.) La Cos!i'uente fu proclamata l' 8 ottobre 1848 da Monta ndli su Ila pia?Z,a di Livorno dove egli era stato dal Granduca manrlo~to Governar ore!! Fn proclamata in mezzo alle gti la furib mde di abbasso il b1inistero. viva Guerrazzi e A1ontanelli. Era la vittoria completa della Giovine /t(llia. Noi non poseremo (dice il Corrier Livornes~ del 9 ott1>bre) fino a che la Costituente non sia stabilita-- All ' opra. Tosca ni! all' opra, Italiani! Dto IL PoPOLO e la Cf)stituente: Non vi è altra salute, all' opra. Il 10 d'ottobre i l Bufalini e il Salvagnuoli, il primo nel Senato, il secondo nell a C1mera, interpellarono il Ministero sull a quc ') lione della Costituente italiana pubblicata da un pubblico funzionari u. Il Mini,tcro per mezzo dei ministri Giorgini c Ma rz tJcch i rispondeva come coel'enle al al suo programma insisterebbe sempre perchè la nazionalità e l'indipendenza d'Italia fosse costi tuita; come le pratiche cog li altri principi era no comi ncia te. Questo era un mezzo d' accomodamen to fra il Gove rno ed il Montanelli: Ma il Muntanelli non stava più col Governo · era col popolo_del Corrier Livornesel che nel 2 ottobre accu..

-30l soliti impresarii di tumulti la portarono a Boma accompagnando quel grido colle fucilate contro gli Eminentissimi ed i Monsignori, guerra meno pericolosa, e non meno gloriosa di quella che ayrebbero dovuto fare ai croati, I genovesi ed i Jivornesi pensarono che se non si erano ancora cacciati i barbari, tutta la colpa era dei piemontesi, e de11a Costituente non proclamata. Dunque volevasi.Ja costituente issofatto . sava di perfidia il Ministero il quale tentava di giovarsi del pensiero di Montanetli per renderlo ridicolo, e forse per far credere all'Italia che il Montanelli fosse d' accordo coi ministri. (gran delitto per un Governatore di Livorno!) e per deviare il sentimento di repulsione inqe .. nerato in tutti i cuori avesse dato fuori un programma che come tanti altri dovesse restare lettera morta. Il ministero si è in,qannato. Il Montanelli e l'Italia (sic) vogliono una Costituente del popolo italiano, nominata non dall' assemblee esistenti, ma dal popolo in pubblici comizi, Questi erano i lampi ed i tuon i: il fulminfl che gettò a terra il ministero -- apponi nou si fece aspettare. La Costituente a nome di Dio e del popolo, col mandato illi· mitato fu proposta alte Camere ed al Senato e passò! ! Ed il popolo che cosa ne intendeva? Nulla. come di altre cose anche meno difficili. Ma al suono di quel la parola magica s' agi tava per le piazze, gridava come frenetico élbbasso il ministero, abbassu le camere. Era quel che volevano i suoi condottieri di ventura. Quando eb· hero rovescia to ogni cosa e padroni del campo poterono costituire come vollero e quello che vollero. fece ro votare <~ nche per la Costituente italiana distribuendo le solite liste stampate; ma la sospirata Costituente giacque come morto corpo nell'urne. Che maraviglia? E' il sistema

- 31Quello che veramente è curioso a pensare si è la strana coofutiione ehe questa parola mise anche fra Je migliori teste. Non sappiamo se fosse il caso o Mazziui che la trovò. Certo se 1' invenzione è del Mazzi o i bisogna render giustizia · al suo genio inventivo ed alla sua diabolica furberia. Non potevansi meglio imbrogliar le carte. Infatti sul bel principio. per seguitare probabilmente la moda, ehiamossi Co~titueote adottato dai ~moderni fabbri ca tori di rivoluzioni. L'aveva accennato anche il Mazzini nelle istruzioni date il 46 a 'suoi Emissarii in Italia (V. Il Conciliatore N. 93 anno 2.) Ledru-Rollin lo dichiarava francamente davanti all'al- . tra Corte di giustizia di Bourges il 19 marzo passato. <.r. Forse (diceva egli) una rivoluzione si fa con alcune parole e con nomi propri? Forse quando vuoi farsi una rivoluzione in senso monarchico si grida viva il Re? E quando si fa a profitto della reggenza si grida viva la reggenza ? No : si prende il sentimento che domina nella folla, s'agita, se n.e profitta : poscia con un colpo di mano si sostituisce il governo che si vuole a quello che non si vuole >). I fatti consumati a Firenze ed a Roma mostrcmo che i caporitJni della rivolta erano legati non solo a questo sistema, ma ben anche all'uomo. A Ledru-RoiJin fccevasi indirizzo firmato dal De Boni e dagli altri rappresentanti dei Circoli a Roma per attuarvi la Costituente. Ledru-Rollin scriveva le famose letterine al Mazzini perchè si sostenesse attendendo il moto del 13 giugno a Parigi. Con Ledru-Rollin era legato Frapolli rappresentante prima la Toscana, poi la Repubblica Romana a Parigi~ arrestato co' faziosi in quella giornata. Con Ledru-Rollin era combinato il moto ài Napoli dtl15 maggio 1848, cagione di tanti mali a11' Italia !!

