Volontà - anno XX - n.3 - marzo 1967

LA VERA MORALE poco INVERO V'E' da aggtun- gere ai commenti innumerevoli che e La Zanzara > ha suscitati col suo mnle ronzto, giusta immagine d'un caso si rn,odesto; ma non mi sembra inutile di far qualche ri– ftesstone eccedente i confini dt quel caso. Come intendono generalmente la morale quelli eh.e ne assumono tr custodia, l'insegnamento, la difesa? Non pochi ancora constcteran pre– cipui, quasi che gli altri importas– sero meno, le cose e glt atti, ancne se innocui nel concreto, apparte– nentt al sesso o aventi con questo alcuna relazione. La fobia del ses– so fu uno ctei fenomeni ptù tragici e ptù folli ct'una notte mtttenarta senza stelle; ed oggi ancora, per non essere stata debitamente sep– pellita, turba e confonde le menti primitive, come il fantasma non placato delle dimore antiche. Leopardi scrisse che « il mondo e una lega di birbanti contro gli uomini da bene e di vili contro t generosi> / moralisti, professionali o dilettanti, dovrebbero medttar queste parole ed altre che si teg– gono nei « Pensieri • di quella grande anima dolente e veritiera e denunztare innanzi tutto la turpe tpocrisia, l'assenza d'ogni scrupolo, il sordido egoismo, la noncuranza del patimento altrui nel corpo e nello sptrito, lo sfruttamento, l'ab– bandono, la disonestà, la perfidia, la violenza, insomma le brutture innumerevoli che accrescono t do– pane. Ma numerosi moralisti, stmt- 184 li alla generalità degli uomini, scel– gono la porta targa piuttosto cne la stretta e appunto preferiscono indugiarsi su questioni anche soto convenzionali o formali aventi con il sesso alcun rapporto, onde trat– tandosi di cosa universale, poter a– gire su coloro che onrono la minor resistenza, ctoe i buoni, i semplici, i mansueti. E ciO m'tnduce a ricor– dare un'altra osservazione di Leo– pardi: nel Diatogo di Plotino e di Porfirio, questi, fingendo di lagnar– si di Platone, nota che la minaccia di future pene puO spaventare i buoni, i deboli, i timidi, quelli cioe che, non avendo disposizione a nuocere, non occorre minacciare; mentre lascia tndil!erenti gli altri, cioe i malvagi, t violenti, gli audaci. At moralisti spetta dunque l'inse– gnare che, in ogni campo, i-aste– nersi dal cagionar dolore, anzi quant'è possibile rtcturto, e il pri– mo dei doveri e l'essenza del Gran Comandamento, al quale, non a caso, il terzo evangelista unisce ta parabola del buon Samaritano: non già dare oziose prescrizioni e censurare peccati artificiali, avan– zi d'un'epoca di tenebre, i quali confondono le menti ed oouscano il valore di quel et.avere primo. La guerra al dolore e L'essenza dell'a– more. Scrisse Paolo dt Tarso nella sua prima epistola ai cortnzi: e Profezie, lingue, conoscenze un dì verranno a fine. Ma tre cose du– reranno: la fede, la speranza, l'a– more, la ptù grande delle quali e 1•a11iore >. LUIGI RIGNANO

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