32i' antica lega proposta nel Primato e nelle Spet·anze, la confe'tlerazione degli stati proposta ab antiquo dai liberali, sopra la quale molti srritti si pubblicarono, ed intcressantissi mo ci ~ srmhrato quello del signor Vieusseux Frammenti sull' Tta ... lia 1822. Questa Co~tituenle era quella del Gio· berti promotore della Fcderilzione.(8) Perchè non consert.·are il nome suo primitivo tanto più chi:-.- ro q nanto esprimeva mrglio la sua natura? Ne seguiva la Cos tilu~nte del Mamiani, nna specie di parlamento destinato a dare uon costilnzione allo stato romano: poi quella del Monlanelli che voleva dal canto suo riordinare la Toscana. non senza vaglwggiarc tla lontano l'unità Mazzioinnn. 11. Montanelli era il Precursore del M~zzini il quale teneva in tasca la ~ ua cost ituente. il sogno di tutta la vita, ·fa convenl.ione italiana al Campid1tglio, della quale a\'eva tentato, come sopra accennammo, dì stabili · re una prima succursale a M.ilan f) . Ma Leopoldo e Pio IX erano sempre sul IDro trono e que- (8) Tutti gli uomini più distinti in I:alia per scienza politica e di provato patriottismo furono per la federazione, mezzo unico per costituire la nnionalità Italiana. Qursto pemiero manifestato da italiani d' o(J'ni stato che si o trovavano nel settembre del 48 a Torino, fu maravigliosamente svolto dal Gioberti e f30le\·a realizzarsi per il Piemonte, per la Toscana, per Roma e per Napoli senza gl' intrighi del Mazzini e della sua lancia spezzata il Monlanclli. É da Jeggersi su questo propnsitn un oposeolo di Francesco Perez stampato a Palermo sul principio di quest'anno - La Rivoluzione siciliàna ec. con un appet~dice sulla costituente italiana·

-33st' ultimo a\leva al fianco il Ministro Rossi. TI capo della Giovine Italia non poteva spuntarla sì facilmente e aprirsi la strada al Campidoglio. Gli bisognava qualche nome meno sospello del suo per metler1o innanzi all'attacco. « Non guardiamo punto, scriveva a' suoi discepoli, non guardiamo punto ad impiegare oeH' opera santa qualche iniziatore profano. Quando lo strumento ha fatto 1' ufficio suo, si butta via : se ne prende un altro e si tira avanti finchè non venga il momento ». Questa è politica sopraffina, come si vede. Nel partito costituzionale medesimo sep · pe trova re la Giovine Italia i suoi iniziatori: a Roma un l\'Iamiaoi; a Firenze un Montanelli: io Piemonte un Ministero democratico a cui il Gioberti doveva far da compare. ••• Rivoluzioni di Firenze, e di Roma. Cominciavasi dalla Toscana. l radicali si get· tarono su questa · parte d'Italia per cominciare l' opera santa di seminare a piena mano repubbliche sulle altre parti della penisola. Avevano ragione. Benchè la Toscana sia il paese meno fatto per la repubblica e le riforme Leopoldine v' abbiano tanto radicato il principio democratico da render ridicolo colui che venisse a parlaroe come di cos3 nuova dopo ottant'anni che quel principio è nelle istituzioni del paese, pur tutta_volta la Giovine Italia potè · far del bac3

-34ca no (9) in questo paese milis~ i mo dove è costamr pel meno peggio il lasciar fare chi fa. Il 1)ri mo che si levasse con ani rno risoluto davvero, poteva impadronirsene facilmente. Quest'uo· mo risoluto fu Francesco Guerrazzi: 11 Guerrazzi è un avvocato che da uo auno d'altra cosa non si occupava che di agitare il popolo di Livorno e spavehtare il Governo con quelle manifestazioni che dicevansi nazionali. In Francia si sa oramai come quelle manifestazioni si preparino e come si facciano ed anche come si sch iacciano. Ora a Firenze misero il Governo io grande apprensione nè si ~bbe il coraggio di guardare in faccia lo spauracchio. Livorno era un ' ' u!cano terribile e Guerrazzi un genio mah· firo terribilissimo. Pure una volta questo terribil issimo tro,·ò chi lo seppe da rapo a piede squadrare. Il Ridoltì sul principio del 48 anda,'a con nna compagnia di soldati, fermavasi a Pisa, manda,'a ord ini precisi a Livorno e final - mente faceva arfestare Guerrazzi e qualcuno (9) La Democrazia in Toscana non è nna novità. Farà meraviglia che gli Agitatori vi abbian fatto tanto fra e asso. L' Ari stocrai a, dopo le leggi di Leopoldo l, v i fu soltanto di nome. Le prime cariche dello stato fu · rono e sono in parte occupate da gente del popolo. T a li furono Frullani, Puccini; tali sono adesso Cempin i, Ba\dasseroni ed altri. È da leggersi sopra di ciò un bel- \'artico\o del Conciliatore pubblicato in quei giorni ap· punto che quella parola Democrazia era l'ingrediente obbligato d' ogui d iscorso pei circoli, pe' caffè, p~r le piaz:e.

- 3!) ..... de'suoi accoliti e lo mandava a Portoferraio. (10) Disgraziatamente tutti i ministri toscani non imitarono, il Ministro Ridolfi; e quando iJ g')verno si trovò un altra volta in faccia a quest' uomo fazioso, !asciavasi imporre dalle sue avvocatesche ciarle, non che dalle sue minacce. (10) Il tumulto di Livorno dei primi di gennaio 1848, del quale fu capo il Guerrazzi, fu condannato con indegnazione da lutti i giornali anche dall'Alba (V: N. 116.) l..' Italia poi dretto, come ognun sa dal Monlanelli, non cessa d'inveire pur quattro numeri consecutivi (33. 34. 35. 36.) contro la seltd livornese composta d'una mmorità astiosa e codarda non che altro fine si propone ai suoi moti fratricidi che di mettere a soqquadro il paese e di pe · scare neC torbo. Il Guerrazzi fu arrestato con altri suoi complioi e racchiuso in Portoferrajo. Liberato dopo la data costituzione, non d fu lumulto che egli non suscitasse contro il Governo costituzionale avversato da lui non meno dell' antko. Diceva del Governo toscano che stretto dalla forza dei tempi, comecchè riluttante, pie.. gava l' ardua cervice e concedeva sottilmente le riforme le quali a fine di conto lasciarono intatto lo increscioso dispotismo. Queste cose ed altre più gravi diceva il Guer~ razzi la sera del 29 agosto del 48 nel circolo del Popolo di Firenze lodando ed esaltando a gran voce ,il nuovo tumulto di Livorno; e dopo dne mesi era creato ministro in compagnia di quel Montanelli che lui e il sno astioso e codardo codazzo aveva condannato pochi mesi avanti nel suo giornale. Guerrazzi non aveva lasciato mai un occasione per vituperare bassamente il Ridolfi, scrivendo e facendo scrivere sul Popol1no, sul Corrier Livornese e altri fogli di questa tinta cose orribili contro di lui. Ma Ridolfi non rispose a quell e contumelie una sillaba. Solo quando il Gucrrazzi nel 29 grnnaio volle ne lla Camera

-36Nonostante non era facile che il Guerrazzi co' suoi Livornesi riescisse come poi riuscì a farsi nominare ministro dal buon Leopoldo. Gli bisognava Utl uomo che gli aprisse la strada e quest'uomo fu Mootanelli. (11) Meglio era per lui alludere alla sua prigionia di Portoferraio e pensò pungere in questo modo l'antico ministro, il Ridolfi deputato dimandò la parola e coi'l nobile calma sclamò. )) Nell' Assemblea di Franeia un deputato stato fatto prigioniero politico sotto il celebre Ministro Thiers, ne fece allusione alla Camera presente lui stesso: questi prese la parola per un fatto personale e ottenulala disse: Voi non foste pri· gion ie ro mio, ma derla legge >). Queste nobiJi parole non eran rivolte solo al Guerrazzi, ma al suo collega Montanel! i che nel tumulto livornese del Gennaio antecedente aveva consigliato il Ridolfi med~simo a procedere con tutto il rigor della legge, e schiacciare con un colpo risoluto la scellerata fazione. (11 ) Il Montanelli Cattolico, Giobertiano. nemico della Giovine ItaLia e del Mazzini non poteva tr<'varsi d'accordo col Gucrrazzi che fin dal principio avversò il moto italiano col papa alla testa ed i principi ; che chiamò guardia pretoriana la guardia <'ivica se non avesse a difendere le istituzioni; e date le istituzioni, le più larghe che si potessero mai sperare, le combattè con un' opposizione sistematica per comprometterne r esistenza e finalmrnte distruggerle. Il Montanelli aveva attaccato di fronte il Gnerrazzi nei moti di Livorno, sostenendo il Governo in ogni occasione colla parola e cogli scritti. Partito col battaglione universitario, poi abbandon<~tolo, si recò in Lombardia e si accostò in Milano ai più caldi unitarii. Di quì cominciò la sua apostasia politica. Ritornato in Toscana coll ' aureola del martire ùell a libertà poteva esercitare

